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La nascita del movimento sociale cattolico

LEONE XIII E IL RINNOVAMENTO DELLA CHIESA

2.5 La nascita del movimento sociale cattolico

Frattanto, poiché le elezioni del 1895 avevano fatto aumentare la rappresentanza parlamentare di socialisti, repubblicani e radicali, nel mondo cattolico rinfocolò la polemica circa l’efficacia del non expedit. Molti cattolici si convinsero della necessità di inserirsi maggiormente nella vita politica, sociale e culturale del Paese78. Poiché il dissidio interno non accennava a placarsi, nell’aprile 1896 il cardinale Rampolla ritenne opportuno ribadire che i cattolici potevano adoperarsi con ardore nelle questioni religiose e sociali per difendere i valori della famiglia e della Chiesa, ma dovevano assolutamente

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C. M. Buonaiuti, Non expedit: storia di una politica (1866-1919), p.94. 78

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astenersi dall’immischiarsi negli affari politici. Unica eccezione continuava ad essere rappresentata dal permesso di partecipare alle elezioni amministrative. Il segretario di Stato esortava il mondo cattolico ad organizzarsi riunendo le proprie forze mediante la costituzione dei Comitati diocesani e parrocchiali. L’irrigidimento di Leone XIII, appoggiato e incoraggiato dal rigore del Rampolla, divenne chiaro osservando la sua intransigenza nei confronti di una possibile conciliazione con lo Stato italiano, verso cui il pontefice manteneva una posizione inflessibile. In un tale contesto l’astensione dalle urne diveniva solo la punta più visibile di una strategia oltranzista e non incline a compromessi.

A ulteriore riprova dell’indirizzo intransigente intrapreso nella seconda parte del suo pontificato, il 5 agosto 1898 Leone XIII pubblicò l’enciclica

Saepe numero pontificatus nostri tempore. Il pontefice, riguardo il non expedit,

affermava che la partecipazione alla urne da parte dei cattolici avrebbe sancito il loro concorso al mantenimento di uno status quo che la Chiesa aveva da sempre disapprovato. L’azione dei cattolici andava invece orientata alla moralizzazione delle popolazioni, al rispetto della Chiesa, del papa, al rispetto dei princìpi d’autorità, ad allontanare i popoli dai pericoli del socialismo, esplicandosi però nel campo religioso e sociale e non in quello politico. Per tali motivi i cattolici, pur non partecipando alla vita politica del Paese, dovevano dare il loro importante contributo alla società. In tal modo Leone XIII da un lato ribadiva la linea di condotta dell’astensionismo, da un altro tentava di demolire l’accusa mossa nei confronti dei cattolici di essere nemici della patria e di puntare alla dissoluzione dell’unità del Regno d’Italia79.

L’intransigenza pontificia nei confronti dello Stato italiano era dettata anche da fattori esterni. All’estero, in particolare in quei Paesi dove la Santa Sede poteva vantare la presenza di una propria rappresentanza diplomatica, l’importanza della Santa Sede era inversamente proporzionale al distacco dal governo italiano. Vi era quindi il forte timore che in caso di conciliazione con l’Italia l’autorità della Santa Sede sarebbe scemata fortemente o, peggio

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Cfr. C. M. Buonaiuti, Non expedit: storia di una politica (1866-1919); P. Scoppola, La chiesa e il

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ancora, sarebbe scomparsa del tutto con l’inizio della lotta politica80, cui la creazione di un partito cattolico l’avrebbe fatalmente esposta. Vi erano inoltre non pochi dilemmi strategici che tormentavano, peraltro, anche i fautori di un’azione politica diretta. Nel caso in cui i cattolici fossero entrati in Parlamento in un numero troppo piccolo per poter incidere sulle decisioni parlamentari, essi avrebbero rappresentato semplicemente una cornice nel più grande quadro della politica italiana. Nel caso in cui invece avessero avuto un successo tale da poter influenzare realmente la politica dello Stato, allora la Santa Sede sarebbe diventata, nell’apprezzamento generale, ispiratrice della politica italiana. Il timore di Leone XIII era che ciò avrebbe fatalmente compromesso il ruolo della Chiesa come guida del mondo cattolico81.

In realtà, l’unico modo per entrare nella lotta politica e al contempo non perdere la propria autorità ecclesiastica sembrava essere quello più volte rivendicato dai clerico-moderati: creare un partito cattolico indipendente nella propria azione politica, libero di assumersi la propria responsabilità senza compromettere la posizione della Santa Sede. E, invero, i movimenti cattolici sociali guidati prima da Toniolo e poi da Murri stavano tentando ormai da diversi anni di formare un partito cattolico. La loro azione tuttavia, si era spinta ben al di là dal desiderio di Leone XIII. Nel 1899 era uscito un giornale intitolato “Il partito cattolico”, nel quale la strategia del non expedit veniva criticata poiché non aveva sortito l’effetto sperato nei confronti degli avversari. Lo stesso Murri sosteneva ormai apertamente che, sebbene l’astensionismo di massa aveva avuto il pregio di non compromettere la posizione della Santa Sede, i tempi erano ormai quasi maturi per il rientro dei cattolici nella vita pubblica. L’irruzione sulla scena dei giovani democratico-cristiani turbò la classe dirigente dell’Opera dei congressi, ove i vecchi intransigenti si trovarono di fronte ad una mentalità così diversa dalla loro da non riuscire a comprenderla. Murri desiderava creare un’associazione con carattere autonomo, anche se aderente all’Opera dei congressi, in vista dell’organizzazione di un vero e proprio partito, in cui larga parte doveva

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C. M. Bonaiuti, Non expedit: storia di una politica (1866-1919), p.98. 81

Cfr. C. M. Bonaiuti, Non expedit: storia di una politica (1866-1919); P. Scoppola, La chiesa e il

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essere fatta al clero82. Il Vaticano però non gradì la disinvolta iniziativa del Murri e Leone XIII intervenne pubblicamente disapprovando l’atteggiamento spiccatamente politico dei democratici cristiani.

L’azione papale volta a bloccare iniziative politiche e sociali del movimento cristiano culminò nel 1901 con l’emanazione dell’enciclica Graves

de communi nella quale Leone XIII, pur approvando la definizione di

“democrazia cristiana”, le negò un senso politico riducendola esclusivamente ad una “benefica azione cristiana a favore del popolo”83

. In tal modo il pontefice vietava definitivamente al movimento cattolico di assumere un carattere politico, invitando Murri e i suoi sostenitori a seguire le leggi ecclesiastiche.

Nonostante l’iniziativa politica fosse stata bocciata con dure parole di riprovazione da parte del pontefice, Murri insistette sulla necessità di un’azione cattolica nel campo sociale e politico, pur nel rispetto della Chiesa. Malgrado queste buone intenzioni, le iniziative del sacerdote continuarono a contrastare irrimediabilmente con gli ordini emanati dalle autorità ecclesiastiche. A seguito dell’ostinata disobbedienza, il 3 febbraio 1902 Leone XIII decideva di inquadrare il movimento democratico-cristiano nel II Gruppo dell’Opera dei congressi e dei comitati cattolici, in modo da sottoporlo alla vigilanza di assistenti ecclesiastici nominati dei vescovi84. In questo modo il pontefice riuscì a tenere sotto controllo il movimento murriano e a restringerne le ambizioni politiche.