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Pio X e il secondo memoriale Bonomell

LA CONCILIAZIONE SILENZIOSA

3.1 Pio X e il secondo memoriale Bonomell

Con l’avvento del pontificato di Pio X, avvenuto nell’agosto del 1903, parte dell’opinione pubblica italiana cominciò a sperare in un mutamento della posizione della Chiesa nei confronti dello Stato. Il nuovo pontefice, pur orientato su una linea di rigido intransigentismo nei confronti delle istanze della modernità, non sembrava altrettanto rigoroso nei confronti dell’astensionismo. Questa speranza sembrava rafforzata dalla constatazione che la strategia seguita da Leone XIII, volta ad una rigorosa e capillare preparazione dei cattolici in vista di un loro diretto impegno nella vita pubblica del Paese, non sembrava essere stata coronata da successo. Questa preparazione, infatti, proseguiva ormai incerta ed era caratterizzata da profonde divisioni interne. Negli ultimi anni del pontificato di Leone XIII erano sorte diverse correnti che avevano aumentato questi dissidi. I movimenti democratico-cristiani, in particolare quello guidato dal Murri, stavano riscuotendo presso il laicato cattolico un successo sempre più evidente e, non a caso, erano osteggiati dalla parte più intransigente del clero perché considerati eversivi e pericolosi.

Tuttavia, i primi atti del nuovo pontefice non autorizzarono a coltivare soverchie illusioni96, giacché Pio X fin da subito elaborò un pragmatico piano operativo volto alla restaurazione di una società cristiana, varando una serie di provvedimenti e di riforme in ambito liturgico, nella pratica sacramentale e nel diritto canonico. Per converso, il 28 luglio 1904 il papa sciolse l’Opera dei congressi e dei comitati cattolici, organizzazione che, come si è detto, era ormai in crisi a causa dell’irriducibile contrasto tra intransigenti e innovatori.

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Con lo scioglimento dell’Opera dei congressi, da sempre base della parte più intransigente del clero, la corrente favorevole all’abolizione del non expedit guidata dal Bonomelli riprese vigore. Il 2 ottobre 1904, poco prima delle elezioni, il prelato inviò un nuovo memoriale al pontefice97, ancor più incisivo di quello scritto nel 1882 a Leone XIII. Nella prima parte il Bonomelli criticava apertamente la politica dell’astensione, denunciandone il fallimento. L’obiettivo di costringere il governo italiano a piegarsi in seguito allo “sciopero elettorale” dei cattolici non era stato raggiunto. Il concorso politico dei cattolici era stato, nonostante quasi quarant’anni di non expedit, più che sufficiente perché lo Stato unitario sopravvivesse e legiferasse, in più di un occasione a discapito della Chiesa. Il vescovo proseguiva asserendo che vi era ormai una nuova, grave minaccia: la crescita del partito di estrema sinistra, con la sua forte carica anticlericale, rappresentava una minaccia potenzialmente mortale per la religione. Indebolire il governo di fronte al partito di sinistra sarebbe stato controproducente. La Chiesa rischiava così di pagare un pesante tributo a causa dell’inerzia cui la politica astensionista aveva portato i cattolici. Le nuove generazioni nate dopo i fatti del 1870 non comprendevano più il senso di un tale divieto e si stavano inesorabilmente allontanando dalla Chiesa: secondo il prelato la situazione era tanto grave che sembrava prepararsi l’apostasia di tutta la nazione. Occorreva agire, pertanto, il più velocemente possibile98.

A differenza del memoriale del 1882, il prelato prospettò al pontefice una via di uscita decisamente più agevole rispetto a quella indicata al suo predecessore. Secondo il Bonomelli, sarebbe stato sufficiente creare un gruppo cattolico, ben organizzato e pronto alla lotta politica. Era però importante che l’organizzazione di tale gruppo non venisse affidata alla Chiesa, evitando così di ripetere l’errore che era stato commesso con l’Opera dei congressi, organizzazione laica ma rigidamente dipendente dalla Santa Sede. Questo gruppo avrebbe invece dovuto essere guidato da cattolici laici i quali avrebbero

97 C. M. Bonaiuti, Non expedit: storia di una politica, pp. 112 e ss. 98

Cfr. C. M. Bonaiuti, Non expedit: storia di una politica pp. 112 e ss.; S. Romano, Libera Chiesa, libero

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così sollevato la Santa Sede da qualsiasi responsabilità politica. Poiché una rimozione immediata, per quanto legittima, sarebbe potuta apparire come un disdire se stessi, Bonomelli proponeva a Pio X di ampliare la già esistente discrezionalità in capo ai vescovi, i quali in casi particolari avrebbero potuto autorizzare il ricorso alle urne. Questa astuta mossa avrebbe permesso di evitare un salto nel buio, favorendo una lenta e graduale transizione dal regime dell’astensione a quello dell’intervento99

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La risposta del pontefice, tuttavia, rappresentò uno smacco per quanti speravano in un pronto e deciso cambio di rotta nella linea politica pontificia. Il papa, nella sua lettera autografa, ribatté punto per punto le argomentazioni del Bonomelli, difendendo le ragioni che spinsero la Santa Sede a emettere il non

expedit. Pio X sostenne che il fatto di non aver partecipato alla vita politica del

Paese e quindi di non aver legiferato in Parlamento, rendeva non responsabili i cattolici delle numerose leggi ostili alla Chiesa promulgate negli ultimi 34 anni. L’astensione aveva inoltre portato un vantaggio alla posizione internazionale del papa, giacché dimostrava la sua indipendenza dal governo italiano. L’astensione dalla lotta politica le permetteva di rivendicare l’assoluta estraneità agli interessi che muovevano l’azione dei partiti. La Chiesa, d’altro canto, non poteva dimenticare le usurpazioni subite. Secondo Pio X, anche andando alle urne i cattolici sarebbero stati accusati di antipatriottismo quando avrebbero difeso gli interessi della Chiesa. Per il pontefice l’aspirazione nazionale, per quanto legittima, non poteva che essere subordinata agli interessi e al bene della Chiesa universale. Rimuovere il divieto, per tutte queste ragioni, non sarebbe stato possibile. Anche il suggerimento di ritirarlo in modo lento e graduale sarebbe equivalso, agli occhi di Pio X, a una brusca abrogazione che avrebbe compromesso vescovi e clero nella responsabilità del partito politico. Dal tono della missiva sembrava che anche il nuovo papa si fosse irrigidito su posizioni rigorosamente intransigenti e le speranze della parte moderata del clero vennero nuovamente disattese100.

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C. M. Bonaiuti, Non expedit: storia di una politica (1866-1919), pp. 115-117. 100

Cfr. C. M. Bonaiuti, Non expedit: storia di una politica pp.115-119; S. Romano, Libera Chiesa, libero

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