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3. Diritti patrimoniali

3.1. La partecipazione agli utili e alle perdite

Per quanto riguarda i diritti in concreto attribuibili ai titolari degli strumenti finanziari partecipativi, l’art. 2346 c.c. è chiaro solamente su un punto: tali strumenti non possono essere dotati del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti110.

silenzio dello statuto, se alle azioni spettano tutti i diritti amministrativi propri della partecipazione sociale, agli strumenti finanziari partecipativi eventualmente previsti con sole prerogative di tipo patrimoniale, nulla spetterebbe in punto di voice››.

109 Si veda MIGNONE G., sub art. 2346, comma 6, in Il nuovo diritto societario.

Commentario diretto da G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, Bologna, 2004, p. 248.

110 Il fatto che il legislatore si esprima espressamente solo sul divieto di esercitare il

diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti induce a ritenere che non sussistano ulteriori limiti circa il contenuto degli strumenti finanziari partecipativi. Si veda GROSSO P., Le categorie di azioni e gli strumenti finanziari non azionari, in Il nuovo diritto societario. Profili civilistici, processuali, concorsuali, fiscali e penali, a cura di S. Ambrosini, 1, Torino, 2005, p. 133. Dello stesso avviso anche PISANI MASSAMORMILE A., Azioni ed altri strumenti finanziari partecipativi, in Riv. soc., 2003, 6, p. 1268, il quale ritiene che l’unica limitazione prevista per il diritto di voto a contrario ‹‹ribadisce l’ampia libertà di scelta per tutti gli altri diritti››.

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Ma al di fuori di questo limite espresso non sembrano sussistere ulteriori prescrizioni111.

Sotto il profilo patrimoniale, potrà sicuramente essere riconosciuto ai titolari degli strumenti finanziari partecipativi il diritto a percepire gli utili di esercizio e probabilmente nella prassi questa costituisce la formula più diffusa.

Come accade per la partecipazione azionaria, la percezione degli utili rappresenta il diritto di natura patrimoniale di maggiore importanza in quanto è il principale indice della remuneratività del proprio investimento nell’attività d’impresa. Tale diritto è, in un certo senso, il nucleo vivo della partecipazione all’impresa, che si realizza mediante gli strumenti di rischio, e il profilo di maggiore attrazione per i potenziali investitori.

Poiché le norme non entrano nel dettaglio della disciplina e non pongono particolari limiti sulla configurazione dei diritti patrimoniali attribuibili agli strumenti finanziari di cui all’art. 2346 co. 6 c.c., si ritiene possibile applicare i meccanismi previsti per la partecipazione azionaria in quanto compatibili. La compartecipazione agli utili della società emittente determina un concorso degli strumentisti con gli azionisti nell’esercizio del diritto. Questa caratteristica, accanto al rischio cui è soggetto l’apporto versato a fronte dell’emissione112, distingue la

posizione degli azionisti e degli strumentisti rispetto a quella dei possessori di strumenti obbligazionari in cui la remunerazione deriva da un contratto di finanziamento dell’impresa che non assume, di

111 Soprattutto per ciò che concerne il contenuto patrimoniale, la cui determinazione

‹‹si presenta del tutto libera e svincolata dalla necessità di individuare elementi essenziali››: così NOTARI M., Azioni e strumenti finanziari: confini delle fattispecie e profili di disciplina, in Banca, borsa e tit. cred., 2003, I, p. 542.

112 Gli strumenti finanziari in questione, infatti, non prevedono un diritto alla

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regola (con l’eccezione delle cc.dd. obbligazioni partecipative113), alcun

carattere partecipativo. In tal caso, infatti, è previsto un diritto alla restituzione dell’apporto iniziale accanto alla remunerazione periodica degli interessi sulla somma di capitale.

Inoltre, la natura di strumenti di rischio sia delle azioni che degli strumenti finanziari partecipativi può determinare a fronte della partecipazione agli utili anche un’esposizione alle perdite di esercizio. Quanto alla partecipazione agli utili da parte dei titolari degli strumenti finanziari partecipativi, dunque, per via della natura analoga dell’investimento, dovranno applicarsi le norme previste per le azioni, cioè gli artt. 2423 ss. c.c.

Ovviamente, poiché l’apporto non è capitalizzato, il criterio di attribuzione degli utili deve essere indicato dallo statuto, attraverso il regolamento di emissione, il quale può stabilire anche una ripartizione in misura non necessariamente proporzionale all’apporto di patrimonio eseguito da parte dello strumentista. Quindi è possibile che in concreto si configuri ‹‹sia un trattamento privilegiato rispetto a

113 Le obbligazioni partecipative furono introdotte dal legislatore nel 2012 allo scopo

di favorire l’emissione di strumenti di debito da parte delle imprese societarie. Esse rappresentano uno strumento finanziario di debito, trattandosi pur sempre di un rapporto di natura finanziaria di mutuo, ma dotate di una “partecipatività” che le avvicina alla fattispecie degli strumenti finanziari partecipativi. Invero, la “partecipatività” propria delle obbligazioni partecipative consiste in un diritto all’utile che trova origine nel contratto di finanziamento e che consiste in una parametrazione all’utile. Diverso, invece, è il diritto all’utile che ha fonte statutaria e che può spettare solamente al socio o al titolare di strumenti finanziari partecipativi. Cfr. CARRIÈRE P., I minibond e le “nuove” obbligazioni partecipative: problemi di inquadramento sistematico, in Le società, 2014, 2, p. 183.

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quello degli azionisti sia un trattamento deteriore, non ponendo la legge vincoli a riguardo››114.

La distribuzione degli utili, inoltre, dev’essere deliberata dall’assemblea ordinaria ai sensi dell’art. 2433 c.c. dopo l’approvazione del bilancio. Infatti, il diritto del singolo socio o strumentista a percepire gli utili si concretizza solo nel momento in cui l’assemblea ordinaria ne decreti la distribuzione mediante apposita delibera: non è sufficiente la mera approvazione del bilancio, a meno che in tal senso non disponga la

clausola statutaria115. Ne deriva, pertanto, che normalmente la

remunerazione dello strumentista è condizionata alla decisione del gruppo di comando, ma può esserne resa indipendente attraverso la previsione della distribuzione obbligatoria degli utili a suo favore, subordinatamente alla sola circostanza che il risultato di esercizio sia positivo.

Ai sensi dell’art. 2433 co. 2 c.c., poi, possono essere distribuiti solamente gli utili ‹‹realmente conseguiti e risultanti dal bilancio

regolarmente approvato››. Tuttavia, non tutti gli utili conseguiti

nell’esercizio sono in concreto distribuibili. Bisogna prendere in considerazione quanto deve essere accantonato per costituire le riserve e per ripianare eventuali perdite pregresse. Le riserve costituite a vario titolo rappresentano dei vincoli di indisponibilità sugli utili. La legge, innanzi tutto, impone di costituire una riserva legale del valore del venti per cento del capitale sociale attraverso l’accantonamento annuale almeno del cinque per cento degli utili. Accanto a questa forma obbligatoria di autofinanziamento posta a garanzia del capitale sociale, anche lo statuto può prevedere la costituzione di un’ulteriore riserva.

114 Si veda MAGLIULO F., Le categorie di azioni e strumenti finanziari nella nuova

s.p.a., Ipsoa, 2004, p. 51.

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Infine, possono essere previste riserve facoltative anche da parte dell’assemblea ordinaria contestualmente all’approvazione del bilancio. Gli stessi apporti destinati alla società a fronte dell’emissione degli strumenti finanziari partecipativi imputati a patrimonio, e non a capitale sociale, confluiscono in una riserva appositamente costituita e “targata”116. La riserva da strumenti finanziari partecipativi è una

riserva di capitale, e non di utili, e trova collocazione nel patrimonio netto della società.

Se la partecipazione al risultato dell’attività economica della società si presenta come una sorta di “Giano bifronte” in cui al diritto agli utili corrisponde, per converso, anche l’obbligo di partecipare alle perdite di esercizio, tale caratteristica non è sempre riscontrabile negli strumenti finanziari partecipativi. Ciò, infatti, dipende dal contenuto che in concreto gli è attribuito. Inoltre, non è da escludere che la partecipazione alle perdite possa realizzarsi nelle diverse modalità di volta in volta previste dall’autonomia statutaria.

Gli strumenti finanziari partecipativi sono esposti alle perdite accertate nel bilancio di esercizio nella misura determinata dal regolamento di emissione. Circa l’ordine di incidenza delle perdite sulla riserva costituita con gli apporti degli strumentisti, però, non esiste una soluzione univoca. Ci sono diverse posizioni in dottrina117, tutte,

peraltro, riscontrabili nella prassi dei regolamenti di emissione.

116 Il concetto di riserva ‹‹personalizzata›› o ‹‹targata›› viene utilizzato da PORTALE

G. B., Appunti in tema di ‹‹versamenti in conto futuri aumenti di capitale›› eseguiti da un solo socio, in Banca, borsa e tit. cred., 1995, I, p. 93, il quale fa riferimento alla riserva costituita da versamenti fuori capitale fatti solamente da alcuni soci, o addirittura da uno solo, e che quindi è “targata” in quanto di esclusiva spettanza di chi ha fatto il versamento.

117 Si veda, di recente, BONATO F., L’emissione di SFP a servizio della ristrutturazione:

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Di norma, la matrice statutaria di una riserva impone che essa sia intaccata dalle perdite solamente dopo le riserve facoltative, ma prima della riserva legale118. In realtà, però, mentre una comune riserva

statutaria è costituita dall’accantonamento di utili risultanti dall’attività, la formazione della riserva relativa agli strumenti finanziari partecipativi avviene mediante gli apporti necessariamente richiesti a fronte della loro emissione119, presentando tratti di affinità rispetto alla

correlazione sussistente tra azioni e capitale sociale.

Dunque, si potrebbe ritenere che la riserva in questione venga ad assumere per l’attività d’impresa un ruolo di essenzialità quasi al pari del capitale sociale e, per tale ragione, possa essere intaccata dalle perdite solamente dopo tutte le altre riserve, compresa anche quella legale120.

118 In tal senso Tribunale di Napoli, Sezione specializzata in materia d’impresa, 24

febbraio 2016 (consultabile sul sito

www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/14378.pdf), ove si statuisce che le riserve devono essere intaccate in base al grado di indisponibilità; così mentre il capitale sociale ha un grado di indisponibilità maggiore della riserva legale, le riserve statutarie e facoltative sarebbero disponibili. E si tratta di un ordine di incidenza inderogabile.

119 Si veda MIOLA M., I conferimenti in natura, in Trattato delle società per azioni,

diretto da G. E. Colombo – G. B. Portale, 1, Torino, 2004, p. 279, il quale ritiene che la riserva così formata costituisca un “quasi capitale” che affianca il capitale sociale.

120 D’ATTORRE G., Commento a Trib. Napoli 24 febbraio 2016, in Riv. not., 2016, 3, p.

268, il quale - così come per la riserva “targata” da versamenti in conto capitale la dottrina più autorevole – ritiene che, per il principio di parità di trattamento, essa debba essere intaccata dalle perdite solo dopo tutte le altre riserve di spettanza comune, cioè di tutti i soci; è coerente con tale impostazione, ‹‹allora, affermare che anche la riserva “targata” da strumenti finanziari partecipativi venga esposta alle perdite dopo che tutte le altre riserve, compresa la riserva legale, siano state assorbite dalle perdite››.

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C’è addirittura chi ritiene che potrebbe risultare naturale anche ‹‹un

assetto di base secondo il quale le perdite si abbattano sulle due poste di capitale proporzionalmente e – come si legge in alcune (diverse) discipline di settore – pari passu››121. La pariordinazione degli

strumentisti agli azionisti, infatti, impedisce che questi ultimi possano godere di una distribuzione degli utili negli esercizi successivi a fronte di una sopportazione delle perdite solamente a carico dei primi, il che accadrebbe necessariamente nell’ipotesi di incidenza delle perdite in via prioritaria sulla riserva targata con conseguente annullamento dei relativi strumenti122.

Tuttavia, la tesi per cui le perdite debbano intaccare tutte le riserve, anche quella ‹‹targata›› da strumenti finanziari partecipativi, prima del capitale, si lascia preferire. Infatti, tale impostazione è maggiormente coerente con il trattamento che viene riservato ai versamenti non capitalizzati dei soci, come quelli in conto capitale, che pure

121 Si veda VALZER A., Strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi nelle

società per azioni, Torino, 2012, p. 244. Nonostante i regolamenti di emissione degli SFP, come si riscontra nella prassi, determinino liberamente in che ordine le riserve vengono intaccate dalle perdite, talvolta stabilendo addirittura che la riserva targata sia erosa dopo lo stesso capitale sociale, quest’ultima soluzione si ritiene impraticabile. Tale aspetto è fortemente criticato da GIAMPIERI A., Gli strumenti finanziari partecipativi quale metodo di finanziamento delle acquisizioni, in Giur. comm., 2011, 3, p. 412, il quale ritiene che sia possibile al più prevedere un’erosione pari passu. In aggiunta, D’ATTORRE G., op. cit. precisa che ‹‹“pari passu” vada interpretato come proporzionalità nell’assorbimento delle perdite rispetto ai reciproci ammontare del capitale sociale e della riserva da strumenti finanziari partecipativi››.

122 Qualora, infatti, le perdite si abbattano sulla riserva targata da SFP prima che sul

capitale, in caso di azzeramento totale della relativa riserva, l’annullamento degli strumenti finanziari partecipativi comporta necessariamente che gli utili siano riservati ai soci (essendo venuti meno gli strumenti finanziari partecipativi).

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confluiscono in una posta del netto, ed alla stessa riserva da sovrapprezzo.

3.2. Il diritto alla quota di liquidazione

Lo statuto può anche stabilire che ai titolari degli strumenti finanziari partecipativi sia attribuito il diritto alla quota di liquidazione in sede di scioglimento della società.

A differenza di ciò che accade per la partecipazione agli utili che, attuata in diverse modalità, rappresenta un indice della remuneratività dell’investimento in società, il diritto alla quota di liquidazione non sembra costituire un contenuto ineliminabile dello strumento.

Tale diritto, dunque, spetterebbe agli strumentisti solamente se previsto, cioè quando lo statuto e il regolamento di emissione lo annoverino esplicitamente tra i diritti patrimoniali attribuiti allo strumentista. Infatti, si ritiene che esso non possa derivare automaticamente dal riconoscimento di una partecipazione agli utili di esercizio. Di conseguenza, se nulla è specificato, l’apporto deve essere

considerato effettuato a fondo perduto123 e sul patrimonio che residua

dalla liquidazione della società gli strumentisti non potranno vantare alcuna pretesa.

Quando, invece, tale diritto è esplicitamente attribuito agli strumentisti, essi potranno concorrere insieme agli azionisti al riparto dell’attivo nell’ordine stabilito124 e senza trascurare il ruolo di questi

123 Si vedano BUSANI A. – SAGLIOCCA M., I diritti patrimoniali degli investitori in

strumenti finanziari partecipativi (SFP), in Le società, 2012, 11, p. 1189.

124 Si veda GIAMPIERI A., Gli strumenti finanziari partecipativi quale metodo di

finanziamento delle acquisizioni, in Giur. comm., 2011, 3, p. 412, secondo l’a. così come è possibile prevedere per gli strumentisti un trattamento più favorevole in sede di distribuzione degli utili, dando loro priorità rispetto agli azionisti, anche in sede di liquidazione ‹‹ben potrebbe lo statuto prevedere un ordine di pagamenti finalizzato a

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ultimi come residual claimants. Bisognerà quindi soddisfare prima i creditori sociali, cioè soggetti che non fanno parte del contratto sociale e, infine, strumentisti e azionisti della società125. Ma non si potrà

ammettere una postergazione degli strumentisti agli azionisti, la cui pretesa resta la più postergata di tutte126.

Quanto alla restituzione del valore dell’apporto iniziale sarebbe opportuno fare una distinzione fra coloro che hanno apportato denaro o beni in natura e chi abbia apportato prestazioni d’opera o servizi. Infatti, se nella prima ipotesi la restituzione è di più facile realizzazione, la seconda potrebbe creare problemi legati al calcolo del quantum dovuto127 a fronte dell’impossibilità di rimborsare prestazioni di fare128.

Sarebbe opportuno, allora, che lo statuto prevedesse sin da principio

soddisfare in via prioritaria il rimborso della componente patrimoniale spettante agli SFP››.

125 La postergazione rispetto agli altri creditori sarebbe l’elemento che avvicina gli

strumentisti agli azionisti sotto il profilo del rischio. In proposito, si veda LOLLI A., Gli strumenti finanziari, sub artt. 2346-2354, in Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, I, Padova, 2005, p. 212.

126 Si veda LAMANDINI M., Autonomia negoziale e vincoli di sistema nella emissione

di strumenti finanziari da parte delle società per azioni e delle cooperative per azioni, in Banca, borsa e tit. cred., 2003, I, p. 519, il quale afferma che ‹‹non è in altri termini possibile addossare a questi strumenti finanziari un rischio maggiore che agli azionisti››.

127 A sollevare queste problematiche RUGGIERO C., Gli strumenti finanziari, in

Contratti, 2005, 5, p. 497, il quale sostiene, peraltro, che sia lo statuto a dover determinare se in sede di liquidazione spetti agli strumentisti un diritto alla restituzione o se l’apporto vada considerato effettuato a fondo perduto.

128 Nelle società di persone, ma la soluzione non è pacifica, il socio d’opera è escluso

che possa avere diritto al rimborso del conferimento in sede di liquidazione. Infatti, oggetto del conferimento sarebbe l’impegno a lavorare in società, il quale verrebbe meno semplicemente con lo scioglimento della stessa.

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una patrimonializzazione di queste prestazioni129, tale da rendere più

semplici operazioni di questo tipo allo scioglimento della società.

3.3. Liquidazione degli strumenti finanziari partecipativi