4. Strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi
4.2. La summa divisio tra equity e debt
4.2.1. Una partecipazione non azionaria
L’evoluzione del processo normativo che ha portato all’introduzione della fattispecie degli strumenti finanziari partecipativi, passando per le azioni di industria, dimostra ampiamente che la loro collocazione nell’art. 2346 c.c. rubricato “Emissione delle azioni” non è casuale. Il fatto che sia gli strumenti finanziari che le azioni siano disciplinati nell’ambito della stessa norma è indice della comunanza di interessi tra
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i titolari degli uni e delle altre. In entrambi i casi è prevista la destinazione di apporti alla società in modo durevole, il conferimento di diritti patrimoniali e l’appartenenza allo spettro del capitale di rischio per via dell’aleatorietà dell’investimento.
Per cogliere tutte le sfumature degli strumenti partecipativi, e prima di ricostruire la disciplina normativa ad essi applicabile, non si può prescindere dal confronto con lo strumento azionario proprio a partire dalla norma cardine: l’art. 2346 c.c.
Il primo comma dell’art. 2346 c.c. stabilisce innanzi tutto che ‹‹la
partecipazione sociale è rappresentata da azioni››, ma i commi
successivi sembrano smentire questo dato. O meglio, essi inducono a riflettere ancora una volta sul contenuto della partecipazione creando un parallelo tra gli strumenti partecipativi e le azioni. Si evince da questo confronto che quella azionaria non sia l’unica forma di
partecipazione ammessa dall’ordinamento societario66. A rafforzare
tale impostazione, non solo il fatto che la rubrica della sezione V richiami accanto alle azioni anche altri strumenti finanziari partecipativi, lasciando intendere che entrambi gli strumenti siano delle forme di partecipazione alla società, ma anche il tenore letterale del resto della norma.
Continuando con l’analisi dell’art. 2346 c.c., dopo aver fatto riferimento alla partecipazione azionaria ed alla possibilità di emettere azioni con o senza valore nominale, il quarto comma prevede l’assegnazione non proporzionale di azioni. Per regola generale, l’assegnazione delle azioni deve avvenire in modo proporzionale alla frazione di capitale
66 Si veda GINEVRA E., Gli strumenti finanziari diversi da azioni e obbligazioni, in
Manuale di diritto commerciale, diretto da M. Cian, Torino, 2016, p. 352, l’a. sostiene che la formulazione del primo comma dell’art. 2346 c.c. non sembra escludere che si possano anche immaginare altre forme di partecipazione all’impresa (al rischio e ai risultati).
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sottoscritta e quest’ultima non può avere un valore maggiore del conferimento del socio. Inoltre, si stabilisce al comma successivo che il valore dei conferimenti non possa mai essere inferiore all’ammontare complessivo del capitale sociale. Tuttavia, l’equilibrio tra questi valori può essere alterato dall’eccezione, posta dall’ultima parte del quarto comma, per cui lo statuto può prevedere ‹‹un’assegnazione diversa››. In sostanza è possibile determinare, per scelta statutaria, un’assegnazione non proporzionale delle azioni. E se è vero che queste regole di fondo sono poste a garanzia della formazione del capitale sociale, allora l’eccezione alla regola può ritenersi ammissibile solamente qualora operino dei meccanismi compensativi di questo
deficit. Infatti, l’attribuzione a un socio di una partecipazione maggiore
all’ammontare del suo conferimento è possibile esclusivamente quando un altro socio, di contro, avrà colmato tale vuoto investendo una somma maggiore rispetto a quanto si vedrà riconosciuto in termini di partecipazione, dunque vedendosi attribuire delle azioni in misura inferiore rispetto al proprio conferimento.
La deroga all’assegnazione proporzionale di azioni può rappresentare in concreto un veicolo di ingresso nella società dei cc.dd. apporti atipici, ed è in questo elemento che alcuni vedono un nesso tra il comma quarto ed il comma sesto della norma.
In coda a tali disposizioni, infatti, l’ultimo comma dell’art. 2346 c.c. disciplina gli strumenti finanziari partecipativi prevedendo la possibilità di emettere strumenti finanziari, anche a fronte di apporti di opera o servizi da parte di soci o terzi, dotati di diritti patrimoniali o anche amministrativi, e poi rinviando allo statuto per le condizioni e le modalità di emissione, nonché per i diritti da essi conferiti. Il fatto che la norma demandi allo statuto la legittimazione e la disciplina di questo istituto contribuisce, in primis, a metterne in risalto la rilevanza endo- organizzativa nel fenomeno societario. Esso si radica in un momento
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programmatico e organizzativo dell’impresa societaria67, dunque a
monte rispetto alla nascita del rapporto sociale. In questo contesto, gli strumenti finanziari partecipativi figurano come una forma di partecipazione para-azionaria, ulteriore ed eventuale rispetto alle azioni. Essi non rappresentano un’alternativa all’azione, ma sono il frutto di una scelta della società che si apre alla patrimonializzazione da parte di una platea di investitori ampliando la propria struttura finanziaria e in modo tale da non intaccare la disciplina azionaria. Infatti, se la partecipazione alla società è caratteristica di entrambi gli strumenti di rischio, la partecipazione al capitale è propria solamente delle azioni. La norma stessa è chiara sul punto. Non a caso, l’art. 2346 co. 6 c.c. utilizza il termine generico “apporto”, in luogo dello specifico
“conferimento”68. Scopo del legislatore è quello di escludere gli apporti
67 Si veda VALZER A., Strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi nelle società
per azioni, Torino, 2012, p. 149.
68 Si veda FESTA FERRANTE G., Gli strumenti finanziari partecipativi, in Riv. not., 2008,
6, p. 1231, il quale sostiene che l’apporto rappresenti il genus rispetto alla species del conferimento e che dunque ‹‹l’apporto a fronte del quale sono emessi gli strumenti finanziari partecipativi può essere il più vario ed avere oggetto anche entità, si pensi alle prestazioni d’opera e di servizi, che, invece, non possono costituire oggetto di conferimento››; egli ribadisce poi che ‹‹il dato formale della imputazione a capitale del relativo apporto›› sia caratteristica propria del solo conferimento in senso tecnico, cioè apporto sottostante all’emissione di azioni. TARABUSI M., Strumenti finanziari partecipativi, diritto di recesso e principi contabili internazionali: esiste ancora il sistema del netto?, in Giur. comm., 2007, 4, p. 456, scrive che il proprium della partecipazione azionaria consiste non solo nella titolarità di diritti patrimoniali frazionari, ma soprattutto nell’elemento formale dell’assoggettamento dei valori conferiti alla disciplina del capitale sociale. Dello stesso avviso anche OPPO G., Patto sociale, patti collaterali e qualità di socio nella società per azioni riformata, in Riv. dir. civ., 2004, 1, p. 57, per il quale ‹‹l'attribuzione di azioni ha un presupposto di legge che la condiziona: è la corrispondenza a un conferimento di capitale›› e ancora ‹‹il
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sottesi all’emissione di strumenti finanziari partecipativi dalla formazione del capitale sociale.
Le due forme di partecipazione dunque, si distinguono per la non imputazione a capitale degli apporti degli strumenti partecipativi. E
questa caratteristica del rapporto tra conferimento e capitale sociale69,
peraltro, è proprio quella che contraddistingue la partecipazione azionaria rispetto agli altri strumenti finanziari partecipativi. Le azioni, infatti, non si caratterizzano tanto per la titolarità di diritti amministrativi, essendo consentita anche l’emissione di azioni senza diritto di voto, o per la titolarità dei diritti patrimoniali che ne derivano, quanto per il requisito formale che i diritti ad esse associati sono una conseguenza della posizione giuridica assunta dal loro titolare in relazione al rapporto tra il proprio conferimento e il capitale sociale. Il rapporto conferimento-capitale sarebbe un prius rispetto alle azioni, posto che l’acquisto della qualità di socio azionista è condizionata dalla
esecuzione di un conferimento dal valore imputabile a capitale70.
riflesso dell'apporto nel capitale deve riferirsi senza eccezione a tutte le azioni emesse dalla società (Art. 2346, comma 2 c.c.)››.
69 Si veda ANGELICI C., La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto
commerciale, Padova, 2003, p. 60 ss., l’a. scrive che le azioni si caratterizzano per il fatto che i diritti patrimoniali ad esse associati sono conseguenza della posizione giuridica che è ‹‹dimensionata sulla base non dell’apporto, ma di quanto di esso viene riferito al capitale sociale››. Anche COSTI R., Il mercato mobiliare, Torino, 2016, p. 316, a proposito afferma che ‹‹Nel nostro ordinamento le azioni si caratterizzano per il solo fatto che i relativi apporti sono imputati a capitale››.
70 ANGELICI C., op. cit. così scrive: ‹‹se le azioni rappresentano un prius rispetto alla
posizione del socio, il capitale è a sua volta un prius nei confronti delle azioni››. Si veda anche OLIVIERI G., Quel che resta del capitale nelle s.p.a. chiuse, in Riv. soc., 2016, 1, p. 152, secondo cui la qualità di socio è conseguenza di un conferimento astrattamente imputabile ma anche effettivamente imputato a capitale sociale.
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Viceversa, la non imputazione a capitale degli apporti eseguiti a fronte degli strumenti finanziari partecipativi comporta diverse conseguenze sul piano delle utilità che possono essere destinate all’attività sociale da parte degli strumentisti. Al sesto comma dell’art. 2346 c.c., si stabilisce che possono formare oggetto di apporto anche prestazioni d’opera o servizi, normalmente esclusi dall’area del conferibile. La
seconda direttiva comunitaria in materia di società71, infatti, recepita
con d.P.R. n. 30/1986, ha fissato una serie di principi a tutela del capitale sociale delle società per azioni e tra questi il divieto di conferire prestazioni d’opera o servizi. Tale divieto però riguarda solamente i conferimenti, non anche gli apporti generalmente intesi. Di conseguenza, si può ritenere non esistano limiti alle entità apportabili da parte degli strumentisti.
Questo risultato cui si perviene dice molto dell’elasticità dell’istituto in esame nella prospettiva di patrimonializzazione della società. Infatti, la non imputazione a capitale sociale degli apporti associati agli strumenti finanziari partecipativi consente ai rispettivi titolari, non solo di eseguire apporti d’opera o servizi, altrimenti vietati, ma anche di offrire alla società denaro o beni, ancorché conferibili, con l’intento di escluderli volutamente dall’area del capitale sociale72.
La rottura del binomio apporto-capitale sociale rispetto a questi strumenti comporta anche un effetto ulteriore. Mentre l’emissione
71 Trattasi della Seconda Direttiva del Consiglio C.E.E. del 13 dicembre 1976
(77/91/CEE).
72 Nel sistema previgente si addiveniva al medesimo risultato mediante l’istituto del
sovrapprezzo, che consente di distogliere delle risorse dal capitale sociale. Il sovrapprezzo, peraltro, rappresenta un comune canale di finanziamento dell’impresa che determina un aumento del patrimonio sociale. Infatti, quando la società emette azioni per somma eccedente il valore nominale tale surplus confluisce nella c.d. riserva da sovrapprezzo. Cfr. OLIVIERI O., op. cit. FESTA FERRANTE G., op. cit.
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delle azioni comporta un aumento del capitale sociale e richiede apposita delibera, l’emissione degli strumenti finanziari partecipativi comporta solo un aumento del patrimonio della società e richiede un procedimento diverso.
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Capitolo II
Strumenti finanziari partecipativi: disciplina legale e
autonomia privata
Sommario: 1. Emissione degli strumenti finanziari partecipativi e tutela