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PROCESSO DI BARCELLONA

LA PARTNERSHIP ECONOMICA

La partnership economica si poneva l’obiettivo di creare un’ «area di prosperità

condivisa»94, attraverso una politica commerciale che favorisse gli scambi tra gli Stati

rivieraschi, la cooperazione economica in alcuni ambiti come l’energia o l’ambiente, e la cooperazione finanziaria attraverso il programma MEDA.

Tale progetto rifletteva le teorie economiche neo – liberaliste e dell’economia internazionale, il cosiddetto Washington consensus, secondo cui un’apertura al commercio estero avrebbe innescato una dinamica di sviluppo: ne avrebbe guadagnato l’economia, i cui settori a vantaggio comparato si sarebbero potenziati, ed anche il settore pubblico e delle politiche governative, che avrebbero dovuto essere riformati e ammodernati, anche per risultare più competitivi sul mercato dei capitali esteri. La Comunità avrebbe agito da

catalizzatore95, garantendo i fondi e l’assistenza tecnica per le riforme. A parer mio, sono

due i punti rilevanti per comprendere la questione: come la liberalizzazione degli scambi fu concepita e i suoi punti di debolezza, e come gli Stati del sud cercarono di sostenere tale politica, visto che molta parte delle loro entrate si basava su tariffazioni del commercio estero.

L’area di libero scambio

Al titolo II degli accordi di associazione si trovano gli articoli che riguardano i beni oggetto dei commerci, suddivisi secondo la loro tipologia: prodotti industriali, prodotti agricoli e della pesca, ed infine le previsioni comuni; inoltre l’articolo 11 prevedeva una differenziazione dei beni secondo il periodo richiesto affinché decadessero tutte le

94 Dichiarazione di Barcellona, Barcellona 27 – 28 novembre 1995

95 Eberhard Rhein (1996) Europe and the Mediterranean: a newly emerging geopolitical area?, cit., pagg. 79

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protezioni96; proprio per i prodotti del settore agricolo tale lasso di tempo durava 12 anni. La Comunità, comunque, considerava tale disposizione coerente con l’articolo XXIV del GATT e l’interpretazione che ne fu data durante l’Uruguay Round, secondo la quale per le aree di libero scambio si potevano prevedere periodi di implementazione maggiori di 10 anni qualora fosse data una ragionevole motivazione; e proprio ad una volontà di conformarsi al GATT fu attribuita la scelta di un tale lasso di tempo, altrimenti giudicato insufficiente per permettere una liberalizzazione delle economie che non comportasse degli shock97. Sull’agricoltura l’Europa ebbe un approccio molto severo, come si evince dalla Dichiarazione di Barcellona che per il commercio prevedeva «una liberalizzazione progressiva» a partire da «i flussi commerciali tradizionali», i quali rispecchiavano le relazioni commerciali già esistenti, a loro volta in linea con il protezionismo della politica europea agricola. Questa rigorosità si ripercuoteva negativamente sulle trattative con paesi terzi, durante le quali spesso la Commissione era coadiuvata da rappresentanti degli Stati membri. Proprio per questo motivo le negoziazioni sui prodotti agricoli videro spesso dei momenti di tensione: nel caso dell’Egitto, le trattative con la Comunità furono sospese temporaneamente e fu necessario anche un incontro personale del presidente della Commissione Santer con Mubarak, per mediare le «posizioni massimaliste» dell’Egitto98. Altro caso rilevante fu quello del Marocco che però, riuscì, anche in questo caso

96 Tale organizzazione è similare in tutti gli accordi sottoscritti, e corrisponde alla struttura del primo che fu

siglato con la Tunisia considerato come un modello. In Joseph Licari (1998) The EuroMediterranean Partnership: Economic and Financial Aspects, Mediterranean Politics, 3:3, pagg. 1-20, pag. 17

97 Per le aree di libero scambio, la riduzione dei dazi e altri vantaggi che possono essere estesi ai partecipanti

devono essere completate «within a reasonable length of time» secondo l’articolo XXIV del Gatt. Durante l’Uruguay Round tale arco temporale fu codificato in non più di 10 anni, a meno che non vi fossero particolari ragioni. Inoltre un altro articolo importante del GATT del 1965 è il numero XXVI, che afferma che nelle relazioni con stati in via di sviluppo i partner più forti non devono esigere la reciprocità delle misure di liberalizzazione. Ivi pag. 9

98 Tali posizioni, come affermò la Commissione, erano quelle dell’Egitto che puntava ad un aumento delle

quote di patate, cipolle e arance esportate in Europa. In Trevor Parfitt (1997) Europe’s Mediterranean designs: an analysis of the Euromed relationship with special reference to Egypt, Third World Quartely, 18 : 5, pagg. 865 – 888, pag. 875

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collegando l’accordo di associazione con il rinnovo di quello sulla pesca, a ottenere qualche concessione99.

Sui prodotti provenienti da paesi non comunitari, l’Unione concedeva delle riduzioni delle tariffe qualora la loro quantità fosse quella prestabilita, riservandosi di intervenire, in caso contrario, imponendo licenze per le importazioni in eccedenza così da scoraggiare gli sforamenti, come avvenne nel 1999 con il Marocco100. Un altro strumento utilizzato per controllare le importazioni nel settore era il prezzo minimo all’entrata, che faceva sì che il prodotto non potesse essere reperito sul mercato a meno del prezzo già pagato; tale sistema era accettato con minori resistenze dagli importatori che lo preferivano alle tariffe, tuttavia a essere penalizzati erano i produttori più competitivi101.

È il caso di citare, infine, una serie di norme introdotte che hanno una valenza più generale: sono le regole per la cumulazione delle origini dei prodotti. Affinché le merci possano godere delle facilitazioni dell’area di libero scambio, le materie prime iniziali devono essere prodotte all’interno dei paesi della Comunità, nel caso della cumulazione

bilaterale102, oppure in uno qualsiasi dei paesi partner (comunitari o no) nel caso della

cumulazione diagonale103; in entrambi i casi non si tiene conto della fase di lavorazione,

99 Anche in questo caso si parla di prodotti agricoli, in particolare di pomodori, uno dei prodotti sensibili per

eccellenza e di fiori recisi. Vincendo le opposizioni belga, olandese e tedesca, il Marocco poté esportare un maggiore quantitativo di tali beni. In Bichara Khader, Les nouveaux accords entre l’Union européenne et les pays arabes, in Bichara Khader (ed), Le partenariat euro – méditerranéen vu du sud, Paris, L’Harmattan, 2001, pagg. 41 – 52, pag. 44

100 Nell’ottobre del 1999 le esportazioni di pomodori marocchini sforarono del 190% il limite stabilito,

costringendo la Commissione ad imporre delle licenze per le importazioni, le quali oltre a controllare la quantità del bene importato, agiscono come delle vere barriere al commercio. Nel gennaio 2000, l’export marocchino ebbe un tracollo, tanto che dal mese successivo il controllo volontario delle esportazioni da parte marocchina fu ristabilito. In José Maria Garcia Alvarez Coque (2002) Agricultural trade and the Barcelona process: is full liberalisation possible?, European review of agricultural economics, 29 (3), pagg. 399 – 422, pag. 404

101 In ivi, pag. 405

102 « Bilateral cumulation operates between two countries where a free trade agreement or autonomous

arrangement contains a provision allowing them to cumulate origin. This is the basic type of cumulation and is common to all origin arrangements. Only originating products or materials can benefit from it.» in www.ec.europa.eu /taxation_customs

103 «Diagonal cumulation operates between more than two countries provided they have Free Trade

Agreements containing identical origin rules and provision for cumulation between them. As with bilateral cumulation, only originating products or materials can benefit from diagonal cumulation. Although more

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dunque i prodotti per godere delle facilities dell’area di scambio non devono essere

sufficientemente lavorati104. Nel primo caso ad esempio, se delle t - shirts fossero prodotte

in Egitto con del cotone comprato in Grecia, otterrebbero lo status di merce euro mediterranea; nel secondo invece, le medesime t – shirt egiziane potrebbero essere prodotte con cotone greco o tunisino, e comunque godrebbero delle medesime facilitazioni. Tali misure sono istituite tra paesi che hanno in essere regimi preferenziali di commercio e sono dunque reciproche, configurandosi come norme di autotutela per evitare fenomeni di

free riding105, cioè di attori commerciali che pure non avendo stretto accordi con la

Comunità avrebbero potuto usufruire comunque dei vantaggi. Per i prodotti agricoli, essendo considerati sensibili, tali norme sul cumulo delle origini non furono inizialmente applicate, comportando l’imposizione di tariffe sui prodotti derivati106.

Mi sono voluto concentrare sull’agricoltura poiché è il settore in cui i Paesi della riva Sud possiedono dei vantaggi comparati, che la teoria del commercio internazionale considera essenziali per uno sviluppo dell’economia trainato dagli scambi con l’estero (questo medesimo assunto era alal base della aprtnership). È lampante la contraddittorietà dell’Unione, perché con le sue politiche non assecondava lo sviluppo dei settori trainanti dei partner, che non solo avrebbe reso tali sistemi più dinamici, ma li avrebbe condotti

than two countries can be involved in the manufacture of a product it will have the origin of the country where the last working or processing operation took place, provided that it was more than a minimal operation. Diagonal cumulation operates between the Community and the countries of the so-called "pan- Euro-Mediterranean cumulation zone". » Ibidem.

104 «Cumulation is the term used to describe a system that allows originating products of country A to be

further processed or added to products originating in country B, just as if they had originated in country B. The resulting product would have the origin of country B. It can only be applied between countries operating with identical origin rules. An important point to remember is that in the case of cumulation the working or processing carried out in each partner country on originating products does not have to be 'sufficient working or processing' as set out in the list rules.». Ibidem

105 Alfred Tovias, The European Union and the Mediterranean Countries in Mario Telò, Regionalism and

multilateralism after the Uruguay Round, Brussels, European University Press, 1997, pagg. 95 – 113, pag. 102

106 Basti pensare che nell’ultima rinegoziazione dell’accordo per il commercio di prodotti agricoli e ittici con

il Marocco, entrato in vigore nel 2012, sono previsti ancora i prezzi d’entrata e alcuni diritti di dogana, sebbene fortemente ridotti. In OJ L 241/1 Brussels, 7 settembre 2012

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verso un graduale affrancamento dalle politiche di aiuto occidentali107. Tanto più che l’UE è il principale importatore di prodotti ortofrutticoli dei paesi della riva Sud e quindi più forte sarebbe stato l’impatto che misure più ampie avrebbero dato; inoltre proprio nei primi anni 2000, la quantità di ortofrutticoli esportati dai PTM diminuì sensibilmente108. Le pressioni dei PTM furono recepite dagli Stati dell’Unione come si evince da alcuni documenti della Commissione109, cosicché gli accordi firmati con l’Algeria e il Libano nel 2002110 avevano un’impostazione più favorevole al libero scambio. Ciò non andava solo nella direzione di ampliare i commerci, ma rispondeva alle richieste degli Stati partner che vedevano nell’implementazione di un settore agricolo moderno ed industriale una via d’uscita di alcune fasce della popolazione dalla povertà: ad esempio in Egitto vi era una forte differenza tra le regioni costiere, nelle quali un’agricoltura finalizzata all’esportazione era condotta con metodi industriali garantendo un maggiore benessere ai lavoratori, e l’attività agricola dell’interno, prevalentemente cerealicola e condotta spesso in maniera tradizionale, rendendo quelle popolazioni più dipendenti dalle circostanze climatiche e da politiche pubbliche di sussidio111. Inoltre i maggiori introiti di una più ampia commercializzazione avrebbero concorso alla sostenibilità della politica di libero scambio.

107 Fouad Zaim (1999) The third generation of EuroMediterranean association agreements: A view from

the south, Mediterranean Politics, 4:2, pagg. 36-52, pag. 45

108 La percentuale di importazioni europee sul totale dell’area maghrebina passava dal 52% del 1992 al 50%

del 2001 di importazioni da tali paesi. Si nota la mancanza di aumento del volume dei commerci in questo settore, a cui era da aggiungere la maggiore competitività che i medesimi prodotti provenienti da altre regioni avevano guadagnato in seguito all’Uruguay Round. In FEMISE, Rapport sur le partenariat Méditerranéen, 2002, pag. 21.

109 European Commission, Reinvigorating the Barcelona process, Communication from the Commission to

the Council and the Parliament, COM(2000) 497 final, Brussels 06 settembre 2000, pag. 6

110 In FEMISE, Rapport sur le partenariat Méditerranéen,cit., pag. 23 111 Ivi, pag. 19.

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La sostenibilità della politiche di liberalizzazione

La Free Trade Area che avrebbe dovuto entrare in vigore nel 2010112 costituiva una prova evidente per le economie dei PTM, per le riforme che domandava e la sua incidenza sull’economia e le finanze pubbliche. Il primo tassello di un lungo percorso di riforme riguardava la politica commerciale degli Stati partner, che in molti casi aveva forti tendenze protezioniste e contribuiva, grazie ai proventi di dazi e tariffe doganali, in maniera importante ai bilanci pubblici. Sebbene si assitesse in tutta la regione alla diminuzione delle tasse sul comemrcio estero, esse contribuivano in maniera non trascurabile alle entrate pubbliche. Nel 2001, in Libano esse ammontavano al 6% del PIL e al 30% delle entrate fiscali113, mentre in Egitto corrispondevano al 3% del PIL114. In Marocco e Tunisia la situazione era migliore grazie ai piani di aggiustamento strutturale dell’FMI, che aveva innescato un percorso di apertura dei mercati interni in quei paesi115. Le conseguenze della diminuzione delle tariffe, per non creare deficit di bilancio eccessivi, erano una politica di taglio della spesa e di riforma fiscale, in particolare si trattava di introdurre un sistema di tassazione diretta su persone fisiche e giuridiche unito ad un imposizione dell’IVA116. Naturalmente tali interventi sollevavano molte resistenze, soprattutto politiche: sul breve termine i costi sociali sarebbero stati alti, perciò le medesime élites, occidentalizzate, che avevano sostenuto il processo di modernizzazione avrebbero visto le loro decisioni contestate dal malcontento popolare, e criticate come un

diktat dell’Occidente117. L’IVA era stata introdotta con successo in Tunisia, Marocco,

112 In realtà, l’area di libero scambio sarebbe probabilmente nata successivamente, poiché ciascuno accordo

prevedeva 12 anni prima dell’entra del paese in tale area a fianco dell’Europa. L’accordo con l’Algeria fu ratificato solo nel 2002.

113 In European Commission, Economic review of EU Mediterranean partners, European Economy,

Occasional paper n°6, Brussels, Marzo 2004, pag. 25

114 Ivi, pag. 75 115 Ivi, pag. 24

116 In Gonzalo Escribano e Alejandro Lorca Corrons, The Euro – Mediterranean free trade agreement and

modernisation in the Magreb, in Fulvio Attinà, Stelios Stavridis (eds.) The Barcelona process and euro – Mediterranean issues from Barcelona to Marseille, cit., pagg. 51 – 65, pag. 57.

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Algeria ed inoltre le riforme fiscali avevano fatto sì che la maggior parte delle entrate pubbliche derivasse da tassazione diretta; l’Egitto che ratificò il proprio accordo nel 2001, ave va intavolato un progetto per una riforma fiscale, come anche la Siria. Intanto, in Marocco nel 2003 decadevano le tariffe sui beni grezzi e sulle merci non prodotte localmente, ed inoltre fu diminuito del 10% l’ammontare delle tariffe sui prodotti europei118; anche in Tunisia continuava il processo di liberalizzazione, arrivando allo sgravio di alcune categorie di prodotti concorrenziali con quelli propri nazionali: nel 2003 le tariffe su tali merci furono diminuite del 44% dal loro livello del 1995119.

Grafico 2. Ripartizione dei diritti di dogana applicati per ciascuno paese alla nazione col regime più