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NUOVI PERCORSI PER LA POLITICA EURO – MEDITERRANEA

L’UNIONE PER IL MEDITERRANEO

Dopo la Politica Europea di Vicinato, un’altra iniziativa fu specificamente dedicata all’area mediterranea: l’Unione per il Mediterraneo. Tale organizzazione trans – governativa si inseriva in un contesto regionale mutato per quanto riguarda i rapporti euro – arabi e perseguiva l’obiettivo di rilanciare la dimensione mediterranea nella politica estera comunitaria.

Nuovi membri e preferenze per l’Azione Esterna

La marginalizzazione del Mediterraneo nell’azione esterna europea, avvertita dagli Stati del Sud e soprattutto dalla Francia, era il risultato dei nuovi equilibri politici all’interno della UE. Mi riferisco all’entrata nell’Unione Europea degli Stati dell’Europa Centrale ed Orientale, che del Mediterraneo avevano poca esperienza e per il quale nutrivano un interesse limitato. Tali Stati avevano avuto con i paesi arabi rapporti di amicizia durante gli anni della Guerra Fredda86, per la comunanza ideologica dei regimi nelle due aree, ma da un punto di vista economico o culturale vi erano pochi legami. Nel caso della Polonia87, ad esempio, gli scambi commerciali con l’area mediterranea restavano ancora piuttosto bassi nel 2008, quando ormai era già integrata nello Spazio Economico Europeo. Invece, dal punto di vista culturale, la lontananza dei Paesi centro - orientali dalla regione mediterranea era rimarcata dal dibattito politico interno, nel quale i partiti conservatori ponevano a fondamento dell’Unione e dell’idea di Europa la sua identità cristiana88,

86 In particolare con si parla dei paesi socialisti nell’area cioè Algeria, Egitto, Libia e Siria. In Tobias

Schumacher, Germany and Central and Eastern European Countries: Laggards or Veto-Players?, in Federica Bicchi (ed.), The Union for the Mediterranean, London, Rutledge, 2012, pagg. 79 – 98, pag. 91

87 Agnieszka K. Cianciara, The Union for the Mediterranean and the Eastern Partnership. Perspectives from

Poland, Czech Republic and Hungary, Euromesco Report, Maggio 2009, pag. 17. Lo scambio commerciale con la regione ammonta allo 0,5% del totale nazionale e al 7% di quello con nazioni extra – EU.

88 Ciò è particolarmente vero per i partiti conservatori di Polonia, Ungheria, Lituania e Slovacchia: in queste

regioni più forti erano i richiami culturali ad una cristianità dell’Europa. Da tale istanza si discostavano assai poco anche i partiti socialisti e liberali, sebbene questi ultimi avanzassero timidamente l’idea di un Europa

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escludendo così Paesi di differente matrice religiosa. Sebbene quest’ultimo elemento non fosse univoco89, in generale per tutti i Paesi del blocco centro – orientale il Mediterraneo fu inglobato nelle politiche nazionali quale pegno al processo di europeizzazione e in vista dell’accesso all’UE. Ad esempio l’Ungheria, che oggi può vantare rappresentanze in tutti i paesi rivieraschi90, considerava il suo Sud coincidere con i Balcani91, mentre il Mediterraneo fu in principio associato alla cooperazione NATO92. Non per questo però, l’Ungheria si disinteressò a tale regione, presenziando addirittura alla Conferenza di Barcellona del 199593, divenendone membro osservatore nel 2003 e poi membro effettivo dal 2004. Un percorso simile fu affrontato dalla Repubblica Ceca che oggi mostra buoni rapporti commerciali con la riva Sud94 e buone relazioni diplomatiche, ampliate per controbilanciare i forti legami con Israele95, dovuti alla presenza di una cospicua e influente comunità ebraica e un patrimonio culturale comune. Per tutti questi Stati, però, rimaneva centrale il rapporto con l’Est Europa e cioè con Moldavia, Ucraina96 e Bielorussia, che avrebbero dovuto essere distaccate dalla sfera di influenza russa e dunque

plurale. In Madalena Meyer – Resende, The impact of Eastern Enlargement on the Barcelona Process, Euromesco 38, novembre 2004, pag. 5

89 Ibidem. Questioni di natura economica erano al centro della dialettica politica sull’Europa in paesi come la

Slovenia, la Lettonia, l’Estonia e la Repubblica Ceca.

90 Erzsébet Rçsza, National attitudes of new Member States towards the EMP: the case of Hungary,

Euromesco 42, settembre 2005, pag. 7

91 In Agnieszka K. Cianciara, The Union for the Mediterranean and the Eastern Partnership. Perspectives

from Poland, Czech Republic and Hungary, cit., pag. 20

92 Erzsébet Rçsza, National attitudes of new Member States towards the EMP: the case of Hungary, cit., pag.

6

93 Ivi pag. 7

94 Tobias Schumacher, Germany and Central and Eastern European Countries: Laggards or Veto-Players?,

cit., pag. 93

95 Ivi pag. 90. La Repubblica Ceca (con l’Ungheria) fu tra i primi Stati a riconoscere Israele già nel 1948, e

addirittura il governo cecoslovacco fornì aiuto militare a Israele durante il 1948, nonostante un embargo delle Nazioni Unite.

96 La democratizzazione dell’Ucraina costituiva l’obiettivo più ambizioso e strategicamente importante.

Mosca avrebbe perso il suo più importante alleato nell’Est Europa e questo avrebbe lasciato più tranquilli gli Stati centro – orientali confinanti, permettendo di consolidare un blocco di Stati democratici nell’est Europa. La Polonia, con questa strategia, cercava di sopperire al timore, dovuto alla stessa sua storia, di vedersi schiacciata tra Germania e Russia. In Michal Natorski, Explaining spanish and polish approaches to European Neighbourhood Policy, European Political Economy Review, n° 7 (Summer 2007), pagg. 63-101, pag. 80

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avvicinate all’Unione attraverso incentivi alla liberalizzazione e alla democratizzazione97. Il rapporto con la Russia infine, assumeva un carattere proprio, data anche la preferenza di questo paese per i rapporti bilaterali con l’UE, da pari a pari98.

La Polonia fu fra gli Stati più attivi nella dimensione orientale, tantoché, avanzò ben prima del suo accesso, fra il 2001 e il 2003, proposte sempre più dettagliate per l’Est Europeo99; in questo, essa trovò al suo fianco altri Stati come la Gran Bretagna che, tramite una lettera del Segretario agli Esteri Jack Straw alla Presidenza spagnola dell’UE, mise nero su bianco la proposta di concedere a Moldavia, Bielorussia e Ucraina incentivi chiari e pratici in cambio di riforme in senso democratico e liberale, considerando l’idea di un particolare status di “vicini”100.

Nel marzo dello stesso anno, la ministra degli Esteri svedese Anna Lindh propose una nuova cornice politica nella quale si collocassero tutti gli Stati vicini, dalla Russia al Marocco101. Naturalmente, non si può dimenticare il contributo tedesco, che in molti casi si avvalse della collaborazione polacca102. Germania e Polonia presentarono, nel 2002, una

97 È interessante, infine, ricordare la preoccupazione lettone per una democratizzazione della Bielorussia e

per un’azione dell’Ue in tal senso. In Madalena Meyer – Resende, The impact of Eastern Enlargement on the Barcelona Process, cit. , pag. 5.

98 La Russia considerava la PEV troppo sbilanciata a favore della UE e rifiutava un ruolo subalterno. Per

queste ragioni, consci entrambi gli attori della necessità e della proficuità di una collaborazione, si siglarono a San Pietroburgo nel maggio 2003 The Four Common Spaces (economia, sicurezza esterna, ricerca, sicurezza e giustizia) che avrebbero dovuto rafforzare la cooperazione Russia – UE nell’ambito dell’Accordo di Partnership e Cooperazione.

99 Nel 2001 la Polonia fece presente alla Presidenza europea le sue posizioni sulle future relazioni con i vicini

orientali, con la volontà di contribuire e orientare la dimensione orientale. Nel 2003 presentò un non – paper che descriveva in maniera più dettagliata le proposte polacche. In Michal Natorski, Explaining spanish and polish approaches to European Neighbourhood Policy, European Political Economy Review, n° 7 (Summer 2007), pagg. 63-101, pag. 72

100 La lettera è del 28 gennaio 2002. In Riccardo Alcaro e Michele Comelli, La Politica Europea di Vicinato,

cit., pag. 8

101 Ibidem. La proposta svedese, datata 8 marzo 2002, era identica nei contenuti a quelle inglese, ma era più

ampio l’ambito geografico.

102 Se la politica orientale tedesca, dopo la fine della Guerra Fredda, era definita Russia first per il ruolo

centrale ricoperto da tale paese, alcuni oggi parlano di Russia first plus Poland, a sottolineare il ruolo fondamentale di quella nazione. In Marco Overhaus, Hanns Maull, Sebastian Harnish (eds), The New Neighbourhood Policy of the European Union, Foreign Policy in Dialogue 17 : 9, www.deutsche- aussenpolitik.de/index.php , 27 luglio 2006, pag. 32

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loro proposta per la nuova politica orientale dell’Europa allargata103, ma soprattutto fu messo in opera il Triangolo di Weimar, uno strumento di cooperazione politica sulla

Ostpolitik tra Germania, Polonia e Francia104.

Si nota come le preoccupazioni degli Stati centro – orientali, connaturate alle loro linee tradizionali di politica estera, trovarono una sponda nei Paesi scandinavi105, nella Gran Bretagna106 e nella Germania107 soprattutto per lo spostamento a Est della frontiera comunitaria.

La Commissione Europea si introdusse in tale dibattito proponendo una nuova politica indirizzata all’Est e al Mediterraneo108, presentandosi come arbitro tra le istanze sopramenzionate e quelle degli Stati mediterranei.

La Spagna ad esempio, attraverso le dichiarazioni della propria ministra degli Esteri Ana Palacio, spiegava l’importanza di «situar a los socios mediterráneos en pie de igualdad con los países de la Europa del Este, lo que garantiza que la UE continúe prestando al

Mediterráneo la atención y la prioridad que se merece»109. Proprio la Spagna, e l’Italia,

erano però impegnate in un riposizionamento sullo scacchiere internazionale a fianco degli Stati Uniti, perciò la loro attenzione alla regione mediterranea fu discontinua, o in alcuni

103 Ivi pag. 28. In particolare la proposta considerava l’ampliamento dell’area economica europea. 104 Ibidem

105 Sarebbe però incompleto non considerare le tendenze naturali dei paesi scandinavi a concentrarsi sul

Baltico e l’Europa centro – orientale e settentrionale. Tale attitudine, che ebbe una forte rilevanza nel determinare il favore con cui tali Stati guardarono all’allargamento a est, dette vita in ambito comunitario alla Dimensione Settentrionale. Questa è una forma di cooperazione regionale finalizzata al dialogo politico e all’integrazione economica regionale tra UE, Norvegia, Islanda e Russia. Anche gli Stati membri possono parteciparvi (Germania, Danimarca, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia, Svezia). In www.eeas.europa.eu/north_dim/index_en.htm

106 Vorrei ricordare l’attitudine inglese all’allargamento dell’Unione, intesa come una grande area

commerciale piuttosto che una entità politica autonoma (da qui la diffidenza all’approfondimento degli strumenti comunitari).

107 La Germania odierna può contare su solide relazione con l’Est europeo che furono avviate, nell’età

contemporanea, con l’apertura verso il mondo sovietico operata dal cancelliere tedesco Willy Brandt nei primi anni settanta.

108 Tale proposta fu avanzata tramite una lettera congiunta dell’Alto Rappresentante per la PESC Javier

Solana e il Commissario per le relazioni esterne Chris Patten nell’agosto 2002.

109 Esther Barbé, Laya Mantres y Camps, Eduard Soler y Lecha (2007), La política mediterránea de España:

entre el Proceso de Barcelona y la Política Europea de Vecindad, Afers International CIDOB n° 79 - 80, pagg. 35 – 51, pag. 43

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casi marginale come accadde per l’Italia110. Quest’ultima sposò a pieno l’approccio statunitense nell’area111, sebbene in occasione delle propria presidenza dell’Unione nel 2003 mostrò di curarsi delle politiche euro - mediterranee112. Per ciò che riguarda la Spagna, essa mutò le sue priorità di politica estera con i governi Aznar, benché per la Conferenza di Valencia e durante le sua Presidenza UE, cercò di esercitare quel ruolo di pivot nel Mediterraneo, che già le era appartenuto negli anni novanta113. In particolare, Aznar si mostrò più capace di cogliere i vantaggi della Politica di Vicinato per il miglioramento delle relazioni bilaterali che furono ancor più sviluppate dal nuovo primo ministro Zapatero114. Con quest’ultimo il Mediterraneo tornò ad essere una delle priorità della politica estera spagnola, come dimostrarono la Conferenza di Barcellona del 2005 o il progetto “The Alliance of Civilisations”115.

L’altro grande Paese che temeva uno sbilanciamento ad Est della Politica di Vicinato era la Francia, la quale era intimorita dalla creazione di una politica che avrebbe potuto ampliare il divario esistente tra i Paesi dell’Est e quelli del Sud, ancor più abbandonati a sé stessi116. Ciò era considerato deleterio sia per ragioni interne, vista la presenza di grandi comunità ebree e musulmane in Francia117, sia per la politica di potenza che la Francia aveva sempre perseguito nell’area. Un ultimo esempio di quella volontà leaderistica regionale, fu l’adoperarsi della Francia per la creazione di un meccanismo di finanziamento

110 Maurizio Carbone (2008) Between ambition and ambivalence: Italy and the European Union's

Mediterranean policy Modern Italy, 13:2, pagg. 155-168, pag. 163

111 Ibidem. Con approccio statunitense intendo le teorie sulla necessaria democratizzazione del Mediterraneo

come unico mezzo di contrasto all’instabilità politica e al terrorismo. A questo aggiungerei la forte implementazione delle relazioni diplomatiche con Israele.

112 Ibidem. Mi riferisco alla Conferenza Euro - Mediterranea di Napoli del dicembre 2003 (Passim Capitolo

III, Il Dialogo tra Culture). In generale, però, vi fu un allontanamento dalla tradizionale posizione integrazionista italiana in ambito europeo.

113 Si tratta della prima metà del 2002 e la Conferenza di Valencia (Passim Capitolo III, Lo spazio di

Sicurezza e Giustizia) si svolse nel mese di maggio.

114 114 Esther Barbé, Laya Mantres y Camps, Eduard Soler y Lecha (2007), La política mediterránea de

España: entre el Proceso de Barcelona y la Política Europea de Vecindad, cit., pag. 44.

115 Essa è un’iniziativa delle Nazioni Unite promossa dalla Spagna e dalla Turchia e finalizzata al dialogo

interculturale.

116 Marco Overhaus, Hanns Maull, Sebastian Harnish (eds), The New Neighbourhood Policy of the European

Union, cit., pag. 21

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internazionale per l’Autorità Palestinese, dopo la sospensione dei fondi comunitari a causa della vittoria di Hamas alle elezioni del 2006118. Per queste ragioni la Francia si adoperò per la costituzione di una PEV consensuale119, dalla quale fosse esclusa ogni nuova prospettiva di allargamento, e per il mantenimento di un rapporto 2 a 1 a favore del Sud per le risorse finanziarie nel piano 2007 – 2013, come effettivamente ottenuto dalla Commissione120.

In conclusione, si nota come la tendenza alla re - nazionalizzazione delle politiche estere fosse il motore centrale della PESC: è all’interno degli Stati che si producono quelle istanze che dovevano poi trovare una sistemazione a livello comunitario, sostanziandone l’azione esterna. Ed è in questo contesto, nel quale si riacuì la già ben nota frattura fra Est e Sud, che prese vita l’Unione per il Mediterraneo.

Dall’Unione Mediterranea all’Unione per il Mediterraneo

Fu in Francia e fu il candidato alla presidenza del centro – destra francese, Nicolas Sarkozy, che propose, in un discorso tenuto a Tolone121 durante la campagna elettorale, il progetto di un’Unione Mediterranea

« Le dialogue entre l’Europe et la Méditerranée est capital. Mais il ne peut pas réussir s’il s’agit seulement de faire dialoguer l’Union Européenne avec l’Afrique du Nord. Je propose que l’on prenne le problème autrement. C’est d’abord aux pays méditerranéens eux mêmes de prendre en main la destinée que la géographie et l’histoire leur ont préparée. C’est à la France, européenne et méditerranéenne à la fois, de prendre

118 Ibidem 119 Ivi, pag. 24 120 Ivi, pag. 22

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l’initiative avec le Portugal, l’Espagne, l’Italie, la Grèce et Chypre, d’une Union

Méditerranéenne comme elle prit jadis l’initiative de construire l’Union européenne »122

Due sono gli elementi da notare. Il primo era il giudizio negativo sul Processo di Barcellona, incapace di dare quelle risposte e quelle direttive politiche necessarie alla cooperazione regionale; perciò, Sarkozy proponeva un approccio differente, per una collaborazione basata su pochi dossier, in ambiti specifici, che potessero vedere una spedita realizzazione123.

Il giudizio negativo sull’EMP era prettamente francese: Italia, Germania e Spagna conservavano una visione più positiva della Partnership, intendendola come uno strumento diplomatico capace di favorire la socializzazione e la comunicazione tra partners, un ambito in cui aveva dato buoni risultati124. Inoltre, il partenariato aveva fin lì avuto il merito di risvegliare la società civile dei paesi rivieraschi, come di aumentare gli investimenti nell’area rispetto ai primi anni novanta, sebbene in valore assoluto raggiungessero un livello piuttosto basso125 (tantoché Sarkozy enfatizzava la marginalità economica della regione a livello mondiale126).

L’altro elemento da notare era il ruolo che la Francia si assegnava, quello di leader nel condurre questo progetto, recuperando così il proprio ruolo di potenza nella regione. Il candidato rispondeva così alla déclinologie, termine con il quale si indicava il declino del ruolo internazionale della Francia, una questione presente nel dibattito politico interno ed avvertita anche dall’opinione pubblica nazionale127. L’idea francese rispolverava la grandeur e designava l’Unione Mediterranea quale continuazione e rinnovamento della

122 Ibidem

123 Roberto Aliboni, L’iniziativa dell’Unione per il Mediterraneo: gli aspetti politici, Servizio Studi senato

della Repubblica n° 85, gennaio 2008, pagg. 4 - 5

124 Ibidem

125 Bichara Khader, L’Europe pour la Mediterrannée. De Barcelone à Barcelone, cit., pag 183 126 Ivi, pag. 181.

127 Mireia Delgado, France and the Union for the Mediterranean: Individualism versus Co-operation, in in

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politica araba francese128, contemporaneamente marcando l’interdipendenza e l’autonomia dall’ambito comunitario. Tale allontanamento dall’UE divenne più evidente con il discorso di Tangeri, quando Sarkozy, ormai eletto presidente ed in visita di Stato in Marocco, affermò che

« (…) invito tutti i capi di Stato e di Governo dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo a riunirsi in Francia, nel giugno del 2008, per gettare le basi di una Unione politica, economica e culturale fondata sul principio dell’uguaglianza tra le Nazioni. Invito tutti gli Stati che non si affacciano sul Mediterraneo, ma che sono interessati a quello che sta succedendo, a partecipare in qualità di osservatori a questo primo Vertice. (…) l’Unione del Mediterraneo non si confonde con il processo euro-mediterraneo (…). Propongo che la Commissione europea sia immediatamente associata all’Unione del Mediterraneo

(…)»129

L’Unione Mediterranea assumeva i caratteri di una istituzione intergovernativa nella quale i Capi di Stato e di Governo avrebbero avuto un ruolo centrale. Inoltre, si chiamavano a raccolta gli Stati che si affacciavano sul Mediterraneo130, membri e non membri dell’UE, alcuni già partner nel processo di Barcellona, altri come la Libia, la Croazia, la Slovenia, l’Albania, il Montenegro e la Turchia al di fuori delle categorie citate. Veniva inoltre concepito uno schema a geometria variabile, nel quale la cooperazione sarebbe stata flessibile e fondata sull’adesione autonoma di ciascuno ai vari progetti. Invece, per gli Stati

128 Ivi, pag. 46. Alcuni elementi di novità erano il miglioramento delle relazioni con Israele che preoccupò gli

arabi, e un riavvicinamento alla Nato. Tuttavia, Sarkozy più volte dichiarò che Israele avrebbe dovuto abbandonare i Territori Occupati e dedicò sempre molta attenzione al Medio Oriente, come dimostrato dall’apertura di una base militare permanete ad Abu Dhabi. In conclusione, si può affermare che la politica araba di Sarkozy è inglobata in un più ampio disegno politico, regionale e mediterraneo, perseguito dal presidente.

129 Nicolas Sarkozy, Discorso sul tema dell’Unione per il Mediterraneo, Tangeri, 23 ottobre 2007

130 Ma anche alcuni che non vi si affacciavano: il Portogallo, la Mauritania e la Giordania. In Eduard Soler i

Lecha, Barcelona Process: Union for the Mediterranean Genesis, evolution and implications for Spain's Mediterranean Policy, Documento de Trabajo n° 28, CIDOB, 2008, pag. 13

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europei non rivieraschi si profilava all’orizzonte un ruolo di meri osservatori, mentre la Commissione era associata all’UM permettendole di svolgere una funzione di raccordo tra l’Unione Europea e quella Mediterranea. Infine, l’UM non avrebbe sostituito il processo euro – mediterraneo, ma avrebbe dato nuovo slancio alla cooperazione regionale seguendo un percorso autonomo.

Proprio sui rapporti tra la nuova organizzazione e il PB si concentrarono le maggiori perplessità delle altre due potenze regionali: Italia e Spagna. La prima assunse un atteggiamento attendista131, tuttavia era radicata l’idea che un rafforzamento della dimensione mediterranea dovesse passare attraverso un nuovo slancio dell’Unione132. Il governo Zapatero, invece, soffriva maggiormente della proposta francese soprattutto per le conseguenze che avrebbe avuto sul Processo di Barcellona, un’iniziativa politica fortemente sostenuta dagli spagnoli e che proprio il medesimo governo aveva cercato di ravvivare con il Piano Quinquennale elaborato a Barcellona nel 2005133. Però, la necessità di una stretta collaborazione con la Francia impedì un’aperta critica del progetto134 da parte spagnola, ed anzi il ministro degli Esteri Manuel Angel Moratinos avanzò l’idea di una

Unione Euro – Mediterranea135, cercando di ricavare per la Spagna un ruolo di

131 Ivi, pag. 29

132 Dichiarazione del Ministro degli Esteri Massimo D’Alema dell’ottobre 2007: « We are not against it in

principle. However, we must seriously discuss what this proposal means and entails. The right approach to