• Non ci sono risultati.

PROCESSO DI BARCELLONA

LA PARTNERSHIP PER LA SICUREZZA

L’obiettivo della partnership per la sicurezza era quello di creare una “zona di sicurezza e stabilità”. Con la Dichiarazione, gli Stati si impegnarono a rispettare, ciascuno al proprio interno, i diritti umani così come espressi dalla Carta delle Nazioni Unite e la rule of law; poi erano menzionati i principi generali della prassi internazionale come il rispetto della sovranità e le norme di diritto internazionali presenti in dispositivi regionali o più ampi. Infine, gli Stati si impegnavano a collaborare con azioni comuni e a mettere in atto una serie di misure che sarebbero poi confluite in un Patto per il Mediterraneo.

I diritti e le libertà fondamentali

«(…) they undertake to (…) act in accordance with the United Nations Charter and the Universal Declaration of Human Rights, as well as other obligations under international law (…) develop the rule of law and democracy in their political systems, while recognizing in this framework the right of each of them to choose and freely develop its own political, sociocultural, economic and judicial system; respect human rights and fundamental freedoms and guarantee the effective legitimate exercise of such rights and freedoms, including freedom of expression, freedom of association for peaceful purposes and freedom of thought, conscience and religion, both individually and together with other members of the same group, without any discrimination on grounds of race, nationality,

language, religion or sex»22

62

Gli Stati, come si nota, introducono nella dichiarazione di Barcellona dei riferimenti specifici ai principi del diritto internazionali, proponendo anche un elenco di libertà fondamentali, la cui rilevanza era così sottolineata. Accanto ad esse, comunque, è presente, nel secondo paragrafo citato, un richiamo ad una diversità di modelli culturali e sociali, all’interno dei quali tali diritti avrebbero dovuto essere applicati: ciò non fu solo un riconoscimento di una differenza tra mondo occidentale e arabo nella definizione di tali concetti o dispositivi giuridici, ma rispondeva ad una richiesta dei partner nelle fasi di negoziazione23: i Paesi rivieraschi richiesero un maggior bilanciamento tra la rilevanza data ai diritti umani e alla partnership politica dagli europei e la dimensione economica, che per essi possedeva una maggiore rilevanza24. Alcuni hanno sottolineato come tali questioni politiche furono accettate dagli Stati arabi come una necessaria imposizione da parte europea, e soltanto sul piano formale e ufficiale25

Il rispetto dei diritti umani era coerente con una linea di politica estera dell’Unione che, affermatasi nel tempo, era stata ribadita anche dal trattato di Maastricht e poi nel Trattato di Nizza26. Per questi motivi, gli accordi di associazione prevedevano un richiamo ai diritti umani nel preambolo, generalmente all’articolo 2; tale clausola, definita “elemento

essenziale”27, esplicita l’importanza della materia e il chiaro impegno delle parti in tale

ambito

23 Agence Europe 6590, Brussels 23 ootobre 1995, pag. 9 24 Agence Europe 6602, Brussels 10 novembre 1995, pag. 6.

25 «The leaders of the Mediterranean Partners accept references to democracy and human rights as an

inevitable formality and a lesser evil». In Laura Feliu, Human rights and the Barcelona process, in Fulvio Attinà, Stelios Stavridis The Barcelona process and euro – Mediterranean issues from Barcelona to Marseille, Milano, Giuffré, 2001, pagg. 67 – 95, pag. 93.

26 Uno dei primi documenti a parlare di tale tema fu la Dichiarazione del Consiglio Europeo sui Diritti

Umani del giungo 1991. Successivamente, il Trattato di Maastricht riprende l’argomento agli articoli 11, 130U e J; sempre più attenzione è data dalla Commissione a tale tema nella conclusione di accordi con stati terzi. Oggi, dopo Lisbona, l’articolo 21 del NTUE, afferma che la politica estera dell’Unione si informa ai principi democratici che ne hanno permesso la nascita, lo sviluppo e che l’Unione si impegna a diffondere nel mondo.

27 Tale clausola è utilizzata per la prima volta negli accordi conclusi dalla Commissione, durante il 1992, con

63

«Respect for the democratic principles and fundamental human rights established by the Universal Declaration of Human Rights shall inspire the domestic and external policies of the Community and of Morocco and shall constitute an essential element of this

Agreement.»28

L’elemento essenziale fu accompagnato da una clausola che enunciava eventuali contromisure in caso di inadempienza o marcata trasgressione. Tale clausola bulgara29, il cui testo fu definitivamente determinato da un communiqué30 della Commissione recitava

«1. The Parties shall take any general or specific measures required to fulfil their obligations under this Agreement. They shall see to it that the objectives set out in this Agreement are attained.

2. If either Party considers that the other Party has failed to fulfil an obligation under this Agreement, it may take appropriate measures. Before so doing, except in cases of special urgency, it shall supply the Association Council with all the relevant information required for a thorough examination of the situation with a view to seeking a solution acceptable to the Parties.

3. In the selection of measures, priority must be given to those which least disturb the functioning of this Agreement. These measures shall be notified immediately to the

inclusion of respect of human rights and democratic principles in agreements between the Community and Third Countries, COM(95) 216 final, Brussels 23 maggio 1995

28 Art.2 in Euro – Mediterranean agreement establishing an association between the European

Communities and their Member States, of the one part, and the Kingdom of Morocco, of the other part, OJC L 70/3, 18 marzo 2000.

29 Così chiamata perché utilizzata per la prima volta negli accordi tra la CE e gran parte delle repubbliche ex

– sovietiche o satelliti, tra cui la Bulgaria. Tale clausola si oppone alla clausola baltica, che utilizzata negli accordi coi paesi omonimi, prevedeva un’immediata sospensione della cooperazione in caso di violazioni dei diritti umani.

30 In Communication from the Commission, On the inclusion of respect of human rights and democratic

64

Association Council and shall be the subject of consultations within the Association

Council if the other Party so requests.»31

La clausola prevede la messa in campo di una serie di misure conciliatorie e prevede una varietà di contromisure valutabili proporzionalmente alla trasgressione compiuta: l’obiettivo era coniugare l’efficacia delle politiche a sostegno dei diritti umani e delle relative contromisure, con la salvaguardia della cooperazione. In più, per eliminare ogni ambiguità nell’interpretazione della clausola e evitare un’incertezza giuridica, era posta in una dichiarazione congiunta all’accordo di associazione una clausola interpretativa redatta secondo le indicazioni del communiqué.

«The Parties agree, for the purpose of the correct interpretation and practical application of this Agreement, that the term “cases of special urgency” in Article 90 means a case of the material breach of the Agreement by one of the Parties. A material breach of the Agreement consists in:

- repudiation of the Agreement not sanctioned by the general rules of international law, - violation of the essential elements of the Agreement agreed to in Article 2.

2. The Parties agree that the “appropriate measures” referred to in Article 90 of the Agreement are measures taken in accordance with international law. If a Party takes measure in a case of special urgency as provided for under Article 90, the other Party may

avail itself of the procedure relating to settlement of disputes.»32

31 Art. 90, in Euro – Mediterranean agreement establishing an association between the European

Communities and their Member States, of the one part, and the Kingdom of Morocco, of the other part, OJC L 70/20, 18 marzo 2000. Tale clausola si ritrova, più o meno similare, all’articolo 90 dell’accordo con la Tunisia, all’art. 79 di quello con Israele, all’art.101 di quello della Giordania.

32 “Joint declaration relating to article 90 of the Agreement”, “Final Act”, OJC L 70/199, 18 marzo 2000.

Tali dichiarazioni interpretative non erano presenti nell’accordo con la Tunisia né in quello con Israele poiché redatti precedentamente alle indicazioni della Commissione.

65

Nella medesima comunicazione è presente un elenco di possibili misure da adottare in caso di infrazione, si va dalla riduzione dei finanziamenti erogati fino alla sospensione della cooperazione33. L’Unione introduce quindi un principio di condizionalità negativa34 per rendere effettiva ed efficace la sua politica a sostegno dei diritti umani; un’innovazione che, assieme al dialogo politico, può essere considerata tra le più importanti contenute nei nuovi accordi di associazione35.

È rilevante notare che anche il regolamento36 del nuovo strumento finanziario MEDA37 prevedeva al proprio articolo 3 che

«This Regulation is based on respect for democratic principles and the rule of law and also for human rights and fundamental freedoms, which constitute an essential element thereof, the violation of which element will justify the adoption of appropriate measures.»

Inoltre all’articolo 2 era ribadito l’impegno per lo sviluppo della democrazia e il mantenimento della stabilità38, e nell’ Annesso II si sottolineava l’importanza del sostegno

33 «alteration of the contents of cooperation programmes or the channels used, reduction of cultural,

scientific,and technical cooperation programmes, postponement of a Joint Committee meeting, suspension of high-level bilateral contacts, postponement of new projects, refusal to follow up partner's initiatives, trade embargoes, suspension of arms sales, suspension of military cooperation, suspension of cooperation» in Communication from the Commission, “On the inclusion of respect of human rights and democratic principles in agreements between the Community and Third Countries”, cit., pag. 13

34 Con condizionalità negativa si intende un meccanismo che prevede la presa di contromisure in risposta ad

una mancata attuazione di un obbligo o ad un’azione contraria agli accordi medesimi.

35 Erwan Lannon, Le partenrait euro – méditerranéen: éléments d’une analyse juridique, in Bichara Khader

(ed.) Le Partenariat euro – méditerranéen vu du Sud, Paris, L’Harmattan, 2001, pagg. 187 – 230, pag. 198.

36 Regolamento del Consiglio n° 1488/1996 del 23 luglio 1996, OJC L 189/1 30 luglio 1996 e correzione

OJC L 255/24 09 ottobre 1996.

37 MEDA è l’acronimo del francese “MEsure D’Accompagnement”, come PHARE lo era del francese

“Pologne Hongrie Aid pour la Réconstruction Economique”. A parere dell’autore, non è un caso.

38 «1 . The purpose of this Regulation is to contribute, through the measures provided for in paragraph 2, to

initiatives of joint interest in the three sectors of the Euro-Mediterranean partnership: the reinforcement of political stability and of democracy, the creation of a Euro-Mediterranean free-trade area, and the development of economic and social cooperation, taking due account of the human and cultural dimension. 2. These support measures shall be implemented taking account of the objective of achieving long-term stability and prosperity, in particular in the fields of economic transition, sustainable economic and social development and regional and cross-border cooperation. The objectives and details of the relevant procedures shall be as set out in Annex II.» In OJC L 189/2

66

alla good governance, attraverso la collaborazione con istituzioni e società civile39, ed a questo scopo fu creato il programma MEDA Democracy.

Le relazioni bilaterali

Nella dichiarazione gli Stati si impegnano fra loro a rispettare una serie di principi come il rispetto della sovranità e l’astenersi dall’intervenire negli affari interni di un altro Stato. Inoltre si affermava che ciascuno Stato non avrebbe dovuto dotarsi di una forza militare al di là delle proprie necessità di difesa. È importante notare che nei principi di questa sezione della dichiarazione è fatto un chiaro riferimento al processo di pace in Medio – Oriente, un’opzione che le nazioni arabe avevano sostenuto in fase di negoziazione sebbene ciò avesse provocato la minaccia di Israele di disertare la conferenza40 41. Nella dichiarazione fu così inserito il principio del land for peace, ed inoltre fu ribadito che la Conferenza non avrebbe sostituito o interferito con altri processi regionali42.

«this Euro-Mediterranean initiative is not intended to replace the other activities and initiatives undertaken in the interests of the peace, stability and development of the region, but that it will contribute to their success. The participants support the realization of a just, comprehensive and lasting peace settlement in the Middle East based on the relevant United Nations Security Council resolutions and principles mentioned in the letter of

39 «IV. Good governance shall be promoted by supporting key institutions and key protagonists in civil

society such as local authorities, rural and village groups, mutual-aid associations, trade unions, the media and organizations supporting business, and by assisting in the improvement of the capacity of the public administration to develop policies and manage their implementation.» In OJC L 189/9

40 Agence Europe 6604, 13 – 14 novembre 1995, pag. 9.

41 Un altro elemento di discordia arabo – israeliana, fu la richiesta siriana per la distinzione tra il terrorismo in

generale e il terrorismo praticato al fine dell’autodeterminazione di un popolo. Tale proposta innervosì molto Israele, ma comunque non fu accolta. Esther Barbé, En busca de la cooperacion y de la seguridad en el Mediterràneo, cit, pag. 150.

42 Dichiarazione di Barcellona, 27 – 28 novembre 1995. Gli stati arabi avevano espresso la preoccupazione

che la partnership europea potesse inficiare altre iniziative regionali, come espresso durante uno degli incontri preparatori del testo della dichiarazione, come il processo di Casablanca. In Esther Barbè, The Barcelona Conference: launching pad of a process, cit., pag. 34 – 35.

67

invitation to the Madrid Middle East Peace Conference, including the principle land for peace, with all that this implies».

La cooperazione per la sicurezza: la Carta per la sicurezza e la stabilità

Infine nella dichiarazione era delineato l’impegno per una partnership sulla sicurezza che, oltre alla già citata sottoscrizione dei trattati sulla non proliferazione nucleare, proponeva un codice di buona condotta che permettesse la pace, la stabilità e la sicurezza. Inoltre faceva un generico richiamo, a ciascuno dei partecipanti, a non sviluppare la propria capacità militare al di là delle proprie necessità difensive, aggiungendo un riferimento alla Convenzione per le armi convenzionali (CCW)43.

La parte più rilevante di questa sezione del testo è l’ultimo punto, nel quale è enunciato il progetto per un Patto per il Mediterraneo, in cui potessero trovare sistemazione le misure proposte, afferenti alla tipologia Confidence and Security Building Measures (CSBMs/CBMs)44.

43«Refrain from developing military capacity beyond their legitimate defence requirements, at the same time

reaffirming their resolve to achieve the same degree of security and mutual confidence with the lowest possible levels of troops and weaponry and adherence to CCW», nella Dichiarazione di Barcellona. La “Convention on certain conventional weapons” è stata firmata a Ginevra nel 1980. L’Egitto, il Libano, la Libia e la Sira non sono ad oggi (maggio 2015) stati parte della convenzione. Nell’area solo la Tunisia ha aderito a tutti i protocolli e all’emendamento iniziale, mentre l’Algeria, Israele e il Marocco solo ad alcuni.

44 Con tale nome si identificano una serie di strumenti di diplomazia preventiva, solitamente di natura

militare, volti a evitare lo scoppio di conflitti e ad aumentare la fiducia tra gli stati, sviluppando rapporti di collaborazione. Nacquero nell’ambito della cooperazione per la sicurezza tra Europa occidentale ed orientale durante gli anni ’70. Le prime furono individuate nel 1975 con l’Atto di Helsinki e consistevano nella notifica delle manovre militari al di sopra dei 25 mila uomini con 21 giorni di anticipo e l’invito di osservatori per le esercitazioni più grandi. Una seconda generazione di tali misure fu concordata con il Documento di Stoccolma del 1986, in particolare fu abbassato a 13 000 mila uomini, il numero minimo di militari coinvolti in un’esercitazione affinché sia data comunicazione della stessa. Inoltre fu aumentato il numero di giorni di preavviso a 42 giorni. Con Vienna 1990 – 1992, si arrivò alla terza generazione di CSBMs e fu introdotta la reciproca comunicazione del numero delle forze esistenti, del loro impiego, ed anche informazioni circa il budget della difesa e il dispiegamento di armi e mezzi. Infine si arriva con il 1993, alle misure di quarta generazione, che prevedono una più ampia informazione sulla pianificazione militare con l’obbligo per gli Stati di comunicare tali informazioni ed anche un programma di cooperazione militare comprendente esercitazioni congiunte. In più furono esplicitati principi per la gestione delle armi convenzionali e delle serie di misure non obbligatorie per la gestione di crisi locali. In Hans Gunter Brauch, From confidence to partnership building measures in Europe and the Mediterranean: conceptual and political efforts revisited, in Hans Gunter Brauch, Antonio Marquina, Abdelwahab Biad, Peter Liotta (eds.),

68

La proposta di un patto, mutuata dall’esempio del Patto per la sicurezza in Europa45, fu

avanzata, durante il 1995, da Francia e Malta, che presentarono tali progetti al tavolo di discussione politica della Conferenza. Il progetto francese si configurava come uno strumento per la prevenzione dei conflitti46, caratterizzandosi come strumento di preventive diplomacy. In particolare, il ministro degli esteri francesi, De La Charette, precisò la natura di tale accordo

«an evolving process to which each partner, as political conditions permit, will make a contibute in the form of regional or bilateral cooperation agreements, good neighbour

measures or projects foste ring dialogue between culture and religions.»47

Inoltre, l’inquilino del Quay d’Orsay rassicurò riguardo alla valenza solamente politica del patto, che non avrebbe comportato la nascita di nuove istituzioni48, ed addirittura propose di parlare di Carta, per evitare ipotetici supposizioni su una natura miliare dell’iniziativa49. Anche il progetto maltese prevedeva un carattere politico per tale patto, volto alla diplomazia preventiva, ma anche al conflict management. La maggiore differenza tra le due proposte risiedeva nei loro meccanismi di funzionamento: nel primo caso, il patto per la sicurezza sarebbe rimasto nell’alveo dei meeting e dei meccanismi di Barcellona, mentre

Euro - Mediterranean Partnership for the 21st Century, Houndmills, Basingstoke, Macmillan Press, 2000,

pagg. 27 – 58

45 Il Patto per la Sicurezza in Europa fu lanciato su iniziativa del governo francese nel 1994. Successivamente

fu posto sotto l’egida della OCSE.

46 Nella seduta del tavolo politico durante la conferenza di Barcellona, il ministro degli esteri francese ebbe a

sottolineare che tale patto avrebbe avuto un’esistenza autonoma rispetto ai conflitti preesistenti e affermò «One must not wait for all the differences to be settled before launching such a process» in Agence Europe 6617, 01 dicembre 1995, pag. 10

47 Ibidem

48 Fred Tanner (1996) An emerging security agenda for the Mediterranean, Mediterranean Politics 1: 3,

pagg. 279 – 294, pag. 283

69

nel caso maltese la struttura, organizzata per tavole rotonde, sarebbe stata in parte autonoma dalla partnership50.

D’allora in poi il lavoro della conferenza, per quanto riguarda la sicurezza, si concentrò sulla redazione del testo della Carta, e molti furono i punti di frizione tra i paesi delle rive opposte del Mediterraneo, dovuti sia alla situazione politica internazionale contingente che a ragioni più profonde. Il caso emblematico di ciò, fu la Conferenza interministeriale di Malta durante la quale, nonostante il lungo lavoro dei senior official lungo tutto il periodo intercorso tra le due assemblee, non si arrivò ad alcun accordo. Infatti, sull’onda delle politiche insediative perseguite dal nuovo governo israeliano di Netanhyau, le tensioni tra israeliani e arabi la fecero da padrone, delineando un’atmosfera tesa e non costruttiva51; gran parte delle decisioni furono rimandate a nuovi incontri «when political circumstances will allow»52.

Un elenco, composto da 6 CBMs su cui si trovò l’accordo, fu accluso alla dichiarazione finale ed includeva:

«Setting up of a network of contact points for political and security matters - Exchange of information on adherence to international human rights instruments(completed) in the field of disarmament and arms control (replies to questionnaire) - Exchange of information on adherence to international instruments in the field of prevention of and fight against terrorism (replies to questionnaire) - Convening of diplomatic seminars (Malta) (Egypt) -

Establishment of EuroMeSco network of foreign policy institutes»53.

50 In Fred Tanner (1997) An emerging security agenda for the Mediterranean, cit., pagg. 283 – 285.