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LA POLITICA COMUNITARIA NEL BACINO MEDITERRANEO

Dopo aver esaminato i tentativi autonomi degli Stati per organizzare il dialogo mediterraneo, mi soffermerò adesso sulle politiche messe in atto dalla Comunità europea, e dall’Unione poi, nella medesima regione.

La Politica Mediterranea Rinnovata

La politica di cooperazione nel Mediterraneo ha una lunga storia, poiché i primi accordi di cooperazione commerciale risalgono agli anni cinquanta e sessanta101, ma è con gli anni settanta e il varo della “Politica mediterranea globale”102 (PMG) che si è cercato di creare una cornice unitaria ai rapporti con gli Stati della riva Sud. Il pregio di questo politica fu un graduale e stabile aumento dei fondi concessi ai paesi partner tramite la firma di protocolli finanziari; tuttavia, la PMG non si mostrò all’altezza delle ambizioni europee, continuando a donare maggior rilevanza alla politica commerciale, senza fornire un reale apporto alla risoluzione delle problematiche del debito estero o della disoccupazione dei paesi partner103.

Su queste basi si instaurò un processo di revisione della politica comunitaria nel Mediterraneo, coadiuvato dalla fine della guerra fredda e accentuato dalla messa in campo di politiche a favore degli Stati europei post comunisti, ai quali la Comunità dedicò programmi specifici per il riavvicinamento politico ed economico, come il programma

101 I primi rapporti ufficiali tra CEE e stai mediterranei si fondarono sugli articoli 113, relativo alla politica

commerciale comune, o 238, che istitutiva la possibilità di contrarre accordi di associazione con paesi terzi, del Trattato di Roma. Nel 1961 fu firmato l’accordo con la Grecia, nel 1963 con la Turchia e con l’Iran.

102 Tale politica si rese necessaria per dare un nuovo impulso alla politica nel Mediterraneo che si basava solo

su accordi di associazione restrinti alle relazioni commerciali. Il consiglio del dicembre 1971 approvando la comunicazione della commissione, dette avvio alla nuova politica, il cui strumento erano gli accordi di cooperazione globale, caratterizzati dalla multisettorialità degli ambiti di cooperazione o dialogo: commerciale, economica, sociale, istituzionale.

103 Inoltre le relazioni commerciali con la CEE si configuravano ancora come importazione di beni primari e

vendita di manufatti, evidenziando alcun cambiamento. In Franco Rizzi, Un Mediterraneo di conflitti. Storia di un dialogo mancato, Roma, Meltemi, 2004, pag.65

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PHARE104. In questo contesto era forte la preoccupazione tra gli Stati europei mediterranei che la Comunità concentrasse le proprie risorse ed iniziative ad Est della Comunità, a scapito del Mediterraneo. Si mosse fin da subito nella direzione di chiedere nuove iniziative nel Mediterraneo il commissario agli affari mediterranei Abel Matutes105, il quale ebbe a dichiarare nel giugno 1990 che “as it commits to major actions in Eastern Europe, the Community must ensure an equilibrium in its external policy and a balanced development

between its eastern and southern flanks”106. Già nel novembre del 1989 Matutes aveva

presentato un resoconto della politica globale mediterranea, le cui conclusioni furono accolte positivamente al Consiglio europeo di Strasburgo di dicembre. Questo permise alla Commissione di elaborare un nuovo insieme di iniziative comunitarie che presero il nome “Politica Mediterranea Rinnovata”107. L’obiettivo era quello di realizzare “a qualitative and quantitative leap which is commensurate with the political, economic and social issues

at stake in the region”108 e perciò la PMR propose un aumento del budget per l’aiuto allo

sviluppo e una diversa organizzazione delle risorse, che riflettesse il nuovo concetto di cooperazione orizzontale109; inoltre fu modificata la politica commerciale.

104 Acronimo per “Pologne, Hongrie, Assistance à la Restructuration Economique”. Il programma era diretto

ai due Stati dell’Est e fu approvato dai sette nel luglio del 1989. Nel luglio successivo, fu esteso a Slovenia, Albania e tutti gli Stati dell’Europa centro - orientale, esclusa la Moldavia.

105 In particolare il commissario rimase colpito dalla velocità con cui il fondo PHARE fu creato. “Astonished

by the speed with which funds had been appropriated for countries that only a year before had been virtually invisible to the Community’s radar, Abel Matutes (…) demanded a similar aid package for Europe’s southern neighbours” in F. Pierros, J. Meunier, S. Abrams, Bridges and barriers: the European union’s Mediterranean policy 1961 – 1998, Aldershot, Ashgate, 1999, pag. 128

106 Matutes outlines commission’s new Mediterranean policy, Agence Europe, 21 giugno 1990

107 Commission of the European Communities, Redirecting the Community’s Mediterranean policy: proposal

for the period 1992 – 1996, Communication from the Commission to the Council, SEC(90) 812 final (Brussels, 1 giugno 1990).

108 Ivi pag. 2.

109 La cooperazione orizzontale fu all’origine di alcuni programmi sperimentali , volti a creare collaborazione

tra settori della società civile a cavallo del Mediterraneo. Med-URBS coinvolgeva città di entrambe le sponde in progetti per lo sviluppo urbano e la protezione ambientale; nel 1995 erano 48 i progetti avviati per un totale di 9 milioni di ECU. Med – CAMPUS voleva favorire la cooperazione interuniversitaria garantendo fondi per la formazione dei ricercatori e dei docenti; dai 60 network del 1993 si passò ai 105 del 1995. Med – INVEST era invece rivolto alle piccole medie imprese, alle quali garantiva assistenza tecnica e istruzione. In Philippos Pierros, Bridges and Barriers: the European union’s Mediterranean policies 1961 – 1998, cit., pag. 133

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La Commissione approfittando della scadenza degli accordi di cooperazione in essere110, propose dei protocolli finanziari, i quarti, che si suddividevano in due parti: la prima negoziabile bilateralmente con lo Stato partner avrebbe continuato la politica attuale111, la seconda, non negoziabile ed uguale per tutti, era destinata a finanziare interventi di sostegno alle riforme economiche intraprese dagli Stati non membri. La Commissione proponeva lo stanziamento di 600 milioni di ECU che avrebbero dovuto sostenere l’assistenza tecnica all’implementazione delle riforme economiche, al sostegno di programmi correlati al funzionamento delle stesse. L’altra importante novità era la possibilità per la BEI di poter intervenire con fondi propri, al di fuori dei protocolli finanziari, per finanziare progetti che avessero un particolare interesse per la Comunità: salvaguardia dell’ambiente, infrastrutture per l’energia e trasporti e lo sviluppo delle telecomunicazioni. Con questi strumenti la Commissione voleva contribuire al successo delle riforme economiche e strutturali intraprese da quei paesi, cercando di arginarne le conseguenze negative sulla crescita e i livelli di occupazione:

«It is, however, clear that the resumption of growth In the MNC concerned will depend very largely on the scale and success of the reforms undertaken and also the stringency with which the economy is managed. It is for this reason that the Commission considers that it is politically and economically necessary for the Community to contribute to the success of

these programmes»112

L’altro punto rilevante della PMR erano le linee guida della politica commerciale, che si muoveva verso una maggiore liberalizzazione degli scambi. Si prevedeva la

110 I protocolli finanziari, di terza generazione, sarebbero scaduti il 31 ottobre 1991

111 I protocolli finanziari si occupavano di ridurre la dipendenza alimentare, sviluppare il settore industriale,

finanziare la protezione ambientale,.

112 Commission of the European Communities, Redirecting the Community’s Mediterranean policy: proposal

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liberalizzazione graduale del commercio di prodotti tessili e di quelli agricoli, inoltre era sostenuta la collaborazione fra industrie nazionali, attraverso la sovvenzione di prodotti a origine cumulativa.

In totale furono stanziati 4.405 miliardi di ECU ripartiti tra il budget della Commissione e la BEI113, una cifra per il 35% più bassa dei 6.775 miliardi demandati dalla Commissione inizialmente114. Il risultato era tuttavia positivo, considerando che l’ammontare stanziato era circa il doppio di quello per i protocolli precedenti, e frutto di lunghe trattative tra la Commissione e gli Stati membri, che posero alcune resistenze. La Gran Bretagna115, ad esempio, contestò lo scarso utilizzo che gli Stati della riva Sud facevano dei fondi loro assegnati, e perciò ne riteneva inopportuno un aumento, sottolineando l’importanza di una politica commerciale più forte. La Germania116, sulla medesima lunghezza d’onda, affermò la sua impossibilità allo stanziamento di ulteriori risorse, concentrata com’era sul processo di unificazione. I fondi, però, risultarono insufficienti. Un parere espresso dal comitato per le relazioni esterne del Parlamento Europeo affermava:

«there is an enormous difference between the immensity of the task to be carried out and the resources made available (or proposed). (….) Generally speaking, the only innovation appears to be the quantity of aid involved and, while this is certainly important, it does not

113 Il 75% dei fondi sarebbe arrivato dalla BEI, il 25% dalla Commissione. Inoltre era mantenuto invariata la

percentuale di aiuti e prestiti che rispettivamente concorrevano per il 38% e il 62% del totale. In Ivi, pagg. 13 – 14.

114Secondo l’accordo finale in carico alla Commissione erano 1,305 miliardi di ECU (29% in meno rispetto

agli 1,845 demandati), alla BEI spettavano invece gli altri 3,1 miliardi (il 37% in meno dei 4.9 inizialmente richiesti). Anche le risorse proprie con cui la BEI avrebbe contribuito furono diminuite: dai 3,5 miliardi si arrivò ad un totale di 1,8 miliardi di ECU. In Economic and Social Committee, Opinion on the Mediterranean Policy of the European Community, OJEC C40, 17 febbraio 1992, pag. 72

115Matutes outlines commission’s new mediterranean policy, cit. 116 Ibidem

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necessarily amount to a new policy. Aid still appears to be spread too thinly in too many cases»117.

L’altro punto di frizione fra PMR e gli Stati membri fu la liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli, osteggiata dagli Stati mediterranei europei che vedevano un rischio per le loro produzioni118. Spagna e Francia si opposero all’annuale aumento del 5% della quota di prodotti agricoli non sottoposti a dazi, optando alla fine per un regime differenziato a seconda dei prodotti e un ritardo nell’avvio della liberalizzazione del mercato119. Anche per questi motivi, la lobby mediterranea120 (Francia, Spagna, Italia e Portogallo) manifestava un maggiore protezionismo nella politica commerciale e preferiva intervenire attraverso aiuti finanziari e allo sviluppo nella regione, mentre invece i paesi del Nord Europa enfatizzavano il ruolo del libero commercio come strumento virtuoso per creare sviluppo economico e innescare quello politico. Tale opposizione si ripercuoteva sulle politiche comunitarie , tant’è che il Comitato Economico e Sociale sottolineava:

«until these two positions are superseded by new thinking which combines trade policy with economic and financial policy, as part of a joint development policy—of mutual, Euro- Mediterranean interest—the only common ground will remain the purely negative position

of not strengthening Community Mediterranean policy»121.

117 European Parliament, Committee on external relations, Report on a revamped mediterreanean policy, A3-

0121/91, 03 maggio 1991, pag. 18.

118 La categorie per le quali più evidente era questo fenomeno erano olio d’oliva, agrumi e pomodori. Gli stati

membri del sud erano quindi poco inclini a firmare accordi che avrebbero aumentato la concorrenza in tali settori, ed inoltre avrebbero creato proteste da parte delle lobby agricole che, in Spagna, Italia Francia e Portogallo, costituiscono importanti bacini elettorali. In Ricardo Gomez, Negotiating the euro – mediterranean partnership: strategic action in european foreign policy?, Aldershot Hampshire, Ashgate Publishing, 2003, pag. 44

119 In F. Pierros, J. Meunier, S. Abrams, Bridges and barriers: the European union’s Mediterranean policy

1961 – 1998, cit., pag. 141

120 Esther Barbé, Balancing Europe’s eastern and southern dimensions, in Jan Zielonka Paradoxes of

European foreign policy, La Hague, Kluwer Law International, 1998, pagg. 117 – 129, pag. 118

121 Economic and Social Committee, Opinion on the Mediterranean Policy of the European Community, cit.,

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Non era solo l’ opinione espressa dal CES o quella dal PE che evidenziava un budget troppo esiguo, furono anche altre le critiche rivolte alla PMR. Per quanto riguarda gli interventi di sostegno alle riforme economiche, il Consiglio decise che fossero possibili solo nei casi in cui gli Stati destinatari si attenessero alle indicazioni degli organismi internazionali, di fatto restringendo le possibilità di intervento e impedendo una determinazione ad hoc degli stessi, in base alla situazione specifica122. Un altro problema furono le inefficienze amministrative, dovute all’idea stessa con cui era stata concepita la parte della PMR relativa agli aiuti alle riforme economiche ed ai progetti regionali: un aiuto flessibile e pragmatico da concedere su richiesta degli Stati cooperanti e valutabile volta per volta. Ciò comportava un allungamento dei tempi per la concessione del finanziamento, visto che ogni progetto era valutato singolarmente ed inoltre la Commissione risultava avere carenza di personale123. Furono anche evidenziate alcune lacune nell’amministrazione dei progetti da parte delle agenzie beneficianti degli aiuti124.

I tentativi di partnership sub - regionali

Approvata la PMR furono intavolate le trattative per i nuovi protocolli finanziari , che nel mese di giugno 1992 furono firmati e riguardavano i paesi del Maghreb (21 giugno), l’Egitto e la Giordania (27 giugno) e nel mese di settembre il Libano e la Siria. Il percorso

122 I criteri valutativi, secondo la commissione, erano: indici macroeconomici e settoriali sugli effetti delle

riforme intraprese, situazione economica della nazione considerando anche le finanza pubbliche. Inoltre si diceva che i paesi che avevano già stabilito accordi con organismi economici internazionali, potevano essere considerati eleggibili per interventi di supporto. In COM(90) 812 final, cit., pag. 23.

123 European Court of Auditors, Special Report No 1/98 in respect of bilateral financial and technical

cooperation with non member Mediterranean countries together with the Commission’s replies, pag. 14. Tale documento è citato in F. Pierros, J. Meunier, S. Abrams, Bridges and barriers: the European union’s Mediterranean policy 1961 – 1998, cit., pag. 145

124 Per il Marocco si evidenziano difficoltà nella realizzazione di alcuni progetti per la scarsa efficacia delle

autorità locali responsabili della loro realizzazione. Alcune volte, invece, i progetti già ultimati risultano inadatti ai fini predisposti, è il caso di alcuni interventi finanziati in Tunisia. Infine, si segnala la critica rivolta alla Commissione di non attuare una costante sorveglianza nella fase di implementazione dei progetti. In Court of Auditors, Special Report No 3/91 on financial and technical cooperation with Mediterranean non member countries accompanied by replies of the Commission, pagg. 26 – 32.

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subì però una battuta d’arresto in fase di ratifica, poiché il Parlamento Europeo rifiutò di dare il proprio assenso ai protocolli, evidenziando le gravi mancanze nel rispetto dei diritti umani in tali paesi125. Il commissario agli affari mediterranei Matutes assicurò il Parlamento che

«approving financial protocols in no way means approving human rights situations in the country concerned. Rejection is not a good weapon as human rights are better defended sitting around a table with the moral authority of a demanding friend than by strict

censuring»126

Se l’impasse si risolse favorevolmente nella maggior parte dei casi127, non fu così per il Marocco cui era contestata una scarsa collaborazione nel quadro del piano Onu per il Sahara Occidentale128. Questo atto del Parlamento Europeo provocò le dure reazioni di Rabat, che congelò le trattative per il nuovo accordo sulla pesca. Tale settore è molto sensibile poiché le coste atlantiche del Marocco erano assai pescose ed erano battute da pescherecci inglesi e soprattutto spagnoli129. E fu proprio la Spagna, che deteneva la più grande flotta di pescherecci tra i paesi membri, ad attivarsi affinché si potesse sbloccare il processo di ratifica del protocollo.

L’episodio non fu però privo di conseguenze, acuendo fra gli Stati europei la percezione della necessità di relazioni solide con il proprio “southern near abroad”130. Furono quindi commissionati, per volere del Consiglio del 6 aprile 1992, al governo spagnolo e al

125 Ciò avvenne nella seduta plenaria di Strasburgo il 15 gennaio 1992.

126 EU: Albert Matutes asks Parliament to approve protocols, Agence Europe, 16 gennaio 1992

127 Soltanto il protocollo con l’Algeria e la Siria subirono maggiori ritardi. Nel primo caso entrò in vigore il 1°

maggio 1992, il secondo il 24 gennaio 1994.

128 Passim pag. 3

129 Il Marocco, grazie ad un uso sapiente delle trattative in corso per la pesca, seppe garantirsi una capacità

negoziale di cui nessun’altro Stato dell’area poteva avvalersi. In Ricardo Gomez, Negotiating the euro – mediterranean partnership: strategic action in european foreign policy?, cit. , pag. 59.

130 Richard Gillespie, Spain and the Mediterranean. Developing a European policy towards the

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commissario Matutes rispettivamente, un rapporto politico ed uno economico riguardanti possibili sviluppi delle relazioni tra la comunità e il Maghreb. Tale lavoro fu poi raccolto in una comunicazione della Commissione131, nella quale si avanzò l’idea di una partnership euro – maghrebina. La proposta si contraddistingueva per alcuni importanti innovazioni di fondo. Intanto, non si parlava più di aiuto allo sviluppo, ma di partnership, intesa come «a relationship in which all the parties concerned are aware of their shared responsibility, and

of the mutual commitment entailed in this responsibility»132

All’interno di questa nuova cornice si puntava sulla cooperazione orizzontale, già introdotta con la PMR e qui ribadita133, e si ampliavano i settori della cooperazione, includendo anche il settore sociale e culturale

«these new fields will be identified jointly, and will cover a variety of topics such as culture and social matters, including migration, movement of persons, local collectives and

education»134.

Tali proposte sembravano accogliere l’idea di quell’approccio multidimensionale che era stato proposto con la CSCM e che divenne un punto rilevante della strategia diplomatica nel Mediterraneo della Spagna e della Francia. Inoltre, è rilevante notare come una proposta di dialogo su migrazione e movimento di persone incontrasse le richieste già presentate in occasione del vertice del 5 + 5 degli Stati maghrebini135.

Nel progetto di partnership euro – maghrebina erano inoltre predisposti nuovi strumenti di cooperazione finanziaria: assistenza tecnica per riforme verso l’economia di mercato,

131 Commission of the European Communities, The future of relations between the community and the

Maghreb, cit., pag. 20

132Ibidem

133 Nel medesimo paragrafo si raccomanda al Consiglio di approvare gli strumenti finanziari per la

cooperazione orizzontale previsti per il periodo 1991 – 1996. In ivi, pag. 15

134 Ivi, pag.12.

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alleggerimento del debito della bilancia dei pagamenti, ma soprattutto la possibilità che la Comunità potesse impegnarsi in investimenti diretti nella regione per grandi opere infrastrutturali, financo vagliando l’idea di una banca regionale per lo sviluppo sul modello della EBRD136. Naturalmente, la partnership si sarebbe concretizzata in nuovi accordi euro – maghrebini rivolti a Tunisia, Marocco e Algeria.

Tale progetto fu accolto positivamente al Consiglio di Lisbona nel giugno 1992. Soffermandosi sulle conclusioni della presidenza137, si possono notare alcune novità rilevanti sulla politica mediterranea della Comunità europea. La prima era l’esplicito riferimento al rispetto dei diritti umani e democratici quali obiettivi da perseguire durante la cooperazione

“The goal should be to avoid a deepening of the North-South gap in the region by favouring economic development and promoting full respect for human rights and fundamental

freedoms and the development and consolidation of democracy and the rule of law”138.

Quest’affermazione fu inserita soprattutto su volontà degli Stati del Nord Europa, i quali manifestavano una maggiore attenzione a tali temi, contrariamente all’approccio più pragmatico degli Stati mediterranei139.

136 L’idea di una banca per lo sviluppo per la regione mediterranea, fu più volte avanzata da Francia, Spagna

ed anche in Italia, quando Bettino Craxi fu nominato rappresentante personale per il segretario dell’Onu sul debito. In quella veste propose tale iniziativa all’assemblea delle nazioni Unite l’8 ottobre 1990. In H. Cheirgui, cit. pag. 205. Inoltre sulla possibilità di una banca per lo sviluppo nel mediterraneo era anche intervenuto il presidente della commissione Jacques Delors affermando che, sebbene condivisibile tale proposta, esisteva già la Banca Africana per lo Sviluppo e un’ulteriore istituzione sarebbe risultata superflua; in Agence Europe 25 / 26 giugno 1990. Il CES continuerà anche successivamente tale proposta.

137 European Council of Lisbon, Conclusions of the presidency, 26 – 27 giugno 1992 138 Ibidem

139 In R. Gillespie, Spain and the Mediterranean. Developing a European policy towards the Mediterranenan ,

cit., pag. 151. Inoltre, si nota che la questione dei diritti umani si è gradualmente imposta all’attenzione degli stati membri successivamente al blocco realizzato dal Parlamento per la ratifica dei quarti protocolli finanziari. Il tema è ripreso, infatti, anche dalla comunicazione della Commissione sulle relazioni con il Maghreb ed è indicato come nuovo tema di cooperazione. Si veda l’inizio di questo paragrafo

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L’altra novità rilevante fu l’introduzione, accanto al Medioriente, del Maghreb come area di