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Ripartizione dei diritti di dogana applicati per ciascuno paese alla nazione col regime più favorevole

PROCESSO DI BARCELLONA

Grafico 2. Ripartizione dei diritti di dogana applicati per ciascuno paese alla nazione col regime più favorevole

Ma le riforme necessarie ad una maggiore integrazione nel mercato globale erano anche altre, soprattutto se l’obiettivo era aumentare la quantità e la qualità degli IDE. Un investitore, infatti, considera non solamente il ritorno a breve termine del proprio capitale

118 In European Commission, Economic review of EU Mediterranean partners, European Economy, cit., pag.

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119 Ivi, pag. 128.

120 Bonzom P., Contamine P., Magnan-Marionnet F. (2007) Le partenariat économique et financier euro-

méditerranéen, Bulletin de la Banque de France, No. 168, pp. 33-52, pag. 41, in Sarah Bochud, Du processus de Barcelone à la politique européenne de voisinage : quelles avancées pour le commerce méditerranéen et le développement de la région ?, Tesi Magistrale, Università di Friburgo, novembre 2008, pag. 48

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investito, ma anche le prospettive a lungo termine del proprio investimento che sono condizionate da fattori quali l’efficienza e la trasparenza amministrativa, il diritto del lavoro e della proprietà, il sistema giudiziario121. Per queste ragioni, gli Stati avviarono riforme in questi ambiti, ne è un esempio la Giordania che avviò una riforma dell’amministrazione pubblica che coinvolgeva la riforme del settore pubblico, dell’apparato giudiziario e un progetto di e – government per la trasparenza122.

Più in generale, si considerava necessaria una diminuzione della presenza dello Stato nell’economia, con la privatizzazione di molte aziende pubbliche. Una politica sicuramente in linea con le teorie economiche di allora (e ora), che non mancò di sollevare alcune perplessità.

« (…) la stratégie de privatisation doit se baser sur les règles de prudence et de transparence. Il faut s’en tenir à ce qui est réalisable. (…) La cession d’actifs (d’imprese pubbliche in buono stato, ndr) ne doit être envisagée que pour améliorer la perfomance du

secteur et pas simplement pour reflue les caisses de l’Etat»123

Bichara Khader compie una riflessione partendo da quelle che sono le caratteristiche del settore privato nel mondo arabo: imprese spesso familiari, di piccola taglia, nelle quali è scarsa la tendenza ad investire in ricerca ed innovazione; dunque un settore privato debole, al quale le grandi imprese di Stato spesso inefficaci hanno rubato risorse. È chiaro quindi che i capitali per le privatizzazioni o sarebbero arrivati dall’estero, oppure uno dei rischi

121 George Joffé, Foreign investment and rule of law, in Alvaro Vasconcelos, George Joffé (eds), The

Barcelona process: building a Euro – Mediterranean region, cit., pagg. 33 – 49, pag. 46.

122 In European Commission, Economic review of EU Mediterranean partners, European Economy, cit., pag.

87.

123 Bichara Khader, La privatisantion dans le Monde arabe: un remède miracle?, in Bichara Khader (a cura

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probabili era la concentrazione nelle mani di pochi dei beni pubblici venduti, soprattutto in sistemi politici chiusi come quelli della regione.

Infine, un ultimo elemento che avrebbe potuto condizionare l’arrivo di capitali d’investimento dall’estero: la percezione dell’instabilità politica e l’insicurezza economica che generava. Un caso forse meno evidente, è quello delle sanzioni economiche internazionali, le quali pur avendo motivazioni politiche, sono incomprensibili agli occhi di un investitore124.

Si comprende quanto la sfida fosse ampia, e il motivo della scarsa attrattività per i capitali esteri della regione del Maghreb e del Maschrek, un tallone di Achille che si mantiene nel tempo.

Il programma MEDA

Il programma MEDA si ispirava al suo omologo PHARE che aveva contributo alla transizione degli Stati dell’Europea centro – orientale. Il fondo MEDA, la cui dotazione era stata determinata al Consiglio europeo di Cannes125, a cui si sarebbero aggiunti i prestiti della BEI, per un totale di 4684 milioni di Euro. Gli obiettivi del programma erano quelli di supportare la transizione economica, in particolare l’implementazione del libero commercio e di rinforzare il tessuto economico sociale degli Stati partners. Questi erano gli obiettivi su base bilaterale a cui erano dedicati il 90% dei fondi totali; per quanto riguarda la cooperazione regionale MEDA si occupava del finanziamento dei programmi di

124 George Joffé, Foreign investment and rule of law, cit., pag. 42. 125 Cfr il paragrafo Verso Barcellona

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cooperazione orizzontale come Med – INVEST, Med – URBS, Med – TEMPUS , tuttavia tale dimensione multilaterale era negletta, accaparrandosi solo il 10% dei fondi.

Il programma MEDA quindi, riflette da vicino quelli che erano gli impegni presi da ciascuno Stato partner con la Comunità tramite gli Accordi di associazione. Da tali accordi generali, attraverso i Piani di azione nazionale126 si individuavano i progetti che sarebbero stati finanziati su base annuale127. Il programma MEDA aveva un’organizzazione piuttosto complessa e tecnocratica128, ma soprattutto era concepito come uno strumento della Comunità amministrato dalla Commissione129, lasciando una minore capacità degli Stati partner di poter incidere sull’allocazione dei fondi130. Inoltre, con il programma MEDA non si procedeva più ad una ripartizione predeterminata dei fondi a ciascun partner, si faceva invece una stima di massima dei capitali necessari per ciascun PTM, in questo modo i fondi inutilizzati alla fine dell’anno contabile sarebebro tornati nella disponibilità della Commissione. Un’altra importante novità è stata l’introduzione del meccanismo di condizionalità, uno negativo e l’altro positivo. Nel primo caso si puo arrivare alla sospensione dei fondi, in presenza di violazioni dei diritti umani o del diritto internazionale131; nel caso della condizionalità positiva, invece, sono previste delle allocazioni maggiori per coloro che implementassero i piani di riforma più velocemente: a

126 Tali piani di azione erano validi tre anni, non più cinque, e potevano essere rinegoziati annualmente. 127 Erwan Lennon, Le partenariat euro – méditerranéen: éléments d’une analyse juridique, in Bichara

Khader (ed.) Le Partenariat euro – méditerranéen vu du Sud, cit. , pagg. 187 – 230, pag. 209

128 Eric Philippart, The Meda programme: analysis of the new design of Eu assistance to the Mediterranean,

in Fulvio Attinà, Stelios Stavridis (eds) The Barcelona process and euro – Mediterranean issues from Barcelona to Marseille, cit., pag. 121 – 169, pag. 134.

129 In Erwan Lennon, Le partenariat euro – méditerranéen: éléments d’une analyse juridique, in Bichara

Khader (a cura di) Le Partenariat euro – méditerranéen vu du Sud, cit., pag. 210

130 In questo senso, il programma MEDA fa dei passi indietro rispetto a PHARE, nel quale i partner

dell’Europa centro – orientale erano più strettamente associati nella gestione dei fondi. In Eric Philippart, The Meda programme: analysis of the new design of Eu assistance to the Mediterranean, cit., pag. 135.

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quaesto scopo, dal budget per gli interventi bilaterali, era accantonata una porzione tra il 10% e il 20%132.

Una differenza importante di questo programma dai precedenti protocolli finanziari, è che il regolamento MEDA fu concepito in base all’articolo 308 TCE, caratterizzandosi quindi come un atto totalmente in carico al Consiglio che può decidere autonomamente limitandosi a consultare il Parlamento133; in questo modo gli Stati mantengono un forte controllo sulla politica euro – mediterranea. A questo medesimo motivo era da ricondurre la creazione di un Med Commitee presieduto normalmente dal direttore della Direzione Relazioni esterne della Commissione, e composto da rappresentanti degli Stati membri e della BEI. Lo scopo di questo comitato era quello di controllare l’operato della Commissione, costringendola a ritirare le proprie proposte o a presentarle al Consiglio in caso di parere negativo (altrimenti poteva adottarle immediatamente).

Proprio il Med Commitee fu uno dei caratteri che andarono incontro a modifiche con l’approvazione del regolamento per il programma MEDA II, relativo al periodo 2001 – 2006. Il Comitato assunse un ruolo di mera gestione e non più decisionale, cosicché la Commissione, in caso di un parere negativo del Med Commitee, avrebbe potuto semplicemente differire di tre mesi l’applicazione della propria proposta. L’obiettivo era quello di rendere il processo decisionale più snello, limitando i ritardi nell’erogazione dei fondi che aveva generato (a cui è da aggiungere la carenza di personale della Commissione)134. Accanto a ciò si sottolineò l’importanza di progettare interventi con un maggiore contributo dei partner e maggiormente tagliati sulle loro esigenze, migliorando

132 Un sistema “first come first served” così come citato da un’intervista confidenziale. In Eric Philippart,

The Meda programme: analysis of the new design of Eu assistance to the Mediterranean, cit, pag. 139

133 L’alternativa a questo approccio era offerta dall’art. 179 TEC per i regolamenti finanziari che prevedeva

una procedura di codecisione tra Consiglio e Parlamento Europeo, secondo quanto riportato anche all’art 251 TEC. In Eric Philippart, The Meda programme: analysis of the new design of Eu assistance to the Mediterranean, cit., pag. 129 e Erwan Lennon, Le partenariat euro – méditerranéen: éléments d’une analyse juridique, in Bichara Khader (ed.) Le Partenariat euro – méditerranéen vu du Sud, cit., pag. 210

134 European Commission, From MEDA I to MEDA II: what’s new?, Euromed Special Feature n° 21, 03

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così la co – ownership. Infine, da un punto di vista finanziario si provvide a dotare MEDA II di 5,350 miliardi di euro a cui si aggiungevano 7,4 miliardi in prestiti della BEI, di fatto accogliendo la proposta della Commissione135, sebbene fosse stato necessario trovare un accordo per la distribuzione dei fondi tra l’area del sud del Mediterraneo e i Balcani136.

135 La Commissione aveva fatto pervenire, in occasione di Barcellona IV a Marsiglia, la propria proposta per

un finanziamento delle politiche mediterranee per un totale di 12,75 miliardi di euro. In Agence Europe 7843, 17 novembre 2000, pag. 5

136 Germania, Regno Unito e Svezia, date le necessità dovute alla ricostruzione della Serbia proponevano una

ripartizione dei fondi per l’area mediterranea in parti uguali tra i Balcani e il bacino Meditteraneo. Le resistenze di alcuni stati, tra cui la Spagna che fece notare l’enorme differenza di popolazione tra queste due surregioni, portarono al compromesso: 5,35 miliardi a MEDA II e 4,65 al programma CARDS per i Balcani. In Agence Europe 7842, 16 novembre 2000, pag. 7

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