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La “prima” soft law nel diritto internazionale

1.Origini ed evoluzione della soft law

2. La “prima” soft law nel diritto internazionale

Nel diritto internazionale, in origine, vi erano solo due tipologie di fonti: gli accordi e la consuetudine. Successivamente, nel processo di produzione normativa si consolidano altre tipologie di fonti, come le risoluzioni, le raccomandazioni e le dichiarazioni297.

Emerge, sin da subito, che le regole che governano la comunità internazionale sono diverse da quelle degli ordinamenti statali: infatti, mentre gli Stati dispongono di un diritto, imposto mediante legge che, in quanto, adottato da un’Autorità superiore giuridicamente ai membri di ogni società nazionale, può vincolarli. Diversamente, nella società internazionale, gli Stati, in quanto sovrani, non sono sottoposti ad un’istituzione gerarchicamente superiore e quindi il diritto internazionale è dato da regole, consigli, indirizzi che si danno le stesse organizzazioni internazionali, secondo i loro accordi298.

Tra le fonti di diritto internazionale, possiamo annoverare, prima di tutto, la consuetudine299, quale

fenomeno di sedimentazione sociale, ovvero di osservazione di comportamenti e convinzioni di membri della società e poi della soft law che è stata inquadrata dalla dottrina internazionalistica alla stregua di un fenomeno “inusuale e patologico” del diritto internazionale, ma che, in numerose circostanze, ha svolto delle determinanti funzioni giuridiche (si pensi alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948), che ne hanno giustificato la costante presenza nel mondo del diritto internazionale300, oltre che averne favorito la resilienza301.

297 Si richiama, in primo luogo, l’opera codificatrice delle Nazioni Unite: le risoluzioni, le raccomandazioni, le

dichiarazioni di principi. Per una trattazione completa delle fonti di diritto internazionale e della loro gerarchia aperta anche alle fonti atipiche, MONACO R.,Fonti del diritto. IV) Diritto internazionale, in «Enciclopedia giuridica», XIV, Istituto

della Enciclopedia Italiana, Roma 1989

298Nell’ambito internazionale, il ricorso alla soft law è praticato dagli Stati stessi che in tal modo vengono indotti “ad

entrare in una rete di impegni giuridici senza veder sminuito il proprio status di Stati sovrani”. GROSSI P., Prima lezione di diritto, Roma-Bari, Laterza, 2006 cap. 6.

299 CONDORELLI L., voce Consuetudine internazionale, Dizionario di diritto pubblico (a cura di) Cassese S., 2004, 490 e ss. Sul

rapporto tra consuetudine e soft law, secondo gli interpreti, la soft law ha un ruolo servente della consuetudine laddove è capace di fornire prova dell’avvenuta emersione di un’opinio iuris che, sommandosi ad una prassi diffusa, cristallizza una regola in fase di consolidamento. Si richiama ad esempio il caso della opinio espressa dagli Stati in relazione all’adozione di alcune risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite tra cui la Dichiarazione di principio sulle relazioni amichevoli tra Stati, che, nel decidere sul caso delle Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua, la Corte internazionale di giustizia ha desunto la natura consuetudinaria del divieto dell’uso unilaterale della forza all’interno delle relazioni internazionali. TRAMONTANA, op.cit., 55.

300 Come rileva Fitzmaurice “soft law is one of these phenomena of international law which puzzle international lawyers and leave

disagreement as to their legal character and their legal effects” FITZMAURICE M., International protection of the environment, recuel des

Cours, The Hague Academy of international law, Leiden-Boston, 2001, vol. 293.

301 Di resilienza del diritto internazionale parla Tramontana, il quale riferisce come la soft law abbia favorito la capacità

del diritto internazionale di “resistere ai cambiamenti della scena internazionale contemporanea conservando invariate le proprie

caratteristiche strutturali”. In tal senso, Tramontana, indaga il rapporto tra soft law e diritto internazionale come un

rapporto non di esclusione reciproca, bensì sono in una stretta correlazione ed integrazione ove il diritto internazionale finisce per dipendere dalla soft law. Anzi da tale rapporto trova la propria capacità resiliente ai cambiamenti ovvero ad es. alla domanda di regolamentazione nei settori che richiedono flessibilità e tecnicismo. TRAMONTANA A.M., il Soft

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Oltre a ciò, gli atti-fonte di diritto soft hanno consentito il superamento di blocchi nelle relazioni internazionali tra gli Stati, determinati da differenti esigenze di natura economica, politica, sociale e culturale. Non solo, ma, grazie alla soft law, in una situazione di crisi della legalità internazionale302,

popoli e Nazioni si sono sempre sforzati di trovare degli strumenti di mediazione di natura giuridica, seppur attenuata, con altri popoli ed altre Nazioni, ovvero strumenti volti a gestire trattative, processi regolativi, in settori economici e sociali, consentendo, secondo il pensiero di alcuni autori, di “sopravvivere all’anarchia e al libero gioco delle forze economiche e militari degli attori internazionali”303.

La soft law304, in diritto internazionale, si è sviluppata come fonte alternativa rispetto ai trattati

internazionali, utilizzata quando non era possibile ricorrere a questi ultimi.305

Venendo alle sue caratteristiche, tale fenomeno affonda le proprie radici nella antica distinzione tra “comandi e consigli” secondo cui mentre il destinatario di un comando è tenuto a eseguirlo, il destinatario del consiglio è libero di scegliere se seguirlo o no, avendo quindi facoltà306. Alcuni

studiosi hanno cercato la ratio sottesa al concetto di comando e di consiglio: seguendo l’impostazione positivista, secondo cui il diritto o è vincolante o non è diritto, la soft law non può far parte delle fonti del diritto internazionale e può essere tenuta in considerazione solo quale “precursore di norme giuridiche vincolanti”307. Diversamente, secondo un’impostazione di tipo

sociologico, esiste un “continuum normativo lungo il quale si collocherebbero tutti gli strumenti, vincolanti o

302 In relazione ai primi strumenti di soft law si richiama il discorso di Eleanor Roosvelt all’Assemblea generale delle

Nazioni Unite al Palais de Chaillot, Parigi, 10 dicembre 1948, in occasione dell’approvazione da parte degli stati della dichiarazione dei diritti umani. Ella rispetto alla pace tra le nazioni precisò che fosse necessario “uno standard di condotta

per tutti gli stati che unendo le forze in buona fede, potessero riuscire a rispettare tale standard”.

303 A tale proposito, Schäfer, la quale, nel suo articolo Resolving Deadlock: Why International Organizations Introduce

Soft Law, Paper for the EUSA Ninth Biennial International Conference Austin, Texas, March 31-April 2, 2005, si è posto l’interrogativo di fondo :“Why do governments choose soft law to deal jointly with problems rather

than more binding forms of cooperation?”. L’autrice, riferendosi in particolar modo all’O.C.S.E. ed al F.M.I. ha sostenuto,

a conclusione della sua riflessione che, “in sum, international organizations do not introduce multilateral surveillance because

of its proven effectiveness but rather because no substantial agreement is obtainable”

304 Sulla “morbidezza” del diritto internazionale SZÉKELY, ‘Non-binding Commitments: A Commentary on the Softening of

International Law Evidenced in the Environmental Field’, in International Law on the Eve of the 21st Century — Views from

the International Law Commission 1997, 173; WEIL P., ‘Towards Relative Normativity in International Law?’, 77 AJIL 1983, 413; EISEMANN, ‘Le Gentlemen’s agreement comme source du droit international’, 106 JDI 1979, 326; SCHACHTER, in HENKIN

L.,PUGH R.C.,SCHACHTER O. AND SMIT A., International Law, Casebook 3rd ed., 1993, at 37.

305 BINI M., “Gli atti non previsti dal Trattato nel sistema delle fonti di diritto dell’Unione Europea”, in Diritto&diritti, rivista

giuridica on-line, 2003, 9.

306 La distinzione si deve a Bobbio, op.cit., 369 e ss., sebbene, anche la dottrina inglese, aveva, già in epoca più risalente,

distinto tra commands e precepts in cui i primi erano regole ritenute vincolanti nella forma e i secondi regole vincolanti a seguito della convinzione della bontà del loro contenuto e all’autorevolezza di colui che li pone in essere. Sul punto si richiama KANTOROWICZ H.U.,The definition of law, Cambridge, 1958, 30 e ss. e si riferisce anche della trattazione di

SELINGER E.WHYTE K.P., Nudting cannot solve complex policy problems in European Journal of risk regulation, 2012, 26 ove viene detto proprio che “dudging is best seen as an emerging form of soft law” e quindi sull’importanza della c.d. nudge ovvero “la spinta gentile” si veda THALER R.H.SUNSTEIN C.R., Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le

nostre decisioni sul denaro, salute, felicità, Feltrinelli, Milano, 2008. Della soft law quale diritto gentile che “tende a convincere più che a costringere” riferisce FERRARESE A.M., Diritto sconfinato. Inventiva giuridica e spazi del mondo globale, Roma-Bari, Laterza, 2006.

307 Si richiama il pensiero di WEIL, op.cit., 417; KLABBERS op.cit., 167 e D’ASPREMONT J., Softness in international law: a

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meno, idonei ad indirizzare il comportamento dei propri destinatari”308. Secondo la terza ed ultima posizione

c.d. intermedia, la soft law non crea obblighi giuridici, ma impegni politici e morali aventi un proprio ruolo all’interno dell’ordinamento internazionale309.

Secondo gli studiosi di diritto internazionale, gli strumenti soft, essendo rimessi alla volontà delle parti, e non essendo soggetti né alle regole della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, né al fondamentale principio di diritto internazionale “pacta sunt servanda”, sarebbero circondati da minori garanzie rispetto alle fonti classiche di diritto internazionale pubblico.310 Tuttavia,

l’inadeguatezza della consuetudine a soddisfare le crescenti esigenze della comunità internazionale e la mancanza di un’Autorità centrale abilitata a produrre diritto, ha portato alla creazione di nuovi atti normativi. Non solo, ma il ricorso agli atti soft apparve problematico, rispetto al marcato utilizzo delle risoluzioni da parte delle organizzazioni internazionali cui non corrispondeva una loro menzione tra le fonti di diritto internazionale nell’art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di giustizia311.

Tuttavia gli interpreti, pur riconoscendo che esistevano, nella prassi corrente, degli strumenti alternativi ai classici trattati che rappresentano qualcosa di diverso ormai da meri impegni politici, negando che tali atti potessero produrre law internazionale312, ritenevano invece che vi fosse

un’unica alternativa in diritto tra “regole legal or illegal e binding or non-binding”313. Secondo il pensiero

di Wengler infatti “the question arises as to whether the strict legal/non-legal division applied in international law in analogy to domestic law could be outdated or wrong” 314.

Tuttavia, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, alcuni studiosi315 hanno teorizzato circa

l’esistenza concreta di strumenti normativi utilizzati dagli attori internazionali che, pur non

308 Si fa riferimento al pensiero di KINSBURY B.,KRISH N.,STEWART R., The emergence of global administrative law, Law e

contemporary problems, 2005, sebbene criticato da TRAMONTANA,op.cit., 47, il quale nega l’esistenza del “continuum

normativo tra hard e soft law, in quanto esso pregiudicherebbe la capacità del diritto internazionale di regolamentare le condotte degli attori internazionali”.

309 HILLGENBERG H., A fresh look at soft law, European Journal of international law, 1999, 10; PELLET A., A new

international legal order? What legal tools for what changes? In International law of development: comparative perspectives,

ed by SNYDER F., SLINN P., 1985. BOYLE A.,CHINKIN C., The making of international law, Oxford University Press, 2017.

310 HILLIGENBERG H.,“A fresh look at soft law”, EJIL, 1999 ed anche KLABBERS J., The Concept of Treaty in International

Law 1996, at 16.

311 Sull’utilizzo dell’articolo 38 come strumento per rintracciare un ordine tra le fonti e, al contempo, comprendere il

valore delle stesse si richiama Monaco, il quale ritiene anche che l’art. 38 non contenga una gerarchia delle fonti (e quindi che per fonti dell’ordinamento internazionale possano essere intese anche quelle da esso non contemplate). MONACO, op.cit., 5

312 È questa la posizione di autori come, ad esempio, WEIL P.,Towards relative Normativity in International Law In

American Journal of International law, 1983, pag. 414-415; e KLABBERS J.,The Concept of Treaty in International Law, The

Hague-London-Boston: Kluwer Law International, 1996, pag. 163 e sgg

313HUME D., il quale affermava che mentre nella vita sociale sono possibili gradazioni di doverosità, invece nel diritto

tali gradazioni sarebbero “perfect absurdities” in Political Writings, edited by Stuart Warner and Donald Livingston, 1994

314 WENGLER J.Z.,1976, 197

315 Secondo alcuni studiosi, agli atti di soft law internazionale andava negato il carattere giuridico, mentre, secondo

altri, la soft law poteva essere ritenuta alla stregua di una “quasi fonte” di diritto internazionale. Si richiama fra tutti Baxter il quale individua le norme di soft law in contrapposizione a quelle di hard law dotate di carattere cogente ed

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rientrando nelle tradizionali categorie di fonti, vincolavano i loro destinatari in settori delicati quali il diritto dell’ambiente316 e quello dei diritti dell’uomo317. Tali nuovi atti producevano diritto morbido

idoneo a piegarsi a valutazioni ed istanze sociali, economiche e culturali318.

idonee a fondare un consenso anche se prive di diritti ed obblighi azionabili. BAXTER R.R., International law in “her infinite

variety” in the international and comparative law quarterly, 1980, 549.

316 A seguito delle numerose risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed atti di tipo declaratorio e

programmatorio in materia ambientale, la dottrina ha cominciato a ritenere che la soft law potesse essere intesa quale vera e propria categoria giuridica idonea a disciplinare il diritto dell’ambiente. Nell’ambito del diritto internazionale infatti vi sono state numerose dichiarazioni, a partire da quella di Stoccolma del 1972 a di Johannesburg del 2002, qualificabili come enunciazione di principi non vincolanti per gli Stati che convengono di aderire ad essi, ma che non impongono loro l’obbligo di rispettare standard ed obblighi specifici. Si tratta di alcune “convenzioni ambientali globali” che possono portare a degli impegni vincolanti per gli stati ma che, di per sé, non sono vincolanti. Si richiama ad es. il settore della protezione e conservazione delle foreste e della loro gestione sostenibile dove è stato massiccio il ricorso ad atti di natura non vincolante per colmare l’assenza di una regolamentazione convenzionale universale, ad es. con il Non legally binding instrument on all types of forests adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2007 che contiene obiettivi ed impegni nell’utilizzo delle foreste e i Principles and criteria for forest stewardship del 1994 pubblicati dalla ONG Forest Stewardship council e finalizzati alla promozione di una gestione forestale efficace. In particolare va evidenziato che, a livello internazionale, la cornice normativa che riguarda l’ambiente è costellata di atti e documenti di soft law, tanto che si parla di “soft enviromental law”.

Si richiama la definizione data da Marchisio, op.cit., del diritto internazionale dell’ambiente, quale “complesso di principi e di norme giuridiche che stabiliscono regole di comportamento per gli Stati al fine di realizzare la tutela dell’ambiente e l’uso equilibrato delle risorse naturali in un contesto di sviluppo economico e sociale”. Sul diritto internazionale dell’ambiente: HOMAN H. (a cura di), Basic Documents of International Environmental Law, 3 vol., Graham &

Trotman, London, 1995; DUMMEN C,CULLET D., Droit international de l’environnement, Textes de base et références, Kluwer, London, 1998; TAMBURELLI G., Ambiente (diritto internazionale), in Enc. giur.Treccani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2004; KISS A.D.,SHELTON D., Guide to International Environmental Law, Nijhoff, Leiden- Boston, 2007; BIRNIE W.P.,BOYLE A.,REDG-WELL A., International Law and the Environment 3, Oxford University Press, Oxford, 2009; FODEL A.,LA A.,PINESCHI A.,(a cura di), La protezione dell’ambiente nel diritto internazionale, Torino, Giappichelli, 2009; SANDS P.,PEEL J.,Principles of International Environmental Law 3, Cambridge University Press,

Cambridge, 2012; MUNARI F.,SCHIANO DI PEPE F., Tutela transnazionale dell’ambiente, Bologna, Il Mulino, 2013;

POSTIGLIONE A., Diritto internazionale dell’ambiente, Aracne, Roma, 2013; DUPUY M.P.,VINUALES A.J., International

Environmental Law, Cambridge University Press, Cambridge, 2015. Per la letteratura in materia si richiama CORDINI G., FOIS P.,MARCHISIO S., Diritto ambientale, Torino, Giappichelli, 2017. In particolare Marchisio riferisce di due fasi in cui si è avuta l’evoluzione del diritto internazionale dell’ambiente e nello specifico “la prima, iniziata con la Conferenza delle

Nazioni Unite di Stoccolma del 1972 sull’ambiente umano, è caratterizzata dalla conclusione di numerosi trattati di carattere settoriale, basati sul principio di prevenzione del danno (fase del funzionalismo ambientale); la seconda, inaugurata dalla Conferenza di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo del 1992, coincide con l’estensione della cooperazione internazionale alle questioni ambientali globali, disciplinate da convenzioni a vocazione universale fondate sul principio di precauzione (fase del globalismo ambientale)”.

317 Sempre più, strumenti malleabili, morbidi e soavi, caratterizzano i diritti umani nel senso che la soft law ha avuto

una profonda espansione nell’ambito dei diritti umani. TRUJILLO I.,Soft law e diritti umani, Ars Interpretandi Fasc. 2,

luglio-dicembre 2017. Si richiama la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo quale esempio di soft law internazionale nell’ambito dei diritti umani che, nell’indicare per la prima volta i diritti inviolabili della persona, è servita da base per la negoziazione di numerosi trattati in materia che porta a ritenere che nella materia dei diritti umani una prima fase di elaborazione con le norme soft, possa costituire la regola. Ancora si cita ad esempio il richiamo alla Dichiarazione americana dei diritti e dei doveri dell’uomo del 1948 formulato in un parere consultivo del 1989 da parte della Corte interamericana dei diritti dell’uomo che in relazione al peso della dichiarazione precisò che “pur avendo il rango di semplice dichiarazione, essa produceva effetti legali, in quanto strumento funzionale alla ricostruzione della disciplina internazionale dei diritti dell’uomo vigente”. DISTEFANO, Ambito e fonti del biodiritto (a cura di) RODOTÀ

S.,TALLACCHINI M., Milano, Giuffrè. Il codice di Norimberga (1947), in quanto sprovvisto di forza vincolante per gli Stati che sancisce il principio di autodeterminazione dell’individuo, viene ricordato come uno strumento debole come poi una serie di altre espressioni di soft law che testimoniano la difficoltà di trovare accordi su questioni complesse al livello internazionale. La motivazione sottesa alla presenza di numerosi atti soft nell’ambito dei diritti umani e del biodiritto, viene rintraciata nel fatto che “gli Stati non sono evidentemente ancora disposti a limitare la propria libertà sovrana in

questa materia assumendo obblighi giuridicamente vincolanti”.

318 DUPUY M.P., Droit déclaratoire et droit programmatoire: de la coutume sauvage à la “Soft Law”, in L’élaboration du droti

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Si trattava di una tipologia particolare di law, costituito da regole di condotta, prive di una reale forza legale vincolante, sprovviste di sanzioni legali, in caso di mancato rispetto da parte dei loro destinatari. Infatti, Wellens and Borchardt, definiscono i primi esempi di soft law quali “the rules of conduct that find themselves on the legally non-binding level (in the sense of enforceable and sanctionable through international responsibility) but which according to the intention of its authors indeed do possess legal scope, which has to be further defined in each case. Such rules do not have in common a uniform standard of intensity as far as their legal scope is concerned, but they do have in common that they are directed at (intention of the authors) and do have as effect (through international law), that the conduct of States, international organisations and individuals is influenced by these rules, however without containing international legal rights and obligations”319.

Venendo alle tipologie di atti che compongono la soft law internazionale, se ne possono distinguere molteplici, ovvero le dichiarazioni d’intenti, le dichiarazioni di principi, le raccomandazioni, le risoluzioni, le linee-guida, i codici di pratica ed infine i c.d. non binding agreements320.

319 WELLENS KAREL C.,BORCHARDT G.M.,(1989), Soft Law in European Community Law, European Law Review,

14, 267.

320 La dottrina internazionalistica cominciò a notare la presenza nella prassi di tali atti di natura Convenzionale a partire

dall’Atto Finale della Conferenza di Helsinki del 1975 sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa. Sul punto si precisa che fosse prerogativa degli Stati decidere se aderire ad international agreements di contenuto giuridicamente vincolante, ragion per cui, qualora i Plenipotenziari avessero optato per l’adozione di un atto convenzionale diverso dai classici strumenti di diritto internazionale, tale voluntas rendeva automaticamente privo di valore giuridico l’accordo stipulato tra le parti. La dottrina tradizionale, inoltre, al fine di sostenere l’inefficacia vincolante hard dei non binding agreements, evidenziava il carattere strutturalmente programmatico e generico delle loro formulazioni linguistiche e la natura estremamente vaga ed indefinita dei principi e degli impegni in essi contenuti. Nonostante il forte radicamento di tali considerazioni nella maggioranza degli studiosi di diritto internazionale, nondimeno, la dottrina contemporanea ha ormai totalmente superato le obiezioni che venivano mosse alla potenziale portata giuridica di tali strumenti. In primo