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Le linee guida al cospetto della Corte Costituzionale

1.piano euristico

3. Le linee guida al cospetto della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato

3.1 Le linee guida al cospetto della Corte Costituzionale

Il giudice delle leggi si è trovato a ragionare sulla natura delle linee guida, dando vita ad una giurisprudenza che testimonia indecisioni e ripensamenti.

In via generale la Corte ha stabilito che la legge, in particolare nell’ambito sanitario, primo fra quelli che, come noto, ha visto la maggior diffusione di linee guida, dovesse svolgere, nelle scelte diagnostiche e terapeutiche, un ruolo sussidiario rispetto alle linee guida. Nello specifico, con la sentenza n. 282 del 2002 la Corte ha precisato che “salvo che entrino in gioco altri diritti o doveri costituzionali, non è di norma il legislatore a poter stabilire direttamente e specificamente quali siano le pratiche terapeutiche ammesse, con quali limiti e a quali condizioni. Poiché la pratica dell’arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione, la regola di fondo in questa materia è costituita dall’autonomia e dalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione”.712

Invero, la Corte Costituzionale si è da sempre trovata al cospetto di atti atipici, il cui confine con le linee guida può risultare sfumato. Si tratta di atti sostanzialmente normativi per cui non è prescritta la forma regolamentare: per inquadrarli, la Corte ha prescelto il criterio c.d. sostanziale, qualificandoli dunque come atti di natura «regolamentare», (sentt. nn. 232/2009, 247/2009, 63/2008, 51/2008, 94/2007 e 328/2006); così facendo la Corte ha confermato la possibile esistenza di fonti secondarie atipiche, che contengono un’indiretta capacità normativa, o meglio la capacità di integrare la disciplina legislativa713. Questa sembra la funzione prevalentemente posta in essere dalle

linee guida.

Con la sentenza n. 275/2011 (in particolare nel Considerato in diritto, §§ 3.1-4.2) la Corte aveva ricondotto le linee guida ai regolamenti, seguendo un approccio sostanziale che aveva adottato precedentemente per altre fonti definite come secondarie atipiche (Corte cost. sentt. n. 274/2010, § 4.2; n. 278/2010, § 16; n. 275/2011) e in particolare per i decreti governativi di natura non regolamentare714.

712 Corte Cost. 19-26 giugno 2002 n. 282 in Giur. cost. 2002 con osservazioni di D’ATENA M., La Consulta parla… e la

riforma del titolo Ventra in vigore e di MORANA D., La tutela della salute fra libertà e prestazioni, dopo la riforma del titolo V. A

proposito della sentenza n. 282 del 2002 della Corte Costituzionale ed ancora LA MONACA G.,SARTEA C., Il diritto costituzionale

alla salute tra norme giuridiche e pratica clinica. La giurisprudenza costituzionale recente: nuove forme di valorizzazione della prassi e della deontologia mediche in Il diritto della famiglia e delle persone, 2001, 974.

713 GIANNINI S.M., Provvedimenti amministrativi generali e regolamenti ministeriali, in Foro it., III, 1953, 9 ss.; MASSA M.,

Regolamenti amministrativi e processo. I due volti dei regolamenti e i loro riflessi nei giudizi costituzionali e amministrativi, Napoli,

Jovene, 2011.

714 MOSCARINI A., Sui decreti del Governo «natura non regolamentare» che producono effetti normativi, in Giur. Cost., 2008, 5075

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Tale pronuncia ha riconosciuto natura regolamentare alle linee guida di cui al d.m. 10 settembre 2010, in quanto tale atto conteneva «norme finalizzate a disciplinare, in via generale ed astratta, il procedimento di autorizzazione all’istallazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, alle quali [erano] vincolati tutti i soggetti, pubblici e privati, coinvolti nell’attività in questione». Veniva adoperato un argomento a contrario secondo cui le linee guida sono assimilate ai regolamenti, perché non sono inquadrabili in altre tipologie di atti ma hanno comunque l’attitudine a disciplinare, in via generale ed astratta, la fattispecie individuata da una fonte primaria.

Pertanto le linee guida, integrando una determinata disciplina, in tal modo attuano concretamente un quadro disciplinare primario e, in relazione diretta od indiretta con esso acquisiscono un’efficacia vincolante funzionale alla portata primaria e superiore degli interessi coinvolti715.

Sempre valorizzando il criterio sostanziale, rispetto al procedimento di adozione dell’atto, la Corte ha anche affermato che «non possono essere requisiti di carattere formale, quali il nomen iuris e la difformità procedimentale rispetto ai modelli di regolamento disciplinati in via generale dall’ordinamento, a determinare di per sé l’esclusione dell’atto dalla tipologia regolamentare, giacché, in tal caso, sarebbe agevole eludere la suddivisione costituzionale delle competenze, introducendo nel tessuto ordinamentale norme secondarie, surrettiziamente rivestite di altra forma, laddove ciò non sarebbe consentito» (Corte cost., sent. n. 278/2010, § 16). Anche per questa via la Corte conferma l’adesione ad un approccio sostanziale che garantisce, senza tutti i vincoli di un approccio formale, l’ingresso dell’atto di normazione secondaria nel sistema, secondo la prassi prevista per gli strumenti regolatori atipici quali appunto le linee guida716. La Corte, nel valorizzare

l’approccio sostanziale, esclude che il problema della natura dell’atto si debba risolvere esclusivamente ed automaticamente sulla base di elementi formali quali il richiamo all’art. 17 della l. 400/1988, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la numerazione degli atti717.

Qualora le linee guida fossero davvero assimilabili ad atti di normazione secondaria statale atipica, ci si dovrebbe domandare come ciò si concili con le ipotesi in cui vi sia una materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni e quindi come sia possibile superare un’eventuale violazione dell’art. 117, sesto comma Cost. La risposta della Corte è duplice: in primo luogo, le linee guida non sono regolamenti, bensì atti esecutivi che integrano, a certe condizioni, la norma primaria che ad esse rinvia affidando loro la specificazione dei principi, recati dalla stessa norma primaria, sotto un profilo tecnico (cfr. Corte cost., sent n. 284/2016); in secondo luogo, l’adozione delle linee guida può essere ricondotta al meccanismo della c.d. chiamata in sussidiarietà, secondo cui lo Stato può

Quando il formalismo giuridico tradisce sè stesso: i decreti di natura non regolamentare, un caso di scarto tra fatto e modello normativo nel sistema delle fonti, 2011, in Giur. Cost., 999 ss. DURANTE N., La non idoneità delle aree e dei siti all'installazione di impianti di

produzione di energia alternativa, in Riv. giur. edilizia, 2011, 227 ss.

715 MARI, op.cit. 716 RAMAJOLI, op.cit.

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esercitare funzioni amministrative in materie di competenza regionale per rispondere a «superiori esigenze di unitarietà» a condizione che sia sempre garantito il rispetto del principio di leale collaborazione718, ad esempio garantendo che all’elaborazione delle linee guida cooperino i vari

livelli di governo coinvolti719.

È proprio in questo ordine di idee, diverso da quello di cui alla sentenza n. 275/2011, che la Corte ha negato, nella sentenza n. 278/2010, natura regolamentare alla potestà affidata, dalla legge 9 aprile n. 99/2009, al CIPE in materia di energia nucleare (art. 26, comma 1) circa la definizione delle «tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale». Secondo la Corte, la potestà affidata al CIPE non si concretizzava nella produzione di norme generali ed astratte, conformi alla previsione normativa, ma era invece espressiva di scelte di carattere essenzialmente tecnico, con cui l’amministrazione perseguiva la cura degli interessi pubblici a essa affidati dalla legge, individuando le tipologie di impianti idonee, in concreto e mediante un solo atto, la cui efficacia si esauriva e si consumava entro i limiti, obiettivi e temporali, della scelta stessa.

Nella sentenza richiamata la Corte da una parte si allontana da una qualificazione regolamentare dell’atto (vale a dire, dalla sua qualificazione come atto sostanzialmente, anche se non formalmente, regolamentare) e dall’altra ne valorizza il carattere tecnico. È necessario soffermarsi ora su questo aspetto, perché, come detto, le linee guida confinano da un lato con i regolamenti atipici, dall’altro appunto con le norme tecniche720. Infatti, le linee guida presentano un’intrinseca tecnicità, in quanto

finalizzate proprio alla risoluzione, gestione e definizione di aspetti tecnici riguardanti un certo settore. Sul punto, la Corte in un’altra pronuncia ha affermato che le linee guida, di per sé sole, non possono assurgere al rango di normativa interposta, ma è diverso se esse «vengano strettamente ad integrare, in settori squisitamente tecnici, la normativa primaria che ad essi rinvia» (sent. n. 11/2014, § 6.1). Qual è dunque, se esiste, la differenza, seppur sottile, tra linee guida e norme tecniche? Guardando alla funzione delle prime, ovvero disciplinare aspetti tecnici e scientifici in determinati settori e guidare l’operatore nel proprio facere, sembrerebbe che non vi sia una reale differenziazione con le norme tecniche. Inoltre, le due categorie sono accomunate dall’indispensabilità che entrambe presentano: tanto le linee guida, quanto le norme tecniche servono a fornire indicazioni tecniche e

718 CARETTI P., Il sistema delle Conferenze e i suoi riflessi sulla forma di governo nazionale e regionale, in Le Regioni, 2000, 553;

MORRONE A., La Corte costituzionale e la cooperazione tra Stato e Regione nella fattispecie dell'intesa: analisi critica di un modello

contraddittorio, in Riv. giur. ambiente, 1995, 662 ss.

719 COZZOLINO G., Natura giuridica delle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e “ispessimento”

del parametro del giudizio di costituzionalità (Note a margine della sentenza n. 11 del 2014 della Corte costituzionale), 2004,

in www.amministrazioneincammino.it.

720 Sulla definizione di norma tecnica, Gigante, ne delinea due principali accezioni: la prima in cui è il fondamento, più

che il contenuto della norma, ad essere tecnico; la seconda, che appartiene agli studi di teoria generale del diritto, secondo cui la tecnicità deriva dalla struttura della norma e quindi è tecnica la norma che presenta carattere strumentale e prevede un comportamento finalizzato alla realizzazione di un obiettivo.

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specifiche, con un certo scivolamento verso la c.d. tecnocrazia721 motivato dall’opportunità di non

lasciare interi settori privi di una normativa ad hoc, sia pure con un deficit di certezza e stabilità dovuto al fatto che non viene prescelta una fonte primaria.

Se è vero quindi che le linee guida, come le norme tecniche, definiscono i criteri di comportamento in determinate attività tecniche e che ciò segna la loro differenza rispetto alle figure classiche delle fonti del diritto e delle norme giuridiche722, allora è proprio nel profilo della stretta tecnicità che si

può rintracciare il carattere saliente. Si richiama, in proposito, la distinzione tra norme tecniche e norme giuridiche, secondo cui le prime sono «norme aventi il compito di dettare criteri di comportamento in presenza di un’attività di carattere tecnico», funzione che sembra essere esercitata anche dalle linee guida723. È proprio il contenuto tecnico e non politico di un atto che lo

rende più idoneo a entrare in ambiti riservati alla legge, ma anche, quando proviene da autorità statali, in materie di competenza degli enti territoriali, come si evince da alcune pronunce della Corte in materia di linee guida (sent. nn. 125/2017 e 284/2016). D’altra parte, nonostante alcune difficoltà teoriche e anche applicative, il contenuto tecnico di un determinato atto, sia pure generale e astratto, è considerato fra gli indici idonei a escluderne la natura normativa in senso stretto724.

Tuttavia, attualmente, vista la loro diffusione ed indispensabilità in determinati settori, le linee guida sembrano atteggiarsi come il combinato delle due categorie di norme, tecniche e giuridiche, perché da un lato sono spiccatamente tecniche, dall’altro, sempre più vincolanti ed obbligatorie (del resto, vedi già il pensiero di Sandulli 1974, 189 e ss., secondo il quale non esisteva una reale differenza tra norme giuridiche e norme tecniche). Anzi, le linee guida sono il veicolo per far incontrare norme tecniche e giuridiche: il legislatore, quando opera un rinvio alla norma tecnica, istituisce una forma di vincolatività che forse può dirsi indiretta, ma non per ciò necessariamente attenuata.

Al fine di comprenderne la natura giuridica e la collocazione nell’ambito delle fonti, la Corte costituzionale ha poi valorizzato il profilo funzionale delle linee guida quale veicolo con cui la legge prescrive l’osservanza di una determinata condotta. In tal modo, secondo la Corte, la linea guida si eleverebbe, a tutti gli effetti, al rango di una norma di diritto positivo e non sarebbe più assimilabile ad un regolamento, bensì diverrebbe una fonte intermedia idonea ad integrare precetti provenienti dalle norme di rango superiore anche se mancano rinvii espliciti. In tal modo le linee guida, con la loro portata tecnica, consentirebbero di individuare il preciso comportamento da tenere, rispetto ad un’attività appunto tecnica.

721 FISCHELLA D., Tecnocrazia in Il dizionario di politica, (a cura di) BOBBIO N.,MATTEUCCI N.,PASQUINO G. Torino,

Giappichelli, 2004, 971 e ss.; TARLI BARBIERI G, Appunti sulle fonti del diritto Italiano, Torino, Giappichelli, 2008, 20.

722 GIGANTE, op.cit., 3806.

723 MOSCARINI A., Le fonti dei privati, in Giur. Cost., vol. 2, 2010, 1911.

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La Corte, nella sentenza n.89/2018, sembra fare un ulteriore passo avanti, già in parte annunciato in alcune pronunce precedenti (tra cui si richiama sent. n. 303/2003)725. In una controversia avente

ad oggetto i regimi abilitativi degli impianti per la produzione di energia rinnovabile, regolati dalle linee guida, in merito a queste ultime si afferma che “si tratta di atti di formazione secondaria, che costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria. Essi rappresentano un corpo unico con la disposizione legislativa che li prevede e che ad essi affida il compito di individuare le specifiche tecniche che mal si conciliano con il contenuto di un atto legislativo e che necessitano di applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale” (§ 3 del Considerato in diritto). Ancora, con la sentenza n. 14/2018, la Corte rinviene la vincolatività delle linee guida nel rapporto con la norma primaria ove afferma espressamente che la loro vincolatività per le Regioni deriva dal fatto che esse costituiscono necessaria integrazione delle prescrizioni contenute in un decreto legislativo e, precisazione ulteriore, la loro necessaria integrazione, sotto un profilo tecnico, con la normativa primaria le eleva a principi fondamentali della materia (vedi anche sent. n. 307/2013 e 189/2014).

Infine, con la recentissima sent. n. 89/2019, la Corte precisa la loro imprescindibilità poiché «costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria».

Attraverso la giurisprudenza della Corte si giunge quindi a un vero e proprio paradosso: le linee guida, da un lato, non costituiscono una norma primaria, anzi presentano i caratteri tipici di uno strumento soft, in cui spicca la funzione di mero completamento tecnico della norma primaria; dall’altro lato, esse, nel concreto e negli effetti, sono di fatto vincolanti e, in questo senso, fonte di hard law.

Si tratta cioè di atti necessariamente legati ad una fonte primaria che completano per i profili tecnici; ciò le rende indispensabili e la fa diventare, in via di fatto, una normativa vincolante.

La qualificazione delle linee guida quale parametro di costituzionalità ha subito una complessa evoluzione: in estrema sintesi, anche a questo proposito l’aspetto determinante resta quello della tecnicità.

In un primo momento, con la pronuncia n. 80/2013, la Corte, nel definire le linee guida quale parametro del giudizio di costituzionalità, ricorreva al meccanismo del rinvio: ravvisava il recepimento delle stesse nel corpo legislativo, mediante un meccanismo di espresso rinvio mobile che ne determina una vera e propria equiparazione al rango di principi fondamentali della materia. Non c’è dubbio che la clausola legale di rinvio possa elevare ciò che essa richiama al rango di diritto positivo, «sebbene il precetto non sia derivato dal lavoro del Parlamento».

725 SANTINI M., Le energie rinnovabili tra qualità dell'ambiente e vincoli territoriali: le linee guida della Conferenza Unificata, 2011,

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Poco dopo però, la Corte cambiava approccio. Nella pronuncia n. 11/2014, il ragionamento passava dal puro e semplice rinvio a considerazioni più attinenti al contenuto: le linee guida fungono da parametro del giudizio di costituzionalità, in quanto esse fanno corpo con l’atto legislativo statale che ad esse rinvia. In tal modo la Corte valorizza la compenetrazione delle linee guida con la normativa primaria: è per questo che il loro mancato rispetto comporta, oltre alla violazione delle stesse linee guida, anche quella della legge statale (e dunque, se quest’ultima è espressiva di principi fondamentali, l’illegittimità costituzionale della norma regionale incompatibile). La sentenza è molto chiara: gli «atti di normazione secondaria che, come le “Linee guida”, costituiscono, in un ambito esclusivamente tecnico, il completamento del principio contenuto nella disposizione legislativa […] non possono assurgere al rango di normativa interposta»; tuttavia, come si è già detto, «altra è la conclusione cui deve giungersi ove essi vengano strettamente ad integrare, in settori squisitamente tecnici, la normativa primaria che ad essi rinvia», giacché qui gli atti in esame costituiscono «un corpo unico con la disposizione legislativa che li prevede e che ad essi affida il compito di individuare le specifiche caratteristiche della fattispecie tecnica che, proprio perché frutto di conoscenze periferiche o addirittura estranee a quelle di carattere giuridico le quali necessitano di applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale, mal si conciliano con il diretto contenuto di un atto legislativo».

Del resto, nel confermarne l’attitudine a fungere da parametro di costituzionalità, la Corte aveva già ricondotto le linee guida a una categoria di norme che, più che interposte726, potevano dirsi

integrate (considerato in diritto 4.1. della sentenza n. 215/2018 ove veniva valorizzata la funzione integrativa di una norma regionale da parte delle linee guida), ovvero norme senza le quali si genera un vuoto e quindi il cui apporto è necessario. In vero nella sentenza n. 275/2012 (considerato in diritto§ 5) si era ritenuto che la vincolatività delle linee guida (anche in questo caso, nei confronti delle Regioni), fosse da ricondurre al fatto che esse costituivano «necessaria integrazione delle previsioni contenute nell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003». L’aspetto che qui preme sottolineare è che la Corte ha concluso il proprio ragionamento affermando che le linee guida nella loro funzione integrativa di una previsione normativa sono per ciò solo vincolanti. Pertanto, sembrerebbe che, ad avviso della Corte, le linee guida non presentino una vincolatività ex se, ma solo se poste in funzione integrativa di una normativa di rango primario. E tale vincolatività viene collegata con la tecnicità insita nelle linee guida, che costituisce la ragione fondamentale per ritenerle idonee ad integrare la normativa primaria.

726 In alcune pronunce (Corte Cost. sent. nn. 303/2011, 307/2011, 287/2010 e 274/2010) però, la Corte, definisce

espressamente le linee guida quali norme interposte, la cui violazione determina un’indiretta lesione della legge statale di principio. In tal modo, le linee guida vengono ritenute, a tutti gli effetti, parametro di costituzionalità, nel momento in cui vengono «chiamate in sussidiarietà» da altre norme, (vedi per tutte Corte Cost. sent. n. 199/2014) al di là della c.d. catena normativa che vanno a creare con la norma primaria.

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Nel 2014 la Corte arriva a dire che le linee guida vanno ritenute, a tutti gli effetti, parametro di costituzionalità, nel momento in cui vengono «chiamate in sussidiarietà» da altre norme, (vedi per tutte Corte Cost. sent. n. 199/2014) al di là della c.d. catena normativa che vanno a creare con la norma primaria.

Quindi, a prescindere dalla qualificazione come norme interposte o integrate, le linee guida sono considerate parametri di costituzionalità 727, nei giudizi dinnanzi alla Corte Costituzionale quando

integrano, sotto il profilo tecnico, una norma statale di principio.

In conclusione, la categoria giuridica delle linee guida pone, tra gli interpreti, numerosi dubbi ed incertezze. I primi sono posti dalle difficoltà circa la loro qualificazione giuridica in quanto appare arduo dare dei confini ad una categoria così vasta ed eterogenea. Ciò trova testimonianza nelle numerose opinioni che si sono distinte in dottrina ed anche nella giurisprudenza in cui le linee guida vengono ritenute assimilabili ad alcune tipologie di atti normativi secondari o riconducibili alla soft law o alla soft regulation.

Per la Corte costituzionale è risultato necessario provare a chiarirne la portata per poi scrutarne il ruolo all’interno dei giudizi, in funzione di parametro di costituzionalità. Sebbene, per la Corte, al livello formale, apparissero prossime al regolamento, tuttavia da un punto di vista funzionale sono una categoria limitrofa alle norme tecniche. Dall’analisi delle sentenze, si è potuto constatare come, sia in funzione di norme interposte, integrate o sussidiarie della normativa primaria, esse fungono da vero e proprio parametro di costituzionalità, integrando da un punto di vista tecnico, la norma primaria la quale le rende oltre che indispensabili, realmente vincolanti. Pertanto sembra di poter prendere in prestito dal ragionamento della Corte, una traccia per provare a fornire una prima