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3.Le Linee guida nel diritto dell’ambiente e nel diritto all’ambiente

Le linee guida nel diritto dell’ambiente si collocano nell’environmental soft law, al cui interno si potessero iscrivere anche le linee guida811.

È opportuno premettere alcune riflessioni in tema di soft law ed ambiente, al fine di ricostruire la cornice in cui si inseriscono tale particolare tipologie di linee guida.

Secondo una parte della dottrina, 812non è possibile ricostruire in modo unitario la disciplina

giuridica dell’ambiente e quindi ricavarne una nozione univoca in quanto ad esso si riferiscono normative molto diverse distinguibili tra quelle legate al paesaggio da un lato, alla difesa del suolo, dell’acqua e dell’aria dall’altro e infine, quelle legate all’ urbanistica.

Pertanto, secondo lo stesso Giannini, “in realtà nel linguaggio normativo l’ambiente, per quanto di continuo evocato, non è definito né definibile, non ne sono precisate le condizioni d’uso, né è riducibile in enunciati prescrittivi”813.

809 FARES, op.cit., 100.

810 Si rinvia a Moscarini che invece le riconduce alle norme tecniche di fonte privata e quindi il criterio di collegamento

di queste linee guida con l’ordinamento generale è più sfumato di quello delle regole tecniche tout court. Mentre infatti la regola tecnica può integrare, ma più spesso, sostituire, per mezzo del rinvio, la norma giuridica, nel caso delle linee guida sulla responsabilità del medico, esse possono integrare, ma non sostituire il precetto giuridico. MOSCARINI, op.cit., 111.

811 Già Dupuy aveva precisato, nell’ambito del soft lawmaking process, che avessero un loro posto anche le guidelines

“adopted by other apparently concurrent international authorities…”; Dupuy le elenca tra i non binding instruments come atti in cui the softness of the instrument corresponds to che softness of its contests. DUPUY P.M., Soft law and the international

law of environment, Michigan Journal of International law, Vol. 12, Issue, 2.

812 GIANNINI M.S., Ambiente: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. Pubbl, 1973, 15. Alla tripartizione

gianniniana, una parte della dottrina ha contrapposto una bipartizione tra la nozione di ambiente che contraddistingue la disciplina del paesaggio e quella desumibile dalle norme sulla difesa dell’acqua, dell’aria e del suolo, finalizzate tutte alla tutela della salute ex art. 32 Cost., oppure una bipartizione fondata sulle due distinte aree di funzioni omogenee (gestione sanitaria e gestione territoriale-urbanistica) connesse rispettivamente alla disciplina del diritto ad un ambiente salubre e a quella relativa alle forme ed all’assetto del territorio. CAVALLO B., Profili amministrativi delle tutele dell’ambiente:

il bene ambientale tra tutela del paesaggio e gestione del territorio, in Riv. trim. dir. pubbl., 1990, 397 s.

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Ciò in quanto l’ambiente non può essere ritenuto come un oggetto statico, ma va letto ed interpretato in chiave evolutiva e dinamica ed inoltre, proprio perché variamente definito ed interpretato, la sua definizione risulta relativizzata.

Quanto detto incide anche inevitabilmente sulle fonti in materia ambientale e in particolare su una specifica categoria, le fonti di soft law ed in particolare, tra di esse, le linee guida, quali fonti che ormai, sia a livello europeo, sia interno, disciplinano molteplici settori afferenti l’ambiente814, nel

suo binomio indissolubile815 con la salute e l’alimentazione. Sia al livello internazionale816 ed

europeo817 come a livello interno, l’ambiente quale bene pubblico globale818, riceve da sempre una

tutela multilivello819 in cui il contributo degli strumenti di soft law nella continua evoluzione della

tutela giuridica dell’ambiente820 è da sempre molto significativo.

814 Sul punto vedi ITALIA V., Le linee guida e le leggi, Milano, Giuffrè, 2016.

815Buscema riferisce che “L’ambiente, quale bene giuridico unitario, contraddistinto da una propria ed autonoma rilevanza, considerato

nella sua interezza e complessità, rappresenta un fattore determinate ed imprescindibile per una vita salubre. In tal senso, ambiente e salute costituiscono un binomio indissolubile; qualunque pregiudizio arrecato al primo non può non ripercuotersi, talvolta con conseguenze catastrofiche, sull’integrità psico-fisica dell’individuo”. In BUSCEMA L., La ricerca del difficile bilanciamento tra esigenze di difesa e sicurezza militare dello Stato e la tutela dell’integrità dell’ambiente e della salute della popolazione alla luce dei principi di precauzione e responsabilità, in Giur.Cost., 1. Vedi anche CASTELLANETA M., L'individuo e la protezione dell'ambiente nel diritto internazionale, in Riv. dir. internaz., 2000, 04, 913 ss.

816 Per la letteratura in materia si richiama CORDINI G., FOIS P., MARCHISIO S., Diritto ambientale, Torino,

Giappichelli, 2017. In particolare Marchisio riferisce di due fasi in cui si è avuta l’evoluzione del diritto internazionale dell’ambiente e nello specifico “la prima, iniziata con la Conferenza delle Nazioni Unite di Stoccolma del 1972 sull’ambiente

umano, è caratterizzata dalla conclusione di numerosi trattati di carattere settoriale, basati sul principio di prevenzione del danno (fase del funzionalismo ambientale); la seconda, inaugurata dalla Conferenza di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo del 1992, coincide con l’estensione della cooperazione internazionale alle questioni ambientali globali, disciplinate da convenzioni a vocazione universale fondate sul principio di precauzione (fase del globalismo ambientale)”.

817La politica ambientale è infatti uno dei principali ambiti in cui si estrinseca l’azione dell’Unione Europea come viene

precisato in ROTA R., Profili di diritto comunitario dell’ambiente, in Trattato di diritto dell’ambiente, op.cit., 151 ed anche MONTINI M., Unione Europea e ambiente, in NESPOR S., DE CESARIS A.L., Codice dell’ambiente, Milano, Giuffrè, 2009. È interessante notare che, come nel diritto internazionale, anche nell’ambito del diritto UE, l’evoluzione del diritto dell’ambiente è stata descritta in diverse fasi. JANS H.J., European Environmental Law, Groningen, 2000; KRAMER L.,

Manuale di diritto comunitario per l’ambiente, Milano, 2002 ed anche CATALDI G., voce Ambiente (tutela dell’) Diritto della

Comunità europea, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 2001 secondo i quali la prima fase copre il periodo che va dall’entrata in vigore dell’originario Trattato istitutivo della CEE (1958) fino al 1972 mentre la seconda arriva fino al 1987 ed è contrassegnata dall’attenzione, da parte delle Istituzioni europee, della questione ambientale ed infatti furono adottati i primi due programmi di protezione ambientale. Nel sistema delle fonti del diritto europeo, l’art. 174 del Trattato fa espressamente riferimento al ricorso in materia ambientale “alle modalità della cooperazione della Comunità possono formare

oggetto di accordi, negoziati”, proclamando in tal modo il ricorso a tipologie di atti soft in materia ambientale. Sul punto si

richiama DE LUCA P., Gli atti atipici nel diritto dell’Unione europea, Torino, Giappichelli, 2012, 12 e MARTINICO G.,

Dalla nozione alle tipologie: appunti sul diritto delle fonti nell’ordinamento dell’Unione europea, in Nuove Auton. 2010, 139-165 e

FERRARO F., Le fonti del diritto dell’Unione Europea, in Riv.dir. pubbl. comp. Eur., 2008, 60 e CANNIZZARO E.,

Gerarchia e competenza nel sistema delle fonti dell’Unione europea, in Dir. Un. Eur., 4-2005, 651.

818 La nozione di bene pubblico globale è stata coniata negli anni novanta nell’ambito del Programma delle Nazioni

Unite per lo sviluppo. Si richiama il contributo di KAUL I. GRUNBERG I., STERN M., Global Public Goods:

international Cooperation in the 21St Century. Oxford University Press, Oxford, 1999; SANDTLER T., Global Collective Action, Cambridge University Press, Cambridge, 2004.

819 Vedi Antonelli, che afferma: “la tutela multilivello dell’ambiente importa per definizione la concorrenza di tutti i settori

dell’ordinamento verso la protezione del bene ambientale” in ANTONELLI G., Tutela multilivello dell’ambiente, risarcimento del danno e

legittimazione ad agire in Giustamm, 11/2016. Sempre in tema di tutela multilivello dell’ambiente si richiama anche F.

GABRIELE, M. NICO, La tutela multilivello dell'ambiente, Cacucci, 2005 e Trattato di diritto dell’ambiente (a cura di) DELL’ANNO P., PICOZZA E., Padova, Cedam, 2012.

820 In trent’anni si è dunque assistito alla progressiva formazione ed entrata in vigore di un imponente corpus di norme

in materia ambientale, si pensi ai trattati dalla portata universale relativi alla disciplina di fenomeni quali la rarefazione dello strato di ozono, il cambiamento climatico, la desertificazione, la sicurezza biologica, la biodiversità. Cfr. MUNARI

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Secondo gli interpreti, l’ambiente va inquadrato quindi quale bene non escludibile821 rispetto al suo

consumo e i cui costi e benefici si estendono su scala globale, non gestibile da parte del singolo stato individualmente, rispetto ad es. alla prevenzione dei cambiamenti climatici o alla lotta contro il depauperamento delle risorse naturali.

A livello internazionale, a seguito delle numerose risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed atti di tipo declaratorio e programmatorio in materia ambientale, la dottrina ha cominciato a ritenere che la soft law potesse essere intesa quale vera e propria categoria giuridica822 idonea a

disciplinare il diritto dell’ambiente.

Nell’ambito del diritto internazionale823 infatti vi sono state numerose dichiarazioni, a partire da

quella di Stoccolma del 1972 a di Johannesburg del 2002, qualificabili come enunciazione di principi non vincolanti per gli Stati che convengono di aderire ad essi, ma che non impongono loro l’obbligo di rispettare standard ed obblighi specifici. Si tratta di alcune “convenzioni ambientali globali” che possono portare a degli impegni vincolanti per gli stati ma che, di per sé, non sono vincolanti. Si richiama ad es. il settore della protezione e conservazione delle foreste e della loro gestione sostenibile dove è stato massiccio il ricorso ad atti di natura non vincolante per colmare l’assenza di una regolamentazione convenzionale universale, ad es. con il Non legally binding instrument on all types of forests adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2007 che contiene obiettivi ed impegni nell’utilizzo delle foreste e i Principles and criteria for forest stewardship del 1994 pubblicati dalla ONG Forest Stewardship council e finalizzati alla promozione di una gestione forestale efficace.

F. e SCHIANO DI PEPE L., Diritto internazionale dell’ambiente e ruolo dei non-state actors: alcuni recenti sviluppi, in La Comunità

Internazionale, 2006, pp. 483 – 507.

821 In tema di beni comuni si richiama HESS and OSTROM E., Private and Common Property Rights, 2007; JANSSON,

OSTROM, Working together. Collective Action, the Commons, and Multilple Methods in Practice, 2010; OSTROM V. and OSTROM E., Public goods and public choices, in SAVAS E.S. (ed.), Alternatives for Delivering Public Services: Toward Improved

Performance, 1977.

822 DISTEFANO M., Origini e funzioni del “soft law”, in diritto internazionale, Lavoro e diritto, Fascicolo 1, inverno 2003,

18 che precisa, richiamando il pensiero di Dupuy, op.cit., 132, che con la creazione della soft law “il diritto perde un po'

della sua neutralità e rigidità per piegarsi a considerazioni di tipo sociale, economico, ambientale”.

823 Si richiama la definizione data da Marchisio, op.cit., del diritto internazionale dell’ambiente, quale “complesso di principi

e di norme giuridiche che stabiliscono regole di comportamento per gli Stati al fine di realizzare la tutela dell’ambiente e l’uso equilibrato delle risorse naturali in un contesto di sviluppo economico e sociale”. Sul diritto internazionale dell’ambiente: HOHMAN H. (a

cura di), Basic Documents of International Environmental Law, 3 vol., Graham & Trotman, London, 1995; DUMMEN C., CULLET D., Droit international de l’environnement, Textes de base et références, Kluwer, London, 1998; TAMBURELLI G., Ambiente (diritto internazionale), in Enc. giur. Treccani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2004; KISS A.C., SHELTON D., Guide to International Environmental Law, Nijhoff, Leiden-Boston, 2007; BIRNIE W.P., BOYLE A., REDG-WELL A., International Law and the Environment 3, Oxford University Press, Oxford, 2009; FODEL-LA A., PINESCHI A. (a cura di), La protezione dell’ambiente nel diritto internazionale, Giappichelli, Torino, 2009; SANDS P., PEEL J., Principles of International Environmental Law 3, Cambridge University Press, Cambridge, 2012; MUNARI F., SCHIANO DI PEPE F., Tutela transnazionale dell’ambiente, Bologna, Il Mulino, 2013; POSTIGLIONE A., Diritto internazionale

dell’ambiente, Aracne, Roma, 2013; DUPUY, M.P. VIÑUALES A.J., International Environmental Law, Cambridge

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In particolare va evidenziato che, a livello internazionale, la cornice normativa che riguarda l’ambiente è costellata di atti e documenti di soft law824, tanto che si parla di “soft enviromental law”,

che concerne “una panoplia di atti non tipizzati e non riconducibili entro le tradizionali fonti del diritto”825 che

costituiscono una componente essenziale identificabile nelle tre note sottocategorie: la pre-law, ovvero gli strumenti preparatori di atti giuridici vincolanti; la post law ovvero gli strumenti di interpretazione di atti vincolati (linee guida, codici di condotta, direttive) e la para law ovvero gli strumenti alternativi ad atti vincolanti ovvero dichiarazioni, raccomandazioni, pareri 826.

Più nello specifico, la prima, la c.d. pre-law, concerne le dichiarazioni e i principi con funzione propedeutica alla formazione di nuove regole giuridiche vincolanti, colmando così vuoti normativi e ponendo le basi per la creazione di obblighi giuridici nella materia in esame, costituendo fonte per la creazione di testi giuridicamente vincolanti come ad es. il Trattato dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura del 2001 sulle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura.

La seconda, la post law, mira a integrare, specificare ed interpretare il contenuto di altre norme827.

Tali atti atipici post legem828, presentano un collegamento a preesistenti previsioni di hard law con

funzione di supporto ed integrazione in sede giurisprudenziale o nell’applicazione in sede esecutiva ed amministrativa. Un esempio di queste ultime sono le linee guida in materia ambientale che hanno la funzione di specificare singoli aspetti contenuti in Convenzioni. Si richiama a tal proposito la prassi della Convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono, della Convenzione sulla diversità biologica e della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici829.

La terza sottocategoria, la para law, riguarda gli strumenti alternativi agli atti legislativi vincolanti, maggiormente idonei a operare adeguatamente in presenza di esigenze di “informalità e dinamismo”830.

824 la nozione di soft law, coniata nell’ambito della dottrina internazionalistica, indica un insieme variegato di atti

caratterizzati dall’assenza di effetti giuridici vincolanti. Wellens e Borchardt hanno definito la soft law quale “the rules of

conduct that find themselves on the legally non-binding level but which according to the intention of its authors indeed do possess legal scope, which has to be further defined in each case. Such rules do not have in common a uniform standard of intensity as far as their legal scope is concerned, but what they do have in common is that they are directed at and have effect (through international law) WELLENS K.,

BORCHARDT G.M., “soft law in European community law”, European law review, 1989, 267-321.

825 Tale definizione di soft law si deve a MORBIDELLI G., Degli effetti giuridici della soft law, Rivista della regolazione e

dei mercati, Fasc. 2, 2016, 1.

826 Si richiama la classificazione elaborata da Senden che per prima ha teorizzato le tre possibili sottocategorie della

soft law: pre-law, post law e para law. Per un’ampia trattazione sul tema vedi L. SENDEN, Soft Law in European

Community Law, Modern Studies in European Law (Book 1), 457 e ss.

827 TRAMONTANA E., Il Soft law e la resilienza del diritto internazionale, in Ars Interpretandi, Fasc. 2, luglio-dicembre

2017, 49.

828 La dottrina ha definito tali atti quali “soft post legislative rulemaking”, SENDEN L., Soft post legislative rule making, a time

for more stringent control, in ELJ, 2013, 19 (1), 57-75 e SCOTT J., in legal limbo: Post legislative guidance as a challenge for European Administrative Law, in CMLR, 2011, 48, 329-355.

829 Sul punto si veda: HARROP STUART R., PRINCHARDD J., A hard instrument goes soft: the implication of the convention

on Biological Diversity’s current trajectory. Global Environmental Change, 2001.

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In merito alla prima tipologia, cioè le dichiarazioni, i principi, le risoluzioni adottate da organizzazioni internazionali, le raccomandazioni, le dichiarazioni di intenti, i comunicati congiunti e gli accordi non vincolanti tra Stati, questa è stata da sempre ritenuta “uno standard di condotta per tutti gli stati che unendo le forze in buona fede, potessero riuscire a rispettare tale standard”831.

Allo stesso modo questi strumenti sono stati ritenuti non vincolanti, bensì programmatici e d’indirizzo, fondamentali per la pianificazione successiva di politiche o negoziati, non produttivi dunque di obblighi e diritti e tuttavia, in grado nel tempo di colmare spazi in precedenza lasciati alla discrezionalità degli Stati per poi riuscire ad entrare nelle Carte costituzionali e nelle singole legislazioni nazionali.

Questi atti di soft law hanno acquisito un’importanza fondamentale nel panorama del diritto internazionale dell’ambiente: basti pensare al forte impatto che ha avuto la Dichiarazione di principio di Stoccolma832, vera e propria apripista di una serie di Convenzioni volte a proteggere

taluni ambiti naturali e basilari per l’affermazione dei diritti umani all’ambiente nelle più recenti Costituzioni nazionali. Infatti, secondo alcuni interpreti, a partire dalla dichiarazione di Stoccolma si crea un vero e proprio “soft law dell’ambiente”833 in cui gli atti e strumenti di soft law divengono

sempre più numerosi834. Secondo una parte della dottrina835, ciò sembra dovuto a tre ragioni: la

prima concerne la creazione di una rete di istituzioni permanenti al livello internazionale; la seconda ragione è legata alla natura degli strumenti di soft law quali risoluzioni, raccomandazioni e dichiarazione che riescono ad incidere sulle principali norme al livello internazionale836 ed infine la

831 Si tratta del discorso di Eleanor Roosvelt all’Assemblea generale delle Nazioni Unite al Palais de Chaillot, Parigi, 10

dicembre 1948 in occasione dell’approvazione da parte degli stati della dichiarazione dei diritti umani. Si ritiene infatti che, quanto detto, possa ritenersi applicabile a tutte le dichiarazioni condivise tra gli Stati. Sulla capacità della soft law di agire nel campo della buona fede, Thurer afferma che se le parti scelgono la soft law, al fine di disciplinare un accordo o un atto, significa che vogliono escludere a monte che esso abbia valore vincolante, ma dato che il principio di buona fede non consente agli Stati di contraddire le proprie condotte, l’aspettativa che deriva dall’aver adottato un atto soft è legalmente tutelata. THURER, op.cit., 457-459.

832 Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano di Stoccolma del 1972.

833 Proprio di “soft law on environmental” riferisce JAHID M. in Role of soft law in environmental protection: an overview in Global

Journal of politics and law research, marzo 2016, 3 il quale afferma, nelle conclusioni del suo scritto, che “soft law

instruments play a pivotal role in the growth of international norms in environmental protection”, 14. Sul punto anche SZEKELY A.,

‘Non-binding Commitments: A Commentary on the Softening of International Law Evidenced in the Environmental Field’, in International Law on the Eve of the 21st Century — Views from the International Law Commission (1997) 173; Weil, ‘Towards Relative Normativity in International Law?’, 77 AJIL (1983) 413; EISEMANN P.M., ‘Le Gentlemen’s agreement comme

source du droit international’, 106 JDI (1979) 326; O. SCHACHTER, in HELKIN L.,. PUGH R.C., SCHACHTER O.,

and SMIT A. , International Law, Casebook (3rd ed., 1993).

834 Si richiamano la word charter of nature del 1982, Rio declaration on environmental and development del 1992,

Johannesburg declaration del 2002; the Montreal Guidelines of the protection of the Marine Environmental against Pollution from land based activities del 1985, the Cairo guidelines and principles for the environmental sound management of Hazardous Wastes del 1987 e the London Guidelines for the exchange of information on chemicals in international trade del 1989.

835 Si fa riferimento a DUPUY P.M., Soft law and the international law of the environmental, Michigan Journal of international

law, vol. 12: 420, 420-435.

836 Non solo, ma secondo una parte della dottrina “l'elaborazione di accordi quadro generali potrebbe essere molto appropriata nel

caso di una legislazione internazionale relativa a questioni moderne come la protezione dell'ambiente su scala globale. potrebbe essere più appropriato elaborare linee guida o raccomandazioni generali che non sono vincolanti ma che sarebbero a disposizione del governo per l'uso

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terza ragione è legata al progresso della scienza e della tecnologia che ha un peso rilevante in determinati settori del diritto dell’ambiente per i quali appaiono maggiormente adatti gli strumenti di soft law.

A questo punto è opportuno fornire alcuni esempi di atti di soft law, internazionale ed europea, i quali, per le numerose contraddizioni che presentano, hanno condotto gli interpreti a osservare i vantaggi e gli svantaggi connessi alla scelta di ricorrere ad atti di soft law e non di hard law. In questo senso, ad esempio, si può richiamare la Dichiarazione di Rio che viene ritenuta “an aid in interpreting vague but binding commitments in the environmental field”837, che però, esattamente come quella

di Stoccolma, si sostanzia in norme di soft law, ossia nella semplice enunciazione di principi (come il principio dello sviluppo sostenibile), non risolvendosi in uno strumento vincolante per gli Stati che hanno convenuto di aderirvi e che non implica per questi diritti e doveri.

Il ricorso al soft law, se da una parte favorisce la partecipazione di più Nazioni alla redazione di