• Non ci sono risultati.

2. IL RAPPORTO TRA PICCOLE E MEDIE IMPRESE, IMPATTO AMBIENTALE E COST MANAGEMENT

2.2 La relazione tra performance economica e ambientale

Dalla lettura del paragrafo precedente emerge come la considerazione della variabile ambientale spesso non rappresenti una priorità per le aziende di minori dimensioni quando invece il conseguimento di più elevate performance ambientali risulterebbe funzionale anche al miglioramento della performance economica, come sostenuto nell’ambito della teoria socio-economica dell’eco-efficienza, che il presente paragrafo intende illustrare.

64

Cfr. Cinquini L. et al. (2015), pp.17 e 21.

Il concetto di “eco-efficienza” è stato sviluppato in letteratura negli anni ’90 grazie al contributo di alcuni Autori66 i quali, data la stretta interrelazione che intercorre tra attività

aziendali e sviluppo sostenibile, hanno ritenuto utile mettere a punto un indicatore che misurasse la “cross-efficiency67” tra le dimensioni economica ed ecologica. Inizialmente

si parlava di “ecological-economic-efficiency”, poi trasformata in “eco-efficiency” in modo tale da rendere ancora meglio l’idea di integrazione tra le due prospettive grazie all’interpretazione del prefisso “eco” come abbreviazione sia del termine “eco-nomical” che del termine “eco-logical”.

Come anticipato, la teoria in esame sostiene che puntando sull’efficienza è possibile ridurre l’impatto ambientale delle attività aziendali, accrescendo contestualmente la produttività e dunque riducendo i costi68.

L’Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica (OECD) definisce l’eco-efficienza come “il grado di efficienza con cui le risorse naturali vengono impiegate

per soddisfare i bisogni umani”69.

Similmente il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) ha avanzato un’ulteriore lettura dei contenuti della teoria definendo l’eco-efficienza come “the delivery of competitively priced goods and services that satisfy human needs and

bring quality of life, while progressively reducing ecological impacts and resource intensity throughout the life cycle, to a level at least in line with the earth’s carrying capacity”70, individuando quali strade percorribili ai fini del perseguimento della stessa:

la limitazione dei consumi di materiali ed energia; la riduzione della dispersione di sostanze inquinanti; la massimizzazione dell’utilizzo di risorse rinnovabili; il riciclo dei materiali;

l’estensione del ciclo di vita dei prodotti;

che a ben guardare non sono poi così dissimili dai principi della “Produzione Snella” (o

Lean Production)71, modello di gestione della produzione ispirato al cosiddetto

“Toyotismo” che persegue l’eliminazione di qualsiasi forma di spreco (in giapponese

muda).

66

Schaltegger S. e Sturm A. (1994); Birkin F. e Woodward D. (1997).

67Cit. Marelli A. in Mitchell F. (2013), p.330.

68Cfr. Marelli A. in Mitchell F. (2013), p.330 e Marelli A. et al. (2008), p.2. 69Cfr. Cȏté R. et al. (2006), tab.1, p.544.

70

Fonte: www.wbcsd.org.

Schaltegger e Synnestvedt (2002), pur riconoscendo la validità della teoria in questione, precisano che a un numero potenzialmente infinito di azioni a tutela dell’ambiente non si associa un miglioramento illimitato della performance economica poiché inevitabilmente si arriverà al punto in cui i costi delle iniziative ambientali risulteranno superiori ai benefici che da esse è possibile trarre; di conseguenza, ciò che determina la positività o meno della correlazione tra le due dimensioni, economica ed ecologica, non è tanto il numero di azioni intraprese a favore dell’ambiente bensì la modalità, la qualità delle iniziative manageriali con cui questo avviene. L’Environmental Management è stato infatti definito come “the crucial trigger between environmental and economic

performance72”. Ecco quindi che, poiché secondo i due Autori a uno stesso livello di performance ambientale si possono associare livelli di performance economica diversi e viceversa, l’attenzione dell’azienda deve essere concentrata sulla scelta del livello di performance ambientale ottimale da conseguire, il quale viene associato a quello che potenzialmente consente di conseguire il maggior successo economico, e sul raggiungimento di quest’ultimo al minor costo possibile73.

In termini quantitativi, l’eco-efficienza è data dal rapporto tra il valore aggiunto, creato dall’impresa, e l’impatto ambientale aggiunto o, più in generale, tra la performance economica conseguita e il danno ambientale provocato, come mostrato dalla seguente formula:

Eco-efficienza =

[1].

Il valore dell’indice risulta quindi tanto più elevato quanto maggiori sono i risultati economici raggiunti a parità di impatto ambientale correlato, quanto minore è l’impatto ambientale causato a parità di performance economica conseguita74 o, ancora meglio, in

presenza di maggiori risultati economici conseguiti contestualmente a un minor impatto provocato sull’ecosistema.

Il rapporto appena illustrato costituisce una formula generica, vale a dire che al variare del livello di aggregazione delle grandezze collocate al numeratore e al denominatore della frazione, sarà diverso anche il grado di specificità del risultato ottenuto per cui, informazioni aggregate rifletteranno sinteticamente la performance complessiva aziendale mentre indicatori specifici osserveranno più nel dettaglio i singoli prodotti o

72Cit. Schaltegger S. et al. (2002), p.339. 73

Cfr. Schaltegger S. et al. (2002), pp.340-341-342.

processi75. Questo implica che i dati e le informazioni derivanti dalla contabilità da

utilizzare dovranno presentare un grado di analiticità coerente con quello richiesto ai fini del calcolo. È possibile delineare un ricco spettro di indicatori di eco-efficienza che vanno da quelli più generali come, ad esempio, il rapporto tra reddito netto o flusso di cassa netto e grandezze ambientali espressive del contributo delle attività aziendali all’effetto serra o alla riduzione dello strato di ozono atmosferico (il cui ottenimento tuttavia richiede ingenti sforzi e conoscenze tecniche elevate), fino a quelli più specifici, come i ricavi di vendita di un determinato prodotto per kg di CO2 emessa76. Appartiene a tale famiglia di

indicatori anche il Margine di Contribuzione Ambientale77, che verrà opportunamente

ripreso nel paragrafo dedicato all’utilità dell’informazione di costo ambientale (v. infra par. 2.4.2).

Per indicare la relazione tra la performance ambientale e la performance economica si utilizza anche l’espressione di “win-win paradigm”78, ad indicare la possibilità di

beneficiare di vantaggi su entrambi i fronti.

Porter e Van der Linde (1995) considerano infatti l’inquinamento una forma di inefficienza economica, ritenendo invece che riduzioni nello stesso, ottenute per mezzo di innovazioni di prodotto e di processo, possano accrescere i livelli di efficienza e quindi ridurre i costi. Avendo prima fatto un breve cenno al Toyotismo e alla Lean Production, la risposta della Toyota alle preoccupazioni in ordine alle emissioni inquinanti prodotte dalle automobili costituisce un esempio calzante di come la messa a punto di soluzioni innovative per ridurre i livelli di inquinamento possa contemporaneamente promuovere la tutela ambientale e la competitività aziendale79.

La Toyota Prius è infatti nota per essere stata la prima autovettura (come il suo stesso nome sta ad indicare) a presentare l’ibridazione di due motori, uno elettrico e uno a benzina, che lavorando in logica complementare consentono di ridurre le emissioni di gas di scarico ad appena il 10% di quelle provenienti dai veicoli convenzionali e i cui bassi consumi attirano i consumatori data la minore spesa per carburante richiesta. L’azienda ha potuto così migliorare le prestazioni ambientali dei propri prodotti e contestualmente raggiungere una posizione di vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza, ulteriormente amplificato dall’essere stata il “first mover” nell’ambito della tecnologia

75Cfr. Schaltegger S. et al. in Rikhardsson P.M. et al. (2005), p.55. 76Cfr. Schaltegger S. et al. in Rikhardsson P.M. et al. (2005), pp.56-57. 77Cfr. Donato F. (2000), pp.218-219 e Mio C. (2002), pp.144-152. 78

Cit. Marelli A. (2015), p.20.

ibrida80. Alcuni tra i principali vantaggi, richiamati dallo stesso Porter ne “Il vantaggio

competitivo” (1985), che la leadership tecnologica apporta sono infatti: la possibilità di beneficiare di una reputazione di pioniere o leader;

quella di godere di un posizionamento attraente, costringendo la concorrenza a spostarsi su segmenti di seconda scelta;

l’accesso agevolato a impianti e risorse scarse;

la definizione degli standard tecnologici cui i “followers” saranno costretti ad adeguarsi;

la possibilità eventuale di beneficiare di barriere istituzionali all’imitazione (es.: brevetti);

quella di realizzare, almeno inizialmente, profitti elevati.

La teoria dell’eco-efficienza non manca di punti di debolezza. Secondo alcuni Autori infatti81, nel relazionare le dimensioni economica e ambientale di un’azienda non è

sufficiente limitarsi a considerare il concetto di eco-efficienza ma occorre affiancare ad esso anche quello di “eco-efficacia”, interrogandosi in merito all’appropriatezza, da un punto di vista ambientale, dell’utilizzo di una risorsa naturale.

L’eco-efficienza è stata biasimata anche per il fatto che i consumatori, attratti dall’idea di acquistare prodotti più efficienti sotto il profilo ecologico, sarebbero spinti ad utilizzarli con maggiore frequenza per cui, ad esempio, si potrebbero registrare maggiori emissioni di gas serra in conseguenza del ripetuto utilizzo di elettrodomestici82.

Inoltre, il sopracitato “win-win paradigm” è stato spesso criticato per la tendenza da parte di alcune aziende a fare ricorso ad esso al solo scopo di giustificare e legittimare le proprie attività anche quando prive di un collegamento effettivo con i principi della sostenibilità e della proattività ambientale83.

Ciononostante, la teoria risulta ampiamente condivisa in letteratura, cosa che consente di accogliere in questa sede l’ipotesi per cui l’implementazione di un adeguato sistema di EMA concorra al miglioramento dei livelli di eco-efficienza dell’azienda aderendo all’affermazione per cui “environmental accounting can be mobilized as a means of encouraging organizations to change and reduce company un-sustainability”84.

80Cfr. Porter M. et al. (1995), pp.88-89. 81 McDonough W. e Braungart M. (2002). 82Cfr. Cȏté R. et al. (2006), p.545. 83 Cfr. Passetti E. et al. (2016), p.230. 84Cit. Marelli A. (2015), p.18.

Da uno studio empirico condotto in Italia da Passetti et al. (2016) risulta tuttavia un basso tasso di conduzione di analisi dell’eco-efficienza, cosa che segnala un interesse solo moderato da parte delle aziende nei confronti della simultanea presa in considerazione delle questioni ambientali ed economiche. Tale risultato appare ancor più negativo se si tiene conto del fatto che la citata ricerca è stata condotta su un campione di aziende di grandi dimensioni, generalmente più disponibili delle pmi ad accogliere tecniche manageriali innovative, data la più consistente dotazione di risorse, nonché la maggiore sottoposizione delle loro azioni alla pubblica attenzione85. Gli Autori parlano di

“marginalization of eco-efficiency measurement” segnalando che ciò che ad oggi ancora manca non è tanto la misurazione degli aspetti ambientali, sia pure condotta in maniera secondaria rispetto agli aspetti economici nei confronti dei quali continua ad essere nutrito un interesse maggiore, quanto più un’integrazione dei primi con questi ultimi; alcuni casi di monitoraggio dell’impatto delle attività aziendali sull’ecosistema infatti sono stati rintracciati (per lo più nell’ambito delle aree dove vengono svolte le attività operative e molto meno da parte delle figure contabili) ma l’efficienza ambientale rappresenta solo una parte del concetto che si sta analizzando che, come ormai chiaro, risulta dalla lettura congiunta delle dimensioni economica e ambientale86.

Lo strumento di EMA che risulta maggiormente coerente con il concetto di eco- efficienza è il Material Flow Cost Accounting (MFCA), cui si è già fatto cenno nel paragrafo 1.3, poiché permette di quantificare, sia in termini fisici che monetari, i materiali in ingresso e in uscita rispetto ai processi di produzione, inclusi quelli tramutati in scarti ed emissioni, agevolando quindi l’adozione delle sopramenzionate misure che secondo il WBCSD favoriscono maggiori livelli di efficienza economica ed ecologica. Tuttavia, poiché come già precedentemente reso noto, lo strumento di EMA su cui l’elaborato si focalizza è la Environmental Cost Accounting, occorre a questo punto chiarire che cosa si intende per “costo ambientale”, quali sono i principali criteri di classificazione dei costi rientranti in questa categoria e, soprattutto, quale utilità è possibile trarre da tale informazione di costo. Tutto questo costituisce l’oggetto dei due paragrafi successivi.

85

Cfr. Passetti E. et al. (2016), p.232.