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I.2 La prodzione poetica

I.2.2 La restante produzione

vivere. Lo stesso avviene nel canzoniere cariteano: le liriche prettamente amorose, che sono concentrate nella prima sezione e poi in maniera minore nella seconda, lasciano lentamente il posto a testi più impegnati, composti negli anni successivi al 1494, fino a svanire del tutto, tantoché il canzoniere si conclude con una serie di cinquanta componimenti dal carattere esclusivamente politico o storico, composti dopo il 1500110. Potremmo definire l‟Endimione più che la storia di un amore non ricambiato, il racconto di una vita, o perlomeno di una parte cospicua di questa, coincidente pressappoco con il periodo che vide l‟autore attivo protagonista della politica napoletana, pressoché dal 1480 sino ai primi anni del 1500.

È proprio la finalità politica delle sue rime che emerge dalla raccolta: la necessità di giustificare la sua esistenza, la sua esperienza di uomo di corte e insieme di poeta, lo portano ad abbandonare la lirica amorosa per dedicarsi all‟esclusiva celebrazione del tempo passato, di quel glorioso periodo aragonese ormai tramontato. Conclusa l‟esperienza politica, il poeta avverte il bisogno di dare un senso a quegli anni, perpetuandone il ricordo nella commemorazione dei suoi re, del suoi trascorsi a corte al servizio di quella corona e di quel contesto antiniano111 che lo aveva reso poeta.

I.2.2 La restante produzione

Poco meno di tre anni dopo la prima stampa del 1506, Cariteo decise di pubblicare

nuovamente le sue rime, questa volta presso l‟editore Mayr con curatela di Pietro Summonte. Oltre ad un Endimione completamente riconsiderato, nella forma come nei contenuti, venivano pubblicate per la prima volta una serie di opere che nel loro insieme presentavano Cariteo non più e non solo come poeta d‟amore, ma come autore di una più complessa e multiforme produzione che toccava vari settori della lirica italiana.

110 Proprio a questi componimenti è dedicato l‟articolo di E.FENZI, Cariteo: il fascino del nome, in Il

nome nel testo, Al di là del “render Name”, Atti del X Convegno internazionale di O&L, 19-20 febbraio 2004, VII, 2005, vol. 1, pp. 50-76

111 Dal nome della tenuta del Pontano, la celebre Villa Antiniana, luogo privilegiato, insieme alla

36 Subito dopo il canzoniere, trovava posto una larga produzione di testi di argomento sacro; precisamente, seguivano l‟Endimione sei Canzoni ne la natività de la gloriosa

madre di Christo, una Canzone ne la natività di Christo, e, dopo qualche altro

componimento, legato a finalità encomiastiche o parenetiche, concludeva la raccolta un poemetto in terza rima di sei canti sempre di argomento religioso, intitolato Pasca, inserito nell‟ampia tradizione umanistica del poema sacro112. L‟Umanesimo, fin troppo considerato figlio della cultura classica, apportatore di una visione del mondo laica, emancipata dal dominante sapere ecclesiastico, viene contemporaneamente percorso da una vena intimistica, un‟attenzione più profonda alla riflessione mistica e religiosa113, che, fregiandosi del contributo di grandi pensatori e intellettuali del Quattrocento, assumerà un‟importanza notevole, nel panorama italiano, soprattutto nella Firenze medicea con l‟Accademia neoplatonica, irradiandosi poi da questa, grazie all‟incessante girovagare degli Umanisti, in molti altri centri culturali della penisola, tra i quali si segnalano per importanza di contributi Roma e, sicuramente, Napoli114. L‟amore per i classici, tratto caratteristico del movimento Umanistico, non significò un allontanamento degli intellettuali dalla riflessione religiosa; al contrario gli intellettuali tentarono di amalgamare la cultura classica con la dottrina religiosa115, cercando di trarre un unico messaggio concordante con entrambi gli ambiti. Lo stesso si può dire che fecero anche con la filosofia tentando di innestare sulla solida filosofia aristotelica, che tanto aveva influenzato il pensiero medievale, la rinascente filosofia neoplatonica, in un felice sincretismo di idee e concetti:

112 Sulla fortuna del poema sacro nel XV secolo cfr. il datato, ma pur sempre valido contributo di G.

CALISTI, Il De partu Virginis di Iacopo Sanazaro. Saggio sul poema sacro nel Rinascimento, Il Solco ed., Città di Castello, 1926.

113 Marsilio Ficino cercò di attuare con il suo pensiero una conciliazione tra sapienza classica, desunta dai

filosofi greci, soprattutto da Platone e i suoi seguaci, e il verbo cristiano. Come nota TATEO, (in Alberti,

Leonardo e la crisi dell‟Umanesimo, in Letteratura Italiana Laterza, diretta da C.MUSCETTA, vol. XII, p. 100), la filosofia neoplatonica promossa dal Ficino, partiva dell‟uomo, inteso come una creatura superiore, per arrivare a Dio, vero e solo compimento del viaggio terreno dell‟anima: «i punti cardinali del sistema neoplatonico ficiniano erano il concetto di una docta religio celata nelle forme più varie della cultura d‟ogni tempo e la propensione umanistica a fare dell‟uomo la copula mundi, il centro della scala che da Dio degrada sino alla materia, rappresentata da Cristo…Predomina infatti, nella filosofia ficiniana, il tema dell‟Itinerarium mentis in deum, della graduale ascesa dell‟anima fino alla visione divina, che solo la Grazia rende possibile attuare».

114 Per uno sguardo complessivo sul panorama filosofico-culturale italiano nel periodo dell‟Umanesimo

vedi E.GARIN, L‟umanesimo italiano, Laterza, Roma-Bari 20044.

115 Cfr. P.O. KRISTELLER, La tradizione classica nel pensiero del Rinascimento, La nuova Italia,

37 Il platonismo rinascimentale, che molti storici sono stati inclini a contrapporre all‟aristotelismo medievale, non u così decisamente anti-aristotelico come si potrebbe credere. I suoi maggiori rappresentanti furono o influenzati dalla sintesi neoplatonica di Platone e Aristotele, ovvero subirono direttamente l‟influsso dell‟aristotelismo medievale. Così marsilio ficino è stato seguace sia di Platone, che di Aristotele, pur assegnando a Platone un posto più alto, opinione che si ritrova riflessa anche nella scuola di Atene di Raffaello, mentre Pico della Mirandola difese apertamente gli aristotelici medievali dagli attacchi umanistici di Ermolao Barbaro116.

Questo sincretismo spesso è ravvisabile nelle produzioni degli stessi intellettuali, che seppero coltivare interessi diversi, riflessi poi nelle loro opere dalla più varie tipologie e tematiche. Per questo capita di imbattersi in opere dalla facies squisitamente umanistica, per poi scoprire una più profonda meditazione sull‟uomo, sulla natura e sulla fede. Molti hanno erroneamente ritenuto l‟Umanesimo e il Rinascimento dei fenomeni privi di religiosità, arrivando a scorgere in questi movimenti lo spettro di un nuovo paganesimo117. A fronte di quanto detto si può concludere che nel secolo dei classici, la letteratura religiosa, non scomparve, ma continuò a coesistere accanto a questi, accompagnando i poeti in una produzione sacra più moderna e libera dai troppi preconcetti del sapere medievale. La produzione religiosa che si sviluppa nel XV secolo mostra una più attenta attenzione filologica agli autori e ai testi utilizzati e una più intensa umanizzazione dei dogmi cristiani, che, caratteristica assoluta di questo momento culturale, spesso vengono rivisitati attraverso la cultura classica, dando vita ad una originalissima commistione tra elementi pagani e cattolici. La meditazione religiosa condotta in siffatte opere viene così arricchita da una patina classica che riveste la materia sacra, arricchendone enormemente la portata letteraria118.

Tra gli elementi che contribuirono a ridestare l‟attenzione per la religione verso la fine del XV secolo, molto fecero le condizioni politiche della penisola, gravata da continue

116 Ivi, pp. 51-52

117 Nella sua interessante dissertazione, Kristeller arriva a considerare il Rinascimento «un‟età

fondamentalmente cristiana» (ivi, p. 89), dove anche i padri della Chiesa furono oggetto di interesse e studio, furono considerati fonti da cui attingere nella composizione delle opere al pari degli autori classici; tra le fonti predilette posto d‟eccellenza, oltre alla Bibbia, studiata, emendata e commentata, è riservato ad Agostino.

118 CALISTI, Il poema sacro…cit., pp.6-7: «La religione, né poteva essere altrimenti, era sentita attraverso

il classicismo […] la mescolanza di medievale e classico, di sacro e profano, sarà la caratteristica, più o meno spiccata di ogni poema di stampo cristiano, salvo poche eccezioni. Gli umanisti, messi su questa via, si spinsero davvero un po‟ oltre, usando non solo la fraseologia classica (chiamarono Dio, Giove; la Vergine, Giunone o Venere; Gabriele, Mercurio e così via), ma sostituendo addirittura la mitologia pagana al meraviglioso cristiano, quando non confusero l‟uno con l‟altro».

38 tensioni fra i principati italiani e sotto l‟incessante pressione degli stati stranieri, che, sollecitati dalle instabili condizioni politiche degli stati, minacciavano costantemente un loro intervento, dalle scoperte intenzioni di dominio, in qualità di mediatori. Inoltre, la sempre maggiore ingerenza della Curia papale nella vita politica italiana, la sua dilagante corruzione, la minore attenzione della Chiesa alla cura spirituale dei fedeli e all‟evangelizzazione del verbo cristiano comportarono un rafforzamento di quelle istanze di rinnovamento che matureranno nel secolo successivo, determinandola riforma protestante. Con il volgere del secolo e le inevitabili catastrofi politiche e sociali che ne seguirono, il ripiegamento di molti intellettuali su questioni religiosi o morali è un processo fin troppo comprensibile. Firenze, guidata dalla signoria di Lorenzo, nella seconda metà del Quattrocento è ormai in pieno fermento culturale: proprio in quegli anni con l‟Accademia Neoplatonica e i suoi noti animatori come Ficino, Pico e molti altri, la cultura umanistica si propone come commistione di elementi diversi in uno spregiudicato sincretismo filosofico119, che si ritroverà poi, per l‟importante tramite svolto dalla Curia , anche nella vivacissima cittadina meridionale. Napoli, negli anni del dominio aragonese, è una meta rinomata e ambita in tutta Europa; l‟Accademia Pontaniana e la stessa corte attraggono letterati, filosofi, scienziati e lo scambio culturale tra i tre centri più importanti d‟Italia, Firenze Roma e Napoli, si fa sempre più intenso, grazie anche alla politica di intesa, governativa e culturale, promossa tra Ferrante e Lorenzo, di cui la Raccolta Aragonese rimane un‟importante traccia120. Tra questi tre centri, ruolo di vero e proprio mediatore culturale venne svolto dal monaco agostiniano Egidio da Viterbo, generale dello stesso ordine a decorrere dal 1507. Formatosi nella Padova filosofica di Agostino Nifo, prima di giungere a Roma, soggiornò a Firenze, dove ebbe modo di entrare in relazione con Marsilio Ficino e il dilagante neoplatonismo della corte medicea, a cui aggiunse poi, nei primi anni della dimora romana, l‟interesse per la filosofia peripatetica. A questa così varia formazione congiunse una profonda e fervente fede religiosa, un eloquio da oratore ed una ricercata

119 GARIN, L‟Umanesimo…cit., pp.105-118.

120 Il Libro di Ragona, o più generalmente noto come Raccolta Aragonese, venne inviato a Don Federico

da Lorenzo de‟ Medici, che lo allestì con l‟aiuto di Poliziano, e conteneva una silloge di componimenti poetici della tradizione volgare. Il codice e particolarmente l‟epistola introduttiva sono importante perché costituiscono un momento fondamentale per la promozione della lirica volgare toscana. Cfr. M. MARTELLI, Poliziano e la politica culturale laurenziana,in Angelo Poliziano. Storia e Metastoria, Conte, Lecce 1995, 32–61.

39 cultura classica, che fecero dell‟agostiniano una delle personalità più stimate d‟Italia121. La permanenza romana venne alternata a lunghi soggiorni a Napoli, dove Egidio amava dimorare nel monastero agostiniano di Santa Maria della Consolazione, situato sulla collina di Posillipo122. Proprio in questi prolungati periodi napoletani, Egidio venne in contatto con l‟ambiente pontaniano e con la corte aragonese. Molto intensi furono i rapporti tra il monaco e Federico, così come furono proficui di stimoli e insegnamenti le relazioni che instaurò con molti sodali accademici123. Gli intensi legami che Egidio intrecciò con gli intellettuali di punta dell‟Umanesimo meridionale sono testimoniati dalle molte lettere dell‟epistolario egidiano, pervenutoci124, e da molti passi dell‟Historia viginti saeculorum. Lo stesso Pontano, di questi rapporti, ci offre una testimonianza diretta nel dialogo Aegidius125 (1501), dedicato all‟agostiniano, dialogo nel quale Cariteo, che ne è uno degli interlocutori, viene chiamato a rispondere su questioni teologiche126: un omaggio al ruolo di guida, svolto da Egidio, nell‟indicare

121 Sulla vasta bibliografia su Egidio da Viterbo vedi, per gli anni 1510-1982, F.X.MARTIN, Egidio da

Viterbo, 1469-1532. Bibliography, 1510-1982, in «Biblioteca e Società», 4, 1982, pp.5-91, che può essere

integrata dal contributo di A.DE MEIJER, per gli anni 1983-1989, Bibliographie Historique de l‟ordre de

Saint Augustin, in «Augustiana», 35 (1985)- 39 (1989). Ma vedi anche L.G. PÉLISSIER, Pour la

biographie du Cardinal Gilles de Viterbe, in Miscellanea di studi critici edita in onore di Arturo Graf,

Istituto Italiano di Arti Grafiche, Bergamo 1903; tra le varie monografie e i singoli contributi segnalo in particolare G.SIGNORELLI, Il cardinale Egidio da Viterbo agostiniano, umanista e riformatore, 1469-

1532, Firenze 1929; E.MASSA, Egidio da Viterbo e la metodologia del sapere nel Cinquecento, in Pensée

humanisteet tradition chrétienne aux XVe et XVIe siécles, a cura di H. BEDARIDA, Société d‟études italiennes, Paris 1950, pp. 185-239; Id., L‟anima e l‟uomo in Egidio da Viterbo e nelle fonti classiche e

medievali, in «Archivio di filosofia», II, 1951, pp. 37-138; F.X. MARTIN, Friar, Reformer, and

Renaissance Scholar. Life and work of Giles of Viterbo, 1469-1532, Augustinian press, Villanova 1992.

Cfr. anche la recente pubblicazione degli atti del convegno Egidio da Viterbo cardinale agostiniano tra

Roma e l'Europa del Rinascimento, Atti del Convegno : Viterbo, 22-23 settembre 2012 – Roma, 26-28

settembre 2012, a cura di M.CHIABÒ, R.RONZANI,A.M.VITALE, Centro culturale agostiniano : Roma nel Rinascimento, Roma 2014.

122 Il monastero di santa Maria della Consolazione, l‟eremo di Cimino nei pressi di Viterbo e l‟Accademia

Pontaniana, sono i tre luoghi a cui Egidio era particolarmente affezionato, in quanto in questi siti, secondo l‟agostiniano, si respirava un platonismo cristiano coniugato ad un profondo culto dei classici. Cfr. J. MONFASANI, Hermes Trismegistus, Rome and the Myth of Europe: an Unknown Text of Giles of Viterbo, in «Viator», 22, 1991, pp. 311-342.

123 Cfr. F.FIORENTINO, Egidio da Viterbo e i pontaniani di Napoli, in «Archivio Storico per le Provincie

Napoletane», IX, 1884, pp.430-454.

124Sull‟espistolario egidiano cfr. EGIDIO DA VITERBO, Lettere familiari, I, 1494-1506, II, 1507-1517, a

cura di A.M.VOCI-ROTH, Institutum Historicum Augustinianum, Roma 1990; Id., Letters as Augustinian

General: 1506-1517, Institutum Historicum Augustinianum, Roma 1992.

125 Sul dialogo pontaniano vedi F.TATEO, Egidio da Viterbo fra Sant‟Agostino e Giovanni Pontano (il

dialogo Aegidius), Roma nel Rinascimento, Roma 2000, e la recente edizione del dialogo, con relativa Introduzione a cura di F.TATEO,diG. Pontano,Aegidius, Roma nel Rinascimento, Roma 2013.

126 Questa caratterizzazione ulteriore da teologo, nuova per il Cariteo, che meriterebbe un‟analisi più

approfondita, potrebbe essere dovuta alla stessa produzione sacra del nostro, contemporanea a quella del Sannazaro, se non anteriore, considerando che le opere sacre di Cariteo vennero stampate nell‟edizione

40 agli accademici la strada da perseguire, ovvero quella perfetta concordanza tra elementi religiosi e rielaborazione dei testi classici, quella commistione tra fede religiosa e cultura pagana, che è tra i tratti più interessanti elaborati dall‟Umanesimo napoletano. Il magistero di Egidio molto dovette influire sulla più tarda produzione umanistica, successiva al 1501: dopo il soggiorno del viterbese, si registra nei letterati, che parteciparono degli insegnamenti del maestro, una maggiore attenzione alle tematiche religiose, che vennero elaborate guardando al contempo alla dottrina agostiniana127 e alla rilettura virgiliana messa in atto da Egidio128. Questa felice commistione tra verità rivelate dalla Sacra Scrittura, verità naturali attinte dal pensiero neoplatonico e verità annunciate in forma occulta dalla cultura classica, e quindi sostanzialmente dall‟opera virgiliana, è uno degli aspetti che più caratterizza la scrittura egidiana, che secondo Savarese sembrava esemplata sul modus operandi di Virgilio, vero e proprio «anello di congiunzione tra parola divina e verbo platonico»129.

Il contemporaneo rilancio della letteratura religiosa, che si registra nella produzione di quegli anni, e soprattutto la crescente attenzione, tra le tematiche principali, alla nascita del figlio di Dio, all‟insistenza sul mito di una nuova età dell‟oro e alla caratterizzazione diversa, più umana e meno divina, della figura di Cristo, sono tutti aspetti ascrivibili all‟opera letteraria e alla predicazione del viterbese. L‟idea di una renovatio cristiana percorre tutta l‟opera egidiana: dapprima la troviamo espressa in tre egloghe, composte nel 1504, poi ribadita con più forza nel discorso De aurea aetate, pronunciato nel 1507, e, infine, la ritroviamo come idea portante della sua opera maggiore, l‟Historia viginti

saeculorum, redatta tra il 1513 e il 1518130, una sorta di storia dell‟umanità distribuita in venti età, l‟ultima, coincidente con l‟attuale Roma di Leone X, il pontefice mediceo con

del 1509, mentre le opere sannazariane, anche se conosciute attraverso la circolazione manoscritta, furono edite solo più tardi.

127 Cfr. a tal proposito F. TATEO, Sant‟Agostino e l‟Umanesimo italiano, in L‟Umanesimo di

Sant‟Agostino, Atti del Congresso internazionale (Bari, 28-30 ottobre 1986), a cura di M. FABRIS, Levante, Bari 1988, pp. 335-357.

128 Sulla rilettura cristiana riproposta da Egidio su Virgilio e sulla sua imitazione vedi G.SAVARESE,

Egidio da Viterbo e Virgilio, in La cultura a Roma tra Umanesimo ed ermetismo (1480-1540), De

Rubeis, Anzio (Rm) 1993, pp. 83-104; come nota Savarese, p. 83, «… anche se priva di rigore filologico, la figura di Virgilio emergente dagli scritti egidiani è di assoluta predominanza nel quadro, non solo del magistero letterario di Egidio, ma di tutta la cultura romana (e italiana) del primo Cinquecento, e del virgilianismo diffuso che di quella cultura fu un aspetto caratterizzante».

129 Ivi, p. 85.

130 Per la datazione del testo vedi J.W.O‟MALLEY, Giles of Viterbo on Church and Reform. A Study in

41 il quale, nell‟ottica di Egidio, si apriva una nuova epoca di rinascita per la storia della Chiesa e del genere umano.

L‟ascendenza di Egidio sui letterati dell‟Accademia è stata studiata a lungo e con particolare attenzione si è cercato di approfondire quanto l‟insegnamento dell‟agostiniano si sia imposto sulla produzione sannazariana, successiva all‟editio

princeps dell‟Arcadia. In un suo noto contributo, Deramaix analizza e raffronta l‟opera

di Egidio con quella del poeta di Mergellina, evidenziando come quest‟ultima derivi dalla produzione egidiana le sue tematiche e la sua stessa impostazione131. Secondo Deramaix, fu proprio il Cardinale ad indicare agli accademici la via da percorrere, divenendo, sotto il suo esempio, banditori di una nuova età dell‟oro, successiva ai disastri politici e sociali degli anni precedenti; le stesse egloghe egidiane sembrano aver ispirato anche la restante produzione cariteana, posteriore al canzoniere, in particolar modo la seconda e la terza ecloghe, rispettivamente la De ortu Domini e la In

resurrectionem Domini132, incentrate sulla nascita e morte di Cristo, sembrano essere tra le fonti principali della scrittura religiosa di Cariteo. Quest‟interesse per la poesia sacra è una novità assoluta nel panorama poetico dell‟autore, che aveva precedentemente trattato argomenti simili solo in due sonetti del canzoniere, precisamente i sonetti XC e CLXXXVIII. L‟attenzione a questo tipo di tematiche venne sicuramente motivata dal crescente favore del gruppo accademico accordato a questo genere di produzione, che nei medesimi anni risentiva della predicazione di Egidio, allora residente presso il monastero di Posillipo, nonché dallo stesso intimo rapporto instaurato tra Cariteo e il futuro Cardinale, attestato anche dalla nutrita corrispondenza epistolare, di cui ci resta, purtroppo, una sola, breve lettera in latino133. Nel contempo anche Sannazaro era alle prese con la stesura del suo poema sacro, la cui gestazione si protrasse a lungo, in un estenuante labor limae che si concluse solo con la pubblicazione nel 1526134. In realtà proprio da alcuni versi di una canzone di Cariteo, compresa nella stampa del 1509 e

131 M.DERAMAIX, «Phoenix et ciconia». Il De partu Virginis di Sannazaro e l‟Historia viginti saeculorum

di Egidio da Viterbo, in Confini dell‟Umanesimo letterario: studi in onore di Francesco Tateo, a cura di

M.DE NICHILO,G.DISTASO, A.IURILLI, Roma nel Rinascimento, Roma 2003, voll. II, pp. 523-556.

132 Per le egloghe cfr. M.DERAMAIX, La genese du "De partu Virginis" de Jacopo Sannazaro et trois

eglogues inedites de Gilles de Viterbe, Ecole francaise de Rome, Rome 1990.

133 La lettera, di cui mi sembra superfluo riportare il testo, venne pubblicata da F.FIORENTINO, in Egidio

da Viterbo e i pontaniani…cit., ma anche in PÉRCOPO, in Appendice a Le Rime di Benedetto Gareth… cit., pp. 463-464.

134 Sulla primissima produzione sacra del Sannazaro vedi C.VECCE, Maiora Numina. La prima poesia

42 dedicata al poeta di Mergellina, apprendiamo che intorno al 1590, anno a cui sembra ascrivibile il componimento, Sannazaro si trovava già alle prese con la trattazione di tematiche sacre, in quanto viene indicato dal Cariteo come colui che in entrambe le lingue aveva onorato l‟idioma volgare, celebrando la poesia sacra: