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La riconducibilità della fattispecie “OPA totalitaria successiva”

PERFECTA.

Nel vigore della disciplina prevista nella legge n. 149 del 1992, la presenza di un tale sistema di sanzioni condusse la dottrina a negare la presenza di ogni forma di tutela ulteriore, anche di tipo risarcitorio, in capo agli azionisti che si ritenevano lesi dalla mancata attivazione dell’istituto. Il sistema sanzionatorio previsto comportava un meccanismo di congelamento del diritto di voto, dove non si prevedeva l’ingresso a sanzioni di tipo dell’invalidità, del risarcimento o tanto meno dell’analoga pretesa positiva: sembrava significare che

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non esistesse un diritto soggettivo alla pari opportunità economica. L’acquisto del “controllo” attuato senza far ricorso ad una offerta pubblica comportava conseguenze solo sul piano sociale85. Secondo tale orientamento, l’alienazione delle azioni eccedenti le soglie indicate dall’art. 106 e la sospensione del diritto di voto sull’intera partecipazione costituirebbero rimedi in grado di neutralizzare il potere dell’azionista illegittimamente acquisito. La riduzione in pristino consentirebbe al mercato di riacquistare la propria funzionalità insita nella segnalazione del corretto valore degli organismi societari, anche a beneficio degli azionisti di minoranza, sui quali gli effetti del trasferimento del controllo sono destinati a ricadere in via diretta.

Il tema dei rimedi esperibili di fronte alla violazione dell’obbligo di OPA era stato affrontato dalla Corte d’appello di Milano86: in detta sentenza era stato ribadito il cosiddetto argomento della “lex perfecta” riguardo la regolamentazione prevista. Ritenevano che la “disciplina delle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie è congeniata in modo da rendere inefficace l’acquisto di una partecipazione effettuato in violazione di essa”, in quanto il complesso di sanzioni previsto sarebbe “sufficiente ad assicurare la finalità della norma” e di conseguenza ad escludere che “agli altri azionisti sia riconosciuto un diritto soggettivo a ricevere un’offerta di acquisto, o in mancanza, al risarcimento del danno causato da chi acquista la partecipazione, giacché l’obbligo di presentare un’offerta si configura come un onere necessario per conseguire effettivamente il controllo o la minore partecipazione rilevante e l’inadempimento dell’onere ha la sua unica sanzione nel

85 M. STELLA RICHTER, Trasferimento del controllo e rapporti tra soci, cit. pag. 229. 86 APP. Milano, 27 novembre 1998.

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mancato conseguimento della situazione di vantaggio ricercata dall’onerato”87.

Siffatta configurazione dell’istituto faceva leva sulla libertà dell’iniziativa diretta all’acquisizione del controllo, ritenendo che la doverosità dell’agire mediante Opa attenesse solo alle modalità con cui l’acquisizione doveva realizzarsi. A differenza dell’obbligo88, l’onere viene in considerazione in riferimento all’esercizio di un potere riconosciuto dall’ordinamento per il soddisfacimento di un interesse proprio dell’agente: esso individua la posizione giuridica soggettiva per cui il titolare del potere, per beneficiare degli effetti connessi al suo esercizio, deve adeguare la propria condotta a determinate prescrizioni normative. Mediante l’onere, l’ordinamento vincola l’esercizio del potere a determinate modalità o adempimenti, onde tutelare i soggetti passivi che devono subire le conseguenze che potrebbero discendere da un suo indiscriminato esercizio. L’azione del titolare del potere non si rivela doverosa, a differenza di quanto accade rispetto alla figura dell’obbligo, ma più semplicemente vincolata nelle sua modalità di estrinsecazione. In relazione alla fattispecie dell’offerta pubblica di acquisto, l’acquirente non pareva essere tenuto a conformare la propria condotta ad alcuna prescrizione normativa che contemplasse modelli comportamentali da seguire allo scopo. Chi non proponesse l’offerta in seguito all’acquisto della partecipazione rilevante, ex art. 106 TUF, verrebbe privato di alcune prerogative connesse alla relativa titolarità; se volesse esercitare i diritti acquisiti dovrebbe adottare il contegno prescritto in difetto del

87E. DESANA, Tribunale versus Corte d’Appello nella vicenda Sai-Fondiaria: due pronunce ambrosiane sulle conseguenze della violazione dell’OPA obbligatoria, Banca Borsa e Titoli di Credito, fasc.5, 2007, pag. 575.

88 L’obbligo integra un dovere di comportamento imposto dalla legge a tutela dell’interesse di un terzo.

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quale il legislatore prevede le sanzioni, ex art. 110 TUF89. L’OPA totalitaria, quindi, si qualificherebbe come un onere dal cui inadempimento non potrebbe derivare alcun danno per gli azionisti, considerato che il suo unico effetto sarebbe il mancato conseguimento della situazione di vantaggio ricercata. Nel caso in cui vi fosse la violazione dell’obbligo gli azionisti di minoranza sarebbero pienamente garantiti nei loro diritti dalle sanzioni approntate dall’ordinamento, giudicate idonee a salvaguardare i fini della legge anche laddove i relativi precetti venissero disattesi. Non inserendosi nell’ambito di un rapporto giuridico, infatti, all’onere non corrisponde un diritto soggettivo in capo ai soggetti tutelati, i quali non possono vantare alcuna pretesa al relativo assolvimento. E ciò in quanto la sua inosservanza non è mai fonte di responsabilità diretta verso terzi, ma solo di auto responsabilità destinata ad incidere sulla sfera di interessi del soggetto agente, a cui viene precluso il risultato giuridico perseguito.

Sempre con riferimento alla medesima disciplina si è pronunciato il Tribunale di Milano90, il quale ha ribadito la completezza e l’efficienza dell’apparato sanzionatorio previsto dalla disciplina di settore continuando a non riconosce un diritto soggettivo in capo al singolo azionista al lancio dell’OPA, ma ammettendo che la stessa completezza del sistema non sarebbe stata di ostacolo alla configurabilità di una azione risarcitoria del socio, incentrata però non sulla lesione del diritto ad essere destinatario di un’offerta, ma sul “legittimo affidamento nel proprio diritto a ricevere il premio di maggioranza confidando nell’adempimento di un obbligo di legge rimasto inadempiuto”91. Tale impostazione continuava comunque a ribadire la

89 M. TOLA, OPA e tutela delle minoranze, cit., pag. 268 e ss. 90 Il riferimento va alla Sent. Trib. Milano, 20 marzo 2000.

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sfera in cui si colloca l’offerta pubblica di acquisto obbligatoria: una regolamentazione del potere assunto all’interno dell’organizzazione societaria.

In sostanza, chi parte dall’assunto secondo cui non vi sia un diritto al risarcimento del danno utilizza i seguenti argomenti:

 Contro la possibilità di utilizzare rimedi obbligatori è stato sostenuto che l’offerta pubblica vada configurata non tanto “come un vero e proprio obbligo legale”, ma “come un onere per l’acquisto del controllo effettivo della società partecipata”; questo comporta l’impossibilità di concepire un’azione risarcitoria del socio di minoranza, poiché l’inadempimento dell’onere ha la sua unica sanzione nel mancato conseguimento della situazione di vantaggio ricercata92.  Vi è chi ritiene irrilevante un eventuale obbligo dell’offerente

ai fini dell’effettiva sussistenza di un diritto soggettivo in capo al socio93, poiché al perfezionamento della fattispecie ex art. 106 TUF non seguirebbe immediatamente il sorgere di un diritto del futuro oblato a cedere le proprie azioni. Una vera e propria proposta contrattuale avverrebbe solo con la pubblicazione del documento di offerta, ossia al termine dell’iter preparatorio che è tenuto a porre in essere chi superi la soglia rilevante. Prima della pubblicazione dell’offerta, gli

92 L’OPA successiva sarebbe concepita come un semplice onere cui è tenuto chi voglia beneficiare dei vantaggi connessi all’acquisto di azioni oltre il quantitativo che faccia scattare l’offerta: se deciderà di non darvi seguito, il soggetto che abbia superato la soglia del trenta per cento non potrà esercitare i propri diritti di voto e sarà solo tenuto ad alienare la partecipazione eccedente. APP. MILANO 1998.

93 Secondo il TRIBUNALE di MILANO, 20 MARZO 2000, “le norme ivi contenute impongono direttamente all’acquirente del pacchetto di controllo l’obbligo dell’OPA, ma nessuna di queste stabilisce che a tale obbligo corrisponda anche un diritto soggettivo dell’azionista al lancio dell’OPA”, ammettendo però comunque la possibilità di esperire rimedi risarcitori di natura extracontrattuale.

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azionisti non godrebbero di un diritto soggettivo a cedere le proprie azioni né potrebbero vantare una pretesa risarcitoria per la mancata promozione dell’offerta94.

 Il risarcimento del danno sarebbe precluso dalla considerazione secondo cui il legislatore abbia predisposto un apparato sanzionatorio per la violazione dell’obbligo di offerta, ossia la sospensione del diritto di voto e l’obbligo di alienare la partecipazione eccedente, art. 110 comma 1, TUF. La normativa sulle OPA costituirebbe una c.d lex perfecta, ossia un autonomo micro-sistema che non può essere integrato da rimedi ad esso esterni95.

La fragilità di tale orientamento risiederebbe nella pretesa di desumere dal regime sanzionatorio civilistico dall’art. 110 l’intera logica della disciplina dell’OPA obbligatoria, quando esso pare rappresentarne solo un tassello. Accanto a tale impostazione, infatti, si contrappone l’opinione secondo cui, partendo dal presupposto che le sanzioni predisposte dalla disciplina speciale siano normalmente idonee a provocare l’annullamento dei vantaggi ottenuti da chi la disciplina ha violato, paventano la possibilità che nonostante la loro applicazione, possa residuare un danno in capo agli azionisti pretermessi96.

94 Tesi sostenuta in giurisprudenza dalla Corte d’appello di Milano, 15 gennaio 2007 io ordine al noto caso Sai-Fondiaria.

95 Sempre il TRIB MILANO, 20 marzo 2000, afferma che “la particolare tipologia di sanzioni e la concreta applicazione appresta una tutela completa proprio perché è perfettamente idonea sia rimuovere la situazione illegittima venutasi a creare […] con il rifiuto dell’acquirente di lanciare l’OPA successiva sia a ripristinare la situazione preesistente all’acquisto del controllo”.

96 L. ENRIQUES, Mercato del controllo societario e tutela degli investitori, la disciplina dell’OPA obbligatoria, cit., pag. 237.

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2.3. La riconducibilità della fattispecie allo schema