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L’orientamento della giurisprudenza

A partire dal giugno 2005, si susseguirono una serie di sentenze che videro coinvolto sia il Tribunale di Milano sia la rispettiva Corte d’appello, i quali si concentrarono sulla qualificazione della responsabilità del soggetto che violi l’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto. Ciò che li pose al centro di un acceso dibattito fu la nota vicenda Sai-Fondiaria, la quale è approdata infine davanti alla Corte di Cassazione, che a partire dal 2012 si è pronunciata sul punto. Le sentenze ricordate sono solo la fase conclusiva di una vicenda suddivisa in più tempi, che ha visto l’intervento della Consob e pronunce da parte della giurisprudenza civile ed amministrativa.

119 M. TOLA, Opa e tutela delle minoranze, cit., pag. 303.

120 G. GUIZZI, Noterelle in tema di OPA obbligatoria, violazione dell’obbligo di offerta e interessi protetti, Riv. dir. comm., 2005, II, pag. 261.

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2.5.1. (Segue): Il caso Sai-Fondiaria.

I fatti che hanno generato le controversie che poi sono state oggetto di tali decisioni si inseriscono nel passaggio del controllo azionario di Fondiaria da Montedison a Sai (e alla sua controllante Premafin) con il concerto di Mediobanca. In queste occasioni i giudici si sono concentrati sulla qualificazione della responsabilità del soggetto che ha violato l’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto. In linea generale, oggi, dottrina e giurisprudenza sono tendenzialmente inclini a riconoscere in capo all’investitore il diritto di agire in via risarcitoria in caso di violazione. Ciò che resta dubbio è semmai il titolo sottostante alla relativa pretesa.

Si risale al 10 luglio del 2001, quando, alla vigilia del lancio dell’OPA obbligatoria di Italenergia121 su Montedison, quest’ultima concluse con Sai un contratto per la cessione in due tranches di circa il 28,9% delle azioni detenute in Fondiaria ad un prezzo di euro 9,50 per azione (contro un valore di borsa di circa euro 5,70). Esso fissava l’immediato trasferimento a Sai di circa il 6,7% delle azioni di Fondiaria, e l’alienazione del residuo 22,2%, sospensivamente condizionata al rilascio delle autorizzazioni da parte dell’Isvap e dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, ciò in considerazione della attesa fusione tra Sai e Fondiaria (fusione che sarebbe stata possibile solo dopo aver rimosso l’incrocio azionario tra le due società). Con il primo comunicato la Consob accertò l’esistenza di un patto occulto tra Sai e Mediobanca, a sua volta azionista di riferimento di Fondiaria con il 14% circa del capitale, per la futura gestione della società e dichiarò che se e quando si fosse perfezionato il trasferimento della seconda tranche di azioni da Montedison a Sai, quest’ultima, in solido con Mediobanca,

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sarebbe stata tenuta a promuovere un’OPA da concerto occulto ex artt. 106 e 109, lett. a) del TUF. L’iter della vicenda si interruppe con il rifiuto dell’autorizzazione da parte dell’Isvap. La cessione della seconda tranche ancora in mano a Montedison e della prima tranche già trasferita a Sai, fu effettuata ad un gruppo di investitori. Il 18 febbraio avvenne la cessione agli investitori della seconda tranche, data da cui fu poi ricondotto il superamento della soglia tramite acquisti di concerto. Questo perché l’intervento da parte dei cinque cavalieri bianchi, anche in considerazione delle peculiarità dei contratti stipulati, riconducibili sostanzialmente ad operazioni di portage (come indicava anche la presenza di opzioni put e call che riconoscevano a Sai la possibilità di tornare in possesso della partecipazione) non mancò di sollevare dubbi sul loro ruolo nella vicenda. La Consob ritenne che il rapporto intercorrente tra Sai ed i cinque investitori fosse tale da qualificare i secondi come interposte persone, ai sensi dell’art. 105, comma 2, TUF e che di conseguenza la loro partecipazione dovesse essere imputata direttamente a Sai. La Consob si pronunciò con un secondo comunicato122, dove escluse la permanenza dell’originario patto tra Sai e Mediobanca con la conseguenza che se anche si avesse ritenuto i cinque investitori meri interposti, non vi sarebbero stati comunque i presupposti per far scattare l’obbligo, in quanto dalle indagini condotte il patto tra Sai e Mediobanca si riteneva non più vigente123. La debolezza della conclusione alla quale la Consob era pervenuta fu resa palese solo con un terzo comunicato, del dicembre 2002, dove si affermò la persistenza del patto parasociale per la gestione di Fondiaria all’epoca degli acquisti effettuati dai cinque “cavalieri bianchi”, la loro natura di soggetti interposti e la

122 Il secondo comunicato Consob è del maggio del 2002.

123 Tale comunicato venne impugnato da alcuni azionisti avanti al TAR Lazio e in secondo grado davanti al Consiglio di Stato.

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conseguente violazione dell’obbligo di offerta pubblica di acquisto. Fu dichiarata l’applicabilità dell’art. 110 TUF, con la conseguente sospensione del diritto di voto dell’intera partecipazione venuta a detenere in Fondiaria dai concertisti in violazione dell’obbligo e il rispettivo obbligo di alienazione entro 12 mesi delle azioni eccedenti la soglia del 30%. Nel frattempo, nel maggio del 2002, Fondiaria aveva dismesso la partecipazione da questa detenuta nel capitale di Sai, facendo così venire meno l’incrocio azionario, Sai aveva esercitato le opzioni call contenute nei contratti con i cinque investitori ed aveva approvato il progetto di incorporazione in Fondiaria. Con l’atto di fusione, la Consob precisò che la dismissione avrebbe dovuto riguardare le azioni della società risultante dalla fusione; pertanto la vendita delle azioni eccedenti la soglia del 30% ebbe ad oggetto titoli della società risultante dalla fusione e fu eseguita in misura prevalente da Mediobanca e solo in minima parte da Premafin. Secondo la Consob la Sai non poteva più essere annoverata tra i soggetti tenuti alla cessione, poiché si era fusa con la società le cui azioni erano oggetto dell’obbligo di OPA, ma gli altri aderenti al patto, ossia Mediobanca e Premafin, continuavano ad esistere, e quindi, erano ancora tenuti a cedere la partecipazione eccedente. Mediobanca e Premafin ottemperarono all’obbligo ma la seconda, rimase comunque in posizione di controllo rispetto a Fondiaria. Numerosi soci di Fondiaria, agirono nei confronti delle società che non ottemperarono all’obbligo di OPA al fine di ottenere il risarcimento del danno subito per tale violazione, nonostante il TUF non contempli espressamente il risarcimento del danno tra le sanzioni civilistiche che presidiano all’OPA obbligatoria124.

124 F. M. MUCCIARELLI, Il risarcimento del danno per mancata proposizione dell’OPA obbligatoria: l’epilogo del caso SAI/Fondiaria?, in Giur. comm., 2013, II, pag. 203.

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