Le sanzioni urbanistiche Premessa
2. Attività di vigilanza
3.1 La sanatoria ex art 36 D.P.R 380/2001 e il rapporto con l’art 131 bis c.p
Gli art. 27 e 31 D.P.R 380/2001 obbligano il responsabile del competente ufficio comunale a reprimere l’abuso, senza alcuna valutazione circa la sanabilità dello stesso, la quale può rilevare solo nella fase relativa all’accertamento di conformità di cui all’art. 36 D.P.R 380/2001.
L'istituto della sanatoria edilizia può servire a regolarizzare tutte quelle situazioni in cui si è agito in assenza dei prescritti permessi e autorizzazioni. Tecnicamente infatti, una sanatoria è un provvedimento amministrativo in grado di rendere legale un'attività precedentemente considerata illecita. Le norme che disciplinano l'istituto della sanatoria edilizia sono gli artt. 36 e 37 del DPR 380/2001. L’art. 36 T.U. dell’Edilizia dispone che: “il permesso in sanatoria può essere ottenuto se l’interessato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.
Questa disposizione disciplina il c.d. “accertamento di conformità”, uno strumento attraverso cui si consente la sanatoria di opere e manufatti realizzati in assenza di titolo
edilizio. Fino al termine concesso dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio (a seguito del quale si procederà d’ufficio ad acquisire di diritto e gratuitamente l’opera al patrimonio del Comune, ovvero alla sua rimozione o demolizione e comunque fino all’irrogazione della sanzione amministrativa), il responsabile dell’abuso può ottenere il rilascio del permesso in sanatoria. Occorre la c.d. doppia conformità dell’intervento, cioè risulti conforme alla disciplina edilizia e urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione, sia al momento della presentazione della domanda. Oltre alla domanda di conformità in sanatoria sulla scorta della doppia corrispondenza alle regole urbanistiche, è oggetto di discussione la c.d. sanatoria giurisprudenziale che considera sanabili gli interventi in abuso conformi solamente ai precetti urbanistici vigenti al momento di presentazione della domanda di permesso in sanatoria, senza necessità della doppia conformità.
Con più decisioni, il Consiglio di Stato e i Tribunali amministrativi regionali si sono pronunciati in modo sfavorevole sulla possibilità di applicazione della c.d. sanatoria giurisprudenziale. Anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte, è stata ritenuta “improduttiva di effetti”.185 Segnatamente è stato affermato che l’espressa previsione, nel
D.P.R all’art. 36 della doppia conformità delle opere da sanare oltre alla deliberata scelta del legislatore di non inserire nel T.U. dell’Edilizia la sanatoria giurisprudenziale nonostante le indicazioni in tal senso ricevute dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, rendono evidente la volontà di limitare la possibilità di sanatoria ai soli abusi formali.186
L’accertamento in conformità rappresenta, quindi, uno strumento di regolazione dei soli abusi edilizi formali, destinato a porre rimedio alla mancata tempestiva acquisizione
185 Cass. Pen., 12 Novembre 2019, n. 45845; Cass. Sez. III, 7 Novembre 2018, n. 50144.
186Cass. Sez. III, 18 Novembre 2014, n. 47402. Gli abusi edilizi formali sono violazioni formali di omessa
denuncia dei lavori all’Ufficio tecnico della Regione o la mancanza di un’autorizzazione preventiva rilasciata dal Comune; tali violazioni fanno scattare la relativa multa, ma non il potere‐dovere del giudice di ordinare la demolizione. Se la costruzione ha subito variazioni essenziali rispetto a quanto oggetto di permesso o addirittura ha caratteristiche costruttive o destinazione d’uso completamente diverse, siamo davanti ad un abuso sostanziale: si verifica nel caso ci siano le cosiddette “variazioni essenziali” ovvero sostanziale differenza qualitativa/quantitativa rispetto al progetto autorizzato in origine. Nell’art. 32 del Testo unico dell’edilizia si trovano indicati i criteri per la definizione delle variazioni essenziali ovvero: cambio di destinazione d’uso con variazione degli standard, aumento della cubatura o della superficie, modifiche sostanziali di parametri urbanistico‐edilizi del progetto e violazione della normativa edilizia antisismica. Le Regioni possono stabilire i casi che determinano variazioni essenziali nel rispetto dei principi fissati dal legislatore nazionale. Anche se c’è una differenza notevole tra l’assenza del permesso, la totale difformità e le variazioni essenziali, in tutti e tre i casi viene applicata l’ordinanza di demolizione.
del titolo abilitativo idonea a legittimare l’intervento. Legittimati a richiedere il permesso in sanatoria sono il responsabile dell’abuso (in linea di massima, il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore), oppure l’attuale proprietario dell’immobile. È possibile chiedere la sanatoria di cui all'art. 36 entro i termini di scadenza indicati nel capo II del citato Testo Unico. Pertanto, a seconda dei casi, la richiesta va inoltrata:
1) in caso di costruzioni eseguite in assenza di permesso di costruire o in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto al progetto approvato, entro novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi;
2) in caso di ristrutturazioni eseguite in assenza di permesso di costruire o in totale difformità rispetto al progetto approvato, entro il termine per provvedere alla rimozione e demolizione, stabilito dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale con propria ordinanza;
3) in caso di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, entro il termine per provvedere alla rimozione e demolizione, fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o responsabile dell'ufficio.
Se la demolizione, la rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi risultino impossibili da effettuare, l'istanza per il permesso in sanatoria può comunque essere presentata fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal T.U dell’Edilizia, in alternativa a tali operazioni.
L’ottenimento del permesso in sanatoria è subordinato al necessario versamento di un contributo di costruzione pari al doppio di quanto previsto in caso di adempimento tempestivo. A seconda dei casi si prevede che:
1) per le opere soggette a permesso di costruire o SCIA alternativa al permesso: corresponsione a titolo di oblazione del contributo di costruzione in misura doppia o in caso di gratuità, a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’art. 16 D.P.R 380/2001;
2) nei casi di difformità parziale, l’oblazione è riferita alle sole parti difformi.
Il versamento a titolo di oblazione significa che con tale pagamento si estingue anche il reato penale previsto dall'art. 44 T.U. dell’Edilizia. Inoltre, per costante giurisprudenza amministrativa, tali somme sono comprensive dell'importo da imputare a contributo di costruzione. Effetto principale, conseguente al rilascio del provvedimento di sanatoria, è la
legittimazione sul piano amministrativo ma anche in ordine al procedimento penale, delle opere abusive, con la conseguente preclusione dell’esercizio dei poteri sanzionatori. La rimozione del carattere abusivo dell’opera si verifica soltanto ex nunc. È prevista infatti la possibilità di risarcimento dei danni eventualmente cagionati a terzi durante il tempo in cui è durata l’illegittimità; i terzi danneggiati in ogni caso, non potranno avanzare alcuna azione risarcitoria o accampare pretese nei confronti del Comune che abbia concesso il provvedimento di sanatoria.
Sulla decisione di richiesta di sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, deve pronunciarsi entro 60 giorni, trascorsi i quali la richiesta si intende respinta, formandosi così un provvedimento inquadrabile nella categoria del silenzio‐ rifiuto. Va evidenziato che, per costante giurisprudenza, tale termine è da considerarsi ordinatorio: pertanto, anche dopo la sua scadenza, è possibile adottare un provvedimento espresso e motivato, sia di accoglimento che sfavorevole. Il vantaggio connesso al rilascio in sanatoria del permesso di costruire è evidente in quanto ciò consente di estinguere i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti ed evita la rimozione o la demolizione dell’opera.
La giurisprudenza ha ritenuto che questo silenzio‐rifiuto, sia in contrasto con i principi fissati dalla l. n. 241/1990 in relazione all’obbligo di motivazione degli atti, affermando la necessità che il provvedimento di diniego sia preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi e quindi sia compiutamente motivato. Infatti, il diniego espresso della sanatoria deve essere motivato e la motivazione, secondo l’ultimo comma dell’art. 36, deve essere adeguata. Tale norma riproduce, in altri termini, quanto sancito dalla l. n. 241/1990, la quale prescrive, agli artt. 2 e 3, rispettivamente l’obbligo di concludere i procedimenti amministrativi con un provvedimento espresso e di fornire adeguata motivazione delle statuizioni assunte. Ciò comporta che il diniego di permesso di costruire in sanatoria non può essere fondato su generiche considerazioni ad esempio di carattere estetico ma deve indicare espressamente in motivazione, le norme urbanistiche che si assumono violate.
La Pubblica Amministrazione è obbligata ad esprimersi sulla richiesta di sanatoria ed a rigettarla, prima di emanare i provvedimenti repressivi ritenuti necessari; ciò in esecuzione di un principio di carattere generale secondo il quale l’amministrazione, una volta eventualmente accertata l’illegittimità di una determinata situazione fattuale, è vincolata, prima di procedere all’adozione dei consequenziali provvedimenti sanzionatori,
a valutare previamente la fondatezza delle istanze dei privati finalizzate ad ottenere il rilascio di provvedimenti di sanatoria, adottando al riguardo un espresso e motivato provvedimento. L’esame di queste istanze si pone in via logica, prima che ancora giuridica, quale antecedente rispetto ai provvedimenti sanzionatori. In materia di abusi edilizi si rinviene una specifica applicazione di tale principio, ispirato ai criteri della correttezza amministrativa e del giusto procedimento. L’ordine di demolizione o di ripristino dei luoghi deve essere preceduto, a pena di illegittimità, dall’esame della fondatezza della domanda di sanatoria presentata.187
Occorre adesso chiarire il rapporto fra il meccanismo previsto dall’art. 36 T.U. dell’Edilizia e l’art. 131 bis c.p., domandandoci quando l’autore di un abuso edilizio propenderà per l’applicazione dell’accertamento in conformità e quando per la non punibilità per lieve entità del fatto. È evidente come la sanatoria di cui all’art. 36 T.U. dell’Edilizia sia più favorevole per il soggetto che ha commesso una violazione nella normativa edilizia; infatti l’intervento legislativo del 2015 non ha toccato le sanzioni amministrative, restando così ferma la demolizione dell’opera abusiva; il meccanismo introdotto dal D.Lgs n. 28/2015, assumerà rilievo qualora il soggetto non sia riuscito ad ottenere l’accertamento in conformità: in questo modo, sebbene la demolizione dell’opera sia a tal punto inevitabile, cercherà quantomeno di evitare la condanna penale.