Dalla depenalizzazione all’illecito amministrativo Premessa
3. Le principali leggi di depenalizzazioni
3.3 Legge24 Novembre 1981 n 689
La novità della l. n. 689/1981 è rappresentata dall’introduzione di una disciplina completa e unitaria, sul piano sostanziale che procedimentale, applicabile, salvo diversa disposizione (art. 12), a tutte le violazioni (sia depenalizzate che amministrative in origine) per le quale sia prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro. Attraverso questo complesso normativo è possibile risalire all’essenza stessa dell’illecito amministrativo, comprendendo quindi, le motivazioni che spingono a identificare il sistema dell’illecito amministrativo come un modello quasi penalistico. In un primo momento, l’impianto generale della legge non aveva l’idea di illecito amministrativo simile al modello
dell’illecito previsto in materia civilistica. L’eterogeneità teleologica delle sanzioni penali e di quelle amministrative veniva confermata dalla disciplina del concorso di norme (imperniato sul cumulo giuridico di sanzioni invece che sul concorso apparente di norme). Nella stesura definitiva della legge, il modello accolto appare di stampo marcatamente penalistico, in quanto:
1) in primo luogo, la disciplina della commisurazione della sanzione amministrativa (art. 11) sembra di chiara matrice penalistica; infatti come nel Codice Rocco (art. 133 c.p.), il legislatore non ha espressamente indicato all’autorità competente nell’irrogare la sanzione quali siano le formalità della sanzione amministrativa, giungendovi però, tramite l’analisi dei criteri fattuali di commisurazione, come abbiamo visto in precedenza, per comminare la sanzione amministrativa.
2) sotto nell’aspetto dei principi si registrano sensibili similitudini con la disciplina dettata dal codice penale; nei precedenti capitoli abbiamo notato che, la sanzione amministrativa ha natura afflittiva ed è orientata alla prevenzione generale e speciale, collegata alla riprovevolezza del fatto illecito. La sanzione amministrativa tutela interessi dell’intera collettività, non delle singole amministrazioni procedenti; il carattere afflittivo ha dato vita a un sottoinsieme finalizzato, come il diritto penale, alla protezione di beni giuridici meritevoli di tutela ma che, nonostante questo, si discosta sotto il profilo quantitativo dal sistema penale poiché l’illecito amministrativo punisce condotte non immediatamente lesive di beni giuridici, ma comportamenti che precedono le forme di aggressione verso interessi ritenuti rilevanti e quindi, in conclusione, questo sottosistema penale‐amministrativo agisce come forma di anticipazione di tutela di beni giuridici classici punendo, non comportamenti immeditatamente lesivi di beni giuridici ma situazioni di pericolo presunto per beni giuridici di elevato valore, come ad esempio la punibilità, nell’ambito della circolazione stradale, del sorpasso in curva dato che costituisce un comportamento che mette in pericolo il bene dell’incolumità fisica.
Un efficace contributo, non solo interpretativo alla l. n. 689/1981, è successivamente venuto dalla circolare emanata dalla presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1984, intitolata “criteri orientativi per la scelta tra sanzioni penali e sanzioni amministrative”, redatta con la finalità di dettare i criteri che devono orientare il legislatore nella non facile
scelta tra le condotte da sanzionarsi penalmente e quelle da punirsi con la meno afflittiva sanzione amministrativa.235 In questa circolare vengono individuati due coefficienti:
1) rango dell’interesse tutelato (principio di sussidiarietà); 2) gravità dell’offesa (principio di proporzionalità).
La prospettiva della circolare risponde alla concezione del ruolo dello stesso diritto penale, inteso come strumento sussidiario di protezione frammentaria dei beni giuridici, così esprimendo la sua inidoneità ad assicurare la tutela di tutti i beni giuridici, nei confronti di qualsiasi possibile modalità di aggressione ed ammettendo la possibilità che tra i comportamenti caratterizzati da un eguale disvalore, alcuni siano presi in considerazione dal diritto penale ed altri no. Una concezione, questa, la quale attribuisce alla sanzione penale il ruolo di extrema ratio all’interno di una vasta gamma di strumenti diversi di controllo sociale.236
Dal combinato disposto dei principi enunciati dalla circolare, sarebbe possibile enucleare in positivo due aree di illeciti tendenzialmente riservati alla sanzione amministrativa punitiva: da un lato, quella degli illeciti “qualitativamente minori” rispetto a quelli penali, ma a questi sostanzialmente omogenei; dall’altro l’area degli illeciti che, oltre ad avere carattere bagatellare, presentano più e prima di tutto caratteristiche strutturali o formali che potrebbero rendere particolarmente opportuna la scelta della sanzione amministrativa. Questi ultimi sarebbero gli illeciti consistenti nell’elusione del controllo amministrativo cui sono soggette determinate attività non caratterizzate da una intrinseca pericolosità, ovvero consistenti nella violazione di norme secondarie di carattere per lo più minutamente tecnico.237
Ricapitolando, successivamente all’entrata in vigore della l. n. 689/1981, la dottrina ha in un primo tempo ritenuto che la sanzione penale e la sanzione amministrativa pecuniaria fossero variazioni modulate in un sistema punitivo unitario, tanto da assimilarle in un unico genus. L’orientamento che si è successivamente delineato tende, invece a riconoscere all’amministrazione un ruolo puramente formale di soggetto titolare di una funzione sanzionatoria, mentre per i profili sostanziali vengono richiamate le medesime esigenze di prevenzione tipiche del sistema penale, con la conseguenza che la scelta del
235 A. Fioritto, C. Lenzetti, Le sanzioni amministrative e la nuova tutela giurisdizionale, cit., p. 13. 236 A. Rossi Vannini, op. cit., p. 288.
legislatore fra i due ordini di sanzioni, si esaminerebbe nel piano proprio delle scelte di politica penale (considerando la diversa intensità punitiva e la diversa efficacia preventiva dei due ordini di sanzioni.238 (segue) Le differenze tra le varie leggi di depenalizzazione La l. n. 317/1967 si limitò come abbiamo precedentemente constatato, a modificare il sistema sanzionatorio delle norme in tema di circolazione stradale e di regolamenti locali, prevedendo la riduzione a mere sanzioni amministrative di tutte le ammende con le eccezioni indicate dall’art. 16. Il criterio, comunque fu, di mero riferimento al tipo di sanzione limitatamente a due settori di leggi speciali. Tale intervento settoriale fonda il criterio selettivo fra illecito penale ed illecito amministrativo unicamente sul tipo di sanzione prevista dalla legge; ad esempio in materia di circolazione stradale, tutte le contravvenzioni punite con l’ammenda sono trasformate ex lege in illecito amministrativo; la ratio di tale scelta normativa può essere cercata nella concreta esigenza di offrire nella risposta più efficace, sotto il profilo del controllo sociale, a determinate infrazioni.239
La successiva l. n. 706/1975, non si discostò da quella precedente quanto alla mancanza dei principi di carattere generale dell’illecito amministrativo si continuò a perseguire con la sanzione penale alcuni comportamenti solo marginalmente deviati, e questo indirizzo era contrario alla più moderna cultura penalistica che raccomanda l’uso della sanzione penale solo quando essa appare necessaria come extrema ratio. Con questa seconda legge si individuano nuove figure di illecito amministrativo, viene prevista la sanzione pecuniaria come unica sanzione per tutte le nuove ipotesi di illecito amministrativo ed infine si introduce uno schema procedimentale di tutela giurisdizionale affidato al giudice ordinario.
La disciplina invece della l. n. 689/1981, si concretizza per l’avvenuta elaborazione e sistemazione di principi di carattere generale relativi alla struttura dell’illecito
238A. Fioritto, M. Lunardelli, Una premessa teorica alle operazioni di rigenerazione urbana: la distinzione tra
sanzioni e misure ripristinatorie, cit., p. 658.
amministrativo e per la previsione di una completa ed organica regolamentazione processuale di fonte statuale.240
La concentrazione delle prime due leggi di depenalizzazione solo sulle contravvenzioni punite con la pena dell’ammenda, ha introdotto nel sistema amministrativo risultante da questa depenalizzazione, ipotesi sanzionatorie basate esclusivamente sul “modello unico” della sanzione pecuniaria individuata fra un massimo e un minimo edittale, graduata proporzionalmente alla gravità oggettiva dell’illecito. Queste caratteristiche hanno indotto il legislatore ad accumunare le sanzioni amministrative depenalizzate all’unico modello di sanzione amministrativa allora formalizzata ovvero la pena pecuniaria fiscale. Le leggi del 1967 e del 1975, avvicinavano la disciplina dell’illecito amministrativo depenalizzato al modello civilistico; infatti il sistema degli illeciti amministrativi, prima degli interventi normativi degli anni sessanta e settanta si basava principalmente su due tipologie di illecito: finanziario e disciplinare. Il carattere di questi due interventi prima della l. n. 689/1981 possono essere riassunti così:
1) utilizzazione di un criterio di tipo formale nella scelta degli illeciti da depenalizzare, ancorato al nomen iuris della pena prevista;
2) ancoraggio a un criterio di tipo sostanziale (elenco tassativo e nominale) nel procedere alle esclusioni dall’ambito della depenalizzazione;
3) mancanza di una disciplina generale dell’illecito amministrativo depenalizzato. Ecco che vi fu la necessità, in un moderno Stato sociale di diritto, la previsione di un sistema di principi sostanziali e processuali che disciplinino l’illecito, arrivando così alla legge 24 Novembre 1981 n. 689, costituendo una codificazione di un apparato di principi di matrice chiaramente penalistica, un autonomo ed equilibrato punto di riferimento per la disciplina sia dell’illecito amministrativo depenalizzato, sia degli illeciti conformati ab origine come amministrativi. Sono questi gli aspetti più rilevanti che caratterizzano la nuova legge e consentono di individuare in una effettiva inversione di tendenza del legislatore che, se non è ancora pervenuta ad una più attenta meditazione sulla funzione della pena e su una diversa valutazione del tipo di sanzione fondato esclusivamente su criteri nominalistici, ha
dimostrato la capacità di recepire istanze ed indicazioni provenienti dal corpo sociale e dal dibattito culturale, anche se non sempre i risultati sono stati pari alle aspettative.241
In conclusione la legge del 1981 ha regolamentato:
1) dal punto di vista sostanziale, il principio di legalità, i presupposti della capacità di intendere e di volere e dell’elemento soggettivo dell’autore della violazione amministrativa, il concorso di persone, il regime del vincolo di solidarietà, il principio dell’intrasmissibilità dell’obbligazione, il concorso formale, il principio di specialità, i criteri per la determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria, l’ambito di applicazione;
2) da un punto di vista procedurale, gli atti di accertamento, la contestazione e la notificazione, il pagamento in misura ridotta, l’obbligo del rapporto, l’ordinanza‐ ingiunzione, il sequestro, le sanzioni amministrative accessorie (come la confisca), l’opposizione all’ordinanza‐ingiunzione e il relativo giudizio, il pagamento rateale della sanzione pecuniaria, l’esecuzione forzata e la disciplina della prescrizione.242
In definitiva possiamo dire che, l’illecito amministrativo depenalizzato nasce dalle leggi di depenalizzazione come uno strumento di controllo sociale meno incidente sulla libertà individuale. Esso in ogni caso si colloca nell’ambito generale di tutto il controllo sociale e quindi è omogeneo rispetto al diritto penale. Tale omogeneità consiste nel differenziare quantitativamente la pena perché, pur incidendo questa sulla libertà personale, con la depauperazione patrimoniale di colui che ha prodotto la violazione, evita a questo la misura più grave della restrizione fisica della persona. È evidente quindi che detta omogeneità trova fondamento nel dettato costituzionale che prevede la pena come extrema ratio.243