2. Principi applicabili in materia di sanzioni amministrative
2.5 Principio del concorso di persone nell’illecito amministrativo
L’art. 5 l. n. 689/1981 afferma che: “quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuno di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che non sia diversamente stabilito dalla legge”, restando in tal modo, la pena pecuniaria applicabile a tutti coloro che abbiano offerto un contributo alla realizzazione dell’illecito, concepito come una struttura unitaria, nella quale confluiscono tutti gli atti dei quali l’evento unito costruisce il risultato.32
Si tratta di un principio mutuato dal diritto penale, introducendo nella materia del diritto amministrativo, l’istituto penalistico del concorso di persone nell’illecito; inoltre prevede anche i casi in cui vi sia concorso: pluralità di agenti, la realizzazione dell’illecito e l’elemento soggettivo del dolo o della colpa. Al riguardo LUISO evidenzia la decisa difformità rispetto al modello civilistico, in quanto in materia di risarcimento del danno, questo è dovuto una sola volta, anche se è stato prodotto da più persone, mentre se un reato è commesso da più soggetti, ognuno di essi si vedrà applicare la pena prevista per quel fatto.33 Fermo restando che ciascun concorrente deve apportare un contributo
personale, il problema riguarda la determinazione di questo contributo, ai fini della
31 Cass. Pen. 27 Febbraio 2020 n. 7755.
32 Questa formula di sintesi della Cass. Civ. Sez. I 8 Febbraio 2016 n. 2406, ha rivisitato il principio di rigore
emergente dalla l. n. 689/1981, dandogli vitalità e continuità.
responsabilità. Generalmente distinguiamo un concorso materiale ed uno morale o psicologico. Il primo viene in rilievo quando un soggetto interviene nei vari atti che danno vita all’illecito, fornendo il proprio contributo rilevante per la consumazione della violazione. Parte della dottrina aderisce alla tesi condizionalista, esigendo che il contributo di ogni agente sia conditio sine qua non per la riuscita della fattispecie illecita. La Corte di Cassazione stabilì che il contributo personale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ma anche quando sia un contributo agevolatore la cui mancanza avrebbe comunque fatto causare l’illecito, complicazioni o difficoltà.
Con riguardo, invece, al concorso psicologico o morale, dove il soggetto dà un impulso psicologico alla realizzazione dell’illecito commesso materialmente da altri, la l. n. 689/1981 recepisce i principi fissati in materia del codice penale e, questo contributo può verificarsi sottoforma di istigazione ma anche di agevolazione alla preparazione, rafforzando il proposito illecito, o anche soltanto come adesione o approvazione.
La giurisprudenza afferma che la semplice condotta omissiva e connivente non è sufficiente a fondare una responsabilità a titolo di concorso nell’illecito, occorrendo l’elemento psicologico o materiale che abbia agevolato, rafforzato, il proposito illecito. Un esempio pratico relativo al concorso di persone nell’illecito amministrativo, è quello enunciato dal Tribunale di Milano Sez. Lav. 13 Maggio n. 21017, il quale ha rimarcato che: “in tema di sanzioni amministrative, a norma dell’art. 3 l. 689/1981 è responsabile di una violazione amministrativa solo la persona fisica a cui è riferibile l’azione materiale o l’omissione che integra la violazione”; ne consegue che qualora un illecito sia ascrivibile in astratto ad una società di persone (nella specie s.n.c.), non possono essere chiamati a risponderne i soci amministratori, essendo indispensabile accertare che essi abbiano tenuto una condotta positiva od omissiva, che abbia dato luogo all’infrazione, sia pure soltanto sotto il profilo del concorso morale.34
Un’ipotesi particolare di applicazione del principio di concorso nella commissione dell’illecito amministrativo è quello del concorso anomalo che si realizza quando, nel fenomeno concorsuale, l’illecito, posto in essere dai concorrenti, sia diverso da quello preveduto e voluto da uno di essi. Nel sistema penale è un esempio di aberratio delicti plurisoggettiva, disciplinata dall’art. 116 c.p. secondo cui: “qualora il reato commesso sia
diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione. Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave”.
Per la sussistenza del concorso anomalo previsto dall’art. 116 c.p., è necessario il ricorso di tre requisiti:
1) l’adesione psichica dell’agente ad un reato concorsuale diverso; 2) la commissione da parte di un altro concorrente di un diverso reato;
3) un nesso psicologico in termini di prevedibilità tra la condotta dell’agente compartecipe e l’evento diverso in concreto verificatosi.35
Non è sufficiente un rapporto di causalità materiale tra condotta dell’agente e l’evento diverso, ma è necessario che sussista un nesso eziologico di natura psichica, nel senso che il reato diverso commesso dal compartecipe, deve rappresentarsi alla psiche dell’agente come sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto. L’agente dunque, risponde del diverso reato solo nel caso che egli, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti nuovi, sia stato in grado di prevedere in concreto, un evento come logico sviluppo della sua condotta sulla base delle norme di comune esperienza.36 La responsabilità per concorso anomalo costituisce una forma minore di concorso di persone nel reato. Per questo motivo, l’art. 116 c.p., prevede che se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita per chi volle il reato meno grave. 2.6 Principio di solidarietà Ai sensi dell’art. 6 l. n. 689/1981 si prevede che: “Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.
Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all'altrui autorità, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell'autorità o incaricata della
35 Cfr. Cass. L. 23 Febbraio 1995 n. 3381.
direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta, salvo che provi di non aver potuto, impedire il fatto. Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.
Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'autore della violazione”.
L’art. 6 sembra recepire maggiormente l’influenza del concetto civilistico di solidarietà contenuto nell’art. 1296 del codice civile. Infatti stabilisce che ciascuno di più debitori, obbligati per una medesima prestazione, è tenuto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno solo, libera gli altri;37 perciò l’istituto della responsabilità
solidale o solidarietà passiva, presente nel nostro ordinamento fa sì che due o più soggetti chiamati a rispondere per una medesima obbligazione siano obbligati ciascuno ad adempiere per l’intero cioè: il soggetto creditore può pretendere il pagamento dall’uno o dall’altro degli obbligati per l’importo totale del suo credito.
La solidarietà nel pagamento della sanzione ha la funzione di garanzia del credito. Il creditore potrà in tal modo, secondo la sua discrezione, rivolgersi indifferentemente ad uno o l’altro dei propri debitori per pretendere l’intera somma. Il debitore prescelto è tenuto ad adempiere per intero senza poter opporre patti contrari. Nel caso di insufficienza del patrimonio di un soggetto obbligato, per la quota insoddisfatta, si potrà avviare azione esecutiva nei confronti degli altri condebitori. Da chiunque venga effettuato il pagamento, l’estinzione del debito libera tutti i coobbligati, nei confronti dei quali l’adempiente ha comunque la possibilità di rivalersi sugli altri coobbligati (c.d. azione di regresso). Questa azione non è presente in ambito penale, in quanto vige il principio della responsabilità personale, ma la si trova in ambito civile e amministrativo. In questi ultimi casi, essa viene presunta, ogniqualvolta vi sia una pluralità di debitori per una stessa obbligazione e la lettera della legge o del titolo non dispongono diversamente (art. 1294 c.c.).
La legge 689/1981 prevede tre ipotesi nelle quali il soggetto, pur non avendo eseguito l’illecito, né concorso alla sua consumazione, è ritenuto dall’ordinamento, prossimo all’autore della violazione, e quindi chiamato a rispondere in solido della sanzione a questi comminata, salvo l’esercizio del diritto di regresso. Le tre ipotesi di responsabilità prevista dalla l. n. 689/1981 sono: 1) responsabilità del proprietario della cosa che si servì o fu destinata a commettere la violazione (o in sua vece, quella dell’usufruttuario se trattasi di bene immobile, o comunque il titolare di un diritto personale di godimento); 2) della persona rivestita dall’autorità oppure incaricata alla direzione o vigilanza di soggetto incapace di intendere e di volere;
3) della persona giuridica, dell’ente o imprenditore per fatto commesso dal rappresentante o dal dipendente nell’esercizio delle sue funzioni.
Il proprietario, l’usufruttuario e il titolare di un diritto di godimento possono non essere solidalmente obbligati al pagamento, solo se provano che il bene è stato utilizzato contro la loro volontà.38 Così facendo non sarà sufficiente asserire di non aver dato il proprio
consenso, ma sarà necessario dimostrare di aver adottato un comportamento concreto e idoneo, volto ad impedire o vietare l’illecita utilizzazione del bene, mediante l’impiego di misure cautelari tali da manifestare una concreta volontà impeditiva e che la volontà del proprietario non possa risultare superata, ed impedirne l’uso da parte di estranei.39
Ai sensi di questa disposizione, si considera legittima l’applicazione di una sanzione nei confronti del soggetto responsabile in solido, senza individuazione dell’autore della relativa violazione, perché diversamente si finirebbe per equiparare indebitamente, la solidarietà alla responsabilità diretta per l’illecito. Viene riconosciuta alla responsabilità, una funzione corroborativa della natura punitiva della sanzione amministrativa; in presenza di un responsabile in solido, affianco all’autore della violazione, è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione, la scelta dei soggetti nei cui confronti irrogare la sanzione, ferma restando la possibilità di ingiungere ad entrambi il pagamento della stessa. 38 A. Fioritto, C. Lenzetti, Le sanzioni amministrative la nuova tutela giurisdizionale, cit., p. 19. 39 La Cassazione nella sentenza del 14 Gennaio 1999 n. 327, ha escluso che il comportamento del proprietario di veicolo, laddove avesse lasciato, la propria autovettura parcheggiata nel cortile di un’abitazione condivisa con i suoi parenti, e con le chiavi inserite nel quadro di avviamento, fosse integrativo della manifestazione di divieto di utilizzo; pertanto ha confermato la responsabilità solidale per un’infrazione commessa da altro, secondo il codice della strada.
Dal punto di vista strutturale, come poc’anzi abbiamo constatato, la tipologia di responsabilità prevista dall’art. 6 l. n. 689/1981, non differisce da quella tipica solidale, disciplinata dal codice civile. Nella disciplina civilistica (salvo che l’obbligazione sia stata contratta nell’interesse di uno solo dei debitori) l’obbligazione, nei rapporti interni fra condebitori, si divide in parti uguali tra essi (se non diversamente stabilito) con la conseguenza che, ove uno dei condebitori abbia pagato al creditore l’intero debito, ha il diritto di regresso, pro quota, nei confronti degli altri obbligati. Non così, invece secondo l’art. 6: l’ultimo comma, infatti dispone che il soggetto obbligato che non abbia commesso la violazione, e che abbia pagato, ha poi diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione.40 Così facendo, non si ha ripartizione interna fra coobbligati,
poiché l’unico e vero obbligato resta l’autore della violazione, potendo gli altri rivalersi nei suoi confronti, nel caso in cui abbiano soddisfatto per suo conto, l’obbligazione conseguente alla violazione. 2.7 Principio della personalità dell’obbligazione Secondo l’art. 7 l. n. 689/1981: “l’obbligazione di pagare una somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi”.
Il principio su cui si fonda l’art. 7 è di chiara derivazione penalistica; ricalca infatti la previsione normativa dell’art. 150 c.p., che concerne la morte del reo quale causa estinta del reato; infatti la disposizione indica una responsabilità, per gli illeciti amministrativi, strettamente personale poiché le sanzioni amministrative, come misure afflittive riconducibili nell’ambito del diritto punitivo, devono avere una stretta inerenza all’autore della violazione secondo il principio di personalità della sanzione amministrativa (ricalca il principio penalistico di responsabilità personale stabilendo la intrasmissibilità agli eredi). L’eventuale morte del soggetto responsabile della violazione comporta automaticamente l’estinzione dell’obbligazione di pagare la somma dovuta a titolo di sanzione, in quanto, tale obbligazione, è collegata alla persona dell’autore della violazione. Ciò comporta l’impossibilità di intraprendere o proseguire le attività esecutive nei confronti degli eredi del trasgressore.
La morte dell’autore della violazione determina non solo l’impossibilità di trasmettere ai suoi eredi la somma dovuta per le sanzioni, ma anche l’estinzione dell’obbligazione a carico dell’obbligato solidale; poiché la morte dell’autore dell’illecito incide sulla sanzione, cioè sul debito dell’autore della violazione verso l’amministrazione creditrice (il cosiddetto lato esterno dell’obbligazione sanzionatoria), produce i suoi effetti anche nei confronti del coobbligato. 2.8 Principio della continuazione
Secondo l’art. 8 l n. 689/1981: “salvo diversamente stabilito dalla legge, chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative (c.d. concorso formale), o commette più violazioni della stessa disposizione (c.d. concorso materiale), soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata fino al triplo”. La norma estende al settore degli illeciti depenalizzati la disciplina dettata dall’art. 81 c.p., come nei casi di concorso omogeno o eterogeneo; pertanto, chiunque violi con una sola azione od omissione diverse disposizioni di legge e chiunque commetta con una sola azione più violazioni della stessa disposizione di legge sarà sanzionato amministrativamente con la pena prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo. Il comma 2 del medesimo art. 8 prevede che: “alla stessa sanzione, soggiace anche chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria”. Da questo articolo si desume che: 1) il criterio del cumulo giuridico può applicarsi nei casi di concorso formale, ovvero con una condotta unica siano violate più disposizioni di legge ovvero più volte la medesima norma; 2) in presenza di concorso materiale, si dovrà applicare il cumulo materiale;
3) adozione del criterio del cumulo giuridico nelle ipotesi di continuazione di cui al comma 2.
La caratteristica del concorso formale di violazioni amministrative è la sussistenza del binomio tra unicità della condotta e pluralità degli illeciti, distinguendosi in omogeneo ed eterogeneo a seconda che la medesima condotta integri la plurima violazione della stessa disposizione, oppure di disposizioni amministrative diverse. Il concorso formale si distingue da quello materiale, che si realizza quando uno stesso soggetto, con più azioni od omissioni compie più illeciti; la disciplina sanzionatoria dei due tipi sarà diversa, perché nel concorso materiale si applicherà tante sanzioni quanti sono gli illeciti, mentre nel concorso formale, avremmo la sanzione prevista per la violazione più grave aumentata del triplo. Ciò che quindi caratterizza il concorso formale è l’unicità dell’azione illecita e, per stabilire se ci troviamo di fronte ad una o più azioni illecite il criterio è di tipo noumenico, cioè bisognerà basarsi sugli elementi della fattispecie dell’azione illecita.
Con ordinanza n. 2178 del 6 Settembre 2018, la Corte di Cassazione, confermando i contenuti di un’ordinanza (ingiunzione della direzione provinciale del lavoro di Pavia), ha affermato che è assolutamente pacifica in giurisprudenza, la previsione del cumulo giuridico tra la sanzione che trova applicazione nella sola ipotesi di concorso formale (omogeneo ed eterogeneo) e tra le violazioni contestate, ossia per le sole ipotesi di violazioni plurime commesse con un’unica azione od omissione. La norma non è suscettibile di estensione all’ipotesi di concorso materiale con esclusione dell’applicazione in via analogica dell’art. 81 c.p. in tema di continuazione di reati, sia perché l’art. 8 prevede tale possibilità soltanto per le violazioni in materia di assistenza e di previdenza, sia perché la differenza morfologica tra illecito penale e illecito amministrativo, non consente che, attraverso un procedimento di integrazione analogica, le norme previste in materia penale vengono, estese, alla materia degli illeciti amministrativi.41
Un altro aspetto da considerare, è il fatto che la norma non parla di aumento fino al triplo e non già di aumento del triplo. Sul punto trova attuazione l’art. 11 l. n. 689/1981 che nel dettare i criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, costituisce una norma di carattere generale tale da rappresentare un valido ausilio in ogni caso di qualificazione di una sanzione amministrativa pecuniaria. Nel caso di concorso formale di illeciti amministrativi, previsti dal primo comma dell’art. 8 l. n. 689/1981, la somma della sanzione deve essere compresa nell’intervallo di valori tra la sanzione più grave e il triplo
della sanzione più grave, che conseguentemente, si configura come limite massimo della somma da infliggere al trasgressore. Una particolarità che si ritrova nel principio della continuazione, riguarda la legge n. 507/1999 la quale introduce per la prima volta, in ambito amministrativo, il concetto di reiterazione della violazione (previsto oggi all’art. 8 bis della l. n. 689/1981) fino ad allora contenuto in norme speciali. Questo istituto dà la possibilità per l’autorità amministrativa, di usufruire di una strumentazione più articolata per la quantificazione della sanzione pecuniaria da infliggere come reazione all’illecito amministrativo. Per poter parlare di reiterazione occorre l’esistenza di tre presupposti: 1) un provvedimento esecutivo; 2) il soggetto commetta la violazione entro 5 anni dalla precedente; 3) violazioni della medesima indole. Il provvedimento esecutivo è l’ordinanza‐ingiunzione; inoltre occorre che non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta della sanzione dato che ha lo scopo di evitare il ricorso ad un istituto deflattivo del contenzioso. Quando la violazione è stata accertata con provvedimento esecutivo, la reiterazione viene ad esistenza, se nei successivi 5 anni dal fatto, il medesimo soggetto commette un’altra violazione della stessa indole. Per violazione della stessa indole, si intende:
a. violazione della stessa disposizione già violata in precedenza (reiterazione specifica);
b. violazione di disposizioni diverse purché la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentino una sostanziale omogeneità rispetto alla precedente.
Si ha reiterazione anche quando, più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con un unico provvedimento esecutivo. 2.9 Principio di specialità La l. n. 689/1981 all’art. 9 stabilisce che: “quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero
da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale. Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito”. Con riferimento al primo comma, emerge evidente il timore del legislatore che, in seguito alla depenalizzazione, possa venire a crearsi un sistema parallelo di sanzioni per uno stesso fatto: uno di tipo penale e uno di tipo amministrativo. A tal fine ha fatto ricorso ad una norma analoga a quella prevista dall’art. 15 c.p. (divieto di bis in idem sostanziale) che regola il concorso apparente di norme coesistenti e lo risolve accordando prevalenza alla legge speciale rispetto a quella generale. La disciplina concerne sia le fattispecie originariamente amministrative sia quelle depenalizzate. In sostanza tra le norme in conflitto deve esistere un rapporto di genere a specie.42 Si configura in questi casi un
concorso apparente di norme, perché l’unica previsione applicabile è quella che introduce elementi specializzanti rispetto alla norma generale.
La specialità implica una completa identità fra diverse norme applicabili a un medesimo comportamento o a un medesimo fatto. È necessario che, nel momento in cui si compara due norme apparentemente concorrenti si deve verificare se il fatto