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La seconda presunzione antielusiva

CAPITOLO III TRUST ED ELUSIONE

5. La seconda presunzione antielusiva

163 da non costituire validi elementi su cui basare l’attrazione di residenza sancita dalla norma.

164 internazionale, i quali riconoscono come legittime le norme attrattive della residenza purché ammettano prova contraria.

Infine si deve rilevare che affinché una presunzione legale abbia il carattere dell’assolutezza è necessaria un’espressa previsione legislativa; in mancanza, come nella norma in questione, la presunzione deve considerarsi relativa270.

Alla luce di queste considerazioni è preferibile ritenere che anche la seconda norma antielusiva ammetta la prova contraria, atteggiandosi, così, a presunzione relativa. Questa interpretazione è stata accolta dalla stessa Agenzia delle entrate nella Circolare 48/E del 2007271 .

Per quanto concerne l’ambito di applicazione della norma si nota immediatamente che essa non si riferisce “agli istituti di analogo contenuto”, come invece fa l’altra disposizione antielusiva. Peraltro abbiamo visto che, ai fini della prima presunzione di residenza, con tale inciso si intendono quegli istituti che, seppur sotto un nomen iuris diverso, presentano struttura analoga a quella del trust, di modo da evitare che le finalità antielusive della norma siano frustrate dall’uso di istituti solo diversamente nominati.

Questa considerazione permette di ritenere che anche la seconda presunzione possa applicarsi agli istituti di analogo contenuto, nonostante il silenzio della legge: tale conclusione infatti non concreta un’ipotesi di interpretazione estensiva, di cui potrebbe dubitarsi stante il carattere “penalizzante” della norma presuntiva; rappresenta piuttosto una corretta individuazione dell’ambito applicativo della norma. Naturalmente, poiché i trust rilevanti nel nostro ordinamento sono quelli conformi al modello descritto nella convenzione dell’Aja del 1985, sarà proprio ai requisiti ivi stabiliti che si dovrà guardare ai fini di riconoscere gli “istituti di analogo contenuto”.

Con riferimento al significato dell’inciso “trust istituiti in paesi che non consentono lo scambio di informazioni” non sembrano doversi aggiungere altre considerazioni rispetto a quelle già svolte a riguardo della prima norma antielusiva. Quindi con tale espressione si ritiene sia preferibile intendere quei trust, per i quali, in via puramente indiziaria, è

270. G. FRANSONI, La residenza fiscale del trust, in Corriere tributario, 2008, n. 32, pag. 2582.

271. Presunzione di residenza del trust, si devono svolgere le stesse considerazioni già fatte con riferimento alla prima norma antielusiva: di conseguenza sul contribuente cadrà l’onere di provare che la sede dell’amministrazione del trust e il suo oggetto principale non sono localizzati in Italia, ma all’estero.

Si veda: G. FRANSONI, La residenza fiscale del trust, in Corriere tributario, 2008, n. 32, pag. 2582.

165 stata ricostruita la residenza in un a paese che non consente lo scambio di informazioni, in base ai criteri generali fissati nel primo periodo dell’art. 73 Tuir272. Tenendo comunque presente che tale tesi costituisce una forzatura del lato letterale, dato che il termine

“istituiti” ha un significato giuridico suo proprio, che rimanda alla sottoscrizione dell’atto istitutivo.

Un secondo aspetto della norma che deve essere indagato riguarda il significato dell’inciso “quando, successivamente alla costituzione del trust, un soggetto residente nello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o il trasferimento di diritti reali immobiliari ecc..”.

Anzitutto si deve sottolineare che la norma prende in considerazioni solo gli atti di disposizioni immobiliare che sono stati realizzati successivamente alla istituzione del trust.

Quanto all’inciso “soggetto residente”, con cui si fa riferimento a colui che compie l’attribuzione patrimoniale, esso può essere, anzitutto, inteso in senso lato, come volto ad indicare chiunque, residente, abbia posto in essere la disposizione immobiliare, sia che esso abbia previamente partecipato alla costituzione del trust, sia che esso non vi abbia partecipato273. Peraltro questa interpretazione lata non sembra poter essere accolta:

in primo luogo, in presenza di un trust in cui uno stesso soggetto residente compie due atti di disposizione immobiliare, uno contestuale alla istituzione del trust e uno successivo ad essa, seguendo la suddetta interpretazione si dovrebbe e arrivare alla irragionevole conclusione per cui solo il secondo fa scattare la presunzione. Ossia per dirla in altre parole, seguendo l’interpretazione estensiva sopra riportata, non si riesce a cogliere il motivo della diversa valutazione di pericolosità fiscale degli atti di attribuzione immobiliare successivi alla costituzione del trust, rispetto a quelli contestuali, talché solo ai primi si applica la presunzione di residenza.

272. G. MARINO, La residenza fiscale del trust, in Teoria e pratica della fiscalità dei trust, a cura di G.

FRANSONI e N. DE RENZIS SONNINO, Giuffrè, Milano, 2008, pag. 77.

273. F. GUFFANTI, Problemi aperti sul trust ai fini delle imposte sui redditi, in Corriere tributario, 2007, n. 15, pag. 1190. Quanto alla prassi si veda: Agenzia delle entrate, Circolare 48/E del 6 agosto 2007.

166 Inoltre se il legislatore avesse voluto intendere l’inciso “soggetto residente” in modo così ampio, avrebbe potuto parlare più semplicemente di “disponente residente”, dato che nella prassi legislativa internazionale il termine disponente assume proprio tale ampio significato.

Alla luce di quanto detto, appare preferibile, secondo chi scrive, una lettura restrittiva, per cui con “soggetto residente” devono intendersi solo coloro che procedono ad attribuzioni immobiliare in trust in un tempo successivo alla costituzione e senza aver partecipato ad essa. In questo modo si possono, anzitutto, meglio coordinare le due norme presuntive: la prima, che parla espressamente di disponenti residenti, dovrà essere riferita ai soli soggetti che hanno partecipato alla costituzione del trust (sottoscrivendo l’atto istitutivo), dato che la seconda, con la diversa formula “soggetto residente” si riferisce a tutti coloro che compiono atti dispositivi, senza aver previamente sottoscritto l’atto istitutivo del trust. In secondo luogo si evita la situazione paradossale sopra esposta per cui se un soggetto compie due atti di disposizione immobiliare a favore del trust, uno contestuale alla costituzione, l’altro successivo ad essa, solo il secondo farebbe scattare la presunzione di residenza.

Il soggetto che effettua l’attribuzione successiva può essere sia persona fisica che giuridica, quindi la residenza di esso dovrà essere valutata secondo la disciplina specificatamente prevista dal Tuir. Inoltre la dottrina274 ritiene che la residenza di tal soggetto debba risultare al momento in cui è stato posto in essere l’atto di attribuzione immobiliare, in analogia a quanto stabilito dall’Agenzia delle entrate per il disponente, in sede di interpretazione della prima norma antielusiva275.

Continuando nell’analisi si nota che la norma richiede che l’atto di attribuzione abbia ad oggetto beni o diritti immobiliari, senza peraltro nulla specificare circa la localizzazione dei beni.

Quindi alla luce della lettera della disposizione si dovrebbe concludere che l’unico fattore di collegamento con il territorio dello Stato, su cui si fonda la presunzione di

274. F. GUFFANTI, I trust nelle imposte sui redditi alla luce delle indicazioni dell’Agenzia delle entrate, in Corriere tributario, 2007, n. 41, pag. 3332;

275. Circolare 48/E del 6 agosto 2007.

167 residenza italiana, è dato dalla residenza del soggetto che effettua l’attribuzione immobiliare.

Tale conclusione conduce però a risultati non accettabili: infatti, seguendo essa, dovrebbero essere considerati residenti anche quei trust caratterizzati da elementi soggettivi ed oggettivi tutti esterni (disponente, trustee e beneficiari residenti all’estero;

trust fund costituito da beni localizzabili all’estero) sol perché un soggetto residente ha conferito un bene immobile, anch’esso localizzato al di fuori del territorio dello Stato.

Preferibile sembra quindi essere una interpretazione restrittiva, che limita l’ambito di applicazione della norma ai soli casi in cui il bene immobile oggetto dell’attribuzione sia situato in Italia276.

Questa interpretazione, che è stata fatta propria anche dall’Agenzia dell’entrate277, ha il pregio di conformare la presunzione di residenza al criterio generale di tassazione degli immobili, modulata sulla localizzazione del bene piuttosto che sulla residenza del proprietario.

Peraltro è da dirsi che, anche accettando l’interpretazione preferibile - per cui la presunzione di residenza si applica solo nel caso in cui il bene immobile, oggetto dell’attribuzione in trust, sia localizzato in Italia - la norma può condurre ugualmente a risultati aberranti: potranno essere, infatti, considerati residenti quei trust nei quali il valore del diritto reale sull’immobile sito in Italia, trasferito dal residente successivamente alla costituzione, costituisce una frazione minima dell’intero patrimonio.

La dottrina ha peraltro sostenuto che, in tali ipotesi, proprio il fatto che l’attribuzione immobiliare successiva, posta in essere da un soggetto residente, abbia valore irrisorio nell’ambito del trust fund, può costituire argomento di prova contraria per vincere la presunzione di residenza.

Quanto agli atti di attribuzione, la norma va intesa in senso estensivo: si prendono quindi in considerazione tutti gli atti, inter vivos o mortis causa, che determinano il trasferimento del diritto di proprietà, o di quote di esso, su un bene immobile a favore del

276. G. MARINO, La residenza fiscale del trust, in Teoria e pratica della fiscalità dei trust, a cura di G.

FRANSONI e N. DE RENZIS SONNINO, Milano, 2008, pag. 77; AA.VV., Le novità fiscali in materia di trust, consultabile nel sito www.il-trust-in-italia.it.

277. Circolare 48/E: “In tal caso, è proprio l’ubicazione degli immobili che crea il collegamento territoriale e giustifica la residenza in Italia”.

168 trust, ovvero che determinano la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, o quote di essi, a favore del trust medesimo.

Il fatto che la norma si riferisca esplicitamente a beni immobili non consente di applicare la presunzione nei casi di trasferimento mobiliare. Ciò apre le porte ad un possibile aggiramento della disposizione antielusiva278: possiamo pensare al caso di un proprietario che trasferisce la proprietà dei beni immobili siti in Italia ad una società newco, segregando poi le azioni della società in un trust istituito in un paese che non consente lo scambio di informazioni, senza potersi applicare la presunzione di residenza del trust.

Peraltro esistono rimedi nel nostro ordinamento: a tale fattispecie si può ritenere applicabile l’art. 37 bis D.P.R. 600/1973 di modo che l’operazione verrebbe disconosciuta. Nell’ipotesi suddetta infatti il negozio è teso ad ottenere indebite riduzioni d’imposta e non sembra avere valide ragioni economiche, inoltre può sicuramente essere fatto rientrare nella categoria di cui alla lettera f) del terzo comma art. 37 bis, che riguarda le operazioni da chiunque effettuate, incluse le valutazioni, aventi ad oggetto i beni ed i rapporti di cui all’art. 67 lett. c) e lettere da c) a c quinquies) Tuir279.

6. Valutazioni conclusive sulle norme antielusive previste dall’art. 73