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La sentenza 135/2003 della Corte costituzionale: la collaborazione

5. Il c.d. ergastolo ostativo: disciplina

5.2. Ergastolo, liberazione condizionale e la preclusione dell’art. 4-bis ord

5.2.1. La sentenza 135/2003 della Corte costituzionale: la collaborazione

La sentenza 135/2003 della Corte costituzionale si inserisce nel contesto delle preclusioni predisposte dall’art. 4-bis ord. penit. ed incide sull’aspetto particolarmente delicato dei rapporti tra liberazione condizionale, prevista dall’art. 176 c.p. e la pena dell’ergastolo91.

Abbiamo visto (cfr. supra, cap. II) come la possibilità di concedere la liberazione condizionale ai condannati all’ergastolo introdotta dall’art. 2 della l. 1634/196292 abbia reso compatibile con il quadro costituzionale la pena perpetua contemplata dall’art. 22 c.p., consentendo un effettivo reinserimento sociale di tali soggetti nel consorzio civile93. Inoltre la perpetuità dell’ergastolo è venuta ad attenuarsi grazie alla l. 663/1986 di riforma del sistema penitenziario e all’intervento della Corte costituzionale94.

Nella sentenza del 2003, viene sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Firenze questione di legittimità costituzionale sulla base del fatto che la preclusione

91 Corte cost. 24 aprile 2003, n. 135 con nota di A.MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4-bis ord. penit., in Diritto penale e processo, 11/2014, p. 1351.

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Disposizione poi confermata dall’art. 8 della l. 663/1986.

93 Cfr. Corte cost. 24 giugno 1974, n. 264 con nota di M.PAVARINI,in Riv. it. dir. proc. pen., 1976, p. 262.

94 Corte cost. 21 settembre 1983, n. 274, che ha esteso al condannato all’ergastolo la possibilità di beneficiare della liberazione anticipata di cui all’art. 54 ord. penit.

contenuta nell’art. 4-bis ord. penit., negando all’ergastolano non collaborante con la giustizia l’accesso alla liberazione condizionale, renderebbe in concreto perpetua la sanzione penale, con conseguente possibile violazione del principio rieducativo scolpito nell’art. 27 co. 3 Cost. poiché al soggetto condannato non rimane alcuna prospettiva di decarcerizzazione e di effettivo reinserimento sociale95.

Secondo il giudice a quo “la disciplina impugnata determinerebbe una situazione del tutto analoga a quella scrutinata dalla Corte con la sentenza n. 161 del 1997, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 177, primo comma, ultimo periodo, del codice penale, nella parte in cui non prevede che il condannato alla pena dell’ergastolo, cui sia stata revocata la liberazione condizionale, possa essere nuovamente ammesso a fruire del beneficio ove ne sussistano i relativi presupposti, perché tale disciplina determinava appunto una esclusione permanente e assoluta dal processo rieducativo, in violazione dell’art. 27, terzo comma, Cost.”. Dunque il Tribunale di sorveglianza di Firenze equipara quest’ipotesi al divieto di concessione della liberazione condizionale al detenuto ergastolano che non collabora con la giustizia.

La Corte costituzionale rigetta la questione di legittimità ritenendo non contrastante con la Costituzione l’art. 4-bis ord. penit. nella parte in cui rende necessario il requisito della collaborazione con la giustizia ai fini della concessione della liberazione condizionale al condannato all’ergastolo.

Secondo la Corte, la preclusione all’ammissione alla liberazione condizionale non è equiparabile al divieto che era previsto dall’art. 177 co. 1 c.p. prima

95 Corte cost. 24 aprile 2003, n. 135 con nota di A.MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4-bis ord. penit., op. cit., p. 1354.

dell’intervento della sentenza n. 161 del 199796, essendo stato che, nel caso concreto, il condannato avrebbe potuto fornire il proprio apporto collaborativo nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità altrui ed aveva invece scelto di non farlo.

Da ciò, la Corte trae la conclusione che, a differenza della situazione valutata dai giudici costituzionali con la sentenza del 1997, la preclusione prevista dall’art.

4-bis ord. penit. non è assoluta e permanente poiché al condannato all’ergastolo è

comunque data la possibilità di cambiare la propria scelta, collaborando, con conseguente cessazione del carattere effettivamente perpetuo dell’ergastolo senza liberazione condizionale97.

L’art. 177 co. 1 c.p. prima dell’intervento della Corte, non consentiva di riesaminare la posizione del condannato dopo la revoca della liberazione condizionale, dunque per il condannato non c’era una possibilità di scelta per evitare le conseguenze prescritte dalla legge. In sostanza la Corte ritiene che se la

96 Corte cost. 24 aprile 2003, n. 135. “L’art. 77, primo comma, cod. pen. è stato dichiarato illegittimo con la menzionata sentenza (161/1997, NdA) in quanto, nel prevedere che in caso di revoca della liberazione condizionale conseguente alla commissione di un delitto o di una contravvenzione della stessa indole, ovvero alla trasgressione degli obblighi inerenti alla libertà vigilata, la posizione del condannato non poteva essere riesaminata ai fini di una nuova ammissione al beneficio, dettava un divieto assoluto e definitivo, come tale incompatibile con l’art. 27, terzo comma, Cost.”.

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Al contrario, la preclusione prevista dall’art. 4-bis, comma 1, primo periodo, dell’ordinamento penitenziario non è conseguenza che discende automaticamente dalla norma censurata, ma deriva dalla scelta del condannato di non collaborare, pur essendo nelle condizioni per farlo: tale disciplina non preclude pertanto in maniera assoluta l’ammissione al beneficio, in quanto al condannato è comunque data la possibilità di cambiare la propria scelta.

collaborazione possa essere fornita utilmente, come nel caso di specie98, e non si versi in ipotesi di collaborazione impossibile, la scelta effettuata dal condannato rappresenta un “criterio legale di valutazione di un comportamento”99 che rileva ai fini dell’accertamento del requisito del “sicuro ravvedimento” del reo richiesto dall’art. 176 c.p. per la concessione della liberazione condizionale.

La Corte costituzionale, con questa sentenza, conferma i precedenti orientamenti in materia di liberazione condizionale, all’interno dei quali centrale è la collaborazione “oggettivamente esigibile” in un’ottica di reinserimento sociale del reo, poiché unica condotta idonea a rimuovere la preclusione dell’art. 4-bis ord. penit.

Com’è stato acutamente osservato 100 il concetto di collaborazione “oggettivamente esigibile” come interpretato dalla Corte sta a significare che fino a quando il carattere effettivamente perpetuo dell’ergastolo sarà conseguenza di un comportamento del condannato che, pur trovandosi nella possibilità di poter aiutare gli organi inquirenti con il fine di accertare fatti e nuove responsabilità penali, decida di non venir meno al sodalizio criminoso, non potrà ritenersi violato il principio rieducativo della pena poiché permane la possibilità di una successiva modifica della condotta del reo.

5.2.2. La successiva giurisprudenza di legittimità in tema di ergastolo.

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Corte cost. 24 aprile 2003, n. 135. “Il condannato non si trova in una situazione di collaborazione inesigibile e, in particolare, in una situazione di impossibilità di collaborare in conseguenza dell'integrale accertamento dei fatti alla stregua della sentenza n. 68 del 1995”.

99 A.MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4-bis ord. penit., op. cit., p. 1355.