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Una proposta per superare l’ergastolo ostativo. La Commissione

5. Il c.d. ergastolo ostativo: disciplina

5.6. Una proposta per superare l’ergastolo ostativo. La Commissione

giorno124.

I motivi per cui gli ergastolani condannati per reati associativi non collaborano con la giustizia sono molteplici e variano a seconda delle esigenze e personalità di ognuno. Il motivo principale di non collaborazione è il pericolo di ritorsioni sulla propria famiglia. Come abbiamo già sottolineato questo problema potrebbe essere quasi eliminato in presenza di un sicuro programma di protezione dei collaboratori di giustizia. Un'altra motivazione messa in luce dagli ergastolani riguarda la loro volontà di non coinvolgere persone, concorrenti nei reati per i quali sono stati condannati, con le quali c’è stato un forte vincolo di amicizia. Poi oltre a queste motivazioni, ci sono casi in cui gli ergastolani ostativi ritengono di essere vittima di un errore giudiziario per cui sono impossibilitati a collaborare e si vedono naturalmente respingere ogni richiesta di usufruire di benefici penitenziari125.

Cosa chiedono gli ergastolani ostativi? Chiedono che venga abolito l’art. 22 c.p. e in subordine l’art. 4-bis ord. penit. poiché l’ergastolo ostativo viene considerato incostituzionale sotto il profilo dell’art. 3 Cost riguardante la parità di trattamento tra i detenuti e sotto il profilo dell’art. 27 co. 3 Cost poiché pena inumana e contraria al principio rieducativo.

5.6. Una proposta per superare l’ergastolo ostativo. La Commissione Palazzo.

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Per la lettura completa della lettera al Presidente della Repubblica si rinvia all’indirizzo web:

http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/cronaca/ergastolani-napolitano/ergastolani-napolitano/ergastolani-napolitano.html.

125PUGIOTTO,Quando la clessidra è senza sabbia. Ovvero: perché l’ergastolo è incostituzionale, op. cit., p. 130.

Nell’ottobre 2013 la Commissione ministeriale istituita per elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio penale, presieduta dal Prof. Francesco Palazzo, ha elaborato una proposta tesa alla revisione della preclusione assoluta all'accesso ai benefici penitenziari da parte dei soggetti autori di reati di cui all'art.

4-bis co. 1 ord. penit. per il solo fatto della loro mancata collaborazione ai sensi

dell'art. 58-ter ord. penit.126.

La proposta interviene sul comma 1-bis dell’art. 4-bis ord. penit. che, ricordiamo prevede le ipotesi in cui può venire meno il divieto di accesso al lavoro all’esterno, ai permessi premio e alle misure alternative diverse dalla liberazione anticipata con riguardo ai detenuti per i reati previsti dal comma 1 dell’art. 4-bis ord. penit. i quali non collaborino con la giustizia ai sensi dell’art. 58-ter ord. penit.

Il testo della proposta, formulato in un unico articolo, è il seguente: “1. Al termine del comma 1-bis dell’art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, è aggiunto il seguente periodo: «e altresì nei casi in cui risulti che la mancata collaborazione non escluda il sussistere dei presupposti, diversi dalla collaborazione medesima, che permettono la concessione dei benefici summenzionati». (2. Nel comma 1, secondo periodo, dell’art. 2 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni in legge 12 luglio 1991, n. 203, le parole «commi 2 e 3» sono sostituite con le parole «commi 1-bis, 2 e 3»)”.

Viene dunque proposto di aggiungere alle ipotesi contemplate dal comma

1-bis quella per cui i benefici penitenziari possono essere concessi anche quando la

126Cfr. Proposta di modifica dell’art. 4-bis, comma 1-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, Commissione per elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio, Relazione, op. cit.

mancata collaborazione non fa venire meno il sussistere dei requisiti, diversi dalla stessa collaborazione, che di quei benefici permettono la concessione ai sensi dell’ordinamento penitenziario. Tuttavia rimane sempre fermo il requisito che siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.

La proposta della Commissione Palazzo non ha intenzione di abrogare il requisito della collaborazione di cui all’art. 4-bis ord. penit., bensì intende eliminare il sussistere di casi in cui tale disposizione risulti insuperabile. Ipotesi che manifesta tutta la sua drammaticità in caso di condanna all’ergastolo, precludendo al non collaborante qualsiasi possibilità di affrancamento dalla detenzione o anche solo di uscita temporanea dal carcere, salva l’ipotesi di permesso di necessità ex art. 30 ord. penit. (cfr. supra, par. 5.1).

La proposta mira a trasformare l’attuale disciplina della mancata collaborazione da presunzione assoluta di insussistenza dei requisiti che consentono l’accesso del detenuto ai benefici penitenziari a presunzione relativa e in quanto tale superabile, con adeguata motivazione, dal magistrato di sorveglianza127.

127

Cfr. Proposta di modifica dell’art. 4-bis, comma 1-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, Commissione per elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio, Relazione, op. cit.; F.PALAZZO,Fatti e buone intenzioni. A proposito della riforma delle sanzioni penali, op. cit. “la proposta di revisione della preclusione assoluta all’accesso ai benefici penitenziari da parte dei soggetti autori di reati di cui all’art. 4-bis, comma 1, dell’ord. penit. per il solo fatto della loro mancata “collaborazione” (ai sensi dell'art. 58-ter ord. penit.). Considerato che le ragioni personali della mancata collaborazione possono anche non essere espressione di mancata rieducazione e considerato, altresì, che tale preclusione rende l'ergastolo una detenzione ineluttabilmente perpetua (c.d. ergastolo ostativo), vi sono buone ragioni di ordine costituzionale, anche sotto il profilo della compatibilità con la giurisprudenza di Strasburgo, per rivedere la disposizione in questione. La proposta della Commissione, senza prevederne l'abrogazione secca, mirava a trasformare l’attuale presunzione di non rieducatività in assenza di collaborazione da assoluta in relativa”.

Si vuole riconoscere che le motivazioni suscettibili di indurre il detenuto a non compiere la scelta collaborativa possono non coincidere con il desiderio o la necessità di rimanere legato al gruppo criminale di appartenenza, ma derivare da altre considerazioni (cfr. supra, par. 5.4.1)128. Conclusione che vale a maggior ragione nell’ipotesi in cui il sodalizio di cui faceva parte il detenuto non esiste più o abbia assunto delle connotazioni incompatibili con le precedenti gerarchie.

Superando così quell’interpretazione della collaborazione come unico criterio di valutazione per il sicuro ravvedimento del reo data dalla Corte costituzionale129, si mira a rendere pienamente compatibile l’art. 4-bis ord. penit. con il principio rieducativo che impone un reale ravvedimento del soggetto condannato frutto di un processo interiore di revisione critica del passato130.

La Relazione alla proposta mette in evidenza come possano assumere rilievo in tal senso un complesso di comportamenti, pur non collaborativi, che dimostrino il distacco del condannato dalla associazioni criminali come ad esempio la dissociazione esplicita, prese di posizione pubbliche, adesione a modelli di legalità, interesse per le vittime dei reati e dei loro familiari, radicamento del nucleo familiare in un differente contesto territoriale.

128 Cfr. Proposta di modifica dell’art. 4-bis, comma 1-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, Commissione per elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio, Relazione, op. cit.

129 Corte cost. 24 aprile 2003, n. 135.

130 Cfr. Proposta di modifica dell’art. 4-bis, comma 1-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, Commissione per elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio, Relazione, op. cit.: “Appare del tutto razionale restituire al Tribunale di Sorveglianza la possibilità di valutare se esistano elementi specifici che depongano nel senso di un positivo percorso rieducativo del condannato di cui si discute, tale da consentire – con specifica motivazione – l’accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale nonostante l’assenza di una collaborazione resa ai sensi dell’art. 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354”.

A sostegno della proposta formulata, così come la stessa Relazione di accompagnamento ricorda, sussistono una serie di motivazioni giuridiche ulteriori.

Innanzitutto, il diritto di non collaborare è garantito in sede processuale dal principio nemo tenetur se detegere. La collaborazione rileva solo come scelta personale del soggetto interessato con effetti premiali. Questa regola processuale sembra rimanere estranea ai reati di cui all’art. 4-bis ord. penit., e nella fase di esecuzione penale sembra vigente il brocardo carceratus tenetur alios detegere attribuendosi in tal modo alla pena una funzione di incentivo alla collaborazione processuale che esorbita dalla finalità rieducativa della pena costituzionalmente imposta131. Il diritto al silenzio garantito in fase processuale per tali delitti si tramuta nella fase di esecuzione della pena in un onere di collaborare132.

La condizione necessaria della collaborazione fa dipendere da un elemento successivo alla stessa sentenza di condanna l’applicazione di un regime penitenziario differenziato e più gravoso rispetto a quello ordinario di esecuzione della pena. Dopo la sentenza di condanna, per l’applicazione dei benefici e delle altre misure alternative, ciò che dovrebbe avere rilievo principale è la partecipazione del condannato all’opera di risocializzazione. L’art. 4-bis ord. penit. attribuisce un “rilievo in malam partem alla condotta successiva alla condanna, tale da precludere qualsiasi incidenza favorevole del percorso risocializzativo eventualmente

131

Cfr. L.FILIPPI,La novella penitenziaria del 2002: la proposta dell’Unione delle Camere Penali e una controriforma che urta con la Costituzione e con la Convenzione europea in Cass. pen., 2003, p. 24 ss; L. DEGL’INNOCENTI – F. FALDI, Misure alternative alla detenzione e procedimento di sorveglianza, Milano, 2012, p. 218 ss.

compiuto”133. Anche considerando l’art. 133 co. 2 c.p. che ricomprende tra i parametri di commisurazione della pena la capacità a delinquere, non è possibile attribuire rilievo a condotte del soggetto interessato che non abbiano avuto incidenza nel fatto commesso, altrimenti risulterebbe violato il principio di colpevolezza. La capacità a delinquere va accertata con riferimento al momento del fatto per valutare la pericolosità del soggetto che ha compiuto un determinato reato. Per questi motivi, condotte posteriori al fatto dovrebbero non dovrebbero essere indicative di una maggiore propensione a delinquere al momento del fatto134.

Un ulteriore profilo problematico è rintracciabile nella presunta irragionevole contraddittorietà della disciplina in esame con la scelta del legislatore di abrogare nel 1986 l’art. 204 c.p. riguardante le ipotesi di pericolosità presunta135. Considerazione opportuna poiché sussiste un parallelismo sostanziale tra il presumere la non avvenuta rieducazione dell’ergastolano in assenza di collaborazione e il presumere la sua permanente pericolosità sociale136.

Per ultimo, ma non per importanza, va rilevato come in forza dell’art. 4-bis ord. penit. sia richiesta la condotta collaborativa non per far conseguire un vantaggio all’autore del reato ma per evitare un danno aggiuntivo (preclusione all’accesso ai benefici previsti nella fase esecutiva). La collaborazione perde così la sua connotazione storica di condotta premiale che permette di ricevere sconti di pena o

133

Cfr. L.EUSEBI, L’ergastolano «non collaborante», op. cit., p. 1221.

134

S.POSDOCIMI, Profili penali del postfatto, Milano, 1982, p. 254 ss.

135 Art. 31, l. 663/1986.

136 Cfr. Proposta di modifica dell’art. 4-bis, comma 1-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, Commissione per elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio, Relazione, p. 2 consultabile in www.penalcontemporaneo.it.

vantaggi penitenziari, assurgendo a condizione necessaria per evitare una capitis

deminutio consistente nell’impossibilità di accedere ad ogni beneficio penitenziario.

Nonostante questa serie di critiche all’art. 4-bis ord. penit la riforma proposta dalla Commissione Palazzo non ha avuto seguito137 per via delle dimissioni dell’esecutivo nel febbraio 2014 pur essendo, a nostro parere, la soluzione ottimale per ricondurre la figura dell’ergastolo ostativo entro i binari segnati dalla Carta costituzionale.

5.7. Ergastolo ostativo e Ordinamento Penitenziario: una proposta de iure