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La sovranità alimentare nella Costituzione ecuadoriana

Ancora prima di essere inclusa nella Costituzione, grazie alle pressioni provenienti dalla Mesa Agraria e da altri settori sociali, la sovranità alimentare viene citata in un testo legislativo ecuadoriano. La legge sulla sicurezza alimentare, infatti, ne inaugura l'uso, includendola tra i quattro principi a governo del relativo sistema nazionale: partecipazione sociale, equità, sostenibilità e, appunto, sovranità alimentare. Questo testo specifica l'intenzione di promuovere la produzione locale e contadina del cibo:

El Estado garantizará a la población el acceso físico y económico a alimentos inocuos y nutritivos, mediante el control del proceso productivo de manera autónoma, con la promoción y/o recuperación de las prácticas y tecnologías tradicionales y otras, que aseguren la conservación de la biodiversidad, la protección de la producción local y nacional, garantizando el acceso al agua, a la tierra, la protección de los recursos genéticos, y la existencia de mercados justos y equitativos (Gobierno del Ecuador 2006: Art. 4).

www.portalces.org/index.php?option=com_sobi2&sobi2Task=sobi2Details&catid=72&sobi2Id=313&Itemi d=76;ww.terranuova.org/progetti/sumay-kawsay-migliorare-la-vita-in-armonia [Consultati nel Giugno 2014].

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Con la Costituzione del 2008 si va oltre. La sovranità alimentare è assunta come uno dei diritti del buen vivir, e, nel quadro di tale visione del mondo e della riproduzione sociale, viene tradotta in obbligo dello Stato, divenendo simbolicamente uno dei capisaldi per trasformare quella che, nel dibattito accademico e politico dell’Ecuador, viene chiamata "matrice produttiva", vale a dire i nessi che legano produzione, riproduzione e consumo (Giunta e Vitale 2013).

Nel testo costituzionale, in particolare, la sovranità alimentare assume la condizione di pratica discorsiva e simbolica entro cui operare una transizione nel modello agro- alimentare, presupponendo, dunque, una collocazione della questione agraria fuori dal discorso egemonico della modernizzazione e del primato della produttività. Esso, però, non riprende fedelmente la definizione di Vía Campesina, sebbene, fin dal suo Preambolo, ossia la sezione deputata ad esplicitare i principi e le direttrici fondamentali che guidano il rinnovamento del patto sociale, affermi con forza il diritto al cibo, associandolo alla sovranità alimentare, qui nominata ma non dispiegata:

Gli individui e le collettività hanno diritto all’accesso sicuro e permanente ad una alimentazione sana, adeguata e nutriente, preferibilmente di produzione locale e corrispondente alle loro diverse identità e tradizioni culturali. Lo Stato ecuadoriano promuoverà la sovranità alimentare (Gobierno del Ecuador 2008: 24, traduzione nostra). Tale enunciazione è emblematica, ed intorno ad essa è possibile anticipare alcuni dei nodi di riflessione che saranno ricorrenti nella nostra analisi. Innanzitutto il diritto al cibo è introdotto nel testo costituzionale con una descrizione che ricorda più la definizione di sicurezza alimentare utilizzata dalla FAO che quella di sovranità alimentare proposta da Vía Campesina; d'altronde seppure l'articolo si chiuda assegnando allo Stato il ruolo di promotore della sovranità alimentare, quest'ultima, né qui né altrove nella Costituzione, viene definita compiutamente.

Sugli ultimi due passaggi, ruolo assegnato allo Stato e indefinitezza del concetto stesso, torneremo dopo aver ragionato sull'insieme delle enunciazioni costituzionali. Soffermiamoci, invece, su come viene introdotto il diritto al cibo nel Preambolo, attraverso un esercizio comparativo con gli approcci proposti, rispettivamente, dalla FAO e da Vía Campesina.

Abbiamo già visto come nel Preambolo il diritto al cibo venga affermato con forza, ma ricondotto al diritto all'accesso, come nella accezione della FAO (Giunta e Vitale 2013). Da quest'ultima si discosta però in certa misura, aggiungendovi degli elementi innovativi, senza dubbio ispirati alla proposta della sovranità alimentare. Tra i soggetti del diritto, oltre che gli individui, vengono specificate anche le collettività, affiancando così al soggetto-individuale (io), il soggetto-collettivo (noi), che, come abbiamo visto, è alla base della

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concettualizzazione stessa del buen vivir come regime alternativo allo sviluppo. In ciò, vi è assonanza con la declinazione di Vía Campesina che individua i popoli, e non le persone, come protagonisti della proposta della sovranità alimentare: Vía Campesina va però oltre, riconoscendo diritti anche ai paesi e a chi produce. Diritti che, come vedremo, in parte vengono inseriti nel resto del corpo costituzionale, ma non qui nel Preambolo.

In secondo luogo, in relazione alle caratteristiche che il cibo deve avere, il preambolo costituzionale esplicita come auspicabile la corrispondenza con le diverse identità e tradizioni culturali, che rimanda all'appropriatezza culturale rivendicata da Vía Campesina. Allo stesso modo, indica come preferibile la produzione in ambito locale; dando quindi priorità a sistemi agroalimentari localizzati, di nuovo in sintonia con quanto proposto dal movimento contadino internazionale.

Infine il Preambolo conclude sottolineando la promozione della sovranità alimentare quale responsabilità dello Stato. Questa prima enunciazione non si cimenta però nella definizione compiuta di cosa si intenda per sovranità alimentare, rifacendosi ad essa, ma lasciandone ambigui i contorni. Allo stesso modo non vi è alcuna indicazione sul "da chi" debba essere prodotto il cibo, quali debbano essere i soggetti produttivi privilegiati, così come non si esplicita il "come" si debba produrre il cibo o, ancora, quale tipo di "accesso ai mezzi di produzione" debba essere garantito.

Si tratta, nell'insieme, di elementi che invece caratterizzano e fondano l'alterità della proposta di Vía Campesina rispetto al concetto di sicurezza alimentare adoperato dalla FAO (Allegato 1).

Parte di essi vengono sviluppati più avanti nel resto del corpo costituzionale, in particolare attraverso un capitolo dedicato alla sovranità alimentare (Allegato 2).

Vediamo in che modo e in che misura, per poi poter trarre alcune conclusioni.

All'interno della sezione sul regime del buen vivir, il terzo capitolo è intitolato alla sovranità alimentare e sviluppa i contorni per un nuovo regime alimentare ispirato a quest'approccio, aggiungendo alcune puntualizzazioni sulla sua concettualizzazione e, soprattutto, individuando alcune delle responsabilità e misure auspicabili per tale transizione. Esso esordisce con un esteso articolo (Art. 281) che innanzitutto stabilisce la sovranità alimentare quale:

obiettivo strategico ed obbligo statuale, per garantire che le persone, comunità, popoli e nazionalità raggiungano l'autosufficienza di alimenti sani e culturalmente appropriati, in forma permanente (Gobierno del Ecuador 2008: 138)103

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Le collettività già nominate nel Preambolo vengono qui dipanate quali comunità, popoli e nazionalità, ratificando dunque sia la proposta di Vía Campesina (peoples) sia la rivendicazione propria del movimento indigeno sulla plurinazionalità, laddove per nazione si intende ciascun territorio abitato da un popolo (ad esempio: Nazione Awa, Chachi o Kichwa). L'altro elemento cruciale è l'introduzione del concetto di autosufficienza, come affermazione, non di poco conto, della necessità di promuovere indipendenza ed autonomia nell'accesso permanente ad alimenti appropriati.

Il testo prosegue definendo le responsabilità che lo Stato deve assumere alla luce di tali prospettive. La prima di esse pare esplicitare quel "da chi" che abbiamo rilevato come assente nel Preambolo, laddove indica la promozione della produzione e trasformazione, ma non, o almeno non qui, distribuzione e commercializzazione, da parte delle piccole e medie unità di produzione, comunitarie, dell'economia solidale (Art. 281, punto 1).

Vengono poi precisati i contorni del modello produttivo che si intende promuovere, il "come", propugnando il rafforzamento della diversificazione, anche attraverso la ricerca e lo sviluppo di tecnologia appropriata ed ecologica (punti 3 e 8), la preservazione e recupero della biodiversità agricola e dei saperi tradizionali ad essa relazionati (punto 6) e la loro difesa da meccanismi di biopirateria. Viene prevista, inoltre, una tutela nei confronti dei processi di sperimentazione, sviluppo e commercializzazione associati alla biotecnologia, da regolamentare attraverso i principi di biosicurezza (punto 9).

La predisposizione al divieto degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), nel testo costituzionale, è già anticipata nel Preambolo che vieta la produzione, commercializzazione ed uso sia di prodotti organici persistenti altamente inquinanti sia di quelli chimici internazionalmente proibiti, così come di tecnologie, di agenti biologici sperimentali nocivi e di Ogm che possano recare danno alla salute umana e alla sovranità alimentare o mettere a rischio gli ecosistemi (Art. 15). Essa viene confermata nel capitolo sulla sovranità alimentare in esame, giacché a chi consuma viene riconosciuto il diritto all'accesso a cibo non contaminato, anche in situazioni di emergenza, con riferimento al principio di precauzione (Art. 281, punti 12 e 13). D'altronde, più avanti nel testo (Art. 401), l'Ecuador viene esplicitamente dichiarato come paese libero da coltivazioni e sementi geneticamente modificate.

Questo è senza dubbio uno dei punti nodali di maggiore conflitto, laddove la pressione politica esercitata dalle organizzazioni indigene, contadine, ecologiste e da alcune Ong ottiene la dichiarazione dell' Ecuador quale paese libero da semi e colture Ogm, ma non riesce ad evitare due aspetti che indeboliscono tale affermazione costituzionale. Da un lato,

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infatti, viene introdotta una clausola che la rende derogabile, sotto richiesta della Presidenza della Repubblica, nell'eventualità di casi eccezionali e d'interesse nazionale. Dall'altro lato, la proibizione non include l'ingresso di materie prime o prodotti elaborati contenenti Ogm. Ciò risponde agli interessi di importanti imprese, non solo agroindustriali ma anche impegnate nell'allevamento, dato il ricorso all'importazione di mangimi o di materia prima per produrli. Così il relativo articolo presenta un testo di mediazione fra interessi diversi:

Art. 401.- Se declara al Ecuador libre de cultivos y semillas transgénicas. Excepcionalmente, y sólo en caso de interés nacional debidamente fundamentado por la Presidencia de la República y aprobado por la Asamblea Nacional, se podrán introducir semillas y cultivos genéticamente modificados. El Estado regulará bajo estrictas normas de bioseguridad, el uso y el desarrollo de la biotecnología moderna y sus productos, así como su experimentación, uso y comercialización. Se prohíbe la aplicación de biotecnologías riesgosas o experimentales. (Gobierno del Ecuador 2008:179)

La questione degli Ogm, come vedremo, si confermerà quale nodale nei dibattiti sulla legislazione organica sulla sovranità alimentare e su quella ad essa subordinata così come occupando, reiteratamente, il dibattito nazionale, con il presidente Correa schierato apertamente in favore della deroga al divieto degli Ogm e alcune delle organizzazioni di Vía Campesina che tenteranno mediare invitando a un "gran dialogo nazionale" che dissolva i dubbi e permetta una decisione collettiva.

Tornando al testo costituzionale, si include la generazione di sistemi equi per la distribuzione e commercializzazione degli alimenti, grazie al rafforzamento di reti di produttori-consumatori e di relazioni eque tra ambiti urbani e rurali (Art. 281, punti 10 e 11). Col fine di promuovere l'autosufficienza nell'accesso al cibo, vengono individuate come responsabilità dello Stato l'adozione di politiche fiscali, tributarie e doganali che proteggano la produzione agroalimentare e peschiera nazionale ed evitino la dipendenza dalle importazioni (punto 2) e la proibizione di pratiche monopolistiche e speculative intorno al cibo (punto 11).

Un freno ai processi di accaparramento delle terre per la produzione di agrocombustibili è inserito fin dal Preambolo (Art. 15), che specifica che la sovranità energetica non potrà andare in detrimento di quella alimentare. Sempre in relazione a processi di accaparramento, il testo costituzionale stabilisce un ordine di prelazione nella gestione dell'acqua, collocando l'irrigazione per la produzione alimentare subito dopo il consumo umano (Art. 318). Qui l'acqua viene dichiarata come patrimonio nazionale strategico ad uso pubblico, quale dominio inalienabile e imprescrittibile dello Stato, proibendone dunque qualsiasi forma di privatizzazione ed optando per una gestione esclusivamente pubblica o comunitaria.

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D'altronde, già tra i principi generali ed introduttivi al titolo sul regime del buen vivir, si esplicita la questione dell'accesso ai mezzi di produzione,104 declamando che la loro

distribuzione egualitaria, assieme a quella dei benefici dello sviluppo e alla generazione di lavoro degno e stabile, debba essere alla base della costruzione di un sistema economico giusto, democratico, produttivo, solidale e sostenibile (Art. 276).

La sezione dedicata al buen vivir riprende poi la spinosa questione dell'accesso ai mezzi di produzione nel capitolo sulla sovranità Alimentare (Cap. IV) e, successivamente, nel capitolo sul lavoro e sulla produzione (Cap. VI), con una parte intitolata ai "Settori strategici, servizi ed imprese pubbliche". Viene identificata come esplicita responsabilità dello Stato la promozione di politiche redistributive che permettano al settore contadino l'accesso alle risorse produttive, in particolare acqua e terra (Art. 281, punto 4). La redistribuzione è qui sancita dunque come necessaria, ma senza entrare nel merito delle modalità per garantirla. Esse appaiono solo nel testo che segue (punto 5) e che diviene cruciale ai fini della nostra analisi: viene richiamata la necessità di meccanismi preferenziali per il finanziamento dei piccoli e medi produttori (uomini e donne) in modo da facilitare l'acquisizione di mezzi di produzione. È solo qui che nel testo costituzionale ritroviamo indicazioni sostanziali sulle modalità concrete per promuovere l'accesso e la ridistribuzione dei mezzi di produzione.

L'accesso alla terra e all'acqua vengono ripresi e sviluppati a parte, sempre nel capitolo sulla sovranità alimentare (Art. 282), laddove si indica che la prima dovrà compiere una funzione sociale ed ambientale105 e che dovrà essere accessibile a contadini (uomini e

donne), in forma equitativa, anche attraverso la regolamentazione attuata dal Fondo Nazionale della Terra, da istituire per legge. Qui si proibiscono i latifondi e la concentrazione della terra, così come l'accaparramento o la privatizzazione dell'acqua, risorsa da gestire in base a principi di equità, efficienza e sostenibilità ambientale. Più avanti il testo, in una sezione dedicata ai "tipi di proprietà" (Art. 323), introduce la possibilità che le istituzioni statali possano ricorrere, per ragioni di interesse sociale o di utilità pubblica, all'espropriazione di beni dietro indennizzo o pagamento, restandone esplicitamente proibita, però, la confisca; una specificazione inserita a tutela, chiaramente, degli interessi dei proprietari terrieri che potrebbero essere colpiti dai processi redistributivi.

104 Nel testo costituzionale viene utilizzato sia il termine risorse, da ridistribuire, ma senza specificare come,

sia mezzi, da acquisire attraverso finanziamenti agevolati; altrove si ricorre invece al termine fattori. Nella nostra analisi ricorriamo ai termini utilizzati dalla Costituzione nei rispettivi articoli in esame, sebbene l'uso ambiguo di essi possa generare confusione.

105 Ad oggi però, come vedremo, la modalità per valutare se le due funzioni, sociale ed ambientale, siano

rispettate o meno nell'uso della terra resta indefinita; ciò ha reso irrealizzabile qualsiasi azione redistributiva ispirata a queste dichiarazioni costituzionali.

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La questione della democratizzazione dei fattori di produzione viene poi ripresa nella sezione intitolata esplicitamente ad essa, che affida allo Stato l'impegno di promuovere (ma non garantire) l'accesso equitativo ai fattori di produzione, dovendo evitare la concentrazione o l'accaparramento dei fattori e delle risorse produttive (qui sì vengono nominate entrambe), promuovere la loro redistribuzione ed eliminare privilegi o disuguaglianze nell'accesso ad essi, con anche misure specifiche e dirette alle donne produttrici (Art. 334). Questa sezione si chiude sottolineando la promozione dei servizi finanziari pubblici e la democratizzazione del credito come ulteriore responsabilità statuale.

Passando ad altri temi, si registra un passo rilevante rispetto agli acquisti pubblici e alla rivendicazione ricorrente nell'agenda politica promossa dalla Mesa Agraria del rifornimento attraverso produzioni contadine: il capitolo sulla sovranità alimentare include discriminazioni positive nei confronti delle micro, piccole e medie unità produttive e delle iniziative di economia popolare e solidale nel rifornimento di prodotti e servizi per gli enti pubblici (Art.288).

In modo analogo, un'altra delle questioni al centro delle lotte contadine per salvaguardare l'autonomia produttiva viene raccolta nel testo costituzionale: la difesa e il controllo dei semi. Il testo approvato introduce tra i diritti collettivi (delle comunità, popoli e nazionalità) quello di mantenere, proteggere e sviluppare le risorse genetiche che contengono la diversità biologica, compresa l'agrobiodiversità (Cap IV, Art. 57, punto 12), la conservazione della quale viene dichiarata d'interesse pubblico (Art. 400). Da parte sua il capitolo dedicato alla sovranità alimentare include tra le responsabilità statuali quella di promuoverne la preservazione ed il recupero tanto della diversità agricola quanto dei saperi ad essa relazionati; ma, soprattutto, dichiara libero l'uso, la conservazione e l'interscambio di semi (Art. 281, punto 6).

In relazione all'esercizio della proprietà intellettuale, che a livello generale viene riconosciuta in accordo con le condizioni stabilite dalla legislazione, si vieta qualsiasi forma di appropriazione dei saperi collettivi così come delle risorse genetiche che contengono la diversità biologica ed agricola (Art. 322). Tuttavia, in sintonia col Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per l'Agricoltura e l'Alimentazione della FAO (TIRFAA)106 si

riconosce la sovranità dello Stato, ma non dei popoli o delle comunità, sulla biodiversità (Art. 400) e si proibisce la concessione di diritti, compresi quelli di proprietà intellettuale, su prodotti derivati o sintetizzati ottenuti a partire dal sapere collettivo associato a tale patrimonio nazionale (Art. 402). Si prevede, inoltre, di evitare la firma di trattati

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internazionali che possano mettere a repentaglio la conservazione e gestione sostenibile della biodiversità (Art. 403).

In questo modo, sebbene non vengano mai nominati in quanto tali, viene costituzionalizzata una parte rilevante dei diritti degli agricoltori, come previsto dal trattato della FAO (il TIRFAA, nell'art.9), e dei diritti contadini come proposti da Vía Campesina.107

Il testo costituzionale, nonostante le indefinizioni sottolineate, nel suo complesso fissa una sfida nazionale: quella di una transizione da un modello corporativo verso un orizzonte ispirato alla sovranità alimentare (Figura 4).

Figura 4- La transizione alla sovranità alimentare nella Costituzione Ecuadoriana

Fin qui le assonanze, più o meno marcate, con la proposta della sovranità alimentare per come intesa da Vía Campesina.

Restano però zone d'ombra, la cui definizione è rimandata alla legislazione subordinata ma la cui irresoluzione ha lasciato aperto lo spazio per vere e proprie dissonanze. In effetti, l'attitudine costituente non è costante nel mutuare il senso attribuito dalle organizzazioni e

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dai movimenti sociali al regime di sovranità alimentare, e dunque emergono discrepanze intorno alle misure ed azioni da intraprendere per costruirlo.

Vale la pena, dunque, soffermarsi in un breve bilancio dei risultati raggiunti dalla Mesa Agraria con la sua campagna diretta ad influenzare la scrittura del nuovo testo costituzionale. Esso sarà breve, perché la Mesa Agraria, come abbiamo visto, mutua la proposta della sovranità alimentare da quella globale di Vía Campesina; dunque, l'ulteriore esercizio comparativo che ci proponiamo riflette concordanze e discordanze analoghe a quelle già descritte nella comparazione tra la proposta di Vía Campesina e il testo costituzionale (Allegato 3).

La proposta della Mesa Agraria definisce la sovranità alimentare come il diritto dei popoli, comunità e paesi a determinare le proprie politiche in modo che siano adattate alle condizioni specifiche ecologiche, economiche, sociali e culturali. A tal fine stabilisce due grandi obiettivi. Il primo è garantire la sovranità e la sicurezza alimentare della popolazione, a partire dalla produzione nazionale, attraverso sistemi agroecologici che proteggano l'agrobiodiversità e promuovano le agricolture contadine, favorendo la redistribuzione di terra, acqua e servizi per l'agricoltura. Il secondo si propone una rivoluzione agraria, intesa come un cambiamento radicale delle politiche agroalimentari che metta l'agricoltura al centro di un nuovo modello di sviluppo. Questo deve prevedere la redistribuzione della terra, la deprivatizzazione dell'acqua, la difesa e la conservazione del patrimonio biodiverso, così come dei saperi ad esso associati. Per sostenere tale rivoluzione agraria viene suggerita la costituzione di un fondo equivalente al 10% del bilancio generale dello Stato (Mesa Agraria 2007: 23, 24).

La Mesa Agraria, nel dettagliare proposte e azioni, riprende le rivendicazioni sull'accesso ad acqua e terra, richiamando la de-privatizzazione della prima e la redistribuzione della seconda, attraverso una "riforma agraria integrale" che preveda anche il riordinamento territoriale e la titolazione delle terre. Tuttavia, l'unico meccanismo concreto suggerito per la ridistribuzione terriera è l'espropriazione delle terre oziose o che non compiano funzioni sociali o ambientali, a partire dalle proprietà confiscate dalla Agencia de Garantía de Depósitos (AGD) alle banche fallite dopo la crisi di fine anni Novanta.

I principi proposti all'Assemblea Costituente, dalla Mesa Agraria, vengono in gran parte ripresi ed istituzionalizzati, poiché, in primo luogo, vengono previste politiche di protezione alla piccola e media produzione: controllo importazioni, approvvigionamento degli acquisti pubblici, redistribuzione della terra, non privatizzazione dell'acqua, misure positive per accesso a credito e canali di commercializzazione, filiere corte. In secondo luogo, viene

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considerato l'incentivo alla produzione sana ed ecologica degli alimenti: produzione agroecologica, difesa dell'agrobiodiversità e dei saperi locali, principio di precauzione verso Ogm e prodotti chimici tossici.

Come parte integrante della proposta della Mesa Agraria, vi erano poi altri assi tematici, complementari a quelli più propriamente produttivisti qui affrontati. Essi si riferivano all'accesso a salute e educazione di qualità così come al sistema pensionistico e previdenziale contadino, nel quadro di un modello di sviluppo rurale equitativo. Anche in