Fin dai primi anni Novanta, in reazione alle trasformazioni imposte dal neoliberismo, continue ondate di proteste sociali scuotono il paese andino. Mirate a contrastare la logica ed i risultati dell'aggiustamento strutturale, esse bloccano i trasporti e i commerci ed arrivano, in ripetute occasioni, a destabilizzare i governi in carica. Lo scontro vede da un lato le élite economiche, tutelate dall'apparato statale ed interessate a declinare il cambiamento a loro favore, e dall'altro movimenti sociali, sindacati e partiti politici di sinistra impegnati ad impedire la svolta neoliberista.
Queste lotte facevano seguito alle crescenti rivendicazioni di ampi settori popolari, rurali ed urbani, esclusi dai benefici e dall'euforia dei boom economici dei decenni precedenti. In effetti, il rilancio "sviluppista" degli anni Settanta, centrato sull'industrializzazione per sostituzione delle importazioni e sul lievitare del debito estero, pur permettendo un aumento della ricchezza e delle capacità di consumo dei settori medi e alti, non era stato capace di ristrutturare le basi produttive nazionali, né di intaccare i radicati meccanismi di diffusa esclusione sociale.
Altri fattori, oltre quelli già menzionati, contribuiscono ad esacerbare le tensioni sociali e favoriscono una generalizzata sfiducia nei confronti del sistema politico: il circolo vizioso del pagamento del servizio per il debito estero e la correlata drastica riduzione della spesa sociale, i processi di rinnovata concentrazione della ricchezza, la pervasiva evasione fiscale, il progressivo collasso del sistema bancario nazionale, la violazione delle istituzioni democratiche, l'inefficienza e la corruzione dilagante sia nel settore pubblico sia privato (Acosta 2006).
Le proteste sociali si moltiplicano e si alimentano di una notevole effervescenza collettiva in reazione ai processi di deterioramento delle condizioni sociali, ambientali e politiche nel paese.
Emerge, inoltre, un fenomeno inedito, che altera drasticamente il panorama politico: i popoli indigeni emergono come soggetti politici che reagiscono con forza alla
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subordinazione ad essi imposta da secoli, riuscendo a catalizzare le proteste sociali e ad aggregare una eterogeneità di movimenti sociali. Durante gli anni Ottanta, queste realtà avevano consolidato la loro organizzazione ed agenda, fino ad arrivare alle mobilitazioni degli inizi anni Novanta che coinvolgono migliaia di contadini indigeni, specie della Sierra andina, nell'occupazione di strade, piazze ed uffici pubblici.
Così le rivendicazioni indigene si aprono strada accanto a quelle di natura più classista che avevano caratterizzato le lotte contadine dei decenni precedenti. Tra le principali istanze vi sono innanzitutto l'accesso alla terra, la legalizzazione e la difesa dei territori ancestrali, specie in Amazzonia contro la contaminazione petrolifera, l'incessante deforestazione e le pressioni subite da parte dell'agroindustria e dell'industria del legname. In secondo luogo, è rivendicata la plurinazionalità dello Stato come strategia contro le pratiche subite di dominio e di violenza reale, simbolica ed epistemica (Dávalos 2005). Infine, si mira ad allargare gli spazi di rappresentazione all'interno delle istituzioni pubbliche e al riconoscimento ufficiale delle lingue native. Tali battaglie sono persistentemente attraversate dalla denuncia delle violente trasformazioni imposte dalle politiche neoliberiste, considerate generatrici di mutamenti radicali delle modalità d'accesso alla terra, dell'impiego rurale, dell'articolazione ai mercati e della distribuzione della ricchezza oltre che per il loro violare gli equilibri degli ecosistemi locali (Guerrero e Ospina 2003).
Il movimento indigeno è composto da organizzazioni comunitarie, provinciali e regionali, differenziate al loro interno secondo la rispettiva provenienza (Costa, Sierra ed Amazzonia), ma raggruppate a livello nazionale per lo più nella Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador (CONAIE), nata nel 1986 e leader indiscussa di tale innovativo movimento. Vi partecipano anche altre organizzazioni, come la Federación Nacional de Organizaciones Campesinas e Indígenas (FENOC-I)31 e la Federación
Ecuatoriana de Indígenas (FEI).
Questo movimento diviene l'emblema della reazione alla crisi economica e al pacchetto delle politiche di aggiustamento strutturale. La rivendicazione del diritto alla diversità e la critica ai modelli dominanti di democrazia e di sviluppo, in quanto etnocentrici ed escludenti, svolgono un ruolo cruciale nell'opposizione simbolica contro il pensiero unico neoliberista (Larrea et al. 1996; Dávalos 2005; Zamosc 2009). Così il movimento indigeno irrompe nella scena nazionale, riuscendo a catalizzare le proteste e ad aggregare una eterogeneità di soggettività sociali: organizzazioni contadine e di afroecuadoriani, di donne,
31 Oggi denominata Confederación Nacional de Organizaciones Campesinas, Indígenas y Negras de Ecuador
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realtà urbane, per la difesa dei diritti umani, sindacati del settore pubblico così come l'attivismo ambientalista ed ecologista.
Le proteste iniziano nel maggio del Novanta con l'occupazione dell'Iglesia de Santo Domingo in Quito promossa dall'alleanza tra la Confederación Nacional del Seguro Social Campesino e la Coordinadora Nacional Campesina (Confeunassc-Cnc).32 L'iniziativa è
seguita dal primo levantamiento (giugno 1990), guidato dalla principale organizzazione indigena, la Conaie, che vede migliaia di contadini indigeni, specie della Sierra andina, mobilitarsi ed occupare strade ed istituzioni.
Nel 1992 una marcia da Pastaza verso Quito rivendica la difesa dei territori indigeni dell'Amazzonia. In aggiunta, numerose mobilitazioni vengono organizzate nel quadro della Campaña Continental 500 Años de Resistencia Indígena, Negra y Popular, criticando la commemorazione della colonizzazione spagnola, denunciandone gli impatti ed annunciando la controffensiva dei popoli indigeni ed afro-discendenti.
Nel 1994 un levantamiento si oppone alla Ley de Desarrollo Agrario33 poiché incentiva la
privatizzazione delle terre; questo sciopero generale, paralizza il paese per dieci giorni, obbligando il governo a modificarne il testo (Larrea et al. 1996). Esso è organizzato dalla Coordinadora Agraria Nacional, integrata dalle organizzazioni indigene principali (CONAIE e FEI) e dalle federazioni contadine qui studiate.34
In questo quadro di ampie alleanze, i movimenti sociali raggiungono la vittoria nel plebiscito, promosso in particolare dall'alleanza Confeunassc-CNC, contro la privatizzazione della previdenza sociale (1995), fatto che precederà di poco la costituzione del Movimiento Plurinacional Pachakutik-Nuevo País (1996). La fondazione di questo movimento politico sancirà di fatto l'entrata del movimento indigeno nella disputa politico- elettorale, segnando la transizione da un'agenda essenzialmente basata sulla questione indigena verso un progetto nazionale con la finalità di convogliare le rivendicazioni degli esclusi del paese e promuovere nuove forme radicali di democrazia e di Stato (Larrea Maldonado 2004).
Nel 1997 i movimenti sociali si impegnano attivamente nella caduta del presidente Bucaram, così come nel processo Costituente della fine degli anni Novanta, senza però essere in grado di impostare e conquistare un programma economico anti-neoliberista
32 Anche la Confeunassc e la Cnc sono tra le federazioni protagoniste del nostro studio di caso. 33 Emessa il 14 giugno 1994.
34 abyayala.nativeweb.org/ecuador/agrarian/agrar1.html [Consultato nell'Agosto 2013] Sebbene in questo
documento non appaia la firma della Cnc, tanto nelle interviste realizzate (Interviste: 7,16,20) come in Muñoz (2010) risulta la partecipazione della Cnc nella Coordinadora Nacional Agraria.
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(Ramírez Gallegos 2010), ad eccezione della questione del sistema previdenziale per il settore contadino.
In quegli anni le campagne ambientaliste crescono intorno alla difesa delle foreste tropicali e delle mangrovie. In questo contesto, l'organizzazione ecologista Acción Ecológica lancia su scala globale il concetto di "debito ecologico", con l'obiettivo di dare visibilità alla responsabilità del "Nord" nei confronti del "Terzo Mondo", relativamente al degrado ambientale mondiale prodotto, e di denunciare l'illegittimità del debito estero (Paredis et al. 2007).
In quel fine di decennio, a fronte del collasso economico e bancario e delle misure intraprese dal governo, insorgono nuove mobilitazioni: nel marzo 1999 uno sciopero generale contro l'aumento dei prezzi del combustibile ed il congelamento dei depositi, anticipa il nuovo levantamiento del luglio 1999. Con la toma (occupazione) di Quito, le organizzazioni indigene e contadine, assieme ai lavoratori dei trasporti, assediano per una settimana il Parlamento ed il palazzo di governo obbligandoli al dialogo, poi interrotto in settembre con l'acuirsi della crisi. Il 21 gennaio 2000, dieci giorni dopo il decreto sulla dollarizzazione, esplodono le mobilitazioni (in corso già da varie settimane) e un triumvirato, composto dal leader (Antonio Vargas) della principale organizzazione indigena, la Conaie, e dal colonello Gutiérrez, assume il potere, obbligando il Presidente Mahuad ad abbandonare la carica. Sebbene il triumvirato dura poche ore, la partecipazione in esso di un rappresentante dei movimenti sociali e, in particolare, del movimento indigeno, testimonia la capacità destituente accumulata dagli attori sociali ecuadoriani, organizzati e guidati dalla componente indigena, che, per l'ennesima volta, conduce alla destituzione di un presidente. Evidenzia, anche, il peso conquistato nello scenario politico del paese che si materializza nella partecipazione, seppur per poche ore, al governo e, simbolicamente, nella huipala35 che sventola sul Palazzo Presidenziale al posto della bandiera nazionale.
Il vicepresidente, Gustavo Noboa, nominato come successore di Mahuad, ratifica la dollarizzazione, ma nel gennaio del 2001 deve affrontare un nuovo massivo levantamiento contro le misure economiche adottate, che riguardano l'aumento delle tariffe dei trasporti, del combustibile e del gas ad uso domestico.Un elemento innovativo importante di questo levantamiento, oltre all'adesione di diversi governi locali, è l'unità del cosiddetto "fronte rurale", vista la convocazione congiunta da parte delle organizzazioni indigene (Conaie e Feine) e di quelle più di carattere contadino (Fenocin e Confeunassc-Cnc), oggetto della nostra ricerca.
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Di nuovo, le mobilitazioni paralizzano il paese. Ma questa volta, alla guida, vi è un'alleanza più ampia, che riunisce le organizzazioni di matrice esplicitamente indigena con altre rurali, di carattere più marcatamente contadino e sindacale. Tale alleanza non solo riesce a convocare masse di indigeni, contadini e cittadini, ma anche ad ottenere l'adesione di governi locali, fra cui i cosiddetti "governi locali partecipativi", spesso governati da leader indigeni. In quell'occasione i collegamenti interprovinciali e il rifornimento delle città si paralizzano per due settimane, con un bilancio di sette manifestanti uccisi (Guerrero e Ospina 2003).
Le competizioni elettorali e la partecipazione diretta di parte delle organizzazioni (compresa la Conaie) nel governo di Lucio Gutiérrez (2003-2005), la spaccatura interna all'organizzazione indigena così come al Movimento Pachakutik, i processi di "normalizzazione" operati nei confronti delle organizzazioni indigene e contadine attraverso progetti finanziati con fondi internazionali, come quello denoninato Project for the Development of the Indigenous and Afro-ecuatorian people of Ecuador (PRODEPINE), sono tra i fattori che contribuiscono a debilitare la capacità di mobilitazione indigena e contadina durante la prima decade del ventunesimo secolo. Ospina (2009) presenta una rassegna delle argomentazioni addotte per spiegare la crisi, in particolare del movimento indigeno, suggerendo, però, l'aggiunta di una riflessione intorno ai limiti organizzativi interni, in particolare l'incapacità di gestire le differenziazioni, che non permisero continuare ad accumulare forza politica e poter così promuovere cambiamenti profondi e strutturali nella società ecuadoriana. D'altro canto, uno dei testimoni privilegiati ha descritto efficacemente il composito processo fatto di dispersione organizzativa e politica, interna alle stesse organizzazioni, e di normalizzazione operata attraverso i diversi strumenti della cooperazione internazionale e dello Stato:
A finales de los Ochenta, es decir con todo el replanteamiento de políticas neoliberales y todo eso, hay algunos temas que estaban presentes pero no lograban como encararse. Con las políticas bancomundialistas - ya que te viene a menos Estado y más sociedad civil- es cuando cobra impulso lo que se ubica como ONG y te llevaba a una lectura de que ya la tierra no era el problema, sino que tenías que ver problemas de comercialización, problemas técnicos, problemas de capacitaciones, etcétera, etcétera. Entonces quedaba como subyacente al interior una bandera histórica, que era la reforma agraria, que a medias se había hecho (...) El otro efecto que tienes es en el sentido de la territorialización, en la medida de que comienzan a conformarse instancias geográficamente más próximas de carácter regional, a veces manteniendo un vínculo y muchas veces diciendo: "nosotros por nuestra cuenta negociamos mejor". (...) ha sido la política de Banco Mundial ir generando concesiones a grupos de presión, grupos de poder y esto hace, por ejemplo, lo que ha sido la composición de muchas instancias de gobierno autónomas y que favorecen sectorialmente. Por ejemplo para las mujeres, para los indígenas [Intervista n.18, testimone privilegiato]
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Ad eccezione della mobilitazione prettamente urbana dei forajidos, che nel 2005 conduce alla cacciata del Presidente Lucio Gutiérrez (Ospina 2009; Ramírez Gallegos 2010),36 dopo
il 2001 le principali proteste nel paese furono animate dalle organizzazioni indigene, contadine ed ecologiste. Concentrate nella lotta al trattato regionale Acuerdo de Libre Comercio de las Américas e poi contro quello bilaterale, il Tratado de Libre Comercio (2004- 2006), con gli Stati Uniti, tali mobilitazioni denunciarono gli impatti, sui contadini e sulla biodiversità così come sull'incremento delle privatizzazioni, della firma di questi accordi di libero commercio.
L'instabilità politica è tale che, tra il 1996 e il 2006 si succedono sette presidenti, di cui tre destituiti anche grazie alle mobilitazioni sociali: Abdalá Bucaram (il 7 febbraio 1997), Jamil Mahuad (il 21 gennaio 2000) e Lucio Gutiérrez (il 20 aprile 2005).
Così, dopo più di un decennio scosso da ricorrenti e profonde crisi economiche, politiche e sociali, la proposta innovatrice del neonato movimento Alianza País, incarnata nella candidatura presidenziale di Rafael Correa e denominata Revolución Ciudadana, raccoglie un ampio consenso. Alianza País raggiunge la sua prima vittoria elettorale nel 2006, appropriandosi di alcune delle principali rivendicazioni dei movimenti sociali, ma senza stabilire ampie alleanze con essi. Tra le domande sociali raccolte, oltre al distanziamento dai meccanismi di assoggettamento imposti via debito estero (che viene definito illegittimo) e dal Consenso di Washington, vi è quella di convocare un processo costituente che trasformi radicalmente le istituzioni e il patto sociale. Alianza País alle elezioni del 2006 non aveva, però, presentato candidati a deputati per il Congresso Nazionale, scommettendo in una strategia che ben sintonizzava con la generalizzata ostilità degli elettori nei confronti del sistema tradizionale dei partiti. In questo quadro, un'Assemblea Costituente con pieni poteri rappresentava la strategia per governare il processo di cambiamento promesso durante la campagna elettorale, anche se la sua convocazione non era ben vista dalla maggioranza che controllava il Congresso.
Dopo pochi mesi dall'assunzione del mandato presidenziale e senza molti appigli legali, ricorrendo al Tribunale Supremo Elettorale, cinquantasette deputati vengono destituiti con l'accusa di ostacolare la convocazione di un Referendum popolare (Ramírez Gallegos 2010). Il Referendum, indetto per il 15 aprile 2007, vede più dell'81% della popolazione favorevole
36 La rivolta dei forajidos (i fuorilegge) scoppia agli inizi del 2005 per reclamare la destituzione del Presidente,
alla luce del suo allineamento con le politiche statunitensi (in particolare per la negoziazione del TLC) e agli orientamenti neoliberisti, così come per accuse di nepotismo, di corruzione e di sostegno ai partiti tradizionali. Riempiendo le piazze al grido "se ne vadano tutti" ed incitate dalla Radio La Luna della capitale, dove per lo più si concentrarono, le mobilitazioni ottennero la destituzione di Lucio Gutiérrez nell'Aprile 2005.
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alla convocazione dell'Assemblea Costituente. L'elezione dei suoi membri si realizza nel settembre 2007 ed il partito al governo ottiene 80 candidature delle 130 in disputa, tra cui alcuni esponenti di organizzazioni sociali; ad esse si sommano le candidature conquistate dalle forze progressiste.37
L'Assemblea Costituente, che inizia i suoi lavori nella cittadina costiera di Montecristi nel novembre 2007 sotto la presidenza di Alberto Acosta, un economista molto vicino ai movimenti sociali, è costituita dunque da una netta maggioranza favorevole al processo di cambiamento promesso da Alianza País. Ciò faciliterà la produzione di un patto sociale estremamente innovativo, fondato sull'istituzionalizzazione di un regime alternativo allo sviluppo, il buen vivir, basato sull'armonia tra esseri umani e di essi con gli ecosistemi ed entro cui, tra le altre questioni, vengono inclusi i diritti della Natura, la sovranità alimentare e la cittadinanza universale.