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La storiografia XIV – XVI

II. LUCA WADDING: CONTESTO STORIOGRAFICO E BIOGRAFIA

1. La storiografia francescana moderna

1.2 La storiografia XIV – XVI

In primo luogo, i secoli tra la fine del XV secolo e i primi decenni del XVI videro protagonisti gli osservanti: in particolare, significativi furono Bernardino Aquilano; Giacomo Oddi di Perugia; Nicola Glasseberger140 e Mariano da Firenze. È proprio

137 Ivi, p. 93.

138 Bertelli offre un elenco dei principali ordini religiosi sorti nel Cinquecento: i Teatini (1525); i Cappuccini

((1528); i Barnabiti (1533); i Somaschi (1540); i Gesuiti (1540); i fatebenefratelli (1572); gli Oratoriani (1575); i Camiliani (1585). Cf. S. Bertelli 1973, p. 117

139 Ivi, pp. 119 – 120.

140 Il moravo Nicola Glassberger nella sua Chronica narra la storia francescana dalle origini fino al 1485. È

lui stesso a definire il suo metodo storiografico di carattere compilativo («quae de hac re in diversis

chronacis ac aliis scriptis spersa reperi»). In particolare, è evidente il suo continuo rifarsi alla Chronica XXIV generalium Ordinis Minorum di Arnald da Serrant, alla Legenda Maior, alla Legenda trium Sociorum,

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con queste personalità che andrà formandosi una tendenza che giungerà fino agli Annales Minorum di Wadding: ci si riferisce alla costante preoccupazione di dimostrare la diretta discendenza della propria famiglia da Francesco d’Assisi.141 Tra le opere degli autori citati, quella che più rappresenta la nuova divisione è la Chronica fratrum minorum Observantiae di Bernardino Aquitano, con la quale l’autore si concentra unicamente sulle vicende intercorse tra osservanti e conventuali. Tra gli storici appartenenti a questo periodo, egli fu il solo a percepire la grande rottura realizzata dagli osservanti in seno all’Ordine: secondo lo scrittore questi ultimi, al fine di poter aderire più radicalmente alla Regola francescana, «tentaverunt simul congregari et a communi fratrum conversationi separari.» 142Infine, non fu indifferente l’influenza che la corrente spirituale esercitò nei confronti del suo lavoro: sarà questa una caratteristica che, in maniera sempre più occulta, accompagnerà la storiografia francescana di questo periodo.143

Giacomo di Oddi pubblicò nel 1446 lo Specchio dell’ordine dei Minori, opera meglio conosciuta come “La Franceschina”. Il collegamento di quest’opera con gli spirituali e con la famiglia osservante, di cui lui stesso faceva parte, è innegabile. Basti pensare, alla titolazione, la quale rimanda allo Speculum Perfectionis, che all’epoca era considerato di origini leonine. Ne è un chiaro segno anche l’utilizzo del volgare umbro,144da cui traspare il collegamento con la terra natale del Santo, e, di conseguenza, con il più primitivo francescanesimo.

A Giacomo Oddi va sicuramente attribuito il merito di aver incorporato assieme un gran numero di fonti, prendendo in considerazione anche la tradizione orale e le testimonianze inerenti agli episodi a lui più recenti. Tuttavia, mancando l’applicazione di un metodo critico alle fonti, La Franceschina si configura ancora legata alla storiografia dei secoli precedenti. In modo particolare, il testo umbro presenta una forte corrispondenza con il De Conformitate vite B. Francisci ad vitam

alla Chronica di Giordano da Giano, al De Conformitate di Bartolomeo da Pisa e alla Franceschina dell’Oddi. Cf. Da Campagnola 1979, p. 94.

141 Ibid. 142Ibid. 143 Ibid.

144 Stanislao Da Campagnola ne sottolinea la distanza rispetto al volgare dei Fioretti, il quale si

collocherebbe a metà strada tra le ambizioni classicheggianti e il primitivismo popolare. Il volgare de La

Franceschina, invece, sembrerebbe rispondere all’esigenza di un gran numero di frati, per i quali il latino

stava diventando di difficile comprensione. Si tratta della stessa motivazione che causò, già a partire dal XIV secolo, diverse operazioni di volgarizzamento: basti pensare agli Actus beati Francisci et sociorum

eius, alla versione volgare della Legenda Maior di Bonaventura e di alcuni scritti del Santo. Cf. Stanislao

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Jhesu Christi di Bartolomeo da Pisa:145 Giacomo Oddi realizzò un’opera di pietà e per ognuno dei tredici capitoli146aspirò a descrivere, personificandole nei compagni, le virtù di Francesco. 147 Infine, l’autore, nel narrare gli eventi delle origini francescane, incrementò gli elementi di carattere soprannaturale e fantasioso.148 Risale a quest’epoca il perduto149 Fasciculus Cronicarum Ordinis Minorum150 di Mariano da Firenze, il quale rivestirà un’importanza fondamentale per la successiva letteratura e storiografia francescana.151 È proprio grazie alla fortuna di cui godette che è possibile ricostruirne, almeno parzialmente, la struttura e il contenuto. In primo luogo, una descrizione generale dell’opera è contenuta in una lettera del 1682, di P. Francesco Narodi e nell’epistola che P. Giovan Maria da S. Croce indirizzò a P. Antonio Tognocchi da Terrinca, in data 15 maggio del 1693: essa risulterebbe composta da quattro libri, ognuno dei quali, presenterebbe un numero di capitoli differenti (il primo comprenderebbe diciotto o trenta capitoli; il secondo libro ne avrebbero trenta; il terzo sarebbe formato da soli quindici capitoli; il quarto ne conterebbe solamente quattordici, e il quinto ne avrebbe quarantanove).152 Inoltre, poi, il Wadding testimoniò la presenza di un’appendice per ognuno dei primi quattro libri.153 Inerentemente al contenuto, la critica è abbastanza concorde

145 Il De Conformitate vitae Beati Francisci ad vitam Domini Iesu è un trattato di vaste dimensioni e

composto da Bartolomeo da Pisa, tra il 1385 e il 1390. In esso viene argomentato il tema della perfetta conformità tra la vita di Cristo e la vita del Santo assisiate: Cristo, nel corso della sua esistenza terrena, avrebbe dato vita a quaranta frutti morali, ognuno dei quali corrisponderebbe a un aspetto caratterizzante la personalità di Francesco. Ivi., pp. 64 – 65.

146 L’autore definì i capitoli «veri libri, ad conforme dei tredici compagni del nostro glorioso Padre San

Francesco» Ivi., p. 97.

147 Ivi, pp. 95 – 96. 148 Ivi, p. 96.

149 Il momento e la modalità del suo smarrimento sono in parte oscure. Si è a conoscenza del fatto che l’opera

venne conservata fino e per tutto il tempo del Vicariato di P. Bernardino da Moncalvo. Successivamente, il Wadding se ne servì per la composizione degli Annales, offrendogli una nuova collocazione presso la biblioteca di S. Isidoro. La sua presenza in questo luogo è testimoniata per l’ultima volta da P. Giuseppe Maria Bellotti (il 21 marzo 1682); da P. Giovan Maria da S. Croce (15 maggio 1693) e, infine, da P. Francesco Higin (il 22 agosto 1769). Ivi. p 260.

150 La menzione di tale opera è presente in un gran numero di compilazioni: Mariano stesso, nel suo Tractatus Coronae B. Mariae Virginis, informa il lettore di una sua prossima opera intitolata appunto Chronica Ordins. Marco da Lisbona, il quale lo utilizzò ampiamente lo indica con il nome di “Croniche

Generali”. Numerosissimi sono i passi che il Wadding estrapola dal Fasciculus: le denominazioni con cui si riferisce ad esso sono diverse e vanno dalle semplici «Chronicae» nell’indice dei Codici Mss degli

Annales, alle «Mariani Florentini Historiae» nella sua «Epistola ad Lectorem». Sarà, solamente, il Narodi

ad attribuirgli il titolo di «Fasciculus Chronicarum Ordinis Minorum». Questo elenco rappresenta solamente una esigua porzione rispetto alla sconfinatezza delle opere che si rifanno al Fasciculus. Cf. Cannarozzi, 1930, p. 250.

151 Secondo Filippo Sedda il Fasciculus costituirebbe l’elemento di congiunzione tra l’epoca medievale e

quella moderna: Mariano da Firenze, da un lato, si sarebbe servito della storiografia dei secoli passati; dall’altro, avrebbe anticipato alcuni orientamenti tipici della modernità. Cf. Sedda 2016, p. 299.

152 Cf. Cannarozzi 1930, p. 256. 153 Ivi, p. 256.

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nel delimitare la narrazione degli episodi dalle origini del movimento francescano fino a una data che si aggira attorno al 1468 e il 1523.154

Secondo Giuseppe Abate, il Mariano ebbe il merito di approcciarsi al materiale raccolto con un alto rigore scientifico, servendosi esclusivamente di quei documenti e di quelle opere dotate di una valida storicità.155

Il valore del Fasciculus si deve al fatto che Wadding lo utilizzò come fonte principale per gli Annales Minorum.156 E’ però importante sottolineare che non tutti gli studiosi concordano circa tale dipendenza: Cannarozzi, ad esempio, è convinto che «non solo Wadding dipende da Mariano, ma cita senza conoscerle, le fonti dell’autore da cui dipende»157, al punto che gli Annales Minorum presenterebbero lo stesso contenuto del Fasciculus, semplicemente espresso con un latino più elegante.158 Differente è la posizione del Casolini, secondo il quale l’irlandese avrebbe costituito un grande mosaico, entro cui sapientemente inserì le tessere, solo alcune delle quali provenienti dal Fasciculus.159