Capitolo 1 – Narrazioni di malattia e medicina narrativa
1.2 Le illness narratives
1.2.1 La struttura della narrazione di malattia
Nel 1995 Arthur Frank propone tre modelli di narrazione e di trama delle illness narratives; i tre modelli possono sovrapporsi l’uno con l’altro in quanto difficilmente il racconto del sofferente può rientrare appieno in uno di questi tre modelli puri.
Il primo modello proposto da Frank è quello che lui definisce restituition
narrative, è la forma predominante di narrazione di malattia e di salute e
sottende la linea narrativa di base: “ieri ero sano, oggi sono malato, ma
domani sarò nuovamente sano”45. Frasi metaforiche come “come nuovo”
sono il cuore della restituition narrative. Frasi come queste, afferma Frank sono dei solleciti riflessivi riguardo ciò di cui parla la storia: la salute. In questo modello ritroviamo appieno il ruolo del malato inteso da Parsons, orientato verso la guarigione, in quanto deve e vuole ritornare al proprio stato di sano.
Un secondo modello narrativo della malattia proposto dall’autore è quello del chaos narrative che rappresenta l’estremo opposto di quello precedentemente descritto e non contempla in nessun modo miglioramenti nella condizione di salute ”Chaos is the opposite of restitution: its plot
imagines life never getting better”46. In questi racconti manca una struttura
narrativa forte, gli eventi sono raccontati senza una palese sequenza o causalità. La storia caotica, come propone Bert, è in verità una antinarrazione, come se la persona parlasse di sé senza in realtà essere capace di riflettere su se stessa. Frank a questo proposito osserva: “Benché
io continui a scrivere di storie caotiche come se venissero narrate, queste storie non possono venire letteralmente dette, ma possono essere solo
45 Ibidem, p. 77 46
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vissute”. Un esempio di narrazione caotica riportata da Kathy Charmaz47: la
narratrice è una donna affetta da malattia cronica, che descrive la sua vita con la madre affetta da Alzheimer, che non la vuole mai lasciare sola:
“And I am trying to get dinner ready and i am already feeling bad, she's in front of the refrigerator. Then she goes to put her hand on the stove an I got the fire on. And than she's in front of the microware and than she's in front of the silverware drawer. And- and if I send her out she gets mad at me. And then it's awful. that's when I have a really, a really bad time.”
La narrazione caotica è sempre oltre a ciò che può essere detto perché mancano le parole per esprimerlo. Il caos, dice Frank48, è un buco nel
discorso, che costringe a parlare sempre più velocemente per cercare di
nascondere la sofferenza con le parole.
Il terzo e ultimo modello narrativo che propone Frank è quello della quest
narrative, la narrazione di ricerca. Attraverso questa narrazione le persone
malate intendono la loro sofferenza come parte di quel viaggio che è la loro vita, vedono la malattia come una sorta di opportunità, la malattia è occasione di un viaggio che diventa ricerca. La storia di ricerca è una storia di scoperta e di apprendimento, in quanto la persona malata non sarà più la stessa che era prima della malattia. Nel narrare la sua vita descriverà l’arrivo della malattia come un “punto zero”: al termine della ricerca il narratore non troverà più la stessa vita e lo stesso mondo che c’era prima della malattia.
47 K. Charmaz, Good Days, Bad Days, The Self and Chronic Illness in Time, New
Brunswick, Rutgers University Press, 1991, p. 173
48 Frank A.W., The wounded storyteller: body, illness and ethics, Chicago, University of
37 Bury in un articolo pubblicato nel 200149, afferma che nella creazione di una struttura per l’analisi delle illness narratives sia utile fare riferimento a tre forme generali di narrazioni: contingent narratives, moral narratives e core
narratives.
Sotto la categoria delle “narrazioni contingenti” (contingent narratives) l’analisi si focalizza su quegli aspetti della storia narrata che hanno a che fare con le ipotesi, le credenze o le conoscenze dei fattori che hanno influito sull’inizio della malattia, sull’emersione dei sintomi, gli effetti sul proprio corpo, su se stessi e su chi è vicino.
Le concezioni sulla malattia nella società moderna, in relazione alle sue caratteristiche contingenti, continua Bury, si possono poi suddividere in due ulteriori tipi generali: da un lato, si individua una visione categorica della malattia basata sulla distinzione tra ciò che è normale e patologico, nella quale i segni e i sintomi oggettivi sono divisi tra conosciuti o stati ritenuti normali, mentre l’inizio e il decorso della patologia è relativamente chiaro; dall’altro lato, si individua una visione spettrale in cui la distinzione tra la malattia e la patologia sono in stretta relazione con le circostanze sociali. Nello studio sull’artrite cronica condotto da dall’autore50 (1982), ha notato che le narrazioni dei pazienti alternavano continuamente spiegazioni basate su idee e percezioni personali a quelle degli esperti, senza poter porre dei confini netti tra le due concezioni.
Bury denomina la seconda categoria “narrazioni morali” (moral narratives), la quale introduce una dimensione valutativa nei legami tra ciò che è sociale e ciò che riguarda il personale. Coloro che sono affetti da una malattia cronica cercano di rendere conto e di giustificare se stessi di fronte al rapporto con il proprio corpo, con la società e col sé, alterate dalla malattia. La narrazione diventa quindi uno strumento per mettere ordine nelle
49 M. Bury., Illness Narratives: Fact or Fiction?, Sociology of Health and Illness, vol. 23, n.
3, pp.263-265, 2001
50 M. Bury., Chronic Illness as Biographical Disruption, Sociology of Health and Illness,
38 esperienze negative e distruttive con cui si è costretti a convivere. Gli elementi morali, afferma Bury, mettono in luce gli sforzi che molti individui fanno per apparire “normali” di fronte agli altri e per poter presentare un self virtuoso. In alcuni casi, le narrazioni testimoniano che l’esperienza distruttiva di malattia può essere vissuta in maniera positiva e attiva, trasformandola nella scoperta di un sé diverso, rinnovato e più consapevole. Le core narratives infine, così come le narrazioni contingenti e morali, prevedono il tentativo di ordinare l’esperienza in una sequenza temporale, dall’inizio dei sintomi, la diagnosi, il trattamento e il decorso, per dare espressione alle nuove relazioni tra il corpo, il sé e la società esterna. Rispetto alle altre narrazioni però, esse sono in grado di rivelare le forme culturali sottostanti concentrandosi sugli elementi più descrittivi e tipici della quotidianità. Quando una persona racconta la sua esperienza lo fa attraverso le proprie categorie culturali: utilizza quindi delle precise forme di linguaggio, stereotipi o pregiudizi diffusi, altri elementi simbolici e linguistici che influenzano ciò che viene detto e come viene espresso. Prendendo come riferimento gli studi di Burke (1937), Gergen and Gergen (1983) e Kelly (1994), Bury identifica una serie di generi che tendono a caratterizzare tutte le forme di narrazioni: epica o eroica, tragica, comica o ironica, romantica e didattica. Si può notare che, nonostante ogni persona contamini nei suoi racconti vari tipi di trame, tutte le storie sono raccontate entro una precisa forma narrativa. L’autore inoltre afferma che non ha importanza il racconto della propria esperienza sia un processo voluto o inconscio, quello su cui è necessario prestare attenzione è che tali core
narratives sono delle risorse culturali disponibili alle persone per foggiare la
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1.2.2 Inquadramento metodologico ed epistemologico delle illness