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La teoria dei network e la teoria dei sistemi migrator

Capitolo Secondo LE TEORIE MIGRATORIE

2.2 La perpetuazione delle migrazion

2.2.1 La teoria dei network e la teoria dei sistemi migrator

Sebbene le motivazioni strettamente economiche consentono di spiegare parte dei compor- tamenti che spingono gli individui a migrare, queste risultano altrettanto insufficienti a spie- gare il complesso fenomeno migratorio.

Nel tentativo di superare i limiti delle teorie precedenti, i migration studies degli ultimi vent’anni hanno tentato di elaborare alcune tesi, tra le quali hanno riscosso grande fortuna la teoria dei

network che ha le sue radici nella geografia e la teoria dei sistemi migratori che ha origini dalla

sociologia e dall’antropologia200.

La teoria dei network non esamina i fattori determinanti che danno avvio alla migrazione ma, piuttosto, concepiscono le migrazioni come incorporate in reti sociali che attraversano lo spazio e il tempo, e sorgono, crescono, infine declinano201. Spiega, altresì, i motivi per cui i modelli migratori non sono distribuiti in modo uniforme nei vari paesi, ma tendono a for- mare i cosiddetti regimi di migrazione e, a differenza dei modelli neoclassici il quale assu- mono i costi migratori costanti o esogeni, presuppone che la presenza di una rete di migranti in una zona d’accoglienza incoraggia delle nuove partenze riducendo i costi e rischi della migrazione202.

I network migratori vengono definiti come: complessi di legami interpersonali che collegano migranti, ex-migranti e non migranti nelle aree di origine e di destinazione, attraverso i vincoli di parentela, amicizia e comunanza di origine203.

Secondo Sonja Haug cinque meccanismi spiegano come i legami comunitari e familiari in- fluenzano la presa di decisione: le affinità, l’informazione, l’agevolazione, i conflitti e l’inco- raggiamento204.

1. L’affinità: l’esistenza di parenti ed amici nel luogo di residenza riduce la tendenza a migrare. Fattori non economici come stretti legami con una comunità, forti legami sul territorio, altri investimenti in una comunità e le difficoltà di assimilazione in una

200 S. Castles and M. J. Miller, L’era delle migrazioni. cit. p. 51 201 M. Ambrosini, Sociologia delle migrazioni, cit. p. 43

202 F. Gubert, Pourquoi migrer? Le regerd de la Thèorie Économique. Regards croisés sur l’économie 2010/2 (n°8) La

Découverte, (pp. 96-105), p.103

203 D. S. Massey et al, Theories of International Migration. cit. p. 448

204 S. Haug, Migration Networks and Migration Decision-Making, in Journal of Ethnic and Migration Studies Vol. 34,

70 nuova comunità alimentano la tendenza a non migrare. Le reti sociali nel luogo di residenza sono un fattore preventivo.

2. L’informazione: quando parenti e amici vivono già in posti diversi, aumenta la pro- pensione a migrare. Inoltre, la migrazione verso questi luoghi diventa più attraente perché le condizioni di vita (come ad esempio l’opportunità di lavoro) sono note. Maggiore è la distanza tra il luogo di origine e il luogo di destinazione, meno infor- mazioni circolano. Le numerose relazioni che si hanno sul luogo di destinazione e, quindi, i molteplici canali d’informazione forniti da queste, sono i più influenti nella decisione di migrare. Le reti sociali nel luogo di destinazione sono un fattore di attra- zione.

3. L’agevolazione: parenti e amici promuovono e incanalano la migrazione verso i loro luoghi di residenza, facilitando l’adeguamento alla nuova sede; ad esempio la ricerca del lavoro, il supporto materiale, l’incoraggiamento, la disposizione di nuovi legami sociali. Le reti sociali nel luogo di destinazione sono un fattore di attrazione.

4. I conflitti: anche quelli intra-familiari all’interno della comunità causano la migra- zione. Le reti sociali nel luogo di residenza possono quindi fungere da fattore di spinta.

5. L’incoraggiamento: le famiglie possono incoraggiare i membri della loro famiglia a migrare per lavoro; ad esempio come una strategia per assicurare il reddito familiare. Le reti sociali nel luogo di residenza sono un fattore di spinta.

La caratteristica principale riguardante la teoria dei network sono le reti sociali e le reti mi- granti, il quale spesso si evolvono in strutture istituzionali, che aiutano a spiegare perché la migrazione continua anche quando i differenziali salariali o le politiche di reclutamento ces- sano di esistere. L’esistenza di reti facilita la migrazione, in quanto, queste alle volte sono: delle sorgenti d’informazioni, dei fornitori di aiuto e sostegno per il viaggio e l’installazione in un paese di destinazione. Alcune reti, tuttavia, possono anche avere un effetto di freno diffondendo informazioni, dissipando delle illusioni sulle prospettive migratorie o coinvol- gendo dei vincoli supplementari per i migranti. L’attenzione rivolta alle reti è quindi un modo per analizzare le migrazioni come: processi sociali a lungo termine, dotati di proprie dinamiche intrinseche, dove le decisioni individuali si inseriscono all’interno dei gruppi sociali che a loro volta si frappongono e mediano tra le condizioni sociali ed economiche determinate a livello

71 macro e gli effettivi comportamenti migratori soggettive; e come fenomeni sociali, non sempli- cemente governati dalle leggi della domanda e dell’offerta, da variabili demografiche o dai rapporti politici.

Se i fattori push - pull rendono probabili le migrazioni, essi non spiegano quali persone mi- grano; i networks, al contrario, aiutano a comprendere questo aspetto in quanto attraverso essi i migranti seguono una direzione già tracciata da migrazioni precedenti sulla base di ciò che viene identificato come catena migratoria205. Tale concetto è parso già negli anni Sessanta per

spiegare le traiettorie degli emigranti dell’Europa meridionale e spiegava soprattutto i mecca- nismi di richiamo che attraevano nuovi soggetti verso le destinazioni dove i congiunti ave- vano già costituito delle teste di ponte; al contrario, il concetto di network abbraccia un più ampio arco di fenomeni sociali, che fanno riferimento ai processi di inserimento nel mercato del lavoro, di insediamento abitativo, di costruzione di legami di socialità e mutuo sostegno, di rielaborazione culturale, nel senso del mantenimento, della riscoperta, della ridefinizione, o, come altri sostengono, della “reinvenzione” dell’identità “etnica” nelle società ospitanti206. La catena migratoria, ad esempio dall’Italia agli Stati Uniti, può essere descritta come un processo che prevede tre fasi207: 1) migrazione pioneristica o migrazione dei padroni, 2) mi- grazione di lavoro e 3) migrazione familiare. Per i migranti pionieri la situazione è molto più difficile rispetto ai migranti successivi: devono decidere dove andare, devono trovare lavoro velocemente e affrontano costi e rischi eccezionalmente elevati, perché non esistono ancora reti migratorie che aiutino a stabilire e mantenere legami sociali che potrebbero fornire risorse utili.

L’interesse teorico deriva anche dalla visione dei network migratori come elementi di agency208, cioè di iniziativa autonoma e di protagonismo dei migranti, che attraverso i legami di rete attivano nuovi processi migratori, contribuiscono a determinare le modalità di inserimento, sviluppano forme di mobilità sociale. Il migrante, inserito in una rete non è un individuo isolato, che fluttua in un vuoto sociale, senza avere altri punti di riferimento che il suo inte- resse razionale, e risponde a stimoli di mercato e a regole burocratiche, bensì, sono esseri

205 L. Zanfrini, Sociologia delle migrazioni. cit. p. 100

206 Stranieri in Italia, Reti migranti, F. Decimo e Giuseppe Sciortino (a cura di), Società Editrice il Mulino, Bolo-

gna, 2006, p. 24

207 S. Haug, Migration Networks and Migration Decision-Making, cit. p. 590 208 Stranieri in Italia, Reti migranti, cit. p. 24

72 sociali, che cercano di raggiungere migliori esiti per sé stessi, le loro famiglie e le loro comu- nità, modellando attivamente i processi migratori (concetto di migrant agency209).

La teoria dei network è strettamente legata alla teoria dei sistemi migratori210, l’ipotesi principale di questa suggerisce che le migrazioni alterano le condizioni sociali, culturali, economiche e istituzionali sia nei paesi di partenza che in quelli d’arrivo e formano un intero spazio di sviluppo nella quale operano i processi migratori.

Il principio di base dei sistemi migratori è che ciascun movimento può essere conseguenza di micro e macrostrutture interagenti e in relazione tra di loro attraverso numerosi meccanismi intermedi, cioè le mesostrutture.

Le macrostrutture fanno riferimento a fattori istituzionali su vasta scala e racchiudono l’econo- mia politica del mercato globale, i rapporti tra gli stati e le leggi, le strutture stabilite dagli stati d’origine e di destinazione per controllare l’insediamento migratorio. Mentre le microstrutture comprendono reti, usanze e credenze degli stessi migranti, cioè sono le reti sociali informali create dagli stessi migranti, al fine di far fronte alla migrazione e all’insediamento.

Molti autori pongono l’accento sul ruolo del capitale culturale211, come ad esempio il titolo di studio, nel momento di iniziare o di mantenere un movimento migratorio, mentre le reti informali sono risorse essenziali per gli individui e i gruppi e possono essere analizzate come

capitale sociale212. Quindi, da come è ben visibile, le reti migratorie sono state collocate nell’al- veo della rigogliosa riflessione teorica sul capitale sociale, visto come il prodotto della parte- cipazione alle reti migratorie e definito come la capacità degli individui di beneficiare di ri- sorse di vario genere (accreditamento, contatti sociali, sostegno materiale e morale...), in virtù della loro appartenenza a reti di rapporti interpersonali (nel nostro caso, principalmente quelli a base etnica) o strutture sociali più ampie213.

Nella teorizzazione di Pierre Bourdieu, il capitale sociale è definito come «L’insieme delle risorse reali o potenziali che sono collegati al possesso di una rete durevole di relazioni più o

209 Ibid. p. 25

210 S. Castles and M. J. Miller, L’era delle migrazioni. cit. p. 51

211 Informazioni, conoscenze di altri paesi, capacità di organizzazione del viaggio, ricerca del lavoro e adatta-

mento a un nuovo ambiente.

212 Comprende i rapporti personali, i modelli familiari e abitativi, legami tra amici e all’interno della comunità,

oltre al mutuo sostegno in materia economica e sociale.

73 meno istituzionalizzate di reciproca conoscenza e riconoscimento ‐o in altre parole di appar- tenenza a un gruppo‐ che fornisce ciascuno dei suoi membri un sostegno della collettività»214. L’insieme di risorse che l’individuo coltiva nella propria vita relazionale con la collettività circostante per Bourdieu è strettamente connesso al posizionamento dell’individuo nella scala della gerarchia della stratificazione: quanto più sarà elevato il capitale sociale “posseduto” dal singolo, migliori saranno le opportunità di collocamento nel complesso della stratificazione. Al contrario, ad un basso o povero capitale sociale corrisponderà una negativa posizione nella stratificazione. Se ne deduce che, la misura del capitale sociale dipende da due fattori: da un lato, l’ampiezza del raggio relazionale che il soggetto possiede e, di conseguenza, anche dal “volume” del capitale (economico, culturale o simbolico) che i protagonisti di queste relazioni posseggono. Sinteticamente, si potrebbe affermare che gli elementi che definiscono il capitale sociale di un individuo sono valutabili da un punto di vista qualitativo/quantitativo: non solo è importante il numero di contatti che il soggetto è in grado di stabilire, ma anche la qualità di questi, elemento valutabile in base ad una serie di specifiche di carattere culturale, economico e simbolico di cui i “portatori di relazioni” sono o meno provvisti. Traspare dall’impostazione di Bourdieu un’attenzione particolare all’aspetto relazionale del soggetto e alla sua capacità di tessere una rete di conoscenze, particolarmente significative per la propria crescita personale e sociale215.

Come si è visto in precedenza, il capitale sociale dei migranti costituisce un grosso potenziale di risorse sfruttabili in molti ambiti e per diversi scopi, addirittura per quelli criminali. È un prodotto delle reti migratori, di vitale importanza soprattutto nel momento dell’arrivo in quanto permette al loro di beneficiare di diverse risorse -da quelle economiche a quelle di vario genere-. Oggi, questo concetto è collegato con quello di embeddedness216 (incorporazione, radicamento, incastonamento) che ha un significato più statico e serve a denotare come le reti precostituiscono il frame cognitivo e strutturale in cui le decisioni individuali vengano assunte, delimitando il perimetro delle opzioni possibili, incanalando e modellando i corsi di azione. Mentre il concetto di capitale sociale serve a esprimere l’aspetto dinamico delle risorse che fluiscono dai network e si rendono disponibili per gli individui nel perseguimento dei loro obiettivi: informazioni, accreditamento, legami fiduciari, protezione, risorse materiali di

214 P. Bourdieu, Le capital social, In: Actes de la recherche en sciences sociales. Vol. 31, janvier 1980 (pp. 2-3), p.

2

215 Ibid. p. 3

74 vario genere. Le reti migratorie mettono a disposizione degli individui il un altro tipo di ca- pitale sociale specifico, definito capitale sociale etnico217 la cui utilizzabilità è legata all’esistenza di una comunità etnica insediata nella società ricevente o di un network transnazionale. È un capitale che risulta meno efficiente del capitale generalizzato, in quanto questo è, invece, più flessibile e quindi spendibile in contesti diversi.

Le mesostrutture sono intermedie tra la macro e la microstruttura e fanno riferimento a quegli individui, gruppi o istituzioni che fanno da mediatori tra i migranti e le istituzioni politico- economiche, creando così, una vera e propria industria migratoria218: termine che abbraccia un’ampia gamma di persone che si guadagna da vivere organizzando gli spostamenti dei mi- granti. Tra questi individui vi sono agenzie di viaggio, agenzie di reclutamento, intermediari, interpreti, agenzie immobiliari, avvocati esperti in diritto dell’immigrazione, trafficanti di es- sere umani e perfino i falsari che contraffanno i documenti d’identificazione ufficiali e i pas- saporti. Come è ben visibile, questo concetto abbraccia non soltanto le persone che possono aiutare migranti ma anche tutti quei soggetti che hanno l’intento di sfruttare i migranti, esem- pio in situazioni di migrazione irregolare diventa quasi una norma lo sfruttamento dei mi- granti o dei richiedenti asilo. Di conseguenza, l’appoggio fornito dalle reti migratorie nei confronti dei nuovi arrivati non è sempre disinteressato e ispirato a sentimenti di solidarietà, ma possono crearsi rapporti del tipo patrono-cliente in cui i beneficiari sono tenuti a mani- festare, quanto meno sul piano simbolico, sentimenti di gratitudine e deferenza nei confronti dei patrocinatori del loro arrivo, i quali vedono innalzato il loro status all’interno della rete di appartenenza per il fatto di aver promosso l’arrivo di nuovi soggetti, che si collocano in una posizione subordinata.

All’interno degli stessi processi migratori è possibile distinguere diversi tipi di reti219:

• reti a struttura orizzontale: in cui i partecipanti sono socialmente collocati più o meno sullo stesso piano, e quindi si ritrovano, scambiano informazioni, esercitano forme di mutuo aiuto, secondo codici di reciprocità allargata, anche se possono inserirsi elementi di sfruttamento delle necessità o della debolezza dei connazionali neoarri- vati;

• reti a struttura verticale: fanno riferimento a una persona, a un gruppo o talvolta a un’istituzione che si trova in posizione eminente, e che può redistribuire informazioni

217 M. Ambrosini, Un’altra globalizzazione. La sfida delle migrazioni transnazionali. Il Mulino, Bologna, 2008, pp. 20 218 S. Castles and M. J. Miller, L’era delle migrazioni. cit. p. 232

75 e risorse in maniera relativamente discrezionale, traendo vantaggi dall’asimmetria dei rapporti con i patrocinati;

• reti che restano debolmente strutturate ed essenzialmente informali

• reti che evolvono verso configurazioni istituzionali più formalizzate, o danno vita a istituzioni che diventano punti di riferimento per la socializzazione e l’interscambio.

Negli studi delle reti migratorie è emersa un’altra distinzione, delle stesse, affermatasi nel dibattito negli ultimi anni e cioè il genere delle reti220.

È risultato, da alcuni studi, che le donne si appoggiano ai network più degli uomini nei tragitti migratori, mantenendo una maggiore influenza sulle successive migrazioni di altre donne, organizzandosi per favorire l’ingresso e l’inserimento lavorativo di altre donne. Queste prov- vedono alla sostituzione di chi lascia il posto di lavoro, sviluppano forme di socialità e ani- mazione del tempo libero, offrono protezione e sostegno, arrivano talvolta a organizzare servizi informali, come la custodia collettiva dei bambini per chi deve andare al lavoro; gli uomini, in questi reticoli a dominanza femminile, sono una presenza marginale e minoritaria: se e quando arrivano, questo avviene per ricongiungimento rovesciato, in condizioni di di- pendenza dalle mogli per ogni esigenza, incontrando spesso difficoltà di inserimento e con- traccolpi psicologici per la perdita di ruolo e riconoscimento sociale. «In terra straniera, le reti femminili danno luogo a svariate forme di sostegno, che spaziano dalla vicinanza emo- tiva, alla ricostruzione di pratiche e legami comunitari, al raccordo con la società ospitante e i suoi attori, all’aiuto materiale»221.

Nelle reti, come sottolinea Maurizio Ambrosini, è possibile individuare anche alcune figure e funzioni tipiche, che possono sovrapporsi e differenziarsi222:

• lo scout, ossia il pioniere: colui o colei che hanno aperto una nuova rotta migratoria e diventano il punto di riferimento per gli arrivi successivi, di familiari, congiunti, com- paesani

• il broker, o mediatore: che si specializza appunto nell’intermediazione tra la domanda di lavoro e l’offerta dei connazionali, fungendo da collettore di informazioni nei due

220 Ibid. p. 30 221 Ibid. p. 31 222 Ibid. p. 32

76 sensi, da garante dell’affidabilità dei patrocinati, da mediatore in caso di conflitti e incomprensioni

• il leader comunitario: assume compiti di rappresentanza nei confronti della società ospi- tante, può avere un ruolo in qualche misura formalizzato come responsabile associa- tivo od ottenere incarichi professionali come operatore della mediazione intercultu- rale, ma può essere anche un leader religioso, custode dell’identità ancestrale e quindi per alcuni aspetti più orientato al mantenimento delle tradizioni culturali del paese di origine che all’inserimento nel nuovo contesto;

• il provider di determinati servizi: come il posto letto, l’invio di merci o la trasmissione di rimesse per vie informali, l’assistenza nel disbrigo di pratiche burocratiche o nel re- perimento di documenti, spesso operante in una zona opaca, talvolta illegale, nor- malmente traendo un lucro dalla sua attività e arrivando a volte a costituire vere e proprie attività economiche rivolte al mercato dei connazionali.

• il corriere: svolge un ruolo di connessione con le società di origine, gestendo scambi spesso informali ma di grande rilievo nel mantenere i contatti tra le due sponde del movimento migratorio: attraverso i corrieri informali passano non solo quantità in- genti di risorse economiche, ma anche molti beni carichi di valenze simboliche per il mantenimento di legami tra chi è partito e chi rimane, dai doni per i figli ai prodotti alimentari.

Per comprendere al meglio la prospettiva di base dell’approccio sistemico delle migrazioni, potrebbe essere utile uno schema idealizzato fa James T. Fawcett, chiamato appunto schema

di Fawcett223, che costituisce lo scheletro concettuale dei possibili legami esistenti in un sistema migratorio; i legami sono classificati in quattro categorie, poste sull’asse orizzontale: le relazioni fra Stato e Stato, le connessioni della cultura di massa, le reti personali e familiari, le attività delle agenzie dei migranti; e in tre tipi, poste sull’asse verticale: legami tangibili o manifesti, i legami regolatori e i legami relazionali. La figura 4 illustra che «le migrazioni, insieme agli altri tipi di flussi, si verificano tra contesti nazionali in cui le dimensioni politiche, economiche tecnologiche e sociali sono costantemente mutevoli, in parte proprio in risposta ai feedback che derivano dalle stesse migrazioni. Le persone si muovo in entrembe le

77 direzioni e, oltre, ai migranti permanenti, gli scambi di popolazione coinvolgono migranti temporanei, studenti, militari, uomini d’affari, turisti (molti di questi spostamenti di breve durata finiscono col trasformarsi in permanenze prolungate).[…] La mobilità è stimolata grazie al consolidamento di network in grado di attrarre nuovi migranti quali che siano le scelte di politica migratoria dei governi; nonché dalla nascita di istituzioni- legali e illegali- che danno vita all’industria migratoria internazionale»224.

Figura 2 Lo schema di Fawcett, (L. Zanfrini, Sociologia delle migrazioni. Edizione Laterza, Roma-Bari, 2007) p. 112)

L’approccio delle reti è alla base del modello di Douglas Massey sulla casualità cumulativa225. Tale teoria porta l’attenzione sulle trasformazioni che hanno luogo, proprio per effetto delle migrazioni, tanto nel paese d’origine quanto in quello di destinazione, generando ulteriori fattori sia di tipo pull sia di tipo push. La nozione di rete costituisce un elemento della strut- tura sociale a partire dal quale Massey stabilisce un legame tra la rete e gli effetti di retroazione sulla migrazione. Dopo un certo tempo, attraverso un processo di causalità circolare e cu- mulativa, la migrazione si auto-mantiene, diventando un fenomeno auto-perpetuante e auto- sufficiente. Questa ipotesi deriva dal fatto che le decisioni individuali o familiari sono influen- zate dal contesto socioeconomico all’interno del quale sono fatte e che gli atti di migrazione in un determinato momento influenzano il contesto entro il quale vengono prese le decisioni successive. Le decisioni, sulla migrazione, adottate dalle famiglie e dagli individui influenzano

224 Ibid. p. 110

78 le strutture sociali ed economiche all’interno della comunità, che influenzano le decisioni successive di altri individui e famiglie. La casualità è cumulativa nel senso che ciascun atto