1.3 L’evoluzione storica delle migrazioni internazional
1.3.6 Le migrazioni del Nuovo Millennio: dal 2000 ad ogg
La fase migratoria degli anni Ottanta e Novanta è contraddistinta da caratteristiche non del tutto nuove, già presenti nelle realtà precedenti ad essa, come la stagnazione dei vari sistemi migratori infra e intercontinentali, l’aumento delle persone che si muovono e che rappresentano diverse categorie di migranti e la differenziazione dei flussi migratori. I movimenti migratori si stabilizzarono per un certo periodo a metà degli anni Novanta sia per le leggi restrittive, sia per la stabilizzazione economico-politica dell’Europa dell’Est. Ma,
98 Ibid. p. 228 99 Ibid. p. 137
39 nonostante ciò, l’Europa ha sperimentato ugualmente il maggiore incremento nel numero di immigrati presenti, oltre ad aver accolto la quota più cospicua di richiedenti asilo100. Agli inizi del Nuovo Millennio i movimenti migratori assunsero i caratteri di un fenomeno globale coinvolgendo pressoché tutti i paesi del mondo e, se tradizionalmente era considerata una questione principalmente economica, divenne oggetto di un’inedita politicizzazione.
Fino a qualche tempo fa, la migrazione internazionale non era in genere inserita tra le questioni politiche più rilevanti. Anzi, i migranti erano suddivisi in categorie: residenti permanenti, lavoratori stranieri o rifugiati, di cui si occupavano varie agenzie specializzate. Solo a metà degli anni Ottanta la situazione iniziò a cambiare con la prima conferenza convocata dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) nel 1986, riscontrando una sempre maggiore convergenza degli stati membri nell’identificare le politiche migratori, assieme alle sfide e alle preoccupazioni che comportano101.
È possibile identificare alcune tendenze generali dei processi migratori, manifestatosi negli ultimi anni e destinate a svolgere un ruolo fondamentale anche nel futuro102:
• Globalizzazione: un numero sempre più elevato di paesi tende a essere interessato da diversi movimenti migratori simultanei. Aumenta l'eterogeneità linguistica, etnica, culturale e religiosa dei migranti, e con essa devono misurarsi le società che li accolgono;
• Accelerazione: le migrazioni crescono, di anno in anno, quantitativamente e i governi sono sollecitati nell'adottare politiche sempre più urgenti e controverse; • Differenziazione: la maggior parte dei paesi sono interessati da un ampio ventaglio
di tipi di immigrazione, in quanto, com'è stato detto in precedenza, le migrazioni sono molto dinamiche, un migrante potrebbe appartenere a una o più categorie nello stesso tempo. Una catena migratoria che inizia con un tipo di spostamento, spesso continua in altre forme, tale divergenza rappresenta l'ostacolo principale all’attuazione di misure politiche nazionali e internazionali;
• Femminilizzazione: in passato le migrazioni lavorative e movimenti dei rifugiati erano costituite principalmente da uomini; dagli anni Sessanta, la donna assume
100 L. Zanfrini, Sociologia delle migrazioni, cit. p. 66
101 S. Castles and M. J. Miller, L’era delle migrazioni, cit. p. 34 102 Ibid. pp. 32-33-34
40 importanza non solo nell'ambito dei ricongiungimenti familiari, ma anche nelle migrazioni da lavoro e spesso in forme autonome e precedenti all'arrivo di mariti e figli;
• Maggiore politicizzazione: la migrazione internazionale incide sempre di più sulle politiche interne, sui rapporti bilaterali e regionali tra stati, e sulle politiche di sicurezza nazionale di tutto il mondo;
• Proliferazione della transizione migratoria: questa avviene quando le nazioni nate come paesi d'emigrazione tradizionale si trasformano in paesi di migrazione transitoria o d'immigrazione.
I flussi migratori storicamente consolidati persistono in forme inedite, mentre, le migrazioni internazionali tendono a generalizzarsi e a intensificarsi su scala planetaria, nel contesto di quelle ulteriori trasformazioni economiche, politiche, sociali e culturali che vanno sotto il nome di Globalizzazione.
Il termine globalizzazione viene originariamente utilizzato per indicare l’affermazione progressiva di mercati globali (sempre più liberalizzati, deregolamentati e comunicanti) di capitali, beni e servizi. Il termine viene poi applicato, per estensione, alla semplificazione e all’espansione della comunicazione in generale, per quanto riguarda i trasporti e lo scambio di informazioni, e alle crescenti opportunità di mobilità personale.
Sono moltiplicate le aree di destinazione, dove i principali motori dell’economia mondiale corrispondono alle regioni che esercitano la maggiore capacità attrattiva, esempio il ruolo cruciale del Nord America e dell’Europa occidentale oltre a quello, emergente, del Giappone e di altri paesi asiatici di recente industrializzazione103.
Le rivoluzioni avvenute dopo il 2011104 in Tunisia e in Egitto e le guerre in Libia e Siria hanno in particolare segnato i cambiamenti delle rotte migratorie nel Mediterraneo e hanno ridefinito i principali punti di accesso dei rifugiati in Europa. Le principali rotte migratorie generalmente considerate nel Mediterraneo sono quattro: la via Centrale che parte
103 L. Zanfrini, Sociologia delle migrazioni, cit. p. 64
104 Stiamo parlando delle Primavere Arabe: si intende un termine di origine giornalistica utilizzato per lo più dai
media occidentali per indicare una serie di proteste ed agitazioni cominciate tra la fine del 2010 e l'inizio del 2011. I paesi maggiormente coinvolti dalle sommosse sono la Siria, la Libia, l'Egitto, la Tunisia, lo Yemen, l'Algeria, l'Iraq, il Bahrein, la Giordania e il Gibuti, mentre ci sono stati moti minori in Mauritania, in Arabia Saudita, in Oman, in Sudan, in Somalia, in Marocco e in Kuwait. Le vicende sono tuttora in corso nelle regioni del Medio Oriente, del vicino Oriente e del Nord Africa. www.wikipedia.it
41 dall’Africa Settentrionale, spesso dalla Libia raccogliendo persone dall’Africa sub-sahariana e Medioriente, e giunge in Italia (soprattutto per eritrei, nigeriani, gambiani, somali, sudanesi); la via Orientale che utilizza il transito dalla Turchia verso la Grecia, con una duplice diramazione via mare e via terra (soprattutto siriani, afgani, somali, iracheni); la via dalla Turchia e Grecia verso le regioni Puglia e Calabria (soprattutto siriani, pakistani); la via Occidentale, dall’Africa settentrionale alla Spagna (soprattutto camerunesi, algerini e malesi). A queste si aggiunge la nota rotta Balcanica di ingresso via terra in Europa e in Italia (soprattutto kossovari, siriani, afgani, pakistani e iracheni) che però ha visto un incremento del 117% nel 2014105. Pur non trattandosi di nuove rotte migratorie, quello che è cambiato negli ultimi anni è la portata numerica degli spostamenti e la composizione per paese di provenienza. Ad esempio, per l’Italia ha assunto sempre più importanza la rotta del Mediterraneo centrale e la provenienza dall’Africa sub-sahariana: se nel 2014 il primo paese di provenienza segnalato agli sbarchi era la Siria, nel 2015 diviene l’Eritrea e nel 2016 la Nigeria. Altro dato importante riguarda l’incidenza dei minori sul totale delle persone sbarcate: 16.500 nel 2015, di cui il 75% minori non accompagnati, e 28.000 nel 2016, di cui 92% minori non accompagnati106.
Figura 1. Prime 10 nazionalità dichiarate al momento dello sbarco in Italia (anni 2014-2016), Fonte: elaborazione su dati Ministero dell’Interno. (R Bertozzi e T. Consoli, Flussi migratori, nuove vulnerabilità e pratiche di accoglienza, in Autonomie locali e servizi sociali, Il
Mulino, 2017, p. 5)
105 R Bertozzi e T. Consoli, Flussi migratori, nuove vulnerabilità e pratiche di accoglienza, in Autonomie locali e servizi
sociali (pp. 3-16), Il Mulino, 2017, p. 4
42 È mutata anche la composizione interna dei flussi migratori, ovvero la tipologia dei soggetti che emigrano. Oggi i migranti sono assai più spesso dotati di livelli di istruzione medio-alti e le politiche migratorie sono molte selettive, privilegiando i lavoratori in possesso di titoli di studio e competenze certificabili, specie nel campo delle nuove tecnologie, a tal punto che esiste una competizione tra i diversi paesi per accaparrarsi le risorse umane più qualificate. Vi sono anche altri fattori che concorrono alla circolazione internazionale della manodopera più qualificata, come la prassi di molte multinazionali di inviare presso le loro filiali e stabilimenti stranieri i propri collaboratori, la presenza in molti paesi di esperti mandati in missione dalle organizzazioni internazionali e dal mondo della cooperazione, la “migrazione” temporanea degli studenti che desiderano apprendere le lingue straniere e conoscere altre culture, la scelta di una residenza elettiva per esempio per ragioni climatiche e altro ancora107.
Saskia Sassen, nel suo articolo “Tre emigrazioni emergenti: un cambiamento epocale”108, si concentra e afferma come tre flussi migratori possono essere visti come delle particolari nuove migrazioni emerse nel corso degli ultimi due anni. Migrazioni aventi spesso una durata molto più limitata di quelle di più lunga data ancora in corso, ma il coglierle all’inizio consente di aprire una finestra sulle più ampie dinamiche che catapultano le persone nel flusso migratorio109.
Sono tre tipi di flussi molto diversi e l’ultimo, a sua volta, contiene una pluralità di flussi differenti, ma che ognuno fa riferimento a un contesto più ampio che ha originato il fenomeno.
1. Il primo è rappresentato dal forte incremento della migrazione di minori non accompagnati dall’America centrale e in particolare, da Honduras, El Salvador e Guatemala110. L’America centrale è una delle principali regioni in cui la migrazione
di minori non accompagnati è cresciuta nettamente nel corso degli ultimi due anni. All’origine dei flussi dei minori c’è il rapido aumento della violenza urbana e il trovare scampo nelle città è stata la sola opzione per un numero sempre più alto di abitanti delle aree rurali, ma nelle città lo sviluppo che genera posti di lavoro è scarso. Benché l’America centrale sia da tempo, per ragioni politiche ed economiche, una
107 L. Zanfrini, Sociologia delle migrazioni, cit. p. 71
108 S. Sassen, Tre migrazioni emergenti: un cambiamento epocale, in Equilibri 1/2017, il Mulino (pp. 59-78). 109 Ibid. p. 59
43 regione di emigrazione, l’attuale flusso di minori non accompagnati è un fenomeno nuovo e secondo le dichiarazioni degli stessi giovani migranti, dei ricercatori, degli operatori sociali e degli esperti governativi, la violenza delle gang e della polizia è il principale fattore che spinge i giovani a espatriare.
2. Il secondo è l’esodo dei Rohingya, una minoranza musulmana in fuga dal Myanmar, dove per lungo tempo e fino a pochi anni fa ha convissuto pacificamente con la popolazione a maggioranza buddista111. I Rohingya sono circa 1,1 milioni di persone che vivono nel Myanmar, ma non sono riconosciuti come cittadini nonostante vi abitano da molti secoli. Tale esplosione di rabbia contro i Rohingya è connessa, almeno in parte, con i massicci espropri di terra per lo sfruttamento minerario o agricolo. L’apertura del Paese e l’attrazione d’investitori stranieri coincidono con una repentina e crudele persecuzione dei Rohingya da parte di un particolare gruppo di monaci buddisti. Il fatto stesso che siano dei monaci buddisti a guidare quest’aggressione e, inoltre, a riscrivere parti della dottrina buddista in modo tale da giustificare l’espulsione dei Rohingya dalla loro terra e, persino, l’uccisione dei musulmani, fa pensare a importanti interessi economici che, con ogni probabilità, vanno ben al di là dei monaci.
3. Il terzo flusso è costituito dalla migrazione verso l’Europa che proviene principalmente da Siria, Iraq, Afghanistan e da diversi Paesi africani, in particolare Eritrea e Somalia112. L’Europa è diventata la destinazione di un’ampia varietà di nuovi flussi di rifugiati e il Mediterraneo è stato per molto tempo e continua a essere una via di comunicazione per flussi di migranti e rifugiati di lunga tradizione. Il Mediterraneo, specialmente nel suo settore orientale, è attualmente un luogo dove i rifugiati, i trafficanti e l’Unione Europea mettono in atto le loro logiche specifiche e insieme hanno prodotto una crisi grave, con molti aspetti che vanno considerati: l’aumento improvviso, verso la fine del 2014, del numero dei rifugiati; il fatto che la crisi è diventata per i trafficanti una grande opportunità di guadagno (uno dei meccanismi di alimentazione dei flussi, a tutto beneficio dei trafficanti, era far credere ai potenziali clienti/vittime che ogni problema si sarebbe risolto una volta raggiunta l’Europa); la grade crisi dell’Italia e della Grecia: dove, in particolare
111 Ibid. pp. 68-69 112 Ibid. p. 71
44 quest’ultima, all’inizio del 2016 è diventata la destinazione “preferita” di richiedenti asilo a cui dare alloggio, da nutrire e proteggere in caso di accoglimento della domanda. Un primo effetto dell’allentamento del controllo sui movimenti migratori -particolarmente evidente per i flussi verso l’Italia- è il notevole incremento dei flussi irregolari in partenza dalle coste tunisine e libiche113. Le principali nazionalità censite delle persone sbarcate in Italia, a conferma della natura di area di transito del Nord Africa, sono state Bangladesh, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Congo, Eritrea, Gambia, Ghana, Guinea, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Somalia e Sudan, mentre sono pressoché assenti profughi di nazionalità libica. I dati pubblicati da Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, confermano che la motivazione economica è stato il principale fattore che ha prodotto la migrazione di massa tunisina, così come indicano la Francia come la meta finale dei progetti migratori114. Questa realtà è per l’Italia una situazione nuovissima rispetto al passato che, inevitabilmente, mette a nudo le difficoltà e i problemi delle politiche italiane sull’immigrazione, tradizionalmente poco centrate sul profilo dei richiedenti asilo e rifugiati. Infatti, l’arrivo di numerosi migranti via mare è stato, purtroppo, accompagnato anche da un notevole incremento dei naufragi. L’immigrazione irregolare attraverso le rotte marittime si dimostra la più drammaticamente pericolosa. Le stime sulle vittime riferite al recente incremento dei flussi attraverso il Mediterraneo sono elevate e riguardano in primo luogo i migranti diretti verso l’Italia115.
Come è stato accennato in precedenza, la globalizzazione dell’economia e i progressi nei sistemi di trasporto e di comunicazione hanno impresso una notevole accelerazione alla mo- bilità umana. Per molti soggetti gli spostamenti sono fatti episodici in una vita prevalente- mente sedentaria; per altri, finiscono invece con l’essere ricorrenti in quanto essenziali alla loro attività e dunque alla loro stessa esistenza: per definire costoro, si utilizza il termine
113 Osservatorio di politica internazionale, L’impatto delle Primavere arabe sui flussi migratori regionali e verso l’Italia. N.59, a cura di Marco Zupi, con la collaborazione di Alberto Mazzali e contributi di Sara Hassan, 2012, p. 19 114 Ibid. p. 21
45 transmigrante116. È un concetto introdotto negli anni Ottanta e designa i migranti che con- servano nel proprio paese d’origine e costruiscono in quello di destinazione legami sociali, economici e politici, mantenendoli in vita attraverso il pendolarismo tra i due paesi. Quindi, la nuova capacità dei gruppi migranti contemporanei è quella di essere nello stesso tempo “qui” e “là”117. Le caratteristiche degli attuali flussi migratori -globalizzati, frammentati e or- ganizzati dal basso, composti in buona parte da soggetti mobili e impegnati in migrazioni circolari e soggiorni temporanei- trovano corrispondenza in quella particolare condizione esistenziale che consiste nel “risiedere nello spostamento”118. Vi è un legame indiscusso e continuo tra gli immigrati e i loro luoghi d’origine. Questo legame si esprime nel formarsi di catene migratorie: l’emigrazione di un piccolo gruppo verso una destinazione alimenta un flusso di familiari, conoscenti e compaesani verso quella stessa destinazione, fino ad arrivare in certi casi ad una sorta di trasferimento di interi villaggi dai paesi d’origine ai paesi di acco- glienza. Le catene migratorie si strutturano anche attorno all’offerta di lavoro in un determi- nato settore, l’immigrato già impiegato se ha conoscenza dell’esistenza di un nuovo posto di lavoro inviterà in generale un suo familiare o un suo conoscente a raggiungerlo e lo proporrà al datore di lavoro per coprire il posto vacante (esempio, appare decisamente strutturata la catena migratoria dei senegalesi verso l’area pisana)119. Un secondo aspetto del legame tra immigrati e paese d’origine sono i flussi di rimesse inviate dai lavoratori immigrati al paese d’origine, attraverso canali più o meno formali120.
Le rimesse economiche, ovvero il denaro spedito a casa dai migranti, sono diventate un fat- tore decisivo per l’economia di molti paesi poco sviluppati e possono influire anche in termini macroeconomici sui paesi d’origine.
Da un punto di vista più strettamente soggettivo e identitario, le pratiche transnazionali dei migranti contemporanei sembrano rimandare ad una nuova modalità di vivere e gestire le vicende e le identità migratorie e di riorganizzare, a livello pratico come a livello simbolico,
116 L. Zanfrini, Sociologia delle migrazioni, cit. p. 76
117 S. Ceschi, B. Riccio, “Transnazionalismo” e “Diaspora”. Dalla ricerca sociale alle politiche globali?, in Dodicesimo
Rapporto sulle migrazioni 2006, Fondazione ISMU, 2007, p. 3
118 Ibid. p. 3
119 CeSPI, Immigrazione e processi di internazionalizzazioni dei sistemi produttivi locali italiani, Working paper
n.9, 2000, p. 14
46 appartenenze ed istanze di vita connesse alla propria mobilità121. Si sviluppano culture trans- nazionali122, ovvero ambienti sociali costruiti dai migranti attraverso l’avvio e il mantenimento di relazioni sociali multiple tra società d’origine e società di destinazione, dando vita a reti sociali che sistematicamente travalicano i confini politici, geografici e culturali operando in uno spazio non limitato a un singolo Stato-nazione.
Si è manifestata una radicale diffusione, dispersione, de-territorializzazione di tutte le culture. Le culture non sono più collocate in territori ben separati e distinti gli uni dagli altri, al con- trario, le loro interazioni stanno radicalmente trasformando tutti i paesaggi urbani del nostro e degli altri continenti, nelle metropoli come nelle grandi città, nei piccoli centri come nei territori semi-rurali. Si moltiplicano confini, si moltiplicano scambi, commerci, impreviste interconnessioni123.
Il transnazionalismo come scelta intenzionale e strategia attivamente perseguita dai migranti ha però un corrispettivo meno intenzionale e più subito, rappresentato dal fenomeno cre- scente di persone e unità familiari che si sforzano di mantenere vivi legami affettivi e respon- sabilità parentali nonostante i confini e le distanze che le separano: è il caso delle famiglie transnazionali124 in cui i membri dell’unità familiare e in modo particolare gli adulti, vivono in paesi diversi rispetto ai figli. La questione delle famiglie separate dall’emigrazione, di uno o più dei loro componenti, come è ben evidente non è nuova nella storia delle migrazioni. Ma, finché ad emigrare erano i membri maschili della famiglia –mariti, padri, figli-, gli studi sull’argomento non avevano individuato una forma familiare emergente come prodotto delle migrazioni, né in verità avevano tematizzato una particolare sofferenza dei soggetti coinvolti, se non nel caso estremo delle figure delle “vedove bianche” degli emigranti italiani.
La figura delle famiglie transnazionali è salita alla ribalta da quando è diventato imponente il fenomeno delle partenze di donne adulte che lasciano dietro di sé i figli, affidati primaria- mente alle cure delle proprie madri e poi di sorelle, figlie maggiori, più raramente dei mariti, a volte anche di altre donne salariate, in una specie di catena di riallocazione dei compiti di cura. Queste donne cercano in tutti i modi di mantenere o cercare di mantenere i contatti con gli altri membri dell’unità familiare, e specialmente con i figli, attraverso viaggi frequenti, se i costi e le distanze lo consentono, oppure adoperando svariati mezzi di comunicazione.
121 S. Ceschi, B. Riccio, “Transnazionalismo” e “Diaspora”. cit. p. 4 122 L. Zanfrini, Sociologia delle migrazioni, cit. p. 77
123 G. Bocchi, L’uomo migrante, cit. p. 194
47 A queste cure familiari a distanza125 si aggiunge il flusso di risorse economiche garantito dalle rimesse, che assicurano la sopravvivenza ed eventualmente gli studi o le possibilità di inizia- tiva economica dei congiunti rimasti in patria. Tale discorso sulle famiglie transnazionali prende le mosse dalla relazione tra immigrazione (prevalentemente, ma non solo femminile) e servizi alla persona, nell’ambito di quello che può essere variamente definito welfare infor- male, nascosto, invisibile.
La possibilità di comunicare e mantenere in vita i contatti anche a prescindere dalla prossimità fisica delle persone hanno indotto molti studiosi a utilizzare il concetto di diaspora per desi- gnare «le diverse comunità di immigrati sparsi in vari paesi ma connessi da reticoli transna- zionali capaci di mantenere acceso il senso d’appartenenza a un gruppo culturalmente omo- geneo e di dare vita a pratiche economiche e culturali che trascendono i confini delle na- zioni»126. Non è un termine nuovo, diaspora significa dispersione e fa riferimento alle prassi di colonizzazione delle città-stato greche. Spesso è utilizzato per descrivere l’allontanamento o la dispersione forzata di persone, ad esempio il popolo ebraico costretto a lasciare la propria terra e a disperdersi nel mondo, ma senza smettere di percepirsi come un gruppo compatto, solidale e capace di trasmettere cultura nel corso delle generazioni. Oppure, era usato anche per definire alcuni gruppi commerciali come i greci in Asia occidentale e Africa, o i mercanti arabi che diffusero l’islam al Sud-Est asiatico127.
Oggi si parla, invece, di diaspora cinese i cui protagonisti sono imprenditori incessantemente coinvolti in azioni che contemplano una doppia direzionalità, dal paese d’immigrazione alla madrepatria e viceversa, e traggono vantaggio dalla transizione economica di cui la Cina si rende attualmente protagonista.128
Le migrazioni cinesi contemporanee si inseriscono in un processo migratorio iniziato parec- chi secoli fa, ma che a metà del XIX secolo divennero massicce a causa dell’apertura della Cina e della liberalizzazione delle condizioni di emigrazione. Infatti, tra il 1982 e il 2000 se- condo il censimento di Pechino, il numero annuale di migranti cinesi è passato da 56.930 a