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W Sombart e G Simmel: lo straniero vincitore e lo straniero come forma sociale

L’IMMIGRATO COME STRANIERO

3.1 L’altro e lo straniero

3.1.1 W Sombart e G Simmel: lo straniero vincitore e lo straniero come forma sociale

Agli albori della sociologia, la figura dello straniero analizzate da G. Simmel e W. Sombart sono le prime ad emergere già a partire dai primi anni del ‘900. Per entrambi lo straniero diventa una categoria utile a spiegare il mutamento dei meccanismi sociali e, anziché dare attenzione all’analisi dello straniero in quanto individuo, ai suoi diritti civili e politici, pongono l’accento esclusivamente sulla sua funzione sociale.

Sombart nella sua opera Capitalismo Moderno268 (1902) svolge uno studio approfondito sullo

sviluppo economico europeo, partendo non solo dal punto di vista storico ma anche attraverso l’analisi delle relazioni strutturali tra economia e società. In questo contesto lo straniero, l’eretico e l’ebreo svolgono un ruolo decisivo nella nascita dell’economia capitalistica moderna. Da questi gruppi emergono gli imprenditori, che sono per Sombart tutti gli innovatori, cioè coloro che, a causa della propria origine sociale o per il particolare contenuto dell’attività che svolgono o ancora per la posizione marginale che occupano all’interno della società, rompono le coordinate classiche della vita economica. E, più è radicale l’estraneità, più forte è la concentrazione nell’unica attività possibile per lo straniero, cioè guadagnare. Proprio per questo motivo, egli sviluppano uno spirito critico, anticonformista, e un’interesse per l’innovazione della vita economica, tipici del mondo borghese dell’epoca.

Lo straniero di Sombart non è un uomo marginale, bensì è uno straniero vincitore: è colui che, in parte per quello spirito di indipendenza e quella vitalità che ne hanno fatto un oppositore in patria, un viaggiatore, uno sperimentatore, in parte per le limitazioni cui è stato sottoposto dall’ambiente sociale, riesce ad imporre sé stesso e una nuova forma di organizzazione socio-

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economica269. Dunque, nell’analisi di Sombart l’attenzione è indirizzata ad un certo tipo di emigrazione, ovvero quella di élite che fino al diciannovesimo e ventesimo secolo, ha riguardato determinati ceti relativamente privilegiati, messi in difficoltà dalle lotte di religione o da avverse circostanze politiche, ma pur sempre appartenenti alla parte attiva e culturalmente avanzata d’Europa270. Sono stranieri che diventano imprenditori e che rivolgono il proprio sguardo al futuro sviluppando capacità che in patria non sarebbero probabilmente comparse; ma comunque strumento di analisi negativo della società in quanto principale agente della trasformazione della vita economia e sociale in senso capitalista e borghese.

G. Simmel, parla dello straniero nel suo saggio Exkursus über den fremden (Excursus sullo straniero) del 1908. Il fuoco dell’approccio di Simmel è costituito dalle relazioni sociali, che si instaurano tra chi già appartiene alla cerchia sociale e chi vi arriva. Infatti, presenta lo straniero come una forma sociale, ovvero una forma di interazione che compone la società e rivela un duplice rapporto: un rapporto con lo spazio e un rapporto con gli uomini. Tale forma sociale è caratterizzata da elementi costituiti dalla contemporanea presenza di polarità opposte: dal punto di vista spaziale, la mobilità e la stabilità; dal punto di vista delle regole della convivenza, la distanza e la vicinanza; dal punto di vista epistemologico, la generalità e la specificità271. Lo straniero è simultaneamente interno ed esterno al gruppo, vicino e lontano, confidente e potenziale nemico, in oscillazione continua con il dentro e il fuori, ma mai completamente dentro o completamente fuori272. In questa logica è presente una duplice sfumatura del termine stesso di straniero: lo straniero come “elemento del gruppo stesso” e lo straniero come qualcosa di assolutamente estraneo, quindi una “non relazione”273. L’analisi di Simmel si sofferma solo sul primo tipo di straniero, è colui che oggi viene e domani rimane. È un membro del gruppo, che all’interno dello stesso vive e lavora, portando con sé le qualità tipiche della sua identità che si rintracciano con quelle della società ospitante. Perciò, è lontano perché straniero, in quanto ha un’origine diversa, solo in parte conosciuta; è vicino

269 S. Tabboni (a cura di), Vicinanaza e lontananza. Modelli e figure dello straniero come categoria sociologica, Franco

Angeli, Milano 1993, p. 49

270 Ibid. p. 50

271 S. Tabboni, Lo straniero e l'altro, Liguori Editore, Napoli, 2006, p. 42 272 E. Colombo, Rappresentazioni dell'altro, Cit., p. 90

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perché vive all’interno della comunità, lo si incontra quotidianamente274. Il rapporto con lui e la figura stessa dello straniero rimane colmo di ambivalenza, perché installa la lontananza in ciò che dovrebbe essere vicino nei rapporti quotidiani ed egli stesso avvicina ciò che invece dovrebbe essere lontano, perché non è come Noi, non nasconde la sua differenza, non si confonde nel Noi ma vive all’interno del nostro gruppo, ha relazioni quotidiane con il Noi, porta in mezzo al Noi ciò che dovrebbe rimanere esterno275. Simmel, nella sua opera, si riferisce ad uno specifico tipo di straniero, il commerciante ebreo nella società europea, una figura che crea collegamenti con l’esterno e che porta anche innovazioni, cambiamenti, uno straniero non rappresentativo del migrante e in particolar del migrante di oggi. Il suo sguardo è quello della società dei “nativi” rispetto a cui lo straniero, interno ma anche distante, e con questa sua posizione ambivalente e ambigua gli permette di porsi nel punto di incontro tra due sistemi diversi senza quindi appartenere né all’uno né all’altro, ed il suo non coinvolgimento diretto nelle vicende interne alla società rendono lo straniero idoneo a svolgere funzioni di giudice e di confidente, ma sempre esposto alle accuse più degradanti e al sospetto continuo di voler sobillare rivolte e mutamenti276.

Il concetto di ambivalenza, presente in questa analisi, è un’idea chiave, soprattutto per spiegare la configurazione delle relazioni tra il “noi” e lo straniero. L’ambivalenza è il tratto fondamentale della figura dello straniero in quanto tale, è insita al modo di innalzare la sua rappresentazione sociale e incide sul mondo dei rapporti. Per questo secondo Simmel il rapporto che si instaura con uno straniero, per quanto stretto, è sempre pervaso da un particolare senso di estraneità. Sebbene l’estraneità sia una componente propria di tutti i rapporti, si propone con particolare forza in quelli con lo straniero perché la comunanza con questa figura poggia su di un’eguaglianza generalmente umana e il senso di differenza ne risulta in tal modo accentuato pervadendo la maggior parte della relazione. Le differenze percepite non sono però proprie del singolo straniero, ma rimandano anch’esse a una generalità comune a molti stranieri; il risultato è che sia la vicinanza che la lontananza sono sentite come generali e non proprie di quel rapporto. È per questo che lo straniero, arriva a dire Simmel, non è sentito propriamente come un individuo, ma sempre come straniero di un determinato tipo.

274 E. Colombo, Rappresentazioni dell'altro. Cit. p. 93 275 Ibid.

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