Complesso è il problema inerente la titolarità della situazione giuridica avente ad
oggetto il trovato realizzato in esecuzione di un contratto di ricerca
452. Il dibattito verte sulla
contrapposizione tra l’acquisto a titolo derivativo ovvero originario dell’invenzione
453.
Persino le riflessioni svolte in materia di contratto d’appalto sono adoperate per desumere
argomenti favorevoli o contrari all’una o all’altra impostazione
454.
La questione è densa di pregiudizi di stampo patrimonialistico che proiettano la
rilevanza giuridica della materia sull’utilizzazione economica del trovato. La valenza
reddituali o finanziari dell’impresa volti a misurare la capacità di generare flussi di ricavi con l’utilizzazione delle risorse intangibili, detti flussi sono attualizzati. Un terzo percorso di stima, meno importante perché legato al momento d’inizio dell’attività di impresa, è rappresentato dal valore dell’organizzazione dei fattori della produzione (going concern value) come patrimonio genetico dell’azienda. Infine un ulteriore criterio è adoperato qualora i valori intangibili non siano autonomamente identificabili e, quindi, vadano generalmente ascritti al c.d. avviamento (goodwill), ossia alla capacità dell’azienda di produrre un sovra reddito rispetto al valore economico globale . Cfr. G. FERRANTI, Lo ias 38 e la valutazione dei beni immateriali, in Forum fiscale, 2006,
fasc. 2, p. 53; A. RENOLDI, La valutazione dei beni immateriali, cit, p. 21; T. D’IPPOLITO, L’avviamento, Roma,
1963, pp. 46 ss.; G. ZAPPA, Il reddito d’impresa, Milano, 1937, p. 182.
452 La questione muove dal rapporto di lavoro e dall’assunto che in esso i frutti dell’attività lavorativa sono attribuiti automaticamente e a titolo originario al datore di lavoro. Cfr. V. DI CATALDO, op. ult. cit., p. 197.
Tuttavia, anche nella fattispecie del rapporto di lavoro subordinato, l’attribuzione delle utilità acquisite dal datore di lavoro mediante il contratto a prestazioni corrispettive segue un effetto derivativo-costitutivo, e non meramente costitutivo-originario. Cfr. R. SCOGNAMIGLIO, Lavoro subordinato (diritto del lavoro), in Enc. Giur.,
Roma, 1990, pp. 3-9. La circostanza diventa ancora più evidente nei casi di rapporti di parasubordinazione o di lavoro autonomo. Ivi il maggior grado di autonomia del lavoratore e l’attenuazione dei poteri di direzione vigilanza e disciplinare del datore di lavoro, rendono ancor più incongruo il richiamo all’acquisto a titolo originario del risultato della prestazione lavorativa. Non pare dunque ragionevole l’interpretazione che applica come archetipo le fattispecie dell’art. 23 RD 26 giugno 1939 n. 1127 anche ai contratti di ricerca il cui svolgimento non operi nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato. Cfr. per l’applicazione ad alcuni contratti di lavoro parasubordinato, L.C. UBERTAZZI, Profili soggettivi dei brevetti, Milano, 1985, p. 38.
453 L’unica, ma autorevole, voce discordante sull’acquisto a titolo originario è di T. ASCARELLI, Teoria della
concorrenza e dei beni immateriali, cit., p. 600, il quale afferma che l’acquisto del diritto di brevettare del datore di
lavoro è a titolo derivativo; aggiunge che invece sono a titolo originario i diritti conseguenti sull’invenzione. L’autore sottolinea l’esigenza di collegare il diritto dell’inventore agli utili prodotti dall’invenzione anche nel caso di segregazione dell’invenzione come scelta aziedale strategica. Cfr. anche T. RAMM, Indagine comparativa
sui diritti del dipendente inventore negli Stati membri delle Comunità europee, Bruxelles, 1977, p. 47.
454 Cfr. V. DI CATALDO, I brevetti, cit., p. 198, ove si ha riguardo all’acquisto a titolo originario sia per i contratti d’opera che per quelli di appalto: G. GUGLIELMETTI, I diritti di autore e di inventore risultanti dal contratto
di ricerca, in Gli aspetti istituzionali della ricerca scientifica Italia e Francia, Milano, 1987, pp. 57 ss.. Per il dibattito
sulla questione in tea di contratto d’appalto cfr. G. CHIAPPETTA, Azioni dirette e tangibilità delle sfere giuridiche,
159
costituzionale della libertà di ricerca obbliga l’interprete ad un’opera di rilettura del
fenomeno contrattuale in esame e della relativa disciplina applicabile, nonché a riconoscere
prevalenza agli effetti esistenziali rispetto a quelli patrimoniali
455.
Gli effetti esistenziali dell’attività di ricerca sono riconducibili sia al diritto morale
dell’autore che all’acquisizione dell’idea al patrimonio culturale dell’umanità, anche contro
un corrispettivo di natura patrimoniale
456. In questo primo ordine di effetti va incluso il
diritto d’autore che consente all’inventore di pubblicizzare il creato o il trovato al mero
scopo di arricchire di nuove idee la cultura dell’umanità, a prescindere dalla previsione di un
corrispettivo patrimoniale quale controprestazione per la diffusione. In tale contesto vanno
inserite anche le invenzioni c.d. di servizio e d’azienda operate dal lavoratore subordinato,
al quale non viene accordato un diritto al deposito del brevetto
457. Questi riceve un equo
premio quale compenso per il trasferimento della titolarità dell’idea che arricchisce il
patrimonio di conoscenza dell’impresa avente causa. Non v’è ragione giuridica per ritenere
che detta utilità appartenga a titolo originario all’impresa, giacché siffatta soluzione
contrasterebbe con la natura esistenziale della libertà di ricercare. Né in proposito può
valere la considerazione che il trovato si realizza grazie alla promozione della ricerca
operata dall’azienda
458. I mezzi approntati per lo svolgimento dell’attività di ricerca
rientrano normalmente nella strategia aziendale
459che postula un’accurata politica di
progettazione per lo sviluppo dell’impresa. L’equo premio, rapportato all’importanza
disposto alcunché sui diritti patrimoniali, si ritiene applicabile analogicamente il primo comma dell’art. 23 RD 26 giugno 1939 n. 1127, escludendo l’applicazione analogica del secondo comma.
455 CFr. P. PERLINGIERI, Norme costituzionali e rapporti di diritto civile, in Rass. Dir. civ., 1980, pp. 95 ss.; ID.,
Depatrimonializzazione e diritto civile, ibidem, 1983, pp. 1 ss.
456 Questa soluzione è già fatta propria dalla disciplina dei contratti di ricerca a committenza pubblica, v. l. 17 febbraio 1982, n. 46; DM 27 luglio 1983; DM 21 dicembre 1984, l. 11 novembre 1986, n. 770. L’art. 3 di quest’ultima legge prevede che l’amministrazione committente acquisisca il diritto allo sfruttamento pieno ed esclusivo dell’invenzione laddove l’inventore provveda all’istanza di brevettazione in nome e per conto dello Stato. Tale atteggiamento è sostanzialmente differente da quello desunto dall’art. 23 RD 26 giugno 1939 n. 1127, ove, in presenza di segregazione dell’idea brevettabile, l’inventore che procedesse all’istanza di privativa potrebbe essere licenziato o, comunque, incorrerebbe in un illecito contrattuale (art. 18 RD 26 giugno 1939 n. 1127). Per uno studio della disciplina del contratto di ricerca a committenza pubblica v. G. FAUCEGLIA,
Invenzioni e concorrenza nella ricerca industriale, Milano, 1992., pp. 62 ss.
457 Diversamente da quanto è previsto per la ricerca a committenza pubblica, cfr. G. FAUCEGLIA, op. ult. cit., p. 57, ove è previsto un obbligo del contraente a depositare la domanda a nome dell’organismo pubblico; ovvero da quanto è previsto dall’art. 12 del Regolamento CE del Consiglio del 27 luglio 1994, n. 2100, concernente la privativa comunitaria per i ritrovati vegetali che legittima qualsiasi persona fisica o giuridica. 458 È la ragione di fondo addotta per spiegare l’attribuzione dei diritti patrimoniali al committente. Cfr. V. DI CATALDO, I brevetti, cit., pp. 184 ss.
160
dell’invenzione, si colloca proprio in questa prospettiva d’impresa. Nell’invenzione
d’azienda il dipendente viene compensato per il risultato inventivo perseguito benché
estraneo all’oggetto contrattuale; nell’invenzione di servizio il compenso del risultato
inventivo è incluso nella retribuzione appositamente prevista.
Il maggior problema sotto il profilo patrimoniale si pone nel caso dello sfruttamento
profittevole dell’invenzione. Questa materia è direttamente legata al contratto di ricerca
quale contratto d’impresa
460e si incentra sul fatto che tra contratto di ricerca e ritrovato
brevettabile esiste un’osmosi indissolubile
461. La brevettabilità è legata al carattere
industriale dell’inventiva ed alla sua attuazione profittevole, ossia ai poteri di gestione che
trasformano un mero godimento del trovato in un esercizio d’impresa avente ad oggetto
l’idea industriale. In questo senso gli effetti patrimoniali della privativa industriale sono
riflessi dell’idea innovativa. Quest’ultima riceve protezione giuridica nella misura in cui
accresce lo stato della tecnica e si svolge in termini di godimento ed apprensione, anche al
fine di essere inserita nel processo di apprendimento e approfondimento per ulteriori
traguardi della ricerca. Tale primo grado di protezione giuridica ha una natura esistenziale e,
quindi, va ascritto alla libertà fondamentale di pensare e ricercare. Diversamente lo
sfruttamento profittevole del trovato ad opera dell’impresa ricolloca l’idea inventiva nel
grado di tutela patrimonialistica e richiede un appropriato giudizio di liceità e meritevolezza
sull’uso che lo sfruttamento intende trarre dall’idea
462.
Si pongono problemi di ordine pubblico sulla brevettabilità del trovato e sulla causa
del contratto di ricerca. Si pensi alla liceità e, quindi, alla brevettabilità del risultato
conseguente ad un contratto con il quale si ricerca una mistura di tabacchi al fine di
460 Sulla reviviscenza della categoria dei contratti d’impresa cfr. V. BUONOCORE, Contrattazione d’impresa e nuove
categorie contrattuali, Milano, 2000, pp. 56 ss., ove dà conto delle ragioni attuali della categoria e ne indica i
caratteri distintivi (insensibilità rispetto alle vicende personali dell’imprenditore e ambulatorietà intesa come trasferimento automatico del contratto stipulato per l’esercizio dell’azienda). L’autore segnala anche gli interessi coinvolti in tali contratti (degli operatori e degli utenti, dell’imprenditore e dell’impresa, quelli della persona nella sua unitaria umanità). Mentre gli interessi dell’impresa sono di norma autoregolamentati, quelli degli utenti e delle persone sono eteroregolamentati dall’ordinamento.
461 Questo non significa che non c’è ricerca senza brevetto, ma che la privativa industriale incentiva la ricerca, sebbene l’effetto essenziale della disciplina sulle opere dell’ingegno non sia l’esclusiva utilizzazione, bensì il congruo e proporzionato compenso dell’inventore. Così F. DENOZZA, Licenze di brevetto e circolazione delle
tecniche, Milano, 1979, pp. 68 ss; C. Giust., 12 maggio 1989, 320/87, Ottung v/s Klee&Weilbhach, in Riv. dir. ind., 1991, II, pp. 3 ss.