Prima di continuare ad esaminare le questioni suscitate dai beni immateriali, sembra
opportuno soffermarsi sulla nozione di bene
222.
Per l’interpretazione fornita dell’art.810 c.c.
223sono beni solo le cose che possono
essere fonte di utilità e oggetto di appropriazione
224, quasi ad affermare che la norma sia
poter dar corso alla tutela medesima; P. D’ADDINO SERRAVALLE, op. ult. cit., pp. 32-33. Per il riconoscimento dell’estensione della disciplina proprietaria oltre il limite del potere sulla cosa a P. PERLINGIERI, L’informazione come bene, cit., p. 420.
220 Cfr. R. TOMMASINI, Contributo alla teoria dell’azienda come oggetto di diritti, Milano, 1986, pp. 23 ss. 221 Cfr R. TOMMASINI, Contributo, cit., p. 25; P. D’ADDINO SERRAVALLE, op. ult. cit., p. 106.
222 Per una ricostruzione della materia cfr. P. D’ADDINO SERRAVALLE, op. ult. cit., pp. 22 ss; M. BARCELLONA, Attribuzione normativa, cit., pp. 607 ss. Il termine bene ha numerose accezioni nel linguaggio
giuridico. Esso può indicare sia il punto di riferimento oggettivo di diverse situazioni giuridiche sia le stesse situazioni giuridiche, prese in considerazione nella loro oggettività e da un punto di vista diverso, sia, ancora, i valori e gli interessi destinatari della disciplina, cui non necessariamente corrisponde una puntuale situazione soggettiva. Sul punto cfr. A. IANNARELLI, Beni, interessi valori. Profili generali, in N. LIPARI (a cura di), Diritto
privato europeo,Padova, 2001, p. 374.
223 La norma afferma che “sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”. È diffusa l’idea che la disposizione sia di scarso aiuto per la ricerca della nozione giuridica di bene. Al riguardo si è osservato che essa presenta una formulazione linguistica scarna e solo apparentemente chiara mentre, in realtà, è caratterizzata da una pregnante ambiguità che l’ha prestata alle più svariate interpretazioni. Sul punto cfr. V.
ZENO-ZENCOVICH, voce Cosa, in Digesto civ., vol IV, Torino, 1989, pp. 438-443; M. ALLARA, Dei beni, cit., p.
21, M. BARCELLONA, Attribuzione normativa, cit., pp. 615-621 e 635, per il quale tale norma esprime l’idea che
la distribuzione delle risorse e i modi della loro appropriazione costituiscono competenza esclusiva del legislatore, ma lascia aperto il problema dell’individuazione dei criteri di qualificazione degli stessi. Diversamente, per il valore precettivo della norma in esame, A. PINO, Contributo, cit., p. 835.
224 In tal senso A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 1995, p. 108. Per gli autori i concetti di bene e di cosa sono spesso confusi o adoperati come sinonimi. In realtà, tuttavia, si tratta di concetti
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finalizzata a definire le conseguenze dell’appropriazione. Riconoscere questi effetti all’atto
di appropriazione fa tuttavia ritenere che sia l’individuo con i suoi atti, le sue attività e le sue
scelte a selezionare gli interessi meritevoli di tutela che l’ordinamento rapporta ai beni in
senso giuridico. Tale concezione non sembra potersi accogliere dal momento che
l’ordinamento disciplina i rapporti intersoggettivi e non si occupa né delle relazioni tra
l’uomo e le cose né di ciò che l’uomo fa da solo. Non avrebbe senso cercare di individuare
la nozione di cose che possono formare oggetto di diritti, indirizzando l’attenzione alle
relazioni tra l’uomo e le cose
225.
Circa il valore da riconoscere alla formula di cui all’art. 810 c.c., è opportuno riferire
dei tentativi di ricondurre la nozione di bene a quelle cose, materiali o immateriali,
caratterizzate dalla limitatezza
226, dalla rarità, dalla scarsità e che sono idonee a soddisfare i
bisogni solo dei soggetti che se ne appropriano (c.d. tesi realistica
227). Nessuno, in senso
inverso, avrebbe un interesse a vedersi riconoscere una situazione di appartenenza in
esclusiva, idonea a riservare l’uso della risorsa con il diritto di escludere tutti gli altri, per
quei beni che non hanno caratteristiche di limitatezza o rarità
228. Pertanto da una situazione
di tal genere non potrebbe nascere alcun conflitto, con conseguente disinteresse da parte
dell’ordinamento
229.
Sulla correttezza dell’enunciata conclusione si possono avanzare molte riserve. È
infatti dubbia la possibilità di affermare che siano considerate beni solo le cose che possano
essere oggetto di appropriazione
230. In concreto, infatti, molte cose, pur non potendo essere
ben diversi. Cosa è una parte di materia. Non ogni cosa è un bene, essendo tale solo la cosa che possa essere fonte di utilità o oggetto di appropriazione.
225 In tal senso M. COSTANTINO, I beni in generale, cit., pp. 29 ss.
226 Cfr. S. PATTI, La tutela giuridica dell’ambiente, Padova, 1979, p. 147, per il quale il processo di oggettivazione giuridica delle cose è legato alla loro progressiva rarefazione, conseguentemente sono tali le risorse in quanto utili, a prescindere dalla loro configurazione quali oggetto di diritti soggettivi. Utilità e scarsità sono per l’autore i due presupposti che determinano l’interesse del diritto per il bene e condizionano la qualificazione del bene come giuridico. In tal senso anche F. GALGANO, Diritto privato, cit., p. 101; B. BIONDI, I beni, cit.; M.
D’AMELIO, Dei beni, cit., P.TRIMARCHI, Istituzioni, cit., p. 104; A. TORRENTE, Manuale, cit., p. 108; A.
TRABUCCHI, Istituzioni, cit., p. 396.
227 Cfr. M. BARCELLONA, Attribuzione normativa, cit., p. 608. 228 In tal senso F. GALGANO, Diritto privato, cit., p. 101.
229 P. ZATTI – V. COLUSSI, Lineamenti di diritto privato, Padova, 2009, p. 208; V. ROPPO, Istituzioni di diritto
privato, Bologna, 1994, p. 113.
230 Cfr. O.T. SCOZZAFAVA, I beni e le forme giuridiche di appartenenza, cit., p. 561, per il quale le varie entità assumono la rilevanza di bene in senso giuridico ogni volta in cui l’ordinamento disciplina le modalità di appropriazione di siffatte entità da parte dei soggetti, anche mediante la configurazione di situazioni non sempre omogenee. Contra P. PERLINGIERI, L’informazione come bene, cit., pp. 330-331. L’autore sottolinea che la
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oggetto di occupazione, sono considerate beni in senso giuridico
231. Ciò induce a credere
che i criteri di selezione degli interessi meritevoli di tutela suggeriti dalla citata impostazione
non siano effettivamente idonei a spiegare il fenomeno dell’oggettivazione giuridica.
Conferma di quanto evidenziato si desume dalle innumerevoli regole che disciplinano
beni di determinate categorie, in quanto ritenuti idonei a soddisfare interessi meritevoli di
tutela, prescindendo o addirittura espressamente escludendo la possibilità che siano oggetto
di appropriazione
232.
Si pensi in proposito all’ambiente, la cui rilevanza come bene in senso giuridico è
ormai indiscussa
233. Esso, come può dedursi dalla disciplina positiva, è composto da
molteplici cose di varia natura (flora, fauna…) le quali, individuate a loro volta come beni,
sono sottoposte a diversi regimi di appartenenza (beni demaniali e beni patrimoniali, beni
appartenenti al patrimonio disponibile e a quello indisponibile, beni privati, proprietà
collettive, etc). Tuttavia questa complessità è presupposta quando l’ambiente viene preso in
considerazione come punto di riferimento oggettivo
234. La disciplina di settore lo considera
infatti come un quid ulteriore e diverso rispetto alle singole risorse atomisticamente
considerate. Per quanto l’ambiente sia un bene giuridico non avrebbe senso considerarlo
quale cosa suscettibile di appropriazione. L’ambiente è una cosa che può formare oggetto
ma anche dalla tutela riservata a terzi qualificati che ricavano dal bene un’utilità, non necessariamente economica, dalla sua conformazione, come dal regime di circolazione, dalle modalità di accesso e dal regime delle vicende che lo interessano. In particolare, l’autore evidenzia come vi sono entità che si oggettivano in situazioni giuridiche non riconducibili ai diritti soggettivi, come ad esempio il paesaggio.
231 Sul punto M. COSTANTINO, I beni in generale. Cose e ordinamento giuridico, in Tratt. Di dir. privato, diretto da P. RESCIGNO, Torino, 1982, p. 15, ove l’autore afferma che la rilevanza delle cose come beni consiste e si
esaurisce nell’essere termini di riferimento oggettivo di esigenze, interessi e bisogni che l’ordinamento riconosce meritevoli di tutela.
232 Cfr. P. PERLINGIERI, L’informazione come bene, cit., p. 330.
233 Cfr. in proposito C. Cost. 31 dicembre 1987, n. 641, in Foro it., 1988, I, pp. 694 ss, con nota di F.
GIANPIETRO - G. PONZANELLI; Cass. 3 febbraio 1998, n. 1087, in Urbanistica e appalti, 1988, pp. 721 ss, con
nota di C. VIVIANI e in Riv. giur. ambiente, 1988, pp. 711 ss, con nota di M. MONTINI Sull’ambiente come bene
giuridico cfr. L. FRANCARIO, Le destinazioni della proprietà a tutela del paesaggio, Napoli, 1986, p. 27 e 186 ss.; E.
CAPACCIOLI – F. DEL PIAZ, voce Ambiente (tutela dell’), Parte generale e diritto amministrativo, in Novissimo dig. It.,
Appendice, I, Torino, 1980, pp. 257 ss.; M. CANTUCCI, voce Beni culturali e ambientali, in Noviss. Dig. It.,
Appendice, Torino, 1980, pp. 772 ss.; ID, voce Bellezze naturali, ivi, pp. 710 ss.; S. CIVITARESE MATTEUCCI,
Sull’individuazione del bene giuridico protetto dalla normativa sui beni ambientali, in Riv. giur. ambiente, 1993, pp. 518 ss.
Esclude che l’ambiente possa essere definito un bene, consistendo in una serie di correlazioni e più precisamente una serie di relazioni chimiche e biochimiche, A.GAMBARO, La proprietà, in Tratt. Dir. priv., cit.,
p. 148. Cfr. anche G. VISINTINI, La proprietà privata a fronte della legislazione ambientale, Il diritto civile oggi. Compiti
scientifici e didattici del civilista. Atti del I Convegno nazionale della Società italiana defli studiosi del diritto civile, Napoli,
2006, pp. 529 ss.
234 Si veda la l. 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’ambiente. Sul punto F. GIAMPIETRO, La
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di diritti in quanto è punto di convergenza di situazioni soggettive meritevoli di essere
tutelate dall’ordinamento giuridico
235. Conseguentemente anche l’immaterialità della cosa
“ambiente” non incide sotto il profilo giuridico, in quanto per il diritto assumono rilievo
solo le utilità, gli interessi meritevoli di tutela che essa è idonea ad appagare.
Nello stesso senso si deve concludere per le res comunes omnium, la cui rilevanza come
beni dipende da una valutazione del legislatore
236. La tesi della limitatezza quale
presupposto per la rilevanza giuridica delle cose deve ritenersi superata
237.
In realtà non può negarsi che l’ordinamento, ai fini del riconoscimento
dell’oggettività giuridica delle cose, possa prendere in considerazione l’abbondanza o la
scarsità, l’idoneità o meno a soddisfare un bisogno umano, l’appropriabilità. Il criterio di
qualificazione dei beni non è tuttavia riposto in queste sole caratteristiche. Bisogni e utilità
sono criteri assolutamente variabili nel tempo e nello spazio e da un individuo all’altro; di
conseguenza l’affermazione che riconduce la rilevanza giuridica delle cose alla loro
attitudine a soddisfare un bisogno o un’utilità umana introduce una nozione soggettiva di
ciò che dovrebbe considerarsi come bene.
Ad analoghe conclusioni portano le concezioni che fondano sull’esistenza di possibili
conflitti di interessi il criterio di qualificazione delle cose come beni
238. A ben vedere, infatti,
un conflitto può sorgere solo intorno ad una cosa che sia già idonea a formare oggetto di
diritti. Non è infatti comprensibile come possa nascere un conflitto relativamente ad una
cosa, qualora quest’ultima non sia, per le sue qualità e la sua funzione, qualificabile come
bene
239. Quando l’ordinamento predispone una disciplina diretta a comporre opposti
235 Sul punto D. MESSINETTI, voce Oggetto del diritto, cit., pp. 819 ss.; R. TOMMASINI, Contributo, cit., p. 25. 236 Cfr. M. COSTANTINO, I beni, cit., pp. 35 ss.; D. MESSINETTI, op. ult. cit., pp. 819 ss., il quale ultimo supera il binomio bene-oggetto di un diritto di appropriazione esclusiva. Egli afferma che, anche in ordine alle risorse ambientali, sussistono le condizioni essenziali di un’oggettivazione giuridica. L’interesse si traduce infatti in una specifica forma di protezione giuridica, cioè in una situazione soggettiva e questa tutela si indirizza verso un oggetto determinato, il cui godimento la norma tende a garantire. L’autore peraltro precisa che non ogni forma di rilevanza normativa di un interesse collettivo dia origine ad un bene giuridico. Ciò avviene solo quando c’è il collegamento con una disciplina che tipizzi l’interesse stesso in riferimento ad una determinata situazione utile, rilevante quale oggetto diretto di tutela.
237 Si veda S. PUGLIATTI, Beni e cose, cit., p. 87. Per il superamento della tesi della limitatezza con riguardo alle singole res communes omnium si rinvia a R. FERORELLI, Le reti, cit., pp. 101 ss. ed alla bibliografia ivi citata. 238 Cfr. F. GALGANO, Diritto privato, cit., p. 101, per il quale il diritto si occupa delle cose solo in quanto esse siano materia di possibile conflitto fra gli uomini; nonché V. ROPPO, Istituzioni di diritto privato, cit., p. 114, per
il quale può formare oggetto di diritti solo ciò su cui sia immaginabile un conflitto di interessi. Pertanto non sono beni in senso giuridico le entità, anche se molto utili all’uomo, su cui non si creino conflitti di interessi a causa della loro sovrabbondanza, che le rende accessibili a tutti in modo tendenzialmente illimitato.