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La prestazione di ricerca

La prestazione di ricerca assume in concreto una conformazione libera, comprensiva

di attività consistenti nel fare, dare o non fare

429

. Essa si caratterizza, anche sotto il profilo

metodico, per un obbligo di cooperazione, poiché è l’esito di un’attività collettiva in cui

diversi ricercatori apportano il proprio contributo innovativo

430

.

L’attività di ricerca è inoltre una prestazione lavorativa, dal momento che presenta un

inscindibile legame con gli enti nell’ambito dei quali o per i quali viene svolta. Essa presenta

una forte connotazione sociale, poiché obbliga il ricercatore alla conoscenza di altre

discipline e, conseguentemente, favorisce la diffusione interdisciplinare del sapere.

Il lavoro di ricerca è componente di ogni altra attività lavorativa e prestazione

esclusiva e strumentale dell’attività scientifica. Nella prima fattispecie la ricerca è un onere

della prestazione lavorativa, di cui garantisce il continuo miglioramento; nella seconda

caratterizza l’obbligazione avente ad oggetto esclusivo la ricerca: non può infatti ritenersi

che la ricerca possa implicare libertà di non ricercare

431

.

La libertà di ricerca è arbitrio nello scopo, poichè lo Stato non può imporre limiti o

divieti al pensiero; obbligo nella prestazione, dal momento che è imposta al ricercatore la

metodica scientifica della cooperazione, della verifica e dell’analisi; discrezione di scopi, ove

promossa e sostenuta secondo le priorità della società; funzione sociale e morale, in quanto

volta al bene della collettività

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. L’attività scientifica ha, quindi, una limitazione interna data

429 Sull’inutilità delle tipologie del fare, dare o non fare rispetto all’esecuzione delle prestazioni oggetto di dei rapporti obbligatori cfr. P. PERLINGIERI, Manuale, cit., pp. 227 ss.

430 Cfr. A. LABRIOLA, L’università e la libertà della scienza, 1996, pp. 39 ss. 431 Cfr. E. CATERINI, op. ult. cit., p. 77.

432 In questa dimensione si collocano gli studi sull’abuso del diritto, quale esercizio del potere oltre i limiti imposti dalla funzione per la quale è accordato. Sul punto cfr. M. LAMICELA, Dolo e abuso del diritto: il giudice

controlla le parti contraenti, in Contratto e impr., 2012, pp. 1447 ss.; C. SCOGNAMIGLIO, L’abuso del diritto, in

Contratti, 2012, pp. 5 ss.; R. SACCO, Abuso del diritto [aggiornamento-2012], in Digesto civ., Torino, p. 1; L.

CRUCIANI, Clausole generali e principi elastici in Europa: il caso della buona fede e dell’abuso del diritto, in Riv. critica dir.

privato, 2011, p. 473; F. GALGANO, Qui suo iure abutitur neminem laedit?, in Contratto e impr., 2011, p. 311; A.

PALMIERI - R. PARDOLESI, Della serie «a volte ritornano»: l’abuso del diritto alla riscossa, in Foro it., 2010, p. 95; L.

DELLI PRISCOLI, Abuso del diritto e mercato, in Giur. comm., 2010, p. 834; C. SCOGNAMIGLIO, Abuso del diritto,

buon fede, ragionevolezza, in Nuova giur. civ., 2010, II, p. 139; G. VETTORI, L’abuso del diritto, in Obbligazioni e

contratti, 2010, p. 166; G. NEGRI, Appunti per uno studio sull’abuso del diritto, in Jus, 2009, p. 107; P. RESCIGNO,

L’abuso del diritto, Bologna, 1998, pp. 11 ss.; Conseil de L’Europe, Actes du 19° Colloque de droit europèen, Lussemburgo, 6-9 novembre 1989, L’abus de droit et les concepts équivalents: principe et applicattions actuelles, Strasburgo,

1990, e, in particolare, M.J. VOYAME– M.B. COTTIER – M.B. ROCHA, L’abus de droit en droit comparé, pp. 23-53;

D. SPIELMANN, La notion d’abus de droit à la lumière de la Convention européen de Sauvegarde des Droits de l’Homme et

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dalla funzione che l’obbligazione di ricerca contiene. La connessa situazione giuridica è

dunque complessa, composta di un diritto di ricercare al quale si affianca un obbligo le cui

misure variano in concreto.

Nel contratto di ricerca la prestazione è caratterizzata da un’elevata complessità

derivante dalla particolare natura dell’oggetto del contratto. Maggiore è l’assenza di un

referente materiale per l’attività scientifica, minore è la possibilità di ripetibilità fisica della

prestazione eseguita totalmente o parzialmente

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.

In assenza di una causa giustificatrice del trasferimento della situazione avente ad

oggetto il risultato della ricerca, il ricercatore potrà richiedere l’equivalente. Occorrerà

considerare se la reintegrazione per equivalente del patrimonio del ricercatore debba essere

rapportata al valore economico della prestazione

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, al valore dell’eventuale corrispettivo

pattuito

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ovvero al valore di mercato che lo sfruttamento dell’idea può procurare al

committente

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. Invero tale ultima evenienza si pone maggiormente con riguardo alla sola

433 Cfr. U. BRECCIA, Indebito (ripetizione dell’), in Enc. Giur., Roma, 1989, pp. 2-3, ove si amplia la portata dell’istituto dell’indebito a tutte la categorie di prestazioni. La disciplina dell’indebito trova infatti il suo presupposto minimo e costante in un’attività destinata oggettivamente a una funzione esecutiva. Conferma tale impostazione in giurisprudenza Cass. 2 aprile 1982, n. 2029, in Dir. e giur., 1985, p. 802. Cfr. altresì P. GALLO, Ripetizione dell’indebito [aggiornamento-2012], in Digesto civ., Torino, p. 880; E. BARGELLI, Indebito

(ripetizione dell’), in Il diritto-Encicl. giur., Milano, 2007, vol. VII, p. 634;

434 Il criterio della valutazione economica della prestazione è da considerarsi insoddisfacente, in particolare avendo riguardo al disposto di cui al secondo comma dell’art. 23 RD 26 giugno 1939 n. 1127, ove si fa riferimento all’equo compenso da valutarsi sulla base dell’importanza dell’invenzione. In giurisprudenza si è affermato che il criterio dell’importanza dell’invenzione per la determinazione dell’equo premio può essere concretizzato assumendo come punto di riferimento gli utili prevedibili ed i risultati economici consolidati, relativi allo sfruttamento del trovato da parte del datore di lavoro.Cfr Trib. Como, 11 maggio 1989, in Riv. dir.

ind., 1993, II, p. 346.

435 Cfr. V. MANGINI, Invenzioni industriali – Modelli di utilità e disegna ornamentali, in G. AULETTA– V. MANGINI,

Concorrenza, a sua volta contenuto nel commentario del Codice Civile a cura di A. SCIALOJA – G. BRANCA,

Bologna-Roma, 1987, p. 89. L’autore esclude il carattere del prezzo o della retribuzione, muovendo dalla considerazione che una siffatta qualificazione del premio implicherebbe l’effetto traslativo del trovato, laddove, invece, quest’ultimo si reputa acquisito a titolo originario nella sfera giuridica del committente,. Sostengono la natura indennitaria a carattere straordinario del prezzo o della retribuzione P. GRECO - P.

VERCELLONE, Le invenzioni ed i modelli industriali, in Trattato di diritto civile italiano diretto da F. VASSALLI,

Torino, 1994, p. 237. Secondo tali autori, poiché l’art. 4 RD 29 giugno 1939, n. 1127 subordina il conferimento e l’esercizio dei diritti esclusivi di sfruttamento economico di un’invenzione alla concessione del brevetto, lo stesso diritto del dipendente-inventore alla corresponsione dell’equo premio nasce solo da questo momento e si configura come prestazione patrimoniale non avente natura di retribuzione, ma di controprestazione straordinaria erogata una tantum. In giurisprudenza cfr. Trib. Napoli, 30 luglio 1984, in Giur.

it., 1985, I, 2, c. 496.

436 Cfr. V. CATALDO, I brevetti per invenzione e modello, Milano, 2000, pp. 192-193, ove l’autore lamenta come l’esperienza giurisprudenziale in materia di quantificazione dell’equo premio non risulti soddisfacente. Spesso infatti la quantificazione viene operata indicando una somma della quale non viene offerta alcuna reale giustificazione; altre volte l’entità del premio viene raccordata ai profitti che l’impresa ha conseguito grazie all’invenzione, ma viene individuato erroneamente il termine di riferimento (ad esempio in caso di invenzione

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materia non brevettabile

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e finisce per coincidere con la prima soluzione prospettata: si

tratta infatti del valore economico che assume la prestazione nel mercato delle idee. Anche

il parametro del corrispettivo pattuito, usato nel rapporto di lavoro nullo (art. 2126 c.c.),

rappresenta il valore economico della prestazione, o quantomeno è ciò in linea

tendenziale

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.

Il corrispettivo nel contratto di ricerca può risultare sproporzionato

439

rispetto al

valore di mercato del trovato o del creato ed è dunque solo un elemento indiziario per

desumere il valore commerciale della prestazione. Quest’ultima, nel caso della sua

di perfezionamento i profitti da cui partire non sono gli interi profitti realizzati grazie alla vendita del prodotto, ma solo una parte di essi e, precisamente, quelli aggiuntivi che il perfezionamento ha consentito). 437 Contra G. SENA, I diritti sulle invenzioni e sui modelli industriali, cit., p. 214, il quale desume dagli artt. 12 e 13 RD 26 giugno 1939 n. 1127 e dall’art. 14 l. n. 190 del 13 maggio 1985 sui quadri intermedi, il riconoscimento di un corrispettivo per quelle idee non brevettabili ma che si manifestano in termini di organizzazione e di

know how aziendale. Per l’autore i contratti collettivi possono definire le modalità tecniche di valutazione e

l’entità del corrispettivo economico dell’utilizzazione, da parte dell’impresa, sia delle invenzioni di rilevante importanza nei metodi o nei processi di fabbricazione, sia delle invenzioni fatte dai quadri, nei casi in cui le predette innovazioni o invenzioni non costituiscano oggetto della prestazione di lavoro dedotta in contratto ex art. 23, co. 2, RD 26 giugno 1939 n. 1127.

438 Sul punto cfr. art. 4 l. 13 maggio 1985, n. 190, circa il riconoscimento giuridico dei quadri intermedi. La giurisprudenza ha ritenuto che il premio per le invenzioni d’azienda sia determinato con riferimento all’importanza dell’invenzione, con conseguente abbandono non solo della simmetria tra prestazione ed utilità traibile dal suo sfruttamento, ma anche del concetto di proporzionalità retributiva. Ne deriva l’infondatezza della tesi secondo cui dovrebbe sussistere una proporzione tra premi e retribuzione globale di fatto. Di contro la legittimità dell’adozione della c.d. formula tedesca emerge dal rilievo che il premio non può essere considerato come un prezzo, in quanto l’acquisto dei diritti derivanti dall’invenzione da parte dell’imprenditore non è l’effetto di un negozio traslativo simile alla vendita, ma di una controprestazione straordinaria per una straordinaria prestazione. Detta formula deve essere applicata in conformità con i principi del nostro ordinamento: si deve dunque tener conto, nella determinazione dell’equo premio, non del prezzo ma dell’importanza dell’invenzione. Sul punto cfr. Cass., sez. lavoro, 2 aprile 1990, n. 2646, in Giur. dir.

ind., 1990, p. 53; per una dettagliata esposizione della formula tedesca cfr. L.MANSANI, La determinazione

dell’equo premio spettante al dipendente inventore secondo la formula tedesca, in Contr. Impr., 1993, pp. 720 ss. Detta

formula introduce un temperamento al valore dell’invenzione, ossia al prezzo della licenza che l’imprenditore avrebbe dovuto pagare per acquisire dal mercato l’idea brevettata. Tale valore risulta inversamente proporzionale all’autonomia delle funzioni del dipendente, all’apporto ascrivibile all’impresa ed alle funzioni di ricerca che il dipendente ricopre nell’azienda. Questo temperamento si traduce in una percentuale che riduce il valore dell’invenzione. Tale soluzione non è pienamente condivisa dalla giurisprudenza italiana per la diversità di formulazione normativa dell’art. 23 RD 26 giugno 1939 n. 1127., ove l’equo premio è commisurato all’importanza dell’invenzione e non al ruolo ricoperto nell’impresa dall’inventore. Contra Cass., sez. lav., 21 luglio 1998, n. 7161, in Dir. lav., 1999, II, pp. 354 ss, secondo la quale l’equo premio va determinato tenendo conto sia del valore economico dell’invenzione, commisurato agli utili prevedibili in relazione al tipo di attività esercitata dall’impresa, sia della retribuzione percepita dal dipendente in relazione al tempo impiegato per conseguire il risultato inventivo, sia del tipo di attività svolta dall’inventore e del contributo aziendale al conseguimento dell’invenzione.

439 Sul requisito della proporzionalità quale principio che regola la teoria dei contratti cfr. G. OPPO, Lo

squilibrio contrattuale tra diritto civile e diritto penale, in Riv. dir. civ., 1999, p. 540, ove si sostiene che la nuova norma

penale sull’usura (art. 644 c.p.), per la sua ampia portata, abbia abrogato la fattispecie di rescissione per stato di bisogno (art. 1448 c.c.), introducendo un concetto di sproporzione non più legato alla lesione ultra dimidium bensì alla concreta modalità del fatto ed alle operazioni similari.

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ripetibilità per equivalente, va apprezzata a prescindere dall’eventuale valutazione

attribuitale dal committente nel contratto di ricerca

440

.L’assenza di parametri generali di

apprezzamento della prestazione non consente di adottare il corrispettivo quale unico

criterio valido.

Diversamente, qualora l’attività inventiva o creativa si svolga nell’ambito di un

contratto di lavoro dipendente successivamente dichiarato nullo, possono reputarsi

applicabili le norme sulle invenzioni del prestatore di lavoro: da un lato la retribuzione,

dall’altro l’aggiunta dell’equo premio se l’invenzione è esterna al rapporto di servizio

441

. In

tal caso il valore del ripristino per equivalente del patrimonio dell’autore inventore è

desumibile dai parametri forniti dall’inserimento del trovato nel sistema di produzione

aziendale.

Le fattispecie dell’indebito nel contratto di ricerca mettono in luce alcuni punti critici

della disciplina del rapporto, sui quali è necessario un approfondimento. Il valore della

prestazione del ricercatore può assumere un differente apprezzamento nel rapporto di

lavoro dipendente e nel rapporto contrattuale di ricerca. Inoltre l’effetto dell’indebito nel

440 Il contratto di ricerca può essere incluso nella disciplina dei contratti di subfornitura se soltanto si considera che il ricercatore può essere professionalmente soggetto, pubblico o privato, singolo o personificato, che cede beni o presta servizi con i caratteri dell’imprenditorialità. Ciò è convalidato dal dato normativo contenuto nella legge 18 giugno 1998, n. 192, i artt. 1, 2 co. 5 let. a) e 6 co. 3. Tale normativa individua l’apporto del subfornitore, qualificato da particolari cognizioni tecnico-scientifiche tali da porlo nelle condizioni di produrre beni o servizi, anche muniti della tutela della proprietà industriale o intellettuale, che si inseriscono per essere incorporati o utilizzati nell’attività economica del committente. In tal senso cfr. F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura. La nuova legge sulla subfornitura nei rapporti interni ed internazionali,

Padova, 1999, pp. 58 ss.; G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, Milano, 1999, pp. 16 ss. Il ricercatore

potrebbe rivestire anche la qualità di consumatore se l’invenzione non dovesse essere l’espressione dell’esercizio della propria attività professionale. In tal caso il relativo rapporto potrebbe essere assoggettato alla disciplina speciale, in particolare all’accertamento della vessatorietà delle clausole attraverso la valutazione del rapporto qualità prezzo della fornitura o della prestazione ovvero alla necessità della rispondenza del programma divisato dalle parti agli interessi da realizzare. Sul punto cfr. E. MINERVINI, Tutela del consumatore e

clausole vessatorie, Napoli, 1999, pp. 125 ss.; V. RIZZO, Il significativo squilibrio “malgrado” la buona fede nella clausola

generale dell’art. 1469 bis cc: un collegamento “ambiguo” da chiarire, in Rass. Dir. civ., 1996, pp. 497 ss. In ultima ipotesi

vige il principio contenuto nel secondo comma dell’art. 23 RD 26 giugno 1939 n. 1127, dal quale si desume che la valutazione del compenso dev’essere rapportata all’importanza dell’invenzione, quella vale al dire al rilievo che l’invenzione ha per l’imprenditore che s’appropria del trovato.

441 La tesi è comunemente accolta dalla dottrina. Cfr. V. DI CATALDO, I brevetti per invenzione e per modello, Milano, 2000, p. 184; G. SENA, I diritti sulle invenzioni e sui modelli di utilità, Milano, 2011, p. 197. Tale tesi, secondo E. CATERINI, Il negozio giuridico di ricerca, cit., p. 130 può essere accettata solo con qualche

precisazione. La nullità o l’annullamento del rapporto di lavoro fa salvi gli effetti del rapporto eseguito, per cui la norma è riferibile primariamente alle cc.dd. invenzioni di servizio (art. 23 RD 26 giugno 1939 n. 1127). Può trovare estensione alle invenzioni cc.dd. d’azienda (art. 23, co. 2, RD 26 giugno 1939 n. 1127) soltanto se s’accetta l’interpretazione che pone l’equo premio, attuazione del disposto contenuto nell’art. 46 cost., in relazione con le utilità che l’imprenditore può desumere dall’apprensione del trovato.

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contratto di ricerca, ossia la ripetizione per equivalente del valore della prestazione, non

chiarisce se l’acquisto in capo al committente dell’idea creativa sia a titolo originario o

derivativo. Su tali argomenti si tornerà nel prosieguo della trattazione.