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LA TRASGRESSIONE NELLE DIVISE SUKEBAN E KOGAL

L’uso che viene fatto dei vestiti determina sempre un’immagine e diventa, quindi, una modalità dell’espressione del sé. Questo è particolarmente vero nella uniforme, dove il riconoscersi uguale a tanti altri permette la creazione di un codice estetico condiviso. Quando un gruppo di persone crea una sottocultura, i codici di comportamento diventano sempre più coesivi man mano che questi si radicano nella società. Le sottoculture creano semi-uniformi che sono rigidi codici di comportamento da rispettare come garanzia della loro resistenza e dell’opposizione alla cultura tradizionale (Craik 2005). La stessa cosa è avvenuta per le sukeban e le kogyaru, ma con modalità ancora più elaborate, perché le semi- uniformi che hanno adottato nascono da una contravvenzione ad una uniforme ufficiale.

Esistono diversi aspetti da considerare nell’analisi delle uniformi sukeban e

kogyaru. Il primo riguarda il significato che il vestire ha sulla rappresentazione di

sé rispetto al resto del mondo. Come già ricordato (pp. 36-37), l’appropriazione, cioè l’adozione di stili, vestiti o oggetti estranei rispetto alle attese sociali, e la

sovversione, cioè la modifica dell’uniforme come contravvenzione alle regole,

sono secondo Brian McVeigh due delle forme di resistenza alle istituzioni (McVeigh 2000). Le kogyaru e le sukeban hanno iniziato a modificare le proprie uniformi semplicemente sovvertendo le regole imposte dall’istituzione scolastica. Tuttavia, con il crescere della loro influenza in Giappone, alimentata dall’attenzione dei media, la loro divisa è diventata poco per volta un atto di

appropriazione. La divisa, modificata nel suo significato, da simbolo di disciplina e

autorità, è stata trasformata in un oggetto di culto molto distante dalla sua accezione originale. Quando una trasgressione passa i limiti dell’accettazione sociale, da una parte viene derisa e resa repellente, dall’altra è in grado di suscitare una forte attrazione (McVeigh 2000).

La sovversione dei codici canonici dell’uniforme ha diverse motivazioni, che sono state più o meno accentuate dalle due sottoculture. Nelle sukeban l’obiettivo principale è stata la radicalizzazione del significato dell’ornamento, come

dichiarata ostilità alle autorità. Non vi è però in origine alcuna carica sessuale, che, al contrario, è totalmente annullata. Nelle kogal, invece, l’obiettivo è stata la sfida diretta alle autorità, ma piuttosto il rovesciamento dei significati attraverso l’inserimento di elementi grotteschi. Come sostiene Bachtin: “il principio

fondamentale del realismo grottesco è la degradazione, cioè l’abbassamento di tutto ciò che era alto e spirituale, ideale e astratto; è un trasferimento a livello materiale, alla sfera del cielo e del corpo nella loro indissolubile unità”. Se l’obiettivo principale delle

uniformi nel periodo Meiji era stato l’esaltazione dello stato e della potenza, le

kogal ne “ridussero” l’immagine a quella di un oggetto che parlava di consumi e

di trasgressione. Il grottesco fu inserito dalle kogal attraverso la loro sovversione dei modelli di bellezza tradizionale, nella decolorazione dei capelli e nell’inscurire la pelle da una parte, e dall’altra dall’esasperazione della cultura

kawaii, che è invece specchio dell’ideale di donna.

Le semi-uniformi hanno molti punti in comune con i costumi (Craik 2005). Spesso nel teatro, più che i personaggi in sé, sono i vestiti che creano la storia. I personaggi sono identificati per quello che indossano, e tutto il resto risulta secondario. I costumi hanno inoltre il compito di attrarre l’attenzione su qualcosa di inusuale, trasformando vestiti ordinari in vestiti straordinari (Hollander 1993). Allo stesso modo le sukeban e le kogyaru forse non sarebbero mai state ricordate se avessero indossato l’uniforme in maniera convenzionale. La reinterpretazione delle uniformi scolastiche come semi-uniformi ha portato alla conversione dei significati per cui erano state originariamente predisposte. Nel caso delle sukeban, tuttavia, la loro natura trasgressiva non ha determinato la creazione di una nuova sensibilità nello stile e nella moda, generando un look ormai considerato vecchio e datato. Lo stile kogyaru, invece, fu facilmente assimilato dalle giovani, tanto che alla fine degli anni Novanta tutte avevano fatto proprie alcune delle sue caratteristiche (Evers and Macias 2007).

Note:

2009. "KOGAL interview."

Bakthin, M. 1984. "introduction to Rebelais and His World." in Rebelais and His

World. Bloomington: Indiana University Press.

Craik, J. 2005. Il fascino dell'uniforme. Roma: Armando.

Evers, Izumi, and Patrick Macias. 2007. Japanese Schoolgirl Inferno: Tokyo Teen

Fashion Subculture Handbook. San Francisco: Chronicle Books.

Hollander, A. 1993. "Costume." in Seeing Through Clothes Los Angeles University of California Press

Kinsella, S. 2002. "What's Behind the Fetishism of Japanese School Uniforms? ." Pp. 215-36 in Fashion Theory. UK.

—. 2013. Schoolgirls, Money and Rebellion in Japan. Londra: Nissan Institute/Routledge Japanese Studies.

Leheny, D. 2006. Think Global, Fear Local. New York: Cornell University Press. Marx, D. 2009. "Yasumasa Yonehara."

—. 2012. "The History of the Gyaru."

McCoy, A. 2004. "Blaming Children for their own exploitation: the situation in East Asia." ECPAT 7th report on the Implementation of the Agenda for Action Against the Commercial Sexual Exploitation of Children

McVeigh, B. 2000. Wearing Ideology. New York: Berg.

Miller, L. 2004. "Those Naughty Teenage Girls: Japanese Kogals, Slang, and Media Assessments." Journal of Linguistic Anthropology 14(2):225-47.

Suzuki, T., and J. Best. 2003. "The Emergence of Trendsetters for Fashions and Fads: Kogaru in 1990s Japan." The Sociological Quarterly 44(1):61-79.

C

APITOLO  

6  

S

ESSUALITÀ  E  TRASGRESSIONE

:

 IL  

G

IAPPONE  E  IL  FETISH  DELLA   STUDENTESSA  IN  UNIFORME

 

Il sociologo Miyadai Shinji identifica l’azione di due fenomeni fondamentali e contrapposti nella rappresentazione della studentessa in uniforme. Un principio pubblico per cui le studentesse sono considerate troppo giovani per essere sessualmente attive ed un principio privato per cui invece sono rappresentate come sessualmente attive (Hamm 2012).

Uno dei libri maggiormente usati dagli studiosi per analizzare l’origine del feticismo per l’uniforme scolastica in Giappone è “Storia della sessualità, Volume 1” di Michel Foucault. Dei numerosi concetti esposti nel saggio, quattro in particolare sono fondamentali per la discussione di questo fenomeno.

1. I concetti di genere nelle diverse società non sono fissi, ma vengano continuamente rinegoziati.

2. Il mondo è basato su una serie di dinamiche di potere. Esso non viene imposta in maniera diretta da oppressore a oppresso, ma passando sempre per delle forme di resistenza.

3. La sessualità è qualcosa che dipende da valori culturali imposti dalla società o che noi imponiamo ad essa.

4. La sessualità è soggetta a dinamiche di potere.

Foucault pensa inoltre che l’esercizio del potere spinga a creare sessualità in campi dove prima non esisteva.

Questo significa che le tendenze e le preferenze sessuali non sono fenomeni già insiti nella società, ma sono creati tramite una rinegoziazione dei concetti di genere, l’esercizio del potere e la conseguenza resistenza ad esso.

Questi concetti possono essere applicati anche al progressivo interessamento nelle fantasie erotiche giapponesi dell’immagine della studentessa in uniforme. Come verrà analizzato in questo capitolo, questo scenario affonda le sue origini nelle nozioni di potere, resistenza, genere e sessualità espresse da Foucault nel suo libro.(Hamm 2012)

I  KASUTORI  E  L’ORIGINE  DELLE