• Non ci sono risultati.

LE AZIONI LEGALI A DIFESA DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE

Le azioni legali a difesa dei diritti di privativa industriale ed intellettuale sono in buona parte regolate dal Codice della proprietà industriale, da ultimo emendato con la riforma entrata in vigore il 2 settembre 2010.

5.1. LA GIURISDIZIONE E LA COMPETENZA

Le azioni in materia di diritti di privativa industriale (nullità e contraffazione) si propongono dinanzi al giudice del luogo di residenza/domicilio/dimora del convenuto o, in mancanza, dell’attore (foro generale). In alternativa, quando un’azione sia basata su fatti che ledono il diritto di parte attrice, questa può radicare il processo dinanzi al giudice del luogo in cui sono stati commessi gli illeciti (giudice del locus commissi delicti).

Ai sensi dell’articolo 120, 4° comma, del Codice della proprietà industriale (c.p.i.) “la competenza in materia di diritti di proprietà industriale appartiene ai tribunali espressamente indicati a tale scopo dal decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168”44.

Tale norma si riferisce alla creazione, avvenuta con il decreto sopra citato, delle 12 Sezioni specializzate presso i Tribunali (per il primo grado di giudizio) e le Corti d’Appello (per il secondo grado di giudizio) delle città di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia.

Resta inteso che per il giudizio di legittimità va sempre e comunque adita la Corte di Cassazione.

44Ora la competenza è delle Sezioni Specializzate in materia di Impresa (D.L. n. 1/2012, convertito nella L.

n. 27/2012.

Le predette Sezioni Specializzate hanno competenza esclusiva per le controversie civili in materia di diritti di privativa industriale, compreso il diritto d’autore, e le relative fattispecie di concorrenza sleale con esclusione delle sole fattispecie di concorrenza sleale che non interferiscono, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale. Le Sezioni specializzate fungono anche da Tribunali dei marchi e dei disegni e modelli comunitari di cui ai Regolamenti CE n. 40/94 e n. 2002/6.

Con l’introduzione del comma 6-bis dell’articolo 120 in esame diventa norma di legge la possibilità, già ammessa dalla giurisprudenza prevalente, di agire per l’accertamento negativo della contraffazione, anche in via cautelare. Le azioni di accertamento negativo della contraffazione seguono le medesime regole di giurisdizione e di competenza dettate per le azioni di nullità e di accertamento positivo della contraffazione.

Si noti altresì infine che ai sensi dell’articolo 120 c.p.i. in caso di azione proposta contro una privativa non ancora giunta a registrazione, il giudice sospende il processo non potendo emettere sentenza prima che il titolo abbia superato la fase di esame e quindi prima che sia stato concesso. L’UIBM, in tali circostanze, darà la precedenza alla domanda oggetto di contestazione.

È anche possibile in queste circostanze richiedere un’accelerazione nella pratica di concessione.

5.2. L’ONERE PROBATORIO E IL DIRITTO DINFORMAZIONE

L’onere della prova ricade sulla parte che ne fa istanza in caso di azione di nullità/decadenza del titolo e sul titolare della privativa in caso di azione di contraffazione.

In presenza di seri indizi della fondatezza delle ragioni di una parte, il giudice può disporre che l’altra parte fornisca i documenti e informazioni atte a confermare detti indizi nonché gli elementi per identificare i soggetti coinvolti nella produzione e distribuzione dei prodotti/servizi contraffatti.

Il Codice prevede altresì la possibilità che in caso di atti di pirateria su scala commerciale il giudice possa disporre, ad istanza di parte, l’esibizione dei

documenti bancari, finanziari e commerciali in possesso della controparte (vedasi comma 2-bis dell’art. 121).

Va da ultimo richiamato l’art. 121-bis del C.p.i. che regola la possibilità per il giudice (sia in sede cautelare che di merito) di ordinare che siano fornite informazioni sull’origine e sulla distribuzione di prodotti/prestazione di servizi sia da parte dell’autore della violazione che da ogni altro soggetto che sia coinvolto nella violazione a livello industriale e/o commerciale (produttori, distributori, grossisti, dettaglianti ecc.).

Per il caso di ingiustificata reticenza o di informazioni false è prevista una sanzione penale. Il Giudice ai sensi dell’art. 116 del Codice di procedura Civile può desumere argomenti di prova da questo rifiuto e reticenza.

5.3. IL RITO APPLICABILE

Alle cause in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale interferente si applica, già da qualche anno, il rito ordinario di cui al codice di procedura civile.

La Corte Costituzionale, infatti, con sentenza n. 170 del 18 aprile 2007 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’(allora) art. 134, comma 1, del C.p.i. che prevedeva l’applicabilità del rito societario, ed ha così sancito il ritorno al processo di cognizione ordinario per tutte le cause industrialistiche, pendenti e nuove.

A questo proposito va osservato che se il rito societario si caratterizza per l’essere particolarmente spedito e rapido, la riforma del Codice di procedura civile intervenuta nel 2005 (e in vigore da marzo 2006) ha comunque efficacemente snellito e velocizzato anche il processo di cognizione ordinario. In particolare, il tentativo di conciliazione è divenuto meramente facoltativo e sono diminuiti sia il numero delle udienze (con la sostanziale concentrazione delle udienze di comparizione e di trattazione della causa in un’unica udienza) sia anche il numero massimo delle memorie scambiate dalle parti. Inoltre l’intera fase istruttoria è affidata al Giudice monocratico.

Divenuto applicabile il rito ordinario, per chi è citato in giudizio diviene oggi importante tenere presente che, a pena di decadenza, deve proporre le eventuali domande riconvenzionali, la chiamata di un terzo in causa e tutte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio depositando la comparsa di

costituzione e risposta almeno venti giorni prima dell’udienza di prima comparizione e trattazione. Se invece il convenuto si costituisce oltre detto termine (per esempio in udienza), eventuali domande riconvenzionali, chiamate di terzo e eccezioni di rito o di merito proposte sarebbero giudicate inammissibili.

Con la sentenza che accerta la violazione di un diritto di privativa può essere disposta:

(a) l’inibitoria della fabbricazione, del commercio e dell’uso di quanto costituisce violazione del diritto; il giudice può anche stabilire una penale da corrispondersi in caso di inadempienza o ritardo nell’eseguire il provvedimento;

(b) l’ordine di ritiro definitivo dal commercio delle medesime cose nei confronti di chi ne sia proprietario o ne abbia comunque la disponibilità; L’inibitoria e l’ordine di ritiro dal commercio possono essere emessi anche contro ogni intermediario che sia parte del giudizio;

(c) la distruzione di tutte le cose in violazione a spese dell’autore della stessa salvo che non possano essere utilizzate in maniera legittima ove opportunamente modificate. In quest’ultimo caso il giudice può decidere per il loro mero ritiro provvisorio dal commercio dei prodotti fino a quando non siano state adattate come ordinato;

(d) le cose in violazione e i mezzi di produzione possono essere sequestrati o assegnati in proprietà al titolare del diritto leso ovvero aggiudicati a quest’ultimo dal giudice dell’esecuzione;

(e) la pubblicazione della sentenza o dell’ordinanza cautelare in uno o più giornali a spese della parte soccombente.

In ogni caso le sanzioni dovranno essere proporzionate alle violazioni e il giudice dovrà tenere in considerazione anche l’interesse dei terzi.

Il giudizio di merito consente al danneggiato di chiedere ed ottenere anche il risarcimento dei danni subiti a causa della contraffazione del proprio diritto di privativa industriale.

Ai sensi dell’art. 125 del C.p.i. il risarcimento del danno è liquidato secondo le disposizioni del Codice civile (artt. 1223, 1226, 1227 Cod. civ.) tenendo conto della perdita subita e del mancato guadagno. Il lucro cessante è valutato dal giudice anche con riferimento agli utili realizzati in violazione del diritto e dei compensi che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare qualora avesse ottenuto licenza dal titolare del diritto.

Il giudice può considerare anche il danno morale arrecato al soggetto il cui diritto sia stato violato.

5.4 LE MISURE CAUTELARI

In caso di violazione dei diritti di proprietà industriale è possibile ricorrere alle misure cautelari tipiche previste dal C.p.i.: descrizione, sequestro, inibitoria.

Si noti inoltre che con il decreto legislativo n. 140/2006 (di esecuzione della Direttiva n. 48/2004/CE, cosiddetta “Direttiva Enforcement”) è stato introdotto nel Codice, in funzione di misura cautelare, l’ordine di ritiro dal commercio dei prodotti contraffatti presso chiunque ne abbia la disponibilità (articolo 131 c.p.i.).

Preliminarmente, si tenga presente che i presupposti necessari per poter richiedere le suddette misure cautelari sono il fumus boni juris ed il periculum in mora. In altre parole, si deve dimostrare un principio di fondatezza della propria domanda (fumus) e che il tempo necessario per arrivare alla conclusione del giudizio potrebbe rivelarsi pregiudizievole per il proprio diritto (periculum). Con riferimento a questo secondo presupposto, tuttavia, la giurisprudenza si è più volte pronunciata nel senso di ritenere il periculum insito nella contraffazione della privativa e pertanto, di regola, comunque presente.

In casi di particolare urgenza il giudice può decidere inaudita altera parte e cioè senza sentire la controparte, riservandosi di confermare o revocare il provvedimento dopo il contraddittorio instaurato tra le parti nei successivi 15 giorni.

Nella pratica le misure d’urgenza vengono concesse in tempi molto rapidi (da un minimo di pochi giorni ad un massimo di pochi mesi) garantendo così al titolare del diritto di esclusiva una reazione tempestiva ed efficace alla violazione dello stesso.

La descrizione ha lo scopo di acquisire elementi probatori della contraffazione del marchio/modello/brevetto. Si noti, però, che tali elementi talvolta possono essere più semplicemente acquisiti anche in altri modi, ad esempio procurandosi il prodotto contraffatto o cataloghi o materiale promozionale o pubblicitario dal quale risulti la contraffazione, e così via.

Il sequestro, invece, ha lo scopo principale di sottrarre alla disponibilità del contraffattore gli oggetti che costituiscono violazione del diritto di privativa ed i relativi mezzi di produzione, oltre che finalità probatorie.

L’inibitoria e l’ordine di ritiro dal commercio in sede cautelare, infine, hanno lo scopo di impedire la produzione, l’uso e la commercializzazione di quanto costituisce violazione del diritto.

Le altre misure cautelari posso essere richieste anche congiuntamente o subordinatamente alla descrizione.

L’articolo 129 precisa inoltre che “ai fini della conferma, modifica o revoca della descrizione o dell’eventuale concessione delle misure cautelari chieste unitamente o subordinatamente alla descrizione, il giudice fissa l’udienza di discussione tenendo conto della descrizione allo scopo di valutarne il risultato”. La prova della contraffazione acquisita per il tramite della descrizione, quindi, è valutata già in fase cautelare.

Infine, con la più recente riforma codicistica:

– è stata riconosciuta la possibilità di un accertamento negativo della contraffazione di una privativa industriale anche in via d’urgenza: tale nuovo strumento consente una sorta di “difesa anticipata” nel senso che permette, specie a chi teme un attacco ingiustificato e quindi strumentale, di prevenire l’azione di contraffazione da parte di un concorrente;

– è stata introdotta la consulenza tecnica preventiva (cosiddetta “consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite” di cui all’art. 696-bis del codice di procedura civile): tale nuovo strumento consente di ottenere in tempi brevi un accertamento di validità/violazione della privativa che sarà poi utile al soggetto che l’ha richiesta per l’eventuale composizione stragiudiziale della vertenza. La parte può anche in un successivo giudizio di merito richiedere che

venga acquisita agli atti la CTU. Si ritiene peraltro che la CTP possa essere richiesta anche in assenza di motivi di urgenza.

Con il provvedimento cautelare il Giudice stabilisce anche il termine entro il quale le parti devono instaurare il giudizio ordinario di merito (sede destinata a valutare compiutamente le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento dell’azione cautelare ante causam). Ove il Giudice non vi disponga, il giudizio di merito deve essere iniziato entro il termine di venti giorni lavorativi, o di trentuno giorni di calendario qualora questi rappresentino un periodo più lungo, dalla data di pronuncia dell’ordinanza (se avvenuta in udienza) o, altrimenti, dalla sua comunicazione.

Se nessuna delle parti inizia il giudizio di merito nei termini prescritti:

– i provvedimenti cautelari che abbiano natura conservativa (per esempio la descrizione) perdono la propria efficacia;

– i provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile o gli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito (misure cautelari cosiddette anticipatorie) mantengono la propria efficacia. In tal modo si consente di fatto un giudizio molto rapido, da qualche commentatore definito “abbreviato”.