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La definizione dell’ospedale come organizzazione complessa, richiama evidentemente quanto già detto nel paragrafo precedente sul tema dei sistemi complessi, a cui l’ospedale in quanto organizzazione sanitaria quasi paradigmatica non può ovviamente sottrarsi. In base a quanto sostenuto prima nel breve itinerario storico dell’ospedale attraverso cui è approdato alla modernità, lo stesso si situa in un contesto in cui non è più il detentore della cura in modalità esclusiva, per cui un logico corollario di tale acquisizione è il fatto che attraverso connessioni multiple , l’ospedale debba perseguire l’obiettivo di realizzare processi inter-settoriali a tutela e a promozione della salute, in stretta relazione con le componenti sociali, politiche, economiche e ambientali di un territorio. Ciò concorre a configurare l’ospedale come un’organizzazione complessa formale e reticolare, che si situa in un ambiente a sua volta connotato da elevati livelli di turbolenza e di incertezza (Giarelli, Venneri, 2009). Turbolenza ed incertezza costituiscono dimensioni che potremmo chiamare, conoscitive,

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93 dell’ambiente organizzativo (Katerndahl, 2010), in quanto tali esse rappresentano le coordinate fondamentali e le principali chiavi interpretative, dell’ambiente in cui un’organizzazione vive ed opera. La turbolenza ambientale é riferibile ad un insieme di eventi esterni all’organizzazione che ne condizionano significativamente le azioni attuali e future, l’incertezza invece, fa riferimento, alla contingenza delle scelte e delle tecnologie impiegate dall’organizzazione in risposta alle multiformi, diversificate e talvolta ridondanti istanze ambientali. In particolare in ambito sanitario, i richiami all’equità e alla qualità sociale delle prestazioni, conducono in ambienti incerti e altamente differenziati, alla definizione flessibile delle priorità d’intervento, dell’allocazione delle risorse e dei programmi operativi. Le organizzazioni sanitarie ed in specifico l’ospedale oltre a condividere le caratteristiche comuni dei sistemi complessi, come abbiamo visto sopra hanno delle particolarità, che vanno esplicitate come per esempio, la numerosità degli elementi da trattare, la forte interdipendenza tra le attività, ambiti di cura diversi professionalità diverse coinvolte da un fitto scambio di informazioni e meccanismi di finanziamento diversi (Del Vecchio, 2008). Ma sono anche è soprattutto, un contesto interdisciplinare, interculturale, ogni nodo della rete organizzativa è portatore di una sua cultura di riferimento e fortemente interdipendente. Dal punto di vista analitico, è possibile ridurre tale complessità a due dimensioni principali una verticale ed una orizzontale; nella dimensione orizzontale possiamo identificare tre ambiti funzionali (Giarelli, Venneri, 2009), il primo, attiene al settore medico, dove l’impronta maggiore è data dalla specificità del processo diagnostico terapeutico, inerente le competenze mediche in particolare. Il secondo, è quello assistenziale, in cui il ruolo infermieristico rappresenta la figura di maggiore rilevanza, in termini di mediazione e centralità rispetto al paziente, nella risposta ai suoi bisogni, e che a sua volta si integra con le attività mediche e di altri professionisti coinvolti. Il terzo ambito, e amministrativo-burocratico, e

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94 comprende le funzioni tecnico-manageriali, di pianificazione, organizzazione, gestione ed ausilio al funzionamento dell’organizzazione. La dimensione verticale, invece chiama in causa, i livelli di differenziazione e stratificazione tra gruppi e posizioni professionali, che esprimono nell’organizzazione gradi diversi di comando e controllo, e concorrono a determinare processi e finalità. A sua volta è suddivisibile in tre livelli: strato superiore, che include la direzione medica, la direzione infermieristica ed i vertici amministrativi; il management intermedio, composto dai medici di reparto, infermieri, personale sanitario dei settori specialistici e trasversali (fisioterapisti, terapisti occupazionali, assistente sociale, dietista), dei servizi tecnico-diagnostici, (tecnici di laboratorio, radiologia, ecc.).

Nello strato inferiore, troviamo personale ausiliario dell’assistenza, personale amministrativo di primo livello (impiegati, custodi, ecc.).

Della dimensione verticale e caratteristica la compresenza, di molteplici gerarchie d’autorità che si delimitano reciprocamente e che s’intersecano necessariamente in vasti settori d’azione, in questa composizione ed intersezione di strati è necessario oggi non estromettere un attore che è sempre stato nella scena ma il cui ruolo oggi, non è più possibile derubricare a comparsa, ovvero il paziente/utente/cittadino. L’esito di una tale configurazione risulta essere un governo policentrico, della struttura ospedaliera che non può essere esente da conflitti contrattazioni e compromessi, da questo punto di vista è abbastanza indicativo il rapporto tra la linea di potere medico e quella amministrativo-burocratica. Negli ultimi decenni abbiamo assistito alla crescita quantitativa e qualitativa dei manager, frutto anche delle esigenze di contenimento dei costi, imposte dalla costante crescita del mercato sanitario e della spesa correlata, nello stesso tempo a processi di indebolimento della dominanza medica, di segmentazione della professione medica, determinata dall’ascesa delle associazioni specialistiche professionali, spesso mosse da strategie ed interessi autonomi ed in conflitto tra loro. Al quadro va aggiunto il processo

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95 evolutivo che ha interessato altre professioni sanitarie e la complessità clinica degli utenti (Clark, 2013) che fa emergere bisogni d’integrazione orizzontale, tra le diverse componenti della rete organizzativa, in funzione dell’elevata interdipendenza.

Il tema dell’interdipendenza è particolarmente cogente nelle organizzazioni sanitarie, nelle quali questa è una caratteristica distintiva, nella misura in cui i problemi che gli attori organizzativi in sanità si trovano a dover affrontare e risolvere, riguardano la soluzione di problemi di cura a persone, in questo contesto, dunque nessuno possiede le risorse, le conoscenze e la legittimità per provvedere in modo autonomo alla risoluzione degli stessi. In generale possiamo dividerle in tre categorie (Galbraith, 2010): semplici, quando si riferiscono alla condivisione di, norme, procedure, programmi, per cui alle persone è richiesto di aderire comunemente a tali indicazioni, il coinvolgimento organizzativo è piuttosto limitato, si definiscono invece intermedie, quando fanno riferimento a rapporti gerarchici diretti o delegati, alla necessità di decisioni congiunte. Infine esistono le interdipendenze complesse che prevedono l’allineamento culturale ad obiettivi comuni ed il controllo incrociato, che evidentemente evocano uno scenario organizzativo più articolato da realizzarsi, in quanto che per il processo produttivo sanitario, nella stragrande maggioranza dei casi, le interdipendenze non sono relative unicamente alle attività, ma soprattutto alle decisioni organizzative dei professionisti che hanno in cura il paziente (Capasso, Pascarella, 2005). Di conseguenza, occorre presidiare l’elevato fabbisogno di integrazione orizzontale dovuto ad interdipendenze di tipo intensivo che non sono governabili attraverso la struttura organizzativa, ma richiedono meccanismi di coordinamento che orientino i comportamenti organizzativi dei professionisti. Da ciò ne deriva che le interdipendenze in sanità sono un dato di fatto e non, come talvolta viene interpretato un’attitudine professionale più o meno sviluppata ed eventualmente da promuovere, questione che invece riguarda l’interprofessionalità che è l’immediato

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96 corrispondente organizzativo all’interdipendenza, e che invece va promossa e costruita al fine di garantire una adeguata risposta alle esigenze ineludibili che le interdipendenze affermano sul piano organizzativo. L’attività negoziale, diventa una risposta obbligata in ogni organizzazione complessa, e l’organizzazione ospedaliera non si sottrae a questo assunto, per cui la convergenza e la complementarietà tra le diverse parti interessate è funzione della capacità dell’organizzazione stessa di scegliere e mettere in opera, strategie differenziate, non standardizzate e soprattutto congruenti, al contesto che si presenta mobile, a geometria variabile, non riconducibile a dinamiche note a priori. Nel panorama degli studi organizzativi e nel settore delle organizzazioni sanitarie, l’ospedale può essere codificato come una sub-cultura (Lok et al., 2011) che si costituisce come una variante della cultura sanitaria generalmente prodotta e condivisa da un sistema sociale. La sua evoluzione storica infatti, intesa come insieme strutturato e codificato di saperi, di pratiche, di assetti organizzativi e normativi, ha viaggiato e viaggia parallela, al percorso dei paradigmi di salute e malattia, dalla impermeabilità delle determinanti biologiche della malattia e salute a contaminazioni di carattere storico-sociale, al ripensamento in senso umanistico e perciò relazionale, che ha caratterizzato (e sta ancora influenzando), il profondo cambiamento culturale dei servizi sanitari nel loro complesso. Nel prossimo paragrafo, proseguendo in questo itinerario di specificazione delle componenti, che costituiscono gli attori di questo lavoro. Voglio presentare un approfondimento sulla professione ed in particolare sull’assistenza infermieristica, al fine di delinearne i tratti e permettere di comprenderne le peculiarità, soprattutto culturali che informano il lavoro dell’infermiere e che cosa s’intende quando si parla di pratica ed assistenza infermieristica. Nella seconda parte della tesi risulterà molto utile, avere degli elementi di comprensione di queste specificità, per correttamente inquadrare, la relazione con organizzazione e tecnologia.

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