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Le conoscenze nei percorsi formativi di servizio sociale

CAPITOLO 1 S APERE E SERVIZIO SOCIALE

1.2 Formazione e costruzione della conoscenza in servizio sociale

1.2.1 Le conoscenze nei percorsi formativi di servizio sociale

La professione di servizio sociale, forse più di altre professioni intellet-tuali si è sviluppata storicamente con una tensione al fare “in situazione”, all’interno del contesto operativo, istituzionale, organizzativo e relaziona-le (Ferrari, 2006).

La prontezza d’azione, l’incertezza degli scenari sociali nelle loro mu-tevolezze contingenti e i bisogni d’emergenza sociale sono stati gli ele-menti intrinseci del servizio sociale all’interno degli apparati organizzati-vi, ma hanno anche contribuito a collocare la disciplina all’interno di

con-testi di fragilità (Gui, 2009). Ciò si manifesta in uno status professionale ancora incerto e in un riconoscimento disciplinare formale e specifico non ancora raggiunto completamente.

Alcuni studiosi tendono a collocare la nascita della prima scuola italia-na in servizio sociale (la San Gregorio al Celio42 a Roma) nell’epoca fa-scista.

L’aspetto formativo nella sua evoluzione storica, l’utilità del tirocinio e la didattica nelle scuole esulano dalla nostra trattazione come scritto nei precedenti paragrafi e sono già oggetto di meritevoli studi (Gui 1999; Del-lavalle 2008; Fargion 2009).

Al di la di ciò, è possibile tracciare la fisionomia del corpus disciplinare del servizio sociale (pur nella complessità del dibattito) ai fini dell’ingresso della professione nel mondo accademico?

Un documento del Consiglio nazionale dell’ordine degli assistenti so-ciali (2010) argomenta che l’iter formativo accademico di servizio sociale ha raggiunto una relativa omogeneità negli atenei.

In particolare per la formazione specifica di servizio sociale si è mani-festata in realtà una formazione “aspecifica” a causa della diversificazione all’interno degli atenei di criteri garantisti sui contenuti teorici di servizio sociale43.

Indicatori di questa aspecificità sembrano essere gli esiti degli esami di stato per l’iscrizione all’Albo professionale, le difficoltà a fronteggiare e superare i concorsi o le selezioni per l’accesso al mondo del lavoro e il numero dei procedimenti disciplinari a carico dei professionisti iscritti all’Albo.

La prima formazione di base, formalmente riconosciuta e disciplinata dal Ministero dell’Università della pubblica istruzione è del 1985 (Cam-panini, 2007).

In questo piano di riforma viene regolato, anche se in forma generale, il curriculum didattico delle scuole dirette a fini a speciali per assistenti sociali sorte in seguito al 198244 e in sette università italiane45.

Il decreto ministeriale differenziava il curriculum formativo tra disci-pline professionalizzanti e discidisci-pline di base46.

Con la successiva istituzione del diploma universitario in servizio so-ciale nel 199347 non vengono più differenziate le discipline caratterizzanti da quelle di base e il curriculum didattico si suddivide in aree disciplinari che contengono settori d’insegnamento affini.

La “ricerca” non è più contemplata come “applicata” al servizio socia-le e il curriculum formativo viene quindi ridimensionato in base alla coe-renza delle aree disciplinari (Campanini, 2007).

L’area professionale del servizio sociale viene allora codificata in “Q05A” (settore della Sociologia generale) e in “Q05C”48 (settore della Sociologia dei processi economici e del lavoro).

All’interno di questa area si prevedono almeno cinque moduli profes-sionalizzanti tra gli insegnamenti di Principi e fondamenti del servizio so-ciale, Politica soso-ciale, Metodi e tecniche del servizio sociale e Organizza-zione del servizio sociale.

Tuttavia, è con la Laurea sperimentale di servizio sociale (1998/1999) nell’Ateneo di Trieste e nella Libera Università Maria Ss. Assunta di Ro-ma che il servizio sociale entra a pieno titolo nella forRo-mazione accademi-ca49.

Infine, solo con le riforme universitarie del D.M. 509/1999 e del D.M. 270/2004, che oggi si è giunti alla determinazione delle classi di Laurea in servizio sociale (classe L 39) e di Laurea magistrale in servizio sociale e politiche sociali (LM 87)50.

Nell’implementazione della riforma universitaria è da notare che la nuova titolazione delle classi di laurea (“Servizio sociale”, D.M. 270/2004) rispetto alla precedente (“Scienze del servizio sociale”, D. M. 509/1999) risulta più netta e marcata, indicando in tal modo una disciplina più matura.

La titolazione della Laurea magistrale (“Servizio sociale e politiche so-ciali”) pone un chiaro riferimento alla correlazione esistente tra servizio sociale e politiche sociali (Dente, 2007).

Rispetto al passato (D.M. 509/1999) tra gli obiettivi qualificanti della formazione (D.M.270/2004) si possono individuare queste abilità specifi-che specifi-che rinforzano il profilo della professionalità:

- per la classe di laurea L 39 “Servizio sociale”, si rafforza l’importanza delle conoscenze sulle metodologie del servizio so-ciale e si valorizza l’apporto interdisciplinare per gli interventi nel-le situazioni probnel-lematiche. Viene contemplata l’abilità e la com-petenza per la prevenzione del disagio, la promozione del benesse-re, il pronto intervento di natura sociale e il supporto per l’accesso alle risorse di qualsiasi natura. Infine, viene data importanza al ti-rocinio professionalizzante. Quest’ultimo è svolto all’interno degli enti pubblici, no profit, nazionali e internazionali. Tale attività, nel piano didattico, assume il valore di 18 CFU;

- per la classe di laurea magistrale LM 89 “Servizio sociale e politi-che sociali”, viene contemplata un’approfondita conoscenza delle teorie di servizio sociale e di metodologie specifiche e innovative. Ciò a favore di una maggiore competenza nella diagnosi sociale, nella mediazione familiare, sociale, penale e nella consulenza psi-co-sociale per le situazioni conflittuali e problematiche.

Si prevedono, inoltre, sistemi di valutazione delle prestazioni e dei ser-vizi erogati, abilità di programmazione, organizzazione e gestione nell’ambito delle politiche sociosanitarie.

Il tirocinio professionalizzante, da svolgersi anche presso studi profes-sionali di servizio sociale, viene riconosciuto in 10 CFU.

Con i decreti ministeriali successivi al D.M. 270/2004, si realizza un ri-conoscimento formale della disciplina del servizio sociale all’interno dei corsi di laurea, anche se permane l’assenza di un raggruppamento scienti-ficodisciplinare autonomo.

L’intento delle riforme curriculari è stato quello di individuare gli o-biettivi formativi attraverso la didattica, ma anche di indurre o produrre un’integrazione tra il sistema dei servizi e delle professioni e ricerca uni-versitaria.

I singoli atenei in tal modo possono progettare i corsi di laurea sulla ba-se delle necessità territoriali e dell’offerta di lavoro (Dente, 2007; MIUR, 2010). Al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca rimane la funzione d’indirizzo e guida51.

Sembra che da parte dell’università pur nelle diverse specificità locali, vi sia comunque una tendenza ad allinearsi agli indirizzi e alle guide del Ministero.

Dalla lettura di alcuni corsi di laurea attivati nell’anno accademico 2010/201152, nell’Università italiana si possono individuare, per la laurea L 39 “Servizio sociale”, i seguenti obiettivi formativi:

- padronanza e conoscenza delle discipline di base, dei metodi e del-le tecniche del servizio sociadel-le;

- apprendimento di conoscenze disciplinari e metodologiche neces-sarie alla programmazione e implementazione d’interventi integra-ti nei vari ambiintegra-ti operaintegra-tivi;

- padronanza di una cultura interdisciplinare di base in ambito so-ciologico, antropologico, etico e filosofico, giuridico, economico, medico, psicologico e storico, necessaria per comprendere le carat-teristiche delle società attuali e saper assumere abilità collaborati-ve nella costruzione di progetti individuali e comunitari;

- raggiungere competenze nella rilevazione e nel fronteggiare le si-tuazioni di disagio sociale di singoli, famiglie, gruppi e comunità; - padronanza nelle abilità comunicative, interattive e nella gestione

dell’informazione, in particolare per i diritti di cittadinanza;

- competenze interattive e di conoscenza con culture diverse e con culture di genere, nella prospettiva dell’interazione con le diversità che rappresentano la società odierna;

- assumere apprendimenti per l’attivazione di azioni preventive del disagio sociale, promuovere il benessere della persona, delle fami-glie, dei gruppi e delle comunità;

- acquisire padronanza di pronto intervento sociale e di sostegno, nell’accesso alle risorse e prestazioni;

- competenze del metodo di ricerca sociale;

- conoscenza di almeno una lingua dell’Unione Europea, scritta e orale, oltre a quella italiana;

- acquisire fattori di esperienza attraverso tirocini professionalizzan-ti presso enprofessionalizzan-ti pubblici nazionali o internazionali, organizzazioni del terzo settore o non governative, imprese sociali in cui è presen-te il servizio sociale.

Nei corsi di laurea in “Servizio sociale” (L 39) si individuano pertanto delle attività di base, delle attività caratterizzanti l’ambito disciplinare, delle attività affini e quelle a scelta dello studente.

Gli effetti e l’efficacia di tali impostazioni didattiche, all’interno del mondo professionale, sono oggetto di alcune ricerche significative.

È di recente pubblicazione una ricerca (Bressan, Pedrazza, Neve, 2011) per la determinazione dell’efficacia della formazione in servizio sociale nel mondo lavorativo.

Lo studio ha fatto emergere la relazione esistente tra attività lavorative e competenze apprese all’università53.

L’offerta formativa accademica risulta dunque non omogenea nella sua composizione didattica, perché influenzata dalle interazioni con i singoli

tuitesi nel tempo, dalla variabilità delle risorse nei singoli atenei e dagli orientamenti dei singoli presidi e docenti (Gui, 2009).

Un’altra recente pubblicazione della ricerca nazionale di Facchini (2010) fa emergere come la percezione formativa dell’assistente sociale, prima dell’ingresso in università in questo ultimo decennio, fosse comun-que caratterizzata da un certo equilibrio tra apprendimento teorico e teori-co-pratico. Con il passaggio effettivo all’università, gli insegnamenti teo-rici sono percepiti dagli assistenti sociali come maggiormente solidi, men-tre più difformi sono le opinioni sugli apprendimenti disciplinari tipici di servizio sociale e sull’esperienza di tirocinio.

Allo stato attuale, risulta quindi complessa la valutazione sull’effetto della formazione universitaria dell’assistente sociale essendo trascorsi non molti anni dal riconoscimento accademico.

Dall’ingresso nel mondo della ricerca universitaria, per oltre dieci anni, si è manifestata l’esigenza di ricercare una propria fisionomia disciplinare attraverso il susseguirsi delle riforme universitarie e dei mutamenti degli scenari di politica sociale.

Il riconoscimento formativo nel contesto universitario è stato uno tra gli obiettivi prioritari della professione nelle sue rappresentanze associative e istituzionali.

La comunità professionale, come quella riferibile all’interno dell’ordine professionale si è comunque riconosciuta da sempre in una forte identità professionale “agita”.