2. Licenziamento individuale
2.18. Le conseguenze del licenziamento illegittimo
Con una rilevante pronunzia, Sez. L, n. 29105/2019, Boghetich, Rv. 655852-01, ha affermato che in tema di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato,
l’ultima retribuzione globale di fatto, cui dev’essere commisurata l’indennità risarcitoria in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo dichiarato illegittimo, deve essere parametrata al tipo di danno subito dal lavoratore, id est la prosecuzione della missione presso l’utilizzatore, nel caso di indebita interruzione della stessa, ovvero la prosecuzione della disponibilità del lavoratore, nel caso in cui la cessazione del rapporto con l’utilizzatore non sia imputabile all’agenzia; ne consegue che il risarcimento corrisponderà, nel primo caso, alla retribuzione percepita presso l’utilizzatore, e, nel secondo caso, all’indennità di disponibilità percepita dal lavoratore al momento del licenziamento.
In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva commisurato l’indennità risarcitoria alla retribuzione da ultimo percepita presso l’utilizzatore, sul rilievo che il licenziamento era stato dichiarato illegittimo perché il lavoratore aveva concluso la missione nonostante non fosse risultata provata la contemporanea interruzione del contratto commerciale tra datore di lavoro-utilizzatore e agenzia.
Con riferimento ad una questione specifica, Sez. L, n. 00086/2019, Ponterio, Rv. 652536-01, ha puntualizzato che l’indennità supplementare al trattamento di fine rapporto prevista per i dirigenti di azienda dall’accordo interconfederale del 27 aprile 1995 deve essere riconosciuta al dipendente nel caso in cui il licenziamento sia obiettivamente causato da ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi aziendale, al di là della motivazione formalmente adottata dal datore di lavoro.
In materia di computo dei prestatori di lavoro ai fini dell’applicabilità dell’art. 18 st.lav., Sez. L, n. 06947/2019, Patti, Rv. 653083-01, ha precisato che a seguito della disciplina introdotta dalla legge 3 aprile 2001, n. 142, in una società cooperativa anche i soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato devono essere computati ai fini del requisito dimensionale per l’applicazione del regime di stabilità del rapporto di lavoro, con la conseguenza della fruibilità anche dai lavoratori dipendenti non soci della tutela prevista dall’art. 18 l. n. 300 del 1970, nel testo novellato dall’art. 1, comma 42, l. n. 92 del 2012.
Quanto al vecchio testo dell’art. 18 st. lav., Sez. L, n. 15379/2019, Patti, Rv.
654106-01, ha evidenziato che nell’ipotesi di ordine di reintegrazione del lavoratore ai sensi dell’art. 18, comma 4, della l. n. 300 del 1970, nel testo applicabile anteriormente alle modifiche apportate dalla l. n. 92 del 2012, il diritto al ripristino del rapporto e al risarcimento del danno non è subordinato, diversamente da quanto accade nel caso di conversione a tempo indeterminato di un contratto a tempo determinato per nullità del termine, alla messa in mora del datore di lavoro mediante l’offerta della prestazione lavorativa da parte del lavoratore, atteso che quest’ultimo mette a disposizione le proprie energie lavorative già con l’impugnativa in via stragiudiziale del recesso illegittimo, a fronte del rifiuto datoriale di riceverne la
687 prestazione, manifestato con l’intimazione del licenziamento. (Nella specie, la S.C.
ha censurato la decisione di merito che, dopo la sentenza di accertamento dell’illegittimità di un licenziamento intimato da una società poi fallita, con relative condanne reintegratoria e risarcitoria, aveva escluso dallo stato passivo il credito del lavoratore, avente per oggetto le retribuzioni maturate nel periodo successivo alla sentenza, sul presupposto dell’assenza di prova dell’offerta della prestazione alla società datrice per esserne riassunto).
Con riguardo agli effetti della riforma della pronuncia di primo grado sulle poste economiche derivanti dalla declaratoria di illegittimità dell’atto espulsivo, Sez. L, n.
21617/2019, Negri della Torre, Rv. 655010-01, ha affermato che l’indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato ha natura esclusivamente risarcitoria del danno subito per l’illegittimo licenziamento, così che, in caso di riforma della sentenza che aveva dichiarato l’illegittimità del recesso, le somme percepite dal lavoratore perdono il loro titolo legittimante – in quanto viene meno l’illecito civile ascritto al datore di lavoro – e debbono essere conseguentemente restituite fin dal momento della riforma.
Sempre in tema, Sez. L, n. 05759/2019, Boghetich, Rv. 652924-01, ha evidenziato che in caso di illegittimità del licenziamento, il diritto riconosciuto al lavoratore dall’art. 18, comma 3, della l. n. 300 del 1970, come modificato dalla l. n.
92 del 2012, di optare fra la reintegrazione nel posto di lavoro e l’indennità sostitutiva, in quanto atto negoziale autonomo nell’esercizio di un diritto potestativo derivante dalla declaratoria di illegittimità del licenziamento, non soggiace agli effetti espansivi della sentenza di riforma previsti dall’art. 336, comma 2, c.p.c.
Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte di appello che, in sede di revocazione, aveva ritenuto estinto il rapporto di lavoro di un dirigente che aveva esercitato l’opzione all’esito della fase sommaria del cd. rito Fornero, benché la pronuncia di nullità del licenziamento fosse stata riformata nel giudizio di opposizione prima di essere nuovamente dichiarata in sede di reclamo.
2.19. Il preavviso.
Con una significativa sentenza intervenuta in materia di “contratti di prossimità”, Sez. L, n. 19660/2019, Garri, Rv. 654739-01, ha affermato che in tema di contrattazione aziendale, le specifiche intese ex art. 8 del d.l. n. 138 del 2011, conv.
con modif. in l. n. 148 del 2011, in quanto normativamente preordinate, tra l’altro, a finalità di gestione di crisi aziendali ed occupazionali, possono operare anche in deroga alle disposizioni di legge in tema di conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, prevedendo l’esclusione del trattamento sostitutivo a titolo di mancata effettuazione del preavviso, che, nell’ambito di un’operazione di licenziamento
collettivo, mira ad assicurare un minor costo sociale dell’operazione in questione e a salvaguardare la prosecuzione dell’attività d’impresa.
Sez. L, n. 09268/2019, Ponterio, Rv. 653613-01, ha precisato che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, lo stato di gravidanza sopravvenuto durante il periodo di preavviso se non è causa di nullità del recesso - per la quale rileva, ai sensi dell’art. 54, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, il momento in cui il licenziamento è intimato e non quando diviene efficace – costituisce evento idoneo a determinare la sospensione del periodo di preavviso ex art. 2110 c.c., con conseguente applicabilità della relativa disciplina.