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Responsabilità solidale del committente con l’appaltatore per il pagamento dei crediti retributivi. Individuazione della disciplina

applicabile ratione temporis.

Sull’ambito di applicazione del regime di solidarietà, Sez. L, n. 24375/2019, Tria, Rv. 655131-01, ha chiarito che anche i contratti d’appalto stipulati dalle Aziende per l’edilizia residenziale pubblica – ancorché annoverabili tra gli “organismi di diritto pubblico”, ex art. 3 del d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice degli appalti pubblici) perché svolgono un servizio pubblico di interesse generale – rientrano nella disciplina ex art.

29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, in quanto in base all’art. 9, comma 1, del d.l.

n. 76 del 2013, conv. con modif. dalla l. n. 99 del 2013, le disposizioni di cui al citato art. 29, comma 2, non trovano applicazione esclusivamente in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle P.A. di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.

Chiarisce la legge applicabile ratione temporis, Sez. L, n. 04237/2019, Patti, Rv.

652890-01, affermando che in tema di appalto di opere o di servizi, nella successione delle disposizioni diversamente regolanti, alla stregua di solidarietà in senso stretto ovvero sussidiaria (per la previsione di un beneficio di escussione), la responsabilità del committente imprenditore o datore di lavoro con l’appaltatore, ai sensi dell’art.

29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, si applica, per la sua natura sostanziale, il regime di solidarietà vigente al momento di assunzione dell’obbligazione, e, quindi, di insorgenza del credito del lavoratore.

629 In senso conforme il giudice di legittimità si è pronunziato anche con la successiva Sez. L, n. 29629/2019, Patti, Rv. 655716-01.

10.1. La responsabilità solidale del committente con il subfornitore.

Il committente è solidalmente responsabile per i crediti di lavoro dei dipendenti del subfornitore, alla luce di una interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 che, lungi dall’essere norma eccezionale, mira a disciplinare la responsabilità in tutte le ipotesi di dissociazione fra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione, assicurando in tal modo tutela omogenea a tutti quelli che svolgono attività lavorativa indiretta, qualunque sia il livello di decentramento (si veda in tal senso, Sez. L, n. 25172/2019, Mancino, Rv. 655386-01).

Del resto, nel medesimo senso si era già espressa in precedenza Sez. L, n.

16259/2018, Boghetich, Rv. 649350-01, riprendendo quanto già ritenuto da Sez. L, n. 24368/2017, Riverso, Rv. 646345-01, affermando che la tutela speciale prevista dall’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, così come modificato dall’art. 6, commi 1 e 2, del d.lgs. 6 ottobre 2004, n. 251, e dall’art. 1, comma 911, della l. 27 dicembre 2006, n. 296, si applica anche ai dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltante, sia in base al criterio di interpretazione letterale, dacché il subappalto è un contratto meramente derivato dall’appalto, sia in considerazione della ratio della norma, intesa a garantire i lavoratori dal rischio di inadempimento dell’appaltatore, esigenza che ricorre identica nell’appalto e nel subappalto. Nella medesima ottica, Sez. L, n. 27382/2019, D’Antonio, Rv. 655519-01, ha ritenuto che sussiste la responsabilità solidale del committente per le omissioni contributive del subappaltatore anche ove sia stato convenuto il divieto di subappalto, considerato che l’obbligazione contributiva – derivante dalla legge e facente capo all’INPS – va tenuta distinta rispetto a quella retributiva in ragione della sua natura indisponibile e della sua commisurazione in base al cd. minimale contributivo, così da potersi affermare che la finalità di finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione immanente e necessaria tra la retribuzione dovuta secondo i parametri della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell'ente preposto alla realizzazione della tutela previdenziale.

10.2. Responsabilità del committente in caso di sopravvenuto fallimento dell’appaltatore.

In materia di appalto, l’apertura del procedimento fallimentare nei confronti dell’appaltatore non comporta l’improcedibilità dell’azione precedentemente esperita dai dipendenti nei confronti del committente, ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del

2003, per il recupero dei loro crediti verso l’appaltatore-datore di lavoro, atteso che la previsione normativa di una tale azione risponde all’esigenza di sottrarre il soddisfacimento dei crediti retributivi al rischio dell’insolvenza del debitore e, d’altra parte, si tratta di un’azione “diretta”, incidente direttamente sul patrimonio di un terzo (il committente) e solo indirettamente su un credito del debitore fallito, sì da doversi escludere che il conseguimento di una somma, che non fa parte del patrimonio del fallito, possa comportare un nocumento delle ragioni degli altri dipendenti dell’appaltatore, che fanno affidamento sulle somme dovute (ma non ancora corrisposte) dal committente per l’esecuzione dell’opera appaltata; né tale situazione suscita sospetti di incostituzionalità, con riferimento all’art. 3 Cost. (letto in corrispondenza del principio della par condicio creditorum), non essendo irrazionale una norma che accordi uno specifico beneficio a determinati lavoratori, anche rispetto ad altri, per l’attività lavorativa dai medesimi espletata e dalla quale un altro soggetto (il committente) abbia ricavato un particolare vantaggio.

In tal senso si è espressa Sez. L, n. 06333/2019, Garri, Rv. 653177-01, riprendendo quanto già sostenuto da Sez. 1, n. 00515/2016, Di Virgilio, Rv. 638262-01.

10.3. La nozione di “trattamenti retributivi” al fine della delimitazione della responsabilità solidale del committente.

Del significato da attribuire alla locuzione “trattamenti retributivi”, si è interessata nell’anno in corso la Cassazione, al fine di delimitare l’area della responsabilità solidale del committente.

Ebbene, a tal fine, Sez. L, n. 23303/2019, Garri, Rv. 655019-01, muovendosi nel segno della continuità con la precedente Sez. L, n. 10354/2016, Patti, Rv. 639646-01, ha ritenuto che la locuzione “trattamenti retributivi” di cui all’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, dev’essere interpretata in maniera rigorosa, nel senso della natura strettamente retributiva degli emolumenti che il datore di lavoro risulti tenuto a corrispondere ai propri dipendenti, con conseguente esclusione del valore dei pasti allorché il servizio mensa rappresenti un’agevolazione di carattere assistenziale, anziché un corrispettivo obbligatorio della prestazione lavorativa, per la mancanza di collegamento causale tra l’utilizzazione della mensa ed il lavoro svolto, sostituendosi ad esso un nesso meramente occasionale con il rapporto. Nella specie, la S.C., con riferimento agli artt. da 63 a 78 del c.c.n.l. attività ferroviarie del 16 aprile 2003, ha cassato, sul punto, la sentenza di appello, escludendo che rientrassero nella retribuzione le somme per buoni pasto. Nella conforme sentenza del 2016, innanzi citata, ha affermato il medesimo principio, con maggiore ampiezza in relazione alla concreta fattispecie che veniva in rilievo, escludendo che rientrassero nella

631 retribuzione le somme per buoni pasto ed indennità sostitutiva delle ferie, ritenendo, viceversa, rientrarvi gli importi ROL per riduzione dell’orario di lavoro.

Va rammentata anche Sez. L, n. 28517/2019, Patti, Rv. 655609-01, che, in tema di responsabilità solidale del committente con l’appaltatore di servizi, simmetricamente afferma che la locuzione “trattamenti retributivi”, contenuta nell’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, deve essere interpretata in maniera restrittiva, nel senso della natura strettamente retributiva degli emolumenti che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere ai propri dipendenti, con conseguente esclusione delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno per illegittima riduzione dell’orario lavorativo da parte dell’imprenditore.

In armonia con questo orientamento, da ultimo, Sez. L, n. 33407/2019, Tricomi I., Rv. 656308-01 ritiene l’azione dei dipendenti dell’appaltatore nei confronti del committente di cui all’art. 1676 c.c. non può avere ad oggetto le somme liquidate a titolo di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, in quanto essa riguarda solo il credito maturato dal lavoratore in forza dell’attività svolta per l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio oggetto dell’appalto, in coerenza con la ratio della norma di determinare l’indisponibilità del credito dell’appaltatore-datore di lavoro nei confronti del committente, al fine di garantire i lavoratori che hanno prestato la loro opera per l’esecuzione dell’appalto, sicché quando essi si rivolgono al committente questi diviene loro diretto debitore, in solido con l’appaltatore, fino alla concorrenza del debito per il corrispettivo dell’appalto.

Sez. L, n. 25679/2019, Ghinoy, Rv. 655389-01, poi, si occupa dei premi INAIL, in relazione ai quali, la S.C. ha affermato che la responsabilità solidale del committente, prevista dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, copre anche detti premi, dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, anche per il periodo anteriore all’entrata in vigore del d.l. n. 5 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 35 del 2012.

In limine, va rammentata anche Sez. L, n. 06333/2019, Garri, Rv. 653177-03, sempre in tema di appalto, che afferma che le quote di trattamento di fine rapporto relative ai periodi di esecuzione dell’appalto devono essere incluse nei trattamenti retributivi del cui pagamento il committente è solidalmente responsabile ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. 276 del 2003, attesa la natura di retribuzione differita.

10.4. Ambito di applicazione del regime decadenziale.

In ordine all’ambito di applicazione del regime di decadenza biennale previsto dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, nella versione anteriore alle modifiche apportate dal d.l. n. 5 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 35 del 2012, Sez. L, n.

18004/2019, Calafiore, Rv. 654482-01, ha affermato che l’azione promossa dagli

enti previdenziali nei confronti del committente è soggetta al solo termine di prescrizione, sicché nei loro confronti non è applicabile il termine decadenziale.

11. Prerogative sindacali: trattative per la stipula dei c.c.n.l. e partecipazione delle oo.ss.

La S.C. in Sez. L, n. 20036/2019, Bellè, Rv. 654742-01, afferma che il godimento delle prerogative sindacali sui luoghi di lavoro è conseguenza, secondo un principio comune all’ordinamento privatistico (art. 19 della l. n. 300 del 1970, quale integrato da Corte cost. 23 luglio 2013, n. 231) ed a quello pubblicistico (art.

42 del d.lgs. n. 165 del 2001), della partecipazione delle organizzazioni sindacali alle trattative per la stipula dei contratti collettivi da applicare presso le unità produttive o le strutture interessate. In applicazione, del sovraesposto principio, ritiene, quindi, che la legislazione regionale sarda vada interpretata nel senso, che hanno diritto a partecipare alle trattative per la stipula dei contratti regionali integrativi per l’Ente Foreste, di cui all’art. 9 della l.r. Sardegna n. 24 del 1999, come modificato dall’art. 6 della l.r. Sardegna n. 12 del 2002, e quindi a godere delle conseguenti prerogative sindacali, le organizzazioni che risultino munite della rappresentatività, nel comparto destinato da tale legislazione al predetto Ente, nella misura minima del 5% stabilita dall’art. 60 della l.r. Sardegna n. 31 del 1998, in armonia anche con l’effettività del pluralismo sindacale (art. 39 Cost.), oltre che in conformità alle esigenze di coerenza tra ordinamento nazionale ed ordinamenti regionali a statuto speciale (art. 116 Cost.

e art. 3 dello Statuto Speciale per la Sardegna).

11.1. Permessi sindacali.

Si occupa dei permessi sindacali, con particolare riferimento al tema di utilizzazione degli stessi e dei suoi limiti, Sez. L, n. 04943/2019, Balestrieri, Rv.

652916-01, secondo il cui insegnamento, i permessi sindacali retribuiti previsti dall’art. 30 st.lav. per i dirigenti provinciali e nazionali delle organizzazioni sindacali possono essere utilizzati soltanto per la partecipazione a riunioni degli organi direttivi, come risulta dal raffronto con la disciplina dei permessi per i dirigenti interni, collegati genericamente all’esigenza di espletamento del loro mandato, e come è confermato, dalla possibilità per i dirigenti esterni di fruire dell’aspettativa sindacale; ne consegue che l’utilizzo per finalità diverse dei permessi, comportando una assenza del dipendente da cui deriva una mancanza della prestazione per causa a lui imputabile, può giustificare la risoluzione del rapporto.

633 11.2. Repressione della condotta antisindacale.

Sez. L, n. 13860/2019, Ponterio, Rv. 653843-01, affronta i profili relativi alla effettività della elisione della condotta antisindacale nel caso di esaurimento della singola azione lesiva del datore.

A tal proposito, afferma che in tema di repressione della condotta antisindacale, ai sensi dell’art. 28 st.lav., il solo esaurirsi della singola azione lesiva non può precludere l’ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo ove questo, alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell’attività sindacale. In applicazione del principio innanzi enunziato, la S.C. ha quindi ritenuto che la lesione dell’immagine del sindacato – prodotta dal mancato avvio della procedura preventiva di consultazione prevista, in relazione al problema delle eccedenze di personale, da una disposizione collettiva – non fosse destinata ad esaurirsi in modo istantaneo o in correlazione con i licenziamenti, avendo idoneità a produrre effetti duraturi e a rendere quindi attuale la condotta antisindacale.

11.3. Limiti alla configurabilità del demansionamento in caso di sciopero (rinvio al 4.1).

In Sez. L, n. 08670/2019, Blasutto, Rv. 653214-01, come si è già visto, si esclude la possibilità di configurare il demansionamento, in caso di sciopero, se le inferiori mansioni assegnate sono solo marginali, accessorie e complementari e, quindi, anche l’antisindacalità della condotta datoriale che non risulta lesiva dell’interesse collettivo del sindacato.

11.4. La rilevanza della condotta datoriale di trattenimento dei contributi sindacali.

Sez. L, n. 24612/2019, Negri della Torre, Rv. 655309-01, valuta la rilevanza della condotta di trattenimento dei contributi sindacali operata dal datore, sottolineandone, oltre che la rilevanza sul piano civilistico, trattandosi di inadempimento, anche l’antisindacalità.

I lavoratori, nell’esercizio della autonomia privata e mediante la cessione del credito in favore del sindacato, possono chiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi sindacali da accreditare; il rifiuto ingiustificato del datore di lavoro di effettuare tali versamenti integra inadempimento rilevante sotto il profilo civilistico e costituisce condotta antisindacale, poiché limita il diritto dei

lavoratori di scegliere lo strumento più utile per partecipare all'attività dei sindacati e priva gli stessi della possibilità di percepire, con regolarità, la fonte primaria di sostentamento per la loro attività, ponendoli in una situazione di debolezza verso il datore di lavoro e le altre organizzazioni sindacali

Il pensiero della S.C. è in consonanza con quanto già ritenuto in Sez. L, n.

21368/2008, Picone, Rv. 604711-01.

12. Le dimissioni del lavoratore: la rilevanza della incapacità naturale ed il