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Dopo questo breve excursus sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, torniamo all’oggetto principale del presente elaborato, ossia la disciplina della delega di funzioni, ed esaminiamo l’importante intersezione, introdotta dall’articolo 16, comma 3, d. lgs. 81/2008, tra la disciplina della responsabilità individuale, contenuta nel Testo Unico della sicurezza del lavoro, e la disciplina di cui al d. lgs. 231/2001, che riguarda la responsabilità collettiva.

Il legislatore, nel primo periodo dell’art. 16, comma 3, d. lgs. 81/2008, ha positivizzato la permanenza dell’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite; nel secondo periodo, preso atto della inesigibilità di un controllo personale e diretto da parte del datore, ha previsto la possibilità per quest’ultimo di adempiere a tale dovere mediante «l’adozione e l’efficace attuazione del modello di verifica e

controllo di cui all’art. 30, comma 4»17.

L’art. 16, comma 3, stabilisce, dunque, un nesso tra il dovere di vigilanza proprio del datore di lavoro-delegante ed il sistema di controllo costituente un frammento essenziale del più ampio ‘modello

17 Formula risultante dalla rettifica apportata dall’art. 12 del decreto

organizzativo 231’, volto quest’ultimo a prevenire la commissione di reati all’interno dell’impresa.18

Qui, il modello di organizzazione viene ad assumere una ulteriore funzione: viene utilizzato quale criterio di verifica dell’assolvimento di quel “residuo ineliminabile”, consistente nell’obbligo di vigilanza e controllo sull’operato del delegato.

In particolare, l’art. 30 d. lgs. 81/2008 disciplina in maniera analitica i contenuti che il modello di organizzazione e di gestione deve presentare nell’ambito della salute e della sicurezza del lavoro, al fine di prevenire il rischio della verificazione dei reati di cui all’art. 25 –

septies, d. lgs. 231/2001. 19 Il nucleo centrale dell’art. 30 è

18 V. MONGILLO, La delega di funzioni, cit., p. 40.

19 Art. 30, d. lgs. 81/2008, “Modelli di organizzazione e di gestione”

«1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:

a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;

b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;

c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

d) alle attività di sorveglianza sanitaria;

e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;

f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;

g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge; h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate.

2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1.

3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attività svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri

rappresentato dalla previsione contenuta nel comma 4, alla quale l’art. 16, comma 3, fa espresso rinvio: «il modello organizzativo deve

altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene del lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico».

Sostanzialmente, il modello deve sostanziarsi nella predisposizione di un sistema di controllo, atto a verificare il rispetto delle prescrizioni

necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

4. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.

5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.

5-bis. La commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro elabora procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure sono recepite con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le attività finanziabili ai sensi dell'articolo 11».

organizzative e l’attualità e la congruità del modello in rapporto ai nuovi rischi e al mutato assetto imprenditoriale.

L’art. 16, comma 3, – risultante dalla rettifica apportata dall’art. 12 del decreto ‘correttivo’, il quale ha sostituito la formula «la vigilanza si

esplica anche attraverso i sistemi di verifica e di controllo di cui all’art. 30, comma 4» con «l’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4» – introduce

una presunzione legale di adempimento del dovere di vigilanza, ove all’interno della struttura organizzativa sia stato adottato ed efficacemente attuato un sistema di verifica e controllo nell’ambito del Modello rilevante per escludere la responsabilità dell’ente.20

Sostanzialmente, la legge, dalla prova dell’adozione e concreta implementazione del sistema di verifica e controllo consente di inferire anche l’avvenuto assolvimento dell’obbligo di vigilanza del delegante.21

La previsione contenuta nel secondo periodo dell’art. 16, comma 3, consente di superare quella incertezza ed indeterminatezza in ordine ai modi di adempimento dell’obbligo di vigilanza che aleggiava nel nostro ordinamento, data la mancanza di precise indicazioni

20 V. MONGILLO, La delega di funzioni, cit., p. 42.

21 G. MARRA, I modelli di organizzazione e di gestione e la responsabilità

amministrativa degli enti per infortuni sul lavoro, in L. ZOPPOLI – P.

PASCUCCI – G. NATULLO (a cura di), Le nuove regole per la salute e la

legislative e la genericità e la vaghezza di quelle provenienti dalla giurisprudenza e dalla dottrina.

In dottrina, si discute sulla portata della presunzione di assolvimento dell’obbligo di vigilanza, introdotta dalla l. 106/2009 nell’ultima parte del comma 3 dell’art. 16: assoluta (iuris et de iure) o relativa (iuris

tantum)?

Alcuni autori finiscono per attribuire alla medesima valenza assoluta,22 altri relativa23.

Appare più ragionevole, sebbene il dettato normativo sembri avvallare la valenza assoluta della presunzione in questione, interpretare la medesima come relativa, in modo da poter, data l’importanza dei beni in gioco, confutare in giudizio l’eventuale inadeguatezza ed inefficienza dell’adempimento in parola, e scongiurare così il rischio che il Modello si riduca ad un paravento dietro cui le persone fisiche che dirigono l’ente possano nascondere le carenze organizzative.24

22 A. MANNA, Il diritto penale del lavoro tra istanze pre-moderne e

prospettive post-moderne, in Arch. pen., 2011, n. 2, p. 405, il quale sostiene

che: «per la prima volta viene meno l’obbligo di vigilanza, seppure attraverso

una presunzione assoluta, relativamente all’adozione del modello di organizzazione e di gestione»; G. LAGEARD – G. GEBBIA, Le novità sulla delega tra limiti e dovere di controllo, in Amb. e sic., 2009, p. 21.

23 P. PASCUCCI, Delega delle funzioni su doppio binario. Cambia la

responsabilità dei “vertici”, in Guida dir., Speciale “Sicurezza Lavoro”,

settembre 2009, p. 24, il quale sostiene che se di presunzione si tratta essa è senz’altro relativa; T. VITARELLI, La disciplina della delega di funzioni, cit., p. 49; E. R. BELFIORE, La responsabilità del datore di lavoro e dell’impresa

per infortuni sul lavoro: profili di colpevolezza, in www.archiviopenale.it, il quale afferma che non è precisato se si tratti di presunzione assoluta o relativa, ma ritiene prevedibile che, quanto meno la giurisprudenza, si orienterà nel secondo senso.

24 T. VITARELLI, La disciplina della delega di funzioni, cit. p. 49; V.

La dottrina si è interrogata circa l’obbligatorietà o meno per il datore di lavoro di ricorrere, nell’adempimento dell’obbligo di vigilanza, al sistema di controllo previsto dall’art. 30, comma 4, e richiamato dall’art. 16, comma 3.

Ad avviso dell’opinione dominante, è evidente che l’intento del legislatore sia quello di indurre il datore di lavoro ad adottare il Modello ex art. 30, comma 4, tuttavia, non impone alcun vincolo costitutivo al riguardo.25

Pertanto, l’organo di vertice mantiene piena discrezionalità in merito alla scelta delle modalità con cui assolvere l’obbligo di sorveglianza sul corretto espletamento delle funzioni trasferite. Esso, a tal fine, potrà avvalersi del sistema di controllo sull’attuazione del modello organizzativo ex art. 30, comma 4 – e, in questo modo, godere del regime probatorio privilegiato ad esso normativamente collegato – oppure ricorrere a strumenti diversi parimenti efficaci, ad esempio, all’affidamento dell’attività di controllo ad un soggetto esterno qualificato, o, addirittura, in realtà di piccole o piccolissime dimensioni, a forme di sorveglianza diretta.

L’art. 16, comma 3, attraverso il richiamo all’art. 30, comma 4, segna il definitivo superamento dell’idea del controllo, quotidiano, diretto e

25 S. DOVERE, Delega di funzioni prevenzionistiche e compliance

programs, in Resp. amm. soc. enti., 2010, n. 4, p. 109; V. MONGILLO, La delega di funzioni, cit., p. 43; A. ALESSANDRI, Diritto penale e attività economiche, cit., p. 183.

Contra, D. PULITANO’, Sicurezza del lavoro: le novità di un decreto poco correttivo, in Dir. pen. proc., 2010, p. 102, secondo cui «adesso l’adempimento richiesto passa esclusivamente (non anche) attraverso il modello organizzativo di cui al d. lgs. n. 231/2001».

personale sulle singole operazioni del delegato, dal momento che un siffatto controllo da parte del datore sarebbe inesigibile.

Il legislatore ha inteso l’attività di vigilanza come una sorveglianza sintetica e periodica sullo stato generale della gestione della sicurezza, segnatamente sui profili implicati nell’attuazione della delega.26

Affinché l’obbligo di vigilanza sull’esercizio dei poteri trasferiti si intenda assolto, è necessario procedere alla adozione, mediante la sua redazione e approvazione, e alla efficace attuazione del modello di verifica e controllo volto a garantire la sicurezza del lavoro, la quale sarà valutata dal giudice in rapporto all’esperienza della singola realtà aziendale e dovrà mantenersi nel tempo.27

In particolare, l’attività di controllo si articola in due fasi.

Una prima fase che ha ad oggetto la predisposizione di specifici protocolli di controllo sulla gestione della delega e di monitoraggio delle prestazioni del delegato, nei quali vengono disciplinati: gli strumenti di registrazione delle attività del delegato; le modalità di controllo della permanenza dei requisiti di idoneità di quest’ultimo; i canali informativi tramite cui il delegato possa informare tempestivamente il delegante in merito ad esigenze impreviste o esorbitanti i suoi poteri di spesa; i requisiti degli auditors incaricati dal delegante, nonché la periodicità, l’oggetto e le metodiche essenziali

26 D. PULITANO’, Sicurezza del lavoro: le novità di un decreto poco

correttivo, cit., p. 105: «un dovere di vigilanza non può intendersi che come controllo della ‘tenuta’ del sistema organizzativo; e appunto di tal tipo è il dovere delineato nell’art. 16, comma 3».

27 D. PULITANO’, Sicurezza del lavoro: le novità di un decreto poco

della loro verifica indipendente sull’attività del delegato; i parametri e gli strumenti in base ai quali misurare le prestazioni prevenzionistiche nelle aree oggetto di delega.

La seconda fase si sostanzia nell’affidamento dei compiti di controllo e di monitoraggio ad una struttura ad hoc interna all’ente, coincidente, nella prassi, anche in materia infortunistica con l’organismo di vigilanza (O.d.V.) ex art. 6 D. Lgs. 231/2001.28

In quest’ultimo ambito, occorre definire la disciplina dei c.d. flussi informativi – ossia la trasmissione di informazioni, quali reportistica, obblighi di segnalazione di violazioni o criticità operativa in tema di sicurezza, riunioni periodiche, da e verso i punti chiave del sistema di controllo, segnatamente, dal delegato e dagli auditors verso l’organo deputato a vigilare sull’attuazione del Modello (O.d.V.) e da quest’ultimo verso il delegante, per aggiornarlo periodicamente sulla gestione della delega e prospettare, se del caso, l’attivazione dei suoi poteri di intervento sostitutivo o azioni correttive – i quali, nell’adempimento dell’obbligo di controllo, rivestono un ruolo

28 V. MONGILLO, La delega di funzioni, cit., p. 46.

È opportuno sottolineare che, laddove all’interno dell’ente si verifichi un reato, di esso l’organismo di vigilanza non potrà essere chiamato a rispondere, perché in capo ai membri dell’O.d.V. non grava una vera e propria posizione di garanzia. All’O.d.V. sono attribuiti esclusivamente poteri di ispezione e controllo sul funzionamento del Modello, non anche poteri diretti di intervento volti ad impedire la commissione di reati. L’O.d.V., qualora accerti una violazione dalla quale possa scaturire una responsabilità in capo all’ente, dovrà comunicare ciò all’organo gestorio.

fondamentale, perché garantiscono una maggiore celerità, trasparenza e completezza di informazioni.29

In sintesi, affinché possa operare la presunzione di adempimento del dovere di vigilanza di cui al comma 3 dell’art. 16, occorrerà valutare la predisposizione di specifici protocolli di verifica e di controllo alla cui attuazione è rivolta l’attività di vigilanza dell’O.d.V, di appositi canali di comunicazione, nonché di un sistema disciplinare a garanzia dell’effettività delle misure adottate.

E’ prassi aziendale che l’ente non si limiti ad implementare in maniera adeguata il solo modello di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4, d. lgs. 81/2008, ma, a tal fine, provveda ad adottare ed attuare efficacemente il più ampio modello di gestione e di organizzazione ex art. 30, poiché, in tal modo, ha la possibilità di conseguire un duplice vantaggio: quello di vedersi scagionato, come ente, da responsabilità e quello di veder scagionato il delegato a fronte di un infortunio.

In caso di sub-delega, l’obbligo di vigilanza che permane in capo al sub-delegante sull’operato del sub-delegato sarà, ovviamente, anch’esso soggetto alla disciplina appena esposta.