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4. Le problematiche della normativa

4.3 Le problematiche connesse all’articolo 13 Costituzione

La constatazione che il trattenimento degli stranieri nei CIE è a tutti gli effetti una forma di privazione della libertà personale, e quindi di detenzione, porta obbligatoriamente a sottomet- tere la relativa disciplina legislativa al dettato dell’art. 13 Costituzione. Non trova particolare accoglimento la teoria, pure sostenuta da alcuni autori61, secondo cui le disposizioni dell’art.

13 non si applicherebbero agli stranieri (la cui tutela costituzionale si limiterebbe unicamente a quanto disposto nell’art. 10 Costituzione) ma ai soli cittadini italiani: la dottrina maggiorita- ria è compatta nel sostenere l’applicabilità del dettato dell’art. 13 non solo ai cittadini ma an- che a tutti coloro che siano presenti sul territorio dello Stato, ivi compresi quindi stranieri e apolidi62, pena altrimenti la trasformazione dei diritti inviolabili dell’uomo in una sorta di

“privilegio” concesso dallo status di cittadino63. A sostegno di questa tesi vi sono varie pro-

nunce della Corte Costituzionale, che ritengono applicabili agli stranieri tanto l’art. 13 quanto l’art. 3 Costituzione in materia di uguaglianza davanti alla legge: ad esempio la sentenza 120 del 1967 (“se è vero che l'art. 3 si riferisce espressamente ai soli cittadini, è anche certo che il principio di eguaglianza vale pure per lo straniero quando trattasi di rispettare [i] diritti fonda- mentali”), la sentenza 62 del 1994 (“quando venga riferito al godimento dei diritti inviolabili dell'uomo, quale è nel caso la libertà personale, il principio costituzionale di eguaglianza in generale non tollera discriminazioni fra la posizione del cittadino e quella dello straniero”), la sentenza 198 del 2000 (“lo straniero (anche irregolarmente soggiornante) gode di tutti i diritti fondamentali della persona umana”) e la già citata sentenza 105 del 2001 (“né potrebbe dirsi che le garanzie dell’articolo 13 della Costituzione subiscano attenuazioni rispetto agli stranie- ri, in vista della tutela di altri beni costituzionalmente rilevanti. […] Non può risultar[e] mini- mamente scalfito il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una deter- minata comunità politica, ma in quanto esseri umani”).

61 Un esempio è ALESSANDRO PACE, Libertà personale in Enciclopedia giuridica, Giuffrè, 1974, p. 304. 62 Se ne dice convinto DI MARTINO, op. cit., p. 1.

L’obbligo di sottostare all’art. 13 Costituzione espone la legislazione in materia di tratteni- mento degli stranieri nei CIE a una serie di critiche variamente articolate. Un primo ragiona- mento muove dalla previsione, al comma 2 dell’art. 13 Costituzione, di una riserva di legge (assoluta, nell’opinione quasi unanime di dottrina e giurisprudenza) in merito ai “casi e modi” della restrizione della libertà personale operata dalla pubblica autorità, riserva prevista tanto per vincolare strettamente l’operato del potere esecutivo in una questione delicata come la li- mitazione di un diritto fondamentale, quanto per garantire la possibilità di un vaglio delle nor- me legislative in materia di restrizione della libertà personale da parte della Corte Costituzio- nale (che, come è noto, non può sindacare gli atti di rango secondario), fornendo così un ulte- riore elemento di controllo e limitazione sulla questione. Sotto il profilo dei “casi”, ovvero (nell’opinione maggioritaria, stante lo scarno dettato del testo costituzionale) della definizione delle situazioni suscettibili di innescare l’uso del potere coercitivo, il TUI sembra sufficiente- mente rispettoso del dettato costituzionale, prevedendo al comma 1 dell’art. 14 in maniera puntuale le circostanze specifiche in base alle quali può essere disposto il trattenimento coatti- vo in un CIE: la presenza di situazioni transitorie che ostacolano l’effettuazione dell’accom- pagnamento alla frontiera, individuate nel pericolo di fuga, nella necessità di prestare soccor- so allo straniero o di effettuare accertamenti ulteriori in merito alla sua identità, o nell’indi- sponibilità dei documenti o di un vettore idoneo per il viaggio. La normativa, tuttavia, si di- mostra carente sotto il profilo della determinazione dei “modi” della detenzione, quale che sia il significato da attribuire al termine scelto dai costituenti: i presupposti e le condizioni per cui si perviene a restringere la libertà di qualcuno o, come è preferibile, i modi con cui questa coazione è mantenuta nel tempo, ovvero la definizione puntuale del livello di privazione della libertà inflitto al singolo64. Le norme del TUI che disciplinano le modalità concrete in cui si

esplica il trattenimento dello straniero in un CIE sono improntate a una complessiva generici- tà, stabilendo solo alcuni principi di portata generale al comma 2 dell’art. 14 senza entrare più di tanto nel merito e nello specifico delle questioni. La disciplina puntale dei vari aspetti con- creti della detenzione in un CIE è rimessa fondamentalmente alle norme del regolamento di attuazione del TUI (artt. 21, 22 e 23 d.p.r. 394/1999, del resto anch’essi piuttosto generici) quando non alle disposizioni delle varie convenzioni stipulate tra il ministero e l’ente gestore, e ovviamente ai regolamenti interi dei singoli centri cui si è aggiunto recentemente il regola- mento unico approntato dal Ministero dell’Interno: tutte norme lontane (quando non molto

64 Per una disanima della questione dell’interpretazione dell’art. 13 comma 2 Costituzione vedi DI MARTINO,

lontane) da quel rango legislativo richiesto dalla riserva di legge assoluta contenuta nell’art. 13 Costituzione65.

La richiesta della definizione mediate un atto di legge dei “modi” della detenzione si sostanzia necessariamente in un qualcosa di ulteriore rispetto alla mera previsione della coattività della detenzione stessa. Illuminante è il paragone (più che legittimo, stante la già ricordata equiva- lenza tra le varie forme di restrizione della libertà personale sancita dal comma 2 dell’art. 13 Costituzione) con la disciplina normativa dell’ordinamento penitenziario e dell’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà (legge 26 luglio 1975 n. 354): a fronte delle scarne disposizioni dell’art. 14 TUI, la legge n. 354/1975 prevede norme puntuali in merito alla struttura interna degli edifici penitenziari (artt. 5 e 6), al vestiario e corredo fornito ai de- tenuti (art. 7), alle questioni relative all’igiene personale (art. 8), all’alimentazione (art. 9) e alla permanenza all’aperto (art. 10), all’assistenza sanitaria (art. 11) e altro. Né riesce ad atte- nuare la disparità tra le due discipline il fatto che anche la legge n. 354/1975 rimanda a un re- golamento di attuazione (attualmente il d.p.r. 30 giugno 2000 n. 230), e quindi una norma di rango secondario, la definizione nel dettaglio delle disposizioni di legge: anche qui, si riscon- tra già a un’occhiata superficiale la notevole differenza di dettaglio tra le norme del regola- mento di attuazione del TUI e quelle del regolamento di attuazione della legge sull’ordina- mento penitenziario, in particolare con riguardo alla definizione puntuale del tipo e dello stan- dard dei servizi assicurati ai trattenuti e dei parametri di valutazione degli stessi, tutti fonda- mentalmente delegati, nella disciplina dei CIE, dalla norma di regolamento stessa all’opera di prefetto e questore, in una sorta di delega di secondo livello che si allontana ancora di più dal- la riserva di legge stabilita nel dettato costituzionale (basti come esempio la questione dell'individuazione puntuale delle strutture da adibire a CIE, che il regolamento attribuisce per intero all’opera del prefetto). Una eventuale obiezione secondo cui il livello di dettaglio e pre- cisione della normativa penitenziaria non sarebbe di per sé necessario per il trattenimento de- gli stranieri irregolari nei CIE è da respingere: tale considerazione, oltre che contrastante con il principio costituzionale dell’equivalenza delle forme di restrizione della libertà personale, se accolta produrrebbe il paradossale risultato di “trattare la forma meno grave di restrizione in modo deteriore rispetto ai detenuti in stabilimenti penitenziari”66, stante l’enorme disparità

65 Per una disamina generale di questo aspetto, vedi DI MARTINO, op. cit., pp. 4-7. 66 DI MARTINO, op. cit., p. 6.

tra la violazione delle norme (anche penali) in materia di immigrazione irregolare e la varietà dei reati che giustificano la detenzione in carcere.

La questione del contrasto tra la normativa del TUI e l’art. 13 Costituzione in merito ai “modi” della detenzione e al rispetto della relativa riserva di legge è stato uno dei punti solle- vati da un dubbio di costituzionalità promosso dal giudice di pace di Roma l’ordinanza del 17 giugno 2013 n. 241. Sulla questione la Corte costituzionale ha deciso con l’ordinanza del 10 aprile 2014 n. 93, dichiarando una manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità co- stituzionale sollevate dal giudice di pace di Roma in ragione di una genericità delle censure avanzate e di una carenza di motivazione dell’ordinanza di remissione in merito alla rilevanza della questione nel caso in specie: una decisione di metodo, quindi, che non ha toccato questa fondamentale questione di merito.

Il contrasto tra la disciplina del trattenimento degli stranieri e il dettato costituzionale si ap- prezza anche con riferimento alla riserva di giurisdizione pure prevista dallo stesso comma 2 dell’art. 13 Costituzione (“non è ammessa forma alcuna di detenzione […] se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria”). Questo principio fondamentale, di evidente garanzia della libertà personale del singolo da eventuali abusi del potere esecutivo, non sembra pienamente rispettato dalla disciplina dettata dal TUI: il momento fondamentale che sancisce l’ingresso dello straniero nel CIE, ovvero il decreto che dispone il trattenimento nell’impossibilità di eseguire immediatamente l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, è emesso non da un organo giudiziario ma dal questore, espressione del potere esecutivo, in assenza di valutazioni concernenti l’eventuale commissione di reati o anche solo la pericolosità sociale del soggetto sottoposto alla misura. Astrattamente parlando, questa procedura non sarebbe di per sé illegittima stante la disposizione contenuta al comma 3 dell’art. 13 Costituzione: “in casi eccezionali di necessità e urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pub- blica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantot- to ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto”. In alcune circostanze è possibile, derogando alla riserva di giurisdizione stabilita dal comma precedente, attuare da parte delle autorità di pubblica sicurezza forme di restrizione della libertà personale anche prescindendo all’effettiva commissione, da parte del soggetto interessato, di reati penali, purché tali misure

siano successivamente sottoposte al vaglio e alla successiva convalida di un organo giudizia- rio, secondo una scansione di tempi dettata con precisione dalla Costituzione.

Diventa quindi necessario analizzare l’istituto del trattenimento alla luce degli elementi neces- sari perché l’atto dell’autorità di pubblica sicurezza sia rispettoso del dettato costituzionale, ovvero i requisiti della eccezionalità, della necessità e urgenza e della tassatività chiaramente indicati dal comma 3 dell’art. 13 Costituzione. Tale analisi mette in luce notevoli carenze del- la disciplina contenuta nel TUI, a iniziare dal profilo della eccezionalità: come visto nella trat- tazione della disciplina, la modalità del trattenimento in un CIE è quella privilegiata dal legi- slatore tra tutte le possibili misure previste per dare attuazione concreta al provvedimento di espulsione convalidato, con le altre ridotte fondamentalmente a un ruolo residuale e attuabili solo in presenza di circostanze ben precise (possesso di un passaporto o altro documento equi- pollente in corso di validità) o quando non è possibile fare altrimenti (esaurimento dei posti disponibili nei CIE, decorso infruttuoso del termine massimo per il trattenimento, impossibili- tà manifesta che il soggetto possa essere riaccolto nel paese d’origine). Questa “scelta privile- giata” da parte dell’ordinamento si traduce come è ovvio in una violazione di quel requisito della eccezionalità stabilito dall’art. 13: il trattenimento è lo strumento ordinario per dare ese- cuzione ai provvedimenti di espulsione, attuato di regola a meno che non ricorrano circostan- ze particolari, discostandosi quindi da quella natura di extrema ratio che l’ordinamento costi- tuzionale prevede per i provvedimenti limitativi della libertà personale assunti al di fuori della riserva di giurisdizione. Il trattenimento in un CIE non è un provvedimento limitativo della li- bertà personale adottato in ipotesi eccezionali dall’autorità di pubblica sicurezza, bensì un provvedimento adottato sempre in via ordinaria soltanto dall’autorità di pubblica sicurezza e non già dall’autorità giudiziaria, in aperta violazione della riserva di giurisdizione dettata dalla norma costituzionale.

La disciplina si rivela lacunosa anche alla luce del requisito della “necessità e urgenza”: le re- strizioni alla libertà personale attuate direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza prescin- dono da esigenze di giustizia penale, e per essere costituzionalmente accettabili devono quindi essere “collegate alla tutela di beni costituzionali di rilievo primario, in grado cioè di giustifi- care la compressione di un diritto inviolabile quale quello alla libertà personale”67. Risulta tut-

67 MARCO CUNIBERTI, Allontanamento ed espulsione degli stranieri nell’ordinamento italiano, in AA. VV.,

tavia difficile individuare questi beni di rilievo primario tutelati dalla disciplina del tratteni- mento dello straniero: per quanto sia indiscutibile il diritto dello Stato di regolamentare l’accesso al territorio nazionale da parte degli stranieri, e per quanto ci si possa spingere fino a considerare la presenza degli irregolari come una lesione dell’ordine pubblico, entrambe que- ste considerazioni appaiono ancora troppo deboli per poter costituire il fondamento di una re- strizione di un diritto fondamentale come quello della libertà personale. Non si può ritenere che i requisiti della necessità e urgenza sussistano “in virtù di un generico riferimento all’esi- genza di assicurare una pacifica convivenza civile, minacciata dall’ingresso incontrollato di cittadini stranieri nel territorio dello Stato”68; il sostenere la tesi, pure proposta da alcuni auto-

ri, che l’ingresso e la permanenza irregolare degli stranieri nel territorio dello Stato costitui- scano una minaccia alla pacifica convivenza civile non può costituire la base per lesioni dei diritti costituzionali dei singoli: “sebbene sia indubitabile che il movimento migratorio irrego- lare rappresenti un grave problema di ordine pubblico, è altrettanto incontrovertibile che l’esi- genza di fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione non possa giustificare una indiscrimina- ta violazione della libertà personale degli immigrati clandestini e dei loro diritti fondamenta- li”69.

Da ultimo, anche il requisito della tassatività non sembra rigorosamente rispettato dalla disci- plina del TUI: pur dettando compiutamente le circostanze il base alle quali il questore deve di- sporre il trattenimento dello straniero in un CIE, il testo legislativo lascia ampi margini di di- screzionalità all’autorità di pubblica sicurezza sotto i profili della valutazione della pericolosi- tà sociale del trattenuto e della determinazione del pericolo che il soggetto si sottragga all’ese- cuzione del provvedimento. Desta forte perplessità, inoltre, la circostanza che il trattenimento possa essere disposto sulla base di elementi in nessun caso riconducibili a un operato concreto o alla volontà del trattenuto stesso, ma determinati da eventi imprevedibili o accidentali: ne sono un chiaro esempio la necessità di acquisire documenti per il viaggio mancanti (soprattut- to sotto il profilo del rilascio di un nuovo passaporto, rimesso alla celerità delle autorità con- solari del paese di provenienza) o la indisponibilità di un mezzo di trasporto idoneo (il tratte- nimento in un CIE, con conseguente restrizione della libertà personale dello straniero, potreb- be essere motivato dall’improvvisa indizione di uno sciopero aeroportuale nazionale…). Le

68 GJERGJI, op. cit., p. 30.

69 DILETTA PERUGIA, Centri di identificazione ed espulsione: quali diritti per gli immigrati clandestini?, Diritto penale contemporaneo, p. 8.

disfunzionalità organizzative, come è evidente, non possono ripercuotersi negativamente su un bene fondamentale come quello della libertà personale.

Censure sotto il profilo della riserva di giurisdizione stabilita dall’art. 13 Costituzione possono essere sollevate anche in merito al fondamentale requisito dell’obbligo di motivazione del provvedimento che dispone il trattenimento, stante l’esplicita previsione costituzionale (“non è ammessa forma alcuna di detenzione […] se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria”): non tanto per la pratica seguita dalle questure, che pure desta perplessità, di re- digere tale provvedimento su moduli prestampati dove la motivazione si riduce alla spunta di una casella posta accanto alla riproduzione letterale delle frasi del testo normativo circa i pre- supposti del trattenimento stesso, quanto per il fatto che i ridotti poteri istruttori concessi al giudice del provvedimento dal rito in camera di consiglio portano a un controllo della motiva- zione stessa meramente burocratico e astratto. I ridotti poteri istruttori, ulteriormente depoten- ziati dal brevissimo termine perentorio entro il quale deve concludersi il procedimento di con- valida, non consentono al giudice la possibilità di ricostruire l’iter logico seguito dall’ammini- strazione per valutare concretamente la fondatezza in fatto e in diritto della predisposizione della misura, anche in considerazione del fatto che la legge non sembra porre alcun obbligo di allegazione probatoria in capo all’autorità che ha adottato il provvedimento (la quale del resto, in base all’art. 14 comma 4 TUI, ha solo la facoltà e non l’obbligo di stare in giudizio). La motivazione del provvedimento di convalida si sostanzia, quindi, in una presa d’atto dello scarno giudizio della questura in merito all’impossibilità di dare attuazione immediata all’espulsione dello straniero irregolare; in definitiva, “per tutte queste ragioni, che potrebbero definirsi strutturali, la convalida si riduce a un atto di fede nei confronti della crocetta apposta a fianco della voce scelta sul modulo prestampato”70.

Una censura sempre riferita alla riserva di giurisdizione ex art. 13 Costituzione è stata solleva- ta in merito al fatto che la convalida del provvedimento questorile, eseguita dal giudice di pace, non si limita a legittimare il trattenimento pregresso già inflitto allo straniero irregolare ma ne giustifica la prosecuzione fino al limite massimo previsto dalla legge in assenza di pro- roghe successive (20 giorni nell’originaria formulazione della legge “Turco-Napolitano”, 30 giorni nell’attuale disposizione del TUI), oltretutto senza possibilità per il giudice di modular-

70 GUIDO SAVIO, Effettività del controllo giurisdizionale e del diritto di difesa degli stranieri trattenuti presso

i centri di permanenza temporanei, in in ROBERTO BIN et al (a cura di), Stranieri tra i diritti, Giappichelli

lo in ragione delle circostanze del caso: questo si porrebbe in contrasto con il dettato dell’art. 13 Costituzione, secondo il quale la convalida giurisdizionale dovrebbe riferirsi esclusivamen- te alle restrizioni della libertà personale già effettuate, non potendo in alcun modo operare per il futuro71.

Ancora una volta le carenze della disciplina dell’art. 14 TUI risultano evidenti da un confron- to con la legislazione che regola altri istituti incidenti sul bene primario della libertà persona- le. Una similitudine di disciplina può essere tracciata con quella prevista per le misure caute- lari personali dell’ordinamento penale (art. 272 e seguenti codice di procedura penale), che allo stesso modo del trattenimento in un CIE sono misure adottate dall’autorità di pubblica si- curezza e successivamente convalidate dall’autorità giudiziaria: la misura cautelare è disponi- bile solo in presenza di due requisiti chiaramente indicati dalla legge, ovvero i gravi indizi di colpevolezza in relazione a delitti per cui siano previste pene superiori a un certo limite editta- le, e la sussistenza di esigenze cautelari riconducibili a tre grandi categorie tassativamente in- dicate dalle norme (pericolo di inquinamento del materiale probatorio, pericolo di sottrazione della persona alla giustizia e pericolo di inaccettabili sviluppi dell’ipotizzata attività crimina- le). Significative nel confronto con la disciplina del trattenimento appaiono inoltre le disposi- zioni che prevedono un vasto panorama di misure, diversificate in base all’ampiezza dei loro effetti e adottate quindi avendo a riguardo l’adeguatezza della misura stessa in rapporto al gra- do e alla natura delle esigenze cautelari da soddisfare, prevedendo l’applicazione della misura massimamente incidente sulla libertà personale (la custodia cautelare in carcere) solo nel caso in cui qualunque altra misura cautelare si dimostri concretamente inadeguata: principi di fatto assenti nella disciplina del trattenimento dello straniero.