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4. Le problematiche della normativa

4.5 Le problematiche del procedimento di convalida

Di dubbi di costituzionalità e possibili violazioni di diritti fondamentali è caratterizzato anche l’iter giudiziario che porta alla convalida del trattenimento dello straniero disposto dalla que-

stura. Si è già detto dell’eccessivo potere discrezionale concesso alle questure circa la decisio- ne di predisporre o meno il trattenimento dello straniero la cui espulsione non è immediata- mente eseguibile, discrezione frutto della relativa vaghezza con cui la questione è trattata nel- la legislazione: la previsione del trattenimento come mezzo per fronteggiare le “situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento” (art. 14 comma 1 TUI) si traduce in un notevole potere decisionale di cui dispone l’autorità di pubblica sicurezza, cui non di rado si ricollegano nella realtà applicativa ulteriori considera- zioni extra-giuridiche (la presunta maggiore o minore facilità che il relativo procedimento di espulsione giunga effettivamente a compimento, ad esempio), non adeguatamente temperato e indirizzato da previsioni di legge, portando a disparità di trattamenti tra i vari casi concreti e quindi a una violazione del fondamentale principio di eguaglianza davanti alla legge sancito dall’art. 3 Costituzione.

Desta non poca perplessità la decisione presa dal legislatore con il decreto legge 14 settembre 2004 n. 214, convertito con la legge 12 novembre 2004 n. 271, il quale trasferì la competenza in merito ai procedimenti di espulsione (e di trattenimento nei CIE) dal giudice amministrati- vo al giudice di pace, onde dar seguito alla pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 222 del 2004) che dichiarava incostituzionale la normativa nella parte in cui non prevedeva la celebrazione del giudizio di convalida prima dell’esecuzione dell’espulsione e con le garanzie della difesa. La decisione di per sé non è immediatamente lesiva di un principio costituziona- le, ma certo risulta ampiamente criticabile sotto il profilo dell’opportunità e sorretta da una motivazione difficile da accogliere: la necessità di alleggerire il carico di lavoro dei tribunali dall’aggravio dato dalla celebrazione delle udienze di convalida, quasi che essa fosse un’inuti- le incombenza e non la traduzione processuale dei principi fondamentali indicati nella sua sentenza dalla Corte costituzionale78. La figura del giudice di pace è stata istituita in Italia con

la legge 21 novembre 1991 n. 374, inizialmente con competenza solo su questioni di natura civile ma estesa poi, con il decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 274, anche a procedimenti di rilievo penale: organo monocratico ricoperto da un magistrato onorario e non “togato”, il giu- dice di pace si occupa, nell’abito di civile, di cause relative a beni mobili o risarcimento danni da circolazione di veicoli per importi relativamente bassi (rispettivamente fino a 5.000 € e fino a 20.000 €) o altre questioni minori, mentre in ambito penale la sua competenza si esten-

78 ANDREA PUGIOTTO, Purché se ne vadano, in AA VV, Lo statuto costituzionale del non cittadino, Jovene editore, 2010, p. 347, il quale commenta la relazione al disegno di legge di conversione AS 3107.

de su un lungo elenco di fattispecie di reato (elencate nell’art. 4 commi 1 e 2 d. lgs. 274/2000) in generale ritenute di scarsa offensività sociale e di non particolare complessità di accerta- mento. Significativo appare il fatto che, in materia penale, il giudice di pace non possa in nes- sun caso applicare la sanzione della detenzione in carcere, potendo al più applicare, oltre alle pene pecuniarie, la pena dell’obbligo di permanenza domiciliare o dei lavori di pubblica utili- tà: un principio posto in ossequio alla natura di giudizio di conciliazione del procedimento af- fidato alla sua competenza (il giudice di pace deve “favorire, per quanto possibile, la concilia- zione delle parti”, art. 2 comma 2 d.lgs. 274/2000). Da ciò emerge l’inopportunità dell’aver affidato alla competenza del giudice di pace la procedura di convalida del decreto che dispone il trattenimento dello straniero da espellere: vista la natura che il trattenimento ha di restrizio- ne di un diritto fondamentale quale quello della libertà personale, affidarne il controllo non a un magistrato di professione ma a un magistrato onorario, il cui giudizio normalmente si arti- cola come giudizio di conciliazione per la risoluzione di liti e danni di portata relativamente modesta, non sembra la scelta migliore, soprattutto con riferimento alla garanzia effettiva dei diritti dello stranieri da espellere. Una considerazione che si fa ancora più pressante se si con- sidera che il trasferimento della competenza in materia dal tribunale al giudice di pace è avve- nuto successivamente alla sollevazione, da parte dei giudici di vari tribunali, di una serie di questioni di costituzionalità che portarono nel luglio 2004 alle pronunce n. 222/2004 e n. 223/2004 della Corte costituzionale, le quali andarono a intaccare l’originale dettato della leg- ge “Bossi-Fini”: forte è il sospetto che la scelta del legislatore sia stata dettata dal voler sot- trarre la materia del trattenimento degli stranieri dalla disponibilità dei giudici “togati”, rei di sollevare troppe questioni di costituzionalità, per porla nelle mani dei più “affidabili” (o “sot- tomessi”) giudici di pace79. Come è stato sostenuto, “la scelta di attribuire la competenza al

giudice di pace indica la chiarissima volontà del legislatore di svuotare di senso e privare di effettività molti diritti dello straniero espulso o sottoposto al trattenimento”80. Sulla questione

il legislatore ha avuto un breve ripensamento, forse anche in considerazione dell’avvenuto cambio di maggioranza in sede parlamentare: con il decreto legge 29 dicembre 2007 n. 249 (cosiddetto “decreto Amato”), la competenza in merito ai giudizi in materia di espulsione e trattenimento coattivo dello stranieri era stata nuovamente trasferita dal giudice di pace in capo al tribunale ordinario in composizione monocratica; rimasto in vigore dal 2 gennaio al 2

79 GJERGIJ, op. cit., p. 26. 80 PERUGIA, op. cit., p. 9.

marzo 2008, il decreto tuttavia non è mai stato convertito in legge ed è pertanto decaduto sen- za altri effetti.

La scelta dell’udienza in camera di consiglio come rito del procedimento di convalida apre ad altre ipotesi di possibile lesione di diritti fondamentali. Disciplinato dagli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile, nella sua formulazione di base il procedimento si caratterizza per la non incidenza su diritti: nato come procedura destinata ai procedimenti volontari di giu- risdizione, il rito camerale è impiegato per dirimere questioni di interesse generale senza risol- vere nel merito la controversia sottostante; di conseguenza, il rito in camera di consiglio si configura come una procedura semplificata e rapida circondata quindi di minori garanzie giu- ridiche rispetto ad altre forme di rito, vedendo in particolare una limitazione del potere istrut- torio del giudice che è ridotto alla mera possibilità di assumere informazioni81: non è infre-

quente che il giudice di pace si ritrovi a dover dirimere la questione sulla base unicamente del materiale cartaceo presentato dalla questura, dopo aver sommariamente sentito lo straniero (audizione di per sé non obbligatoria, visto che l’art. 14 comma 4 TUI prevede di sentire l’interessato solo “se comparso”), e alla presenza di un difensore d’ufficio spesso convocato all’ultimo minuto (perché la normativa non prevede l’obbligo di nominare il difensore fin dal momento iniziale del trattenimento)82. La Corte Costituzionale, nell’ordinanza n. 35/2002, ha

avuto modo di specificare che “il potere di assumere informazioni è assai più ampio di quello attribuito al giudice dall’art. 213 cod. proc. civ., poiché non ha esclusivamente come destina- tario una pubblica amministrazione ma può essere indirizzato nei confronti di qualsiasi sog- getto pubblico o privato in grado di fornire elementi affidabili e postula che le risposte possa- no essere fornite con qualunque mezzo di comunicazione, compresi quelli più moderni e tec- nologicamente avanzati, dei quali l’autorità giudiziaria, in procedimenti caratterizzati da spe- ditezza e tuttavia concernenti la libertà personale, deve essere dotata”; tuttavia, tale precisa- zione risulta largamente depotenziata nella realtà fattuale: una simile previsione di un ampio potere di assumere informazioni, dato dalla disponibilità di moderni mezzi di comunicazione, si scontra con la realtà di aule allestite nei CIE che, “di norma, non sono munite nemmeno di una linea telefonica”83, senza contare che nulla in merito è regolamentato dalla disciplina pun-

tuale.

81 PERUGIA, op. cit., p. 10. 82 MAZZA, op. cit., p. 68.

83 GUIDO SAVIO, Brevi note sulla pronuncia della Corte costituzionale n. 35/2002 in tema di convalida del

Nel caso del giudizio di convalida del trattenimento, poi, non è prevista la possibilità di un re- clamo del provvedimento finale davanti ad un altro giudice (come pure prevede, per il rito ca- merale, l’art. 739 codice di procedura civile), ma solo la facoltà di avviare ricorso per Cassa- zione senza effetti sospensivi dell’atto84. Astrattamente parlando, appare giustificabile ricorre-

re a un procedimento sommario per dirimere una questione caratterizzata da ragioni di neces- sità e urgenza, a patto però che a esso segua una fase di piena cognizione giudiziaria dove l’interessato possa esercitare appieno le sue possibilità di difesa nel merito; il procedimento per la convalida del trattenimento si esaurisce invece in un unico grado di giudizio caratteriz- zato da un rito sommario, con la previsione unicamente di un successivo controllo di sola le- gittimità esercitato dalla Cassazione e di conseguenza con la menomazione dei diritti di difesa dello straniero85. La scelta del rito camerale appare quindi non ottimale per garantire la tutela

dei fondamentali diritti di difesa e di contraddittorio spettanti allo straniero, soprattutto in con- siderazione del fatto che materia del contendere è il bene fondamentale della libertà personale; la questione era anche più grave nell’originaria formulazione dell’art. 13 TUI, la quale non prevedeva come necessaria la presenza del difensore dello straniero all’udienza di convalida del provvedimento di espulsione o di trattenimento (con la prospettiva, piuttosto terrificante, della possibilità di adottare un provvedimento di restrizione della libertà personale in assenza di qualunque forma di contraddittorio o di difesa dell’interessato), vulnus infine sanato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 222/2004.

Una previsione che desta forti dubbi di legittimità costituzionale è quella prevista all’art. 14 comma 4 del TUI, la quale dispone l’impossibilità, per il giudice di pace, di sindacare nelle more del provvedimento di convalida “il requisito della vicinanza del centro di identificazione ed espulsione” selezionato dal questore per il trattenimento dello straniero: ovvero, al giudice di pace non è consentito di valutare la scelta del CIE operata dalla questura in sede di emissio- ne del provvedimento che dispone il trattenimento, scelta che, a norma dell’art. 14 comma 1 TUI, è operata unicamente sulla base del requisito della maggiore vicinanza alla questura stes- sa della prima struttura che abbia materiale disponibilità di posti. La previsione, al momento dell’emissione del decreto questorile, del requisito della vicinanza del CIE ha come fonda-

84 GJERGJI, op. cit., p. 22.

85 ROBERTO ROMBOLI, Sulla legittimità costituzionale dell’accompagnamento coattivo alla frontiera e del

trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza e assistenza, in ROBERTO BIN et al (a cura di), Stranieri tra i diritti, Giappichelli editore, 2001, p. 15.

mento giuridico la tutela del diritto costituzionale alla precostituzione del giudice naturale (“nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”, art. 25 comma 1 Costituzione), previsto ovviamente anche in relazione ai procedimenti che riguardano gli stra- nieri; tuttavia, il fatto che, a norma di legge, tale punto del procedimento non possa essere sin- dacato dal giudice della convalida apre notevoli interrogativi circa il rispetto concreto di que- sto fondamentale diritto: “la previsione che toglie al giudice della convalida il potere di verifi- care la sussistenza del requisito formale della vicinanza del [CIE] rispetto alla sede del que- store che ha disposto il trattenimento rischia, di fatto, di attribuire all’autorità di pubblica sicu- rezza la decisione relativa all’individuazione del giudice della convalida del trattenimento”86.

Lungi dal garantire la precostituzione del giudice del procedimento, l’art. 14 comma 4 TUI apre al fatto che sia l’autorità di pubblica sicurezza, e non la legge, a decidere di volta in volta quale deve essere il giudice di pace davanti al quale tradurre lo straniero interessato dal prov- vedimento, di scegliersi cioè a quasi discrezione il tribunale davanti al quale comparire e far valere le proprie ragioni, con la possibilità concreta di mettere in atto situazioni fortemente patologiche: una determinata questura ben potrebbe selezionare un giudice di pace piuttosto che un altro in ragione della maggiore “malleabilità” dello stesso e della possibilità più o meno elevata di vedere accolte le proprie motivazioni. Senza considerare la lesione dei diritti di difesa che un simile regime comporta per lo straniero: per un irregolare fermato a Palermo e tradotto davanti al giudice di pace di Torino, in ragione del fatto che il CIE del capoluogo piemontese è il più vicino tra quelli con posti disponibili (senza del resto che lo stesso giudice di pace di Torino possa eccepire alcunché su ciò), diventerebbe difficile convocare un proprio difensore di fiducia e organizzare una valida difesa legale, oltretutto nelle ridotte tempistiche previste per la definizione del provvedimento.

Si è già detto dell’impossibilità per il giudice di pace di modulare la durata del trattenimento in ragione delle circostanze del caso, quantomeno all’atto della convalida del decreto questori- le che lo dispone e, nella vigente disciplina, della prima richiesta di proroga: come recita la norma, “la convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni [e] il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta gior- ni” (art. 14 comma 5 TUI). Questa disposizione, oltre a violare il dettato della “direttiva rim- patri”, si pone in contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza oltre che di con- trollo giurisdizionale degli atti della pubblica autorità, visto che il giudice di pace si ritrova a

dover subire la durata della restrizione della libertà personale imposta dalla richiesta del que- store senza alcuna possibilità di pronunciarsi su di essa; come è stato notato, “è difficile sot- trarsi all’impressione che, attraverso un simile meccanismo automatico di trattenimento, il le- gislatore abbia inteso “sterilizzare” il controllo giurisdizionale sull’operato dell’autorità am- ministrativa, privandolo di effettività”87. Gli stessi limiti massimi del trattenimento sono ap-

parsi, soprattutto all'epoca della previsione di un termine massimo di 18 mesi, ad alcuni com- mentatori come irragionevoli e motivati, più che da considerazioni pratiche, da intenti illegit- timi: muovendo dalla dichiarazione rilasciata dal Ministro dell’Interno Roberto Maroni al Co- mitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen il 15 ottobre 2008 (“Voi ricorderete che quando i CIE sono stati introdotti dall’allora Ministro dell’Interno Gior- gio Napolitano la permanenza era limitata ad un mese, quando è stata raddoppiata sono più che raddoppiati i casi di identificazione. Ciò è avvenuto perché se si ha la prospettiva di dover rimanere nei centri un mese si resiste, due mesi è già più difficile, mentre credo che nessuno possa pensare di non farsi riconoscere e resistere per 18 mesi”), l’imposizione di un altissimo limite di tempo al trattenimento è stato giudicato come un tentativo di “costringere per sfini- mento lo straniero a declinare le proprie generalità necessarie al suo allontanamento”88, inten-

to quantomeno lesivo del fondamentale principio del nemo tenetur se detegere.

Una questione di costituzionalità si pone anche per la previsione dell’art. 13 comma 5 ter TUI, secondo la quale è la questura che, “al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida”, fornisce al giudice di pace il supporto occorrente per lo svolgimento concreto del giudizio e, in particolare, la disponibilità di un locale idoneo dove tenere l’udienza, non infre- quentemente localizzato direttamente all’interno di un CIE stesso: tale previsione si pone in contrasto con l’art. 110 Costituzione, il quale attribuisce “l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia” in capo esclusivamente al Ministro della Giustizia e non ad altre pubbliche autorità (i locali dei CIE, in particolare, sono nella potestà del Ministero dell’Interno), oltre che destare perplessità in merito alla necessaria imparzialità e indipenden- za del giudice che ben potrebbe essere viziata da forme di pressione “ambientale” date dai luoghi ove il giudizio si svolge.

87 PERUGIA, op. cit., p. 10. 88 PUGIOTTO, op. cit., p. 345.

Neppure il procedimento per la fissazione di misure alternative al trattenimento sfugge a dub- bi di costituzionalità. In caso di fissazione di un termine per la partenza volontaria e di appli- cazione delle misure coercitive previste all’art. 14 comma 1 bis TUI per garantirne l’effettivi- tà, il relativo decreto che le dispone è immediatamente efficace all’atto della notifica all’inte- ressato, con successiva convalida del provvedimento da parte del giudice di pace entro 48 ore dall’emissione. La partecipazione dello straniero al procedimento di convalida, tuttavia, si concretizza unicamente in due facoltà: quella di presentare, personalmente o a mezzo del di- fensore, memorie o deduzioni scritte al giudice della convalida, e quella di presentare istanza allo stesso giudice per la modifica o la revoca delle misure già convalidate. La partecipazione dell’interessato all’intero procedimento è quindi solo eventuale: lo straniero ha la facoltà, ma non l’obbligo, di presentare la giudice proprie deduzioni, e la presenza del difensore dello stesso all’udienza di convalida è quindi solo eventuale, e non obbligatoria; emerge quindi un più che potenziale contrasto con la previsione dell’art. 111 comma 2 Costituzione circa l’inde- rogabile garanzia del contraddittorio in ogni procedimento giudiziario, nonché con la previ- sione dell’inviolabile diritto alla difesa di cui all’art. 24 comma 2 Costituzione: ben potrebbe l’intero procedimento di convalida tradursi in un giudizio inaudita altera parte89. Restano

inoltre senza una chiara disciplina normativa le modalità attraverso le quali l’interessato può presentare istanza di revoca o modifica delle misure, nonché le modalità di svolgimento del relativo giudizio.

L’impressione generale che se ne ricava è che il legislatore abbia previsto, a favore degli stra- nieri sottoposti al procedimento di trattenimento in un CIE, un formale sistema di tutela giuri- sdizionale dei loro diritti e delle loro ragioni (in questo rispettando non solo le generali previ- sioni costituzionali ma anche lo stesso dettato del TUI, che all’art. 2 comma 5 riconosce allo straniero “parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei di- ritti e degli interessi legittimi”), stabilendo però tutta una serie di paletti e disposizioni che ne limitano l’applicazione e ne ostacolano l’attuazione pratica, privilegiando nella sostanza le so- luzioni che rendono più celere e concreta la possibilità di espellere (o di trattenere in vista dell’espulsione) l’interessato sacrificando a ciò una piena tutela dei suoi diritti; “se tutto il corpo normativo spinge per l’allontanamento dell’immigrato irregolare e clandestino, il godi- mento pieno ed effettivo della tutela giurisdizionale deve stare fuori dall’orizzonte legislativo:

perché è sabbia nel motore, bastone tra le ruote, ingranaggio capace di inceppare l’intero mec- canismo”90.