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Le problematiche connesse alla monetarizzazione dell’ambiente

Capitolo 2 La monetarizzazione dell’ambiente

2.4 Le problematiche connesse alla monetarizzazione dell’ambiente

Il tentativo di misurare i costi sociali e i benefici sociali in termini monetari o valori di mercato è destinato a fallire. I costi sociali e i benefici sociali vanno considerati come un fenomeno extra- mercato; loro sono nati e derivano dalla società nel complesso, sono eterogenei e non possono essere confrontati quantitativamente tra loro e con gli altri nemmeno in linea di principio.

(William Kapp)

Il fulcro su cui ruota la nuova economia “verde” risiede nella sottoposizione dei beni ambientali ad una valutazione monetaria, grazie alla quale diverrebbe possibile l’impiego di strumenti di mercato in grado di garantire la tutela ecologica in modo più efficiente rispetto ad una regolamentazione di tipo coercitivo.

Convinti che la razionalità di scelta82 dell’homo oeconomicus possa garantire la sostenibilità dello sviluppo realizzando una coesistenza tra crescita (economica) e tutela ambientale, molti economisti rilevano come la valutazione monetaria, per quanto imperfetta, sia l’unico correttivo efficiente per tutelare le risorse ambientali. L’alternativa derivante dal fare a meno di una simile valutazione sottoporrebbe l’ambiente alla cosiddetta “tragedia dei beni comuni o di libero accesso”: se su di esso non fossero assegnati dei diritti di proprietà, il suo utilizzo, che spesso comporta esternalità negative e per il quale quasi mai si paga un prezzo positivo, andrebbe oltre la quantità che consente di eguagliare, al margine, benefici privati e costi sociali. Invece, la monetarizzazione, se inserita nel contesto dell’analisi costi/benefici delle politiche pubbliche condurrebbe ad un uso più efficiente delle risorse di cui la mano pubblica può disporre. Fa infatti parte dell’analisi costi/benefici il calcolo degli effetti distributivi e redistributivi che ogni politica pubblica comporta, sia che questi siano effetti voluti, sia che questi

tecnologie “verdi” (Commissione Europea, Libro verde, cit. e R. Barlaam, Obama lancia il new

deal “verde”, in “Il Sole 24 ore” 26 giugno 2008 http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/01/obama-new-deal-

verde.shtml?uuid=b538a0ec-ebc8-11dd -804c-e23a7a132034&DocRulesView=Libero).

82 Scegliere in modo razionale vuol dire rispettare la essenza della logica economica ossia il

principio secondo il quale, nel processo decisionale, le soluzioni prescelte dovranno assicurare che i ricavi (nel caso specifico i benefici per il benessere della collettività) siano superiori ai relativi costi (G.Querini, Il ruolo dell’ economista nella valutazione di impatto ambientale: metodologie e

prassi negli organismi internazionali, in Economisti Ambientali Italiani: atti della quarta riunione,

siano effetti non intenzionali. Inoltre, viene segnalato, sempre per legittimare tali pratiche, che l’accorgimento di attribuire, esplicitamente, valori monetari a beni come la vita, l’ambiente, ecc., non è pratica sconosciuta, ma anzi largamente diffusa (e generalmente accettata); infatti la perdita e il danneggiamento dei vari beni ambientali sono fatti oggetto di valutazione per fini di risarcimento, nelle sedi di risoluzione delle controversie in materia83.

Tuttavia i meccanismi di mercato appaiono insufficienti sia a ristabilire gli equilibri ecologici sia ad offrire una tutela ambientale in fase di pianificazione. Si riscontrano in una visione di questo tipo problematiche e contraddizioni di carattere politico, etico, ma anche pratico, che fanno sorgere molti dubbi sull’efficacia di soluzioni improntate sull’uso esclusivo della razionalità economica per determinare la migliore allocazione delle risorse ambientali. Si deve innanzitutto considerare che nel valutare l’impatto ambientale delle produzioni spesso si tralascia una completa analisi del ciclo di vita: quello che viene effettuato è un rilevamento “end of pipe”, quindi molti aspetti della filiera non vengono rilevati nel calcolo delle esternalità. Questo perché spesso mancano la volontà e le risorse per compiere una tale stima, ma anche perché, in un mondo globalizzato ed ultra specializzato come quello attuale, le attività di produzione hanno subito una frammentazione ed una complessità tali che un rilevamento degli impatti di tutti i fattori che intervengono nella produzione risulta molto difficile84; qualora poi si riesca a compiere un controllo su tutti gli impatti della

politiche e nei progetti della Banca Mondiale, cit., p. 12).

83 A. Petroni, L’analisi costi/benefici ed i suoi riflessi sul sistema politico ed amministrativo, cit. e

S.Momigliano, F. Nuti Giovannetti (a cura di), La valutazione dei costi e dei benefici nell’analisi

di impatto della regolamentazione, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della

Funzione Pubblica, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2001, http://www.magellanopa.it/kms/files/Air _ACB.pdf

84 Ogni prodotto nasconde una storia, un inventario non registrato di materiali, di risorse e di

impatti; nonché una quota di rifiuti derivati dal consumo. In Germania tutto ciò viene definito “zaino ecologico”. Un esempio della complessità del metabolismo dei materiali industriali può essere fornito dal tentativo di tracciare il percorso di una lattina di Cola inglese a partire dalla sua nascita. La fabbricazione della lattina è ben più costosa e complicata di quella della bevanda che contiene: la bauxite viene estratta in Australia, poi trasportata e lavorata in uno stabilimento chimico dove si riduce una tonnellata di bauxite in mezza tonnellata di ossido di alluminio. Questo materiale viene spedito in Svezia o in Norvegia, dove le centrali idroelettriche forniscono energia a basso costo alle fonderie. Qui, con un procedimento di diverse ore la mezza tonnellata di ossido di alluminio, viene trasformata in un quarto di tonnellata di alluminio. I blocchi di alluminio vengono trasportati agli stabilimenti di laminazione in Svezia o in Germania. Ogni blocco viene riscaldato a quasi 500 gradi centigradi e compresso fino a raggiungere uno spessore di tre millimetri. Le lamine vengono arrotolate in rulli di dieci tonnellate ciascuno e inviate a un deposito e successivamente a uno stabilimento di laminazione a freddo, nello stesso paese o all’estero, dove vengono ulteriormente compresse fino a uno spessore dieci volte inferiore, e rese pronte per la fase di fabbricazione. In questa fase le lamine vengono tagliate e modellate in forma di lattine, che a

filiera, capire gli effetti che questi generano sull’ambiente è praticamente impossibile poiché ciò presupporrebbe la capacità di comprendere la complessità delle iterazioni e delle funzioni di ogni componente ambientale85. Di conseguenza tutte le metodologie adottate per la determinazione e la valutazione degli impatti riportano a parametri intelligibili le risorse ambientali tramite processi riduzionistici; tali processi devono considerarsi approssimativi poiché parziali e non in grado di cogliere l’intero valore della risorsa esaminata86. L’analisi degli impatti ambientali rappresenta, dunque, una semplificazione della realtà; una semplificazione funzionale ad ottenere dei parametri indicativi necessari a comprendere quali fasi di produzione generano le esternalità e come queste agiscano sull’ecosistema, al fine di individuare misure di mitigazione e ripristino e, quando è possibile, alternative di produzione.

Riportare quest’analisi ad una prospettiva economica significa introdurre una successiva approssimazione che allontana ulteriormente dalla realtà dei fatti, poiché, non essendo possibile comprendere pienamente tutte le funzioni dell’ambiente, è impossibile sintetizzarle con un indicatore economico; inoltre,

loro volta vengono lavate, asciugate, trattate con una colorazione di fondo alla quale poi si sovrappone la serigrafia. I passaggi successivi sono la laccatura, la bordatura, il trattamento dell’interno con un rivestimento protettivo che impedisca al liquido di corrodere il metallo e il controllo. Le lattine vengono sistemate su pallet, poi trasportate da un carrello elevatore e immagazzinate; poi partono per lo stabilimento di imbottigliamento, dove vengono nuovamente lavate, poi riempite con la bevanda fatta di acqua, sciroppo aromatizzato, fosfato, caffeina e anidride carbonica. Lo zucchero proviene dalle coltivazioni di barbabietola della Francia, ed è anch’esso sottoposto a trasferimenti e a varie fasi di lavorazione. Il fosforo viene dall’Idaho, dove si estrae da profondi pozzi aperti, con un procedimento che porta in superficie anche cadmio e torio radioattivo. In una giornata, la compagnia mineraria consuma la stessa quantità di elettricità di una città di 100.000 abitanti, per portare il fosfato al livello qualitativo adatto agli usi alimentari. La caffeina viene trasferita dallo stabilimento chimico di fabbricazione agli stabilimenti inglesi che producono lo sciroppo. Le lattine piene vengono sigillate con lamine di alluminio, confezionate in cartoni stampati con gli stessi colori e decorazioni. Il cartone dei contenitori è fatto con polpa di legno fornita dagli alberi di un bosco svedese o siberiano, o delle foreste vergini della Columbia Britannica. Dopo essere state risistemate sui pallet, le lattine partono verso i distributori locali e dopo breve tempo verso i supermercati dove vengono acquistate, consumate, e o gettate in ambiente o riciclate con ulteriore dispendio di energia (P. Hawken, A. Lovins, L. Lovins,

Capitalismo naturale. La prossima rivoluzione industriale, Milano, Edizioni Ambiente, 2007, p.

40).

85 Ad oggi, considerata la complessità dell’ecosistema, non è possibile determinare con precisione

la funzione esatta di ogni componente ambientale ne definire cosa sia indispensabili per mantenere dell’ecosistema. Le incertezze riguardo il funzionamento degli ecosistemi non ci consentono di stabilire cosa comporta la modificazione di una sua componente ne, di conseguenza, di rilevare l’effettivo impatto (Ivi p. 149).

86

Si deve considerare che il danno ambientale può sia compromettere direttamente l’ecosistema modificandone le utilità prodotte, che indirettamente, alterando la sua stabilità e resilienza rispetto a eventi eccezionali o ad eventi avversi successivi. Una valutazione realistica, fisica ed economica, del danno all’ecosistema risulta quindi impossibile poiché dovrebbe fare riferimento a tutte le funzioni modificate, dirette e indirette, attuali e future, certe ed incerte (E. Defrancesco, P. Rosato, L. Rossetto, Il danno ambientale cit.).

considerando l’impossibilità di attribuire un valore oggettivo alla complessità ambientale, si può ritenere la scientificità degli strumenti di mercato solamente presunta. Il giusto prezzo della natura, che permette l’introduzione dei valori ambientali negli strumenti di mercato, rappresenta dunque il punto d’incontro tra un’offerta approssimativa (i valori ambientali) ed un’ipotetica domanda solvibile (la monetarizzazione di quei valori) 87. Infatti, l’esigenza di rispondere alle necessità pratiche della tutela ambientale, come scegliere razionalmente tra ipotesi alternative di progetti di investimento oppure porre dei limiti alle emissioni di una produzione, viene soddisfatta a partire da valutazioni dell’ecosistema incomplete ed arbitrarie, che possono essere utilizzate in maniera strumentale al fine di far passare scelte specifiche.

Questo aspetto può essere ulteriormente chiarito sottolineando come la monetarizzazione non rappresenti uno strumento neutro di misurazione dell’ambiente ma costituisca una stima indicativa legata a fattori sociali e non ambientali: poiché mira, con l’introduzione dei costi ambientali, ad individuare un livello d’inquinamento socialmente accettato. Conferire un valore economico all’ambiente significa prendere una decisione su cosa abbia o meno valore e su quanto equivalga in termini monetari questo valore88; tali tecniche non rispondono a criteri contabili ma a metodi di scelta politici, dove il potere decisionale è traslato all’interno delle procedure di selezione e di ponderazione dei valori ambientali. Il valore economico dell’ambiente rappresenta, dunque, una definizione sociale portatrice degli interessi di chi compie la stima e contingente ai significati conferiti all’ambiente nel momento in cui viene effettuata89; per cui

87

La grandezza economica che esprime il danno ambientale viene determinata non già da un meccanismo di mercato vero e proprio, ma da una sorta di simulazione condotta in un contesto che non ha nulla della realtà del mercato. Considerata l’onerosità e la difficoltà dell’applicazione di tali tecniche d’indagine, spesso gli studi applicativi sono costretti ad effettuare dei trasferimenti di valori, opportunamente selezionati ed adattati, da casi studio in cui tali tecniche sono state originariamente impiegate (benefit transfer approach). Cosa che comporta un ulteriore allontanamento dalla verità dei dati (http://www.costiesterni.it/ras.html).

88 Il valore monetario dell’ambiente tende a sintetizzare il valore che la società attribuisce a tale

risorsa e ciò risulta notevolmente complesso sia in considerazione del fatto che questo valore può essere scomposto in diverse componenti, ciascuna delle quali portatrice di una determinata proprietà del bene ambientale; sia dalla difficoltà di rivelazione delle preferenze individuali per il fenomeno del free rider che impedisce di conoscere, con una certa precisione, quanto la collettività sia disposta a sborsare per godere di un bene pubblico (E. Defrancesco, P. Rosato, L. Rossetto, Il

danno ambientale cit. e M. Rovai, Il concetto di esternalità, cit.).

89 Si potrebbe ritenere che una valutazione di questo tipo, in grado di verificare il valore che una

certa società da all’ambiente, possa essere un punto di riferimento più per le scienze sociali che per le scienze economiche (G. Munda, Economia ambientale, economia ecologica e il concetto di

la sua efficacia dipende dalla volontà di utilizzare valori più o meno costosi per ogni livello d’impatto. In quest’ottica il valore economico dell’ambiente, e quindi la sua tutela, è subordinato alle variazioni della coscienza ecologica ed economica della società di riferimento, fino ad arrivare, nella logica dei permessi negoziabili d’inquinamento, a dipendere dalle fluttuazioni speculative insite in una logica di mercato che difficilmente sembrano in grado di individuare il reale valore della risorsa90 come si è visto nell’ambito dell’Emission trading scheme (ETS), il mercato europeo dei permessi di emissioni.

Attualmente i limiti ambientali fissati risultano insufficienti poiché sottintendono un compromesso, tra crescita economica e tutela ambientale, che predilige la salvaguardia delle capacità produttive e della competitività91. Tale concezione va ricondotta al postulato della sostenibilità “debole”: è possibile distinguere due prospettive della sostenibilità ambientale, quella “forte” e quella “debole”, dipendenti da una differente valutazione del rapporto tra capitale naturale e capitale prodotto dall'uomo. Secondo la sostenibilità “debole” il capitale materiale

90 Esemplare può essere l’analisi di una risorsa esauribile già da molto tempo sottoposta alle regole

di mercato come il petrolio. Il valore del petrolio ha subito negli ultimi anni notevoli fluttuazioni arrivando nel giro di pochi mesi a cadere dai 150 $ al barile ai 36 $ al barile. Ci si può aspettare che in futuro tali fluttuazioni continueranno ma il prezzo della risorsa è comunque destinato a salire per il progressivo esaurimento cui sarà soggetta. Da un punto di vista tecnico, invece, a parità di qualità, il valore del primo barile equivale a quello dell’ultimo e contribuiscono egual modo all’esaurimento della risorsa, l’unica differenza si può trovare nella minore quantità di energia richiesta per l’estrazione dei primi barili che permette a questi di avere un impatto leggermente minore. Il petrolio è una merce che fa parte strettamente della nostra vita, non solo come carburante: è indispensabile, secondo gli standard attuali, per l'agricoltura, le costruzioni, l'industria chimica e farmaceutica. Data la versatilità della risorsa e considerati i molteplici usi per la quale risulta insostituibile le fluttuazioni dei mercati non sembrano in grado di rilevarne il reale valore e, si ritiene, nemmeno potrebbero, poiché essendo questo racchiuso nei benefici che si ricavano dai molteplici usi non è determinabile (G. Ragozzino, Barili su barili dal prezzo più

pazzo del mondo, in “Il Manifesto” 27 dicembre 2008). 91

L’imposizione dei limiti ambientale mira a trovare un livello ottimale d’inquinamento, questo, sebbene permetta di non inficiare i livelli produttivi, non rappresenta una soluzione definitiva alla problematica ambientale. (M. Rovai, Il concetto di esternalità, cit). Anzi è proprio la necessità di mantenere inalterati i livelli produttivi a creare un ostacolo al conseguimento della tutela ambientale. Sotto questo aspetto può essere indicativo il fallimento del mercato europeo per lo scambio dei diritti di emissione della CO2, creato a partire dal 2005 in osservanza di quanto stabilito dal protocollo di Kyoto. La sperimentazione europea nel biennio 2005-2007 può ritenersi non riuscita poiché le emissioni complessive sono diminuite solo del 2% (rispetto al 1990), contro l'8% fissato, a sua volta considerato dagli esperti del tutto insufficiente. L'obiettivo dell’ETS è rendere la CO2 un costo visibile, per spingere le imprese ad aumentare la propria efficienza ambientale sostituendo i processi che producono più anidride carbonica; per fare questo il mercato europeo delle emissioni veicola le imprese a quote prefissate di CO2 concesse gratuitamente dai governi nazionali oltre le quali i diritti ad emettere vanno acquistati. La necessità di tutelare la competitività delle imprese ha indotto le burocrazie nazionali e comunitaria ad una definizione flessibile delle quote di emissione che le ha svalutate rendendole di fatto inefficaci. Si pensi che in molti casi i permessi gratuiti erano superiori alle emissioni reali, cosicché le aziende avevano avuto (gratis) diritti ad emettere da rivendere, volendo, con profitto (M. Ricci, Gas serra, il

e il capitale naturale sono sostituibili l’uno all’altro e quindi alle generazioni future è sufficiente consegnare un “pacchetto di benessere”, composto da una somma costante di capitale materiale e di capitale naturale. Secondo la sostenibilità “forte” invece i due capitali sono complementari e ciascuna componente deve essere tenuta singolarmente costante per cui si ha sostenibilità quando la velocità di prelievo delle risorse è uguale alla capacità di rigenerazione e la velocità di produzione dei rifiuti è uguale alla capacità di assorbimento da parte degli ecosistemi nei quali i rifiuti vengono immessi92.

Il postulato della sostenibilità “debole”, secondo la quale i costi ambientali possono essere eguagliati da un corrispettivo economico, ovvero che l’ambiente si possa misurare con il denaro, rimane discutibile poiché nell’attribuire un valore economico alla natura si indica implicitamente un’interscambiabilità dei fattori e quindi una completa conoscenza di questi. Tuttavia, nella visione dell’economia ambientale, quest’aspetto non viene considerato nella sua complessità, ma solo come una variabile d’analizzare. Per l’economista l’inquinamento diviene un costo solo quando entra in relazione con una perdita di utilità per uno o più individui e l’utilità perduta può essere compensata attraverso una somma monetaria, ottenibile anche grazie ad un miglioramento della capacità produttiva. In questo modo, però, si rischia di occultare l’impatto ambientale a vantaggio delle necessità di produzione: si può arrivare, nell’analisi economica di un

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Sulla base di come vengono considerati capitale naturale e capitale umano e di come si interpreta la responsabilità verso le generazioni presenti e future si determinano due diversi i orientamenti della sostenibilità. In economia si assume che il mantenimento del potenziale produttivo dipenda dal mantenimento di uno stock composito di capitale, la differenziazione poggia su come questo capitale possa essere mantenuto intatto. La prima ipotesi (tecnocentrica), nella pratica prevalente tra i decision maker, fa riferimento ad una concezione di sostenibilità definita “debole” secondo la quale capitale naturale e capitale prodotto dall’uomo sono reciprocamente sostituibili. Questa concezione non include i fattori ambientali tra gli elementi fondanti del processo di costruzione sociale ed economica dell’evoluzione della società. In quest’ottica è completamente accettabile il saccheggio del capitale naturale fintantoché viene prodotto dall'uomo un capitale di valore equivalente, infatti è dalla somma dei due capitali che deriva la ricchezza costante da perpetuare alle generazioni future. Al contrario la seconda ipotesi (ecocentrica) riferisce ad una sostenibilità “forte”, per cui il capitale naturale e capitale prodotto dall'uomo sono complementari e non sostituibili, se non in quantità estremamente limitate. Ambedue i capitali non devono ridursi e declinare nel tempo ma devono essere mantenuti costanti (separatamente o congiuntamente ma con proporzioni fissate) perché la produttività dell’uno dipende dalla disponibilità dell’altro. Questa concezione parte dal presupposto che a ciascuna generazione, la Terra e le sue risorse sono assegnate in modo fiduciario e ciascuna generazione ha il dovere di lasciare alle generazioni future una natura “intatta” ( capitale naturale costante), qualsiasi sia il livello di benessere raggiunto (Le informazioni sulla sostenibilità “debole” e “forte”, sull’economia ecologica e sullo sviluppo sostenibile sono state reperite principalmente in: E. Tiezzi, N. Marchettini, Che cos'è lo sviluppo sostenibile?, Roma, Donzelli Editore, 1999, p. 37 – 46, e G. Munda, Economia ambientale, economia ecologica e il concetto di sviluppo sostenibile, cit. Entrambi i testi su queste tematiche si basano sul lavoro svolto dagli economisti: Nicholas

progetto, ad ammortizzare i costi d’inquinamento con la ricchezza monetaria generata da interventi volti ad aumentare la produttività93; una soluzione che, paradossalmente, per il fatto di accrescere la produzione aumenta l’impatto ambientale del progetto.

L’introduzione dei costi ambientali comporta un asservimento dell’ambiente all’economia; infatti le azioni intraprese dagli attori economici non saranno quelle maggiormente favorevoli alla tutela ambientale ma quelle favorevoli al perseguimento di un guadagno in grado di coprire tutti i costi e generare un profitto94. La valutazione d’impatto ambientale diviene uno stadio di un processo