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La monetarizzazione degli impatti per una nuova concezione dell’economia

Capitolo 2 La monetarizzazione dell’ambiente

2.3 La monetarizzazione degli impatti per una nuova concezione dell’economia

Le metodologie sopra descritte sono considerate da molti le manifestazioni più avanzate del pensiero ambientalista all’interno del “mainstream istituzionale” e possono essere ricondotte all’economia ambientale69. Nella prospettiva dell’economia ambientale la monetarizzazione degli impatti è il nucleo di un articolato processo di valutazione economica, sociale ed ambientale che rende possibili una classificazione ed una gestione delle risorse ispirate a criteri conformi alla “logica economica”. I “policy makers” possono così porre un freno allo sfruttamento indiscriminato del capitale naturale senza troppo incidere sulla fase produttiva, che al contrario troverebbe nuove possibilità di crescita grazie allo sviluppo di tecnologie “verdi”70.

Per i sostenitori di questo approccio non esiste alcuna contrapposizione fra valutazione dei costi esterni e valutazione degli impatti ambientali, in quanto la prima è per così dire la “traduzione” nel linguaggio quantitativo economico della seconda71. La valutazione economica delle esternalità serve a fornire un’integrazione quantitativa a metodologie non economiche di quantificazione

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L’economia ambientale può essere considerata come una particolare specializzazione dell’economia che studia due argomenti fondamentali: le esternalità ambientali e il corretto management delle risorse naturali ( in particolare, l’allocazione intergenerazionale ottimale delle risorse non rinnovabili ). Si occupa, in sostanza, dello studio delle relazioni tra sistema economico, società e ambiente, per prospettare correzioni nell’attuale sistema di prezzi e diritti di proprietà. Gli economisti ambientali considerano le loro idee come scientifiche e tendono a credere nella neutralità e nell’oggettività dei prezzi, per questo ritengono le decisioni razionali connesse con l’esistenza di soluzioni ottimali basate su calcoli in termini monetari. Alla base del pensiero vi è una concezione di forte comparabilità tra i beni ambientali ed i beni prodotti dall’uomo, per cui se il tasso del progresso tecnologico è abbastanza alto da controbilanciare il declino della quantità di servizi delle risorse naturali pro capite i vincoli alla produzione derivanti dai limitati approvvigionamenti di risorse (teoria della crescita con risorse esauribili ) possono essere superati (G. Munda, Economia ambientale, economia ecologica e il concetto di sviluppo sostenibile, cit.).

70 M. Rovai, Il concetto di esternalità, cit. e G. Malvasi, La valutazione degli impatti ambientali e sociali nelle politiche e nei progetti della Banca Mondiale, cit., p.15, e S. Borghini, F. Ranghieri, Esperienze di contabilità ambientale territoriale, http://www.agenda21.ra.it/clear- life/04met_con_stru/04Esp _contamb.htm

degli impatti ambientali come la valutazione d’impatto ambientale (VIA)72, ampliandone la portata: le informazioni contenute nella VIA concernenti l’identificazione, la descrizione e la quantificazione degli impatti ambientali positivi e negativi, in questo modo possono essere adeguatamente convertite in valori economici (costi e benefici) ed essere valutate in modo contabilmente ed economicamente corretto.

Le definizioni della VIA sono molteplici e controverse, dal momento che di fatto si tratta del “crocevia dove si incontrano interessi di discipline diverse”73. Per questo motivo gli obiettivi attribuiti alla VIA sono ambigui (mitigazione degli impatti o scelta tra progetti alternativi) e ciò si riflette nelle diverse concezioni dei vari Organismi che ne richiedono l’attuazione. Di per sè quest’analisi mette in evidenza gli aspetti materiali (fisici) negativi per l’ambiente causati da un investimento, da un’opera o da una particolare politica, e ne misura gli effetti in termini quantitativi e di nocività al fine di minimizzarli attraverso interventi di mitigazione. L’analisi, in senso tecnico, non è finalizzata alla ricostruzione quantitativa dell’intera catena dei sentieri d’impatto fino ai ricettori finali dei danni (come ad esempio la salute umana, le risorse o gli habitat naturali), né tanto meno ad una loro conversione in termini monetari; pertanto il processo d’integrazione della valutazione dei costi esterni nella VIA comporta in molti casi la ricostruzione di ulteriori elementi fisici (non economici) nella catena dei

72 La «valutazione d’impatto ambientale» nasce come strumento per individuare e valutare in via

preventiva gli effetti di un progetto pubblico o privato sulla salute umana e su alcune componenti ambientali quali la fauna, la flora, il suolo, le acque, l’aria, il clima, il paesaggio e il patrimonio culturale e sull’interazione fra questi fattori e componenti. È un processo conoscitivo che mira ad accrescere la disponibilità delle informazioni necessarie per decisioni razionali così da potere adottare misure per prevenire o minimizzare gli effetti ambientali negativi; con l’ulteriore obiettivo di delineare eventuali progetti alternativi grazie ad un’ampia partecipazione delle forze sociali interessate. La V.I.A. ha quindi il compito di evitare che vengano progettati e realizzati investimenti pubblici e privati con effetti insostenibili per gli equilibri ambientali. La VIA nasce alla fine degli anni sessanta negli Stati Uniti con il nome di environmental impact assessment. L'EIA introduce le prime forme di controllo sulle attività interagenti con l'ambiente (sia in modo diretto che indiretto), mediante strumenti e procedure finalizzate a prevedere e valutare le conseguenze di determinati interventi. Nel 1978 il governo statunitense dispone l'obbligo della procedura di VIA per tutti i progetti pubblici o comunque che accedono a finanziamento pubblico. Nel 1976 la Francia emana una legge per la protezione della natura che pone le basi per l'introduzione della VIA anche in ambito europeo. Nel 1985 la Comunità Europea emana la Direttiva 337/85/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati. L'Olanda, nel 1986, è la prima nazione ad applicare la nuova Direttiva europea, approvando una norma che disponeva la valutazione degli interventi alternativi e il raffronto dei relativi impatti, al fine di determinare la migliore soluzione, in termini ambientali, da realizzare (http://it.wikipedia.org/wiki/Impatto_ambientale e http://www.apat.gov.it/site/it- IT/Temi/Industria,_tecnologie_infrastrutture/Valutazione_di_ Impatto_Ambientale_(VIA)/).

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G. Querini, La tutela dell'ambiente nell'Unione Europea. Un'analisi critica, Milano, Franco Angeli, 2007, p. 114.

sentieri d’impatto, generalmente non richiesti dalla procedura, a cui conferire il valore economico74.

Analisi di questo tipo, verificando i reali costi e benefici di un progetto con ripercussioni pubbliche, permettono di indirizzare le politiche pubbliche verso la realizzazione delle scelte socialmente preferibili secondo i criteri paretiani. L’attribuzione di un valore monetario alle esternalità diviene quindi fondamentale ai fini di una ponderazione delle alternative che tuteli l’ambiente massimizzando i benefici sociali; infatti solo esprimendo tutti i fattori (i costi e i benefici finanziari, gli impatti ambientali e sociali) in grandezze omogenee e in particolare in grandezze monetarie, adeguatamente corrette per tener conto delle distorsioni causate dal mercato, è possibile ottenere per ogni progetto di investimento un indice sintetico-unitario, rappresentativo dei benefici e dei costi finanziari e di quelli esterni valutati finanziariamente.

Grazie all’introduzione di parametri monetari la VIA rientra nella logica economico-finanziaria dell’analisi costi/benefici e diviene uno strumento di pianificazione economica in grado di fornire, all’operatore pubblico, le informazioni riguardanti la funzione economica dei danni all'ambiente e dei costi di disinquinamento; informazioni necessarie sia per favorire un riorientamento delle attività esistenti verso l’impiego di tecnologie a minor impatto ambientale, sia per scoraggiare i potenziali inquinatori grazie ad una valutazione preventiva dei costi. Secondo questi criteri, quindi, la valutazione d’impatto ambientale integrata con l’analisi costi-benefici rappresenta uno strumento di analisi economico-ambientale completo, capace di definire in modo ottimale politiche di controllo ambientale e d’imprimere un nuovo indirizzo qualitativo e quantitativo agli obiettivi ed all'andamento delle attività economiche75. Un aspetto, che i sostenitori dell’uso di queste metodologie tendono a rilevare con forza, è costituito dalle conseguenze che ricadono sul rapporto tra politica ed amministrazione. Con il rafforzarsi della percezione della problematica ambientale diviene sempre più necessaria una mediazione tra la tutela nei

74 http://www.costiesterni.it/pvv3.html

75 Occorre ricordare, naturalmente, che una larga parte dell’analisi del progetto serve a stabilirne la

sua fattibilità tecnica e istituzionale nonché la sua idoneità di applicazione all’interno del contesto economico e sociale. Sia la VIA che la ACB partono dal presupposto che il progetto sia tecnicamente fattibile e che gli accordi istituzionali saranno osservati (resi efficaci) durante l’implementazione dello stesso, costituiscono perciò solamente una parte dell’analisi completa del progetto (G. Malvasi, La valutazione degli impatti ambientali e sociali nelle politiche e nei

confronti dell’irreversibilità degli effetti ambientali di taluni progetti (si pensi alla costruzione di una diga), che hanno una ripercussione prevalentemente localizzata e generano spinte sociali più conservatrici, e la distribuzione dei relativi benefici e costi a livello macroeconomico, che generalmente tendono a favorire un consenso attorno all’intervento. Fondamentale dunque appare l’adozione di procedure di rilevazione e di confronto trasparenti che consentano di identificare meglio gli effettivi beneficiari di un intervento e in grado di allargarne o restringerne il consenso nell’opinione pubblica. In questo senso la valutazione economica dell’impatto ambientale, favorendo la connessione tra tutela dell’ecosistema ed obiettivi di politica economica e sociale, si dimostra un valido strumento di democratizzazione delle scelte; essendo capace di rilevare in termini monetari, e quindi facilmente intelligibili, gli effetti distributivi e redistributivi che ogni politica pubblica comporta, permette a tutte le forze sociali interessate alla realizzazione di un determinato progetto di essere informate sull’efficienza e sulle conseguenze delle politiche da adottare76.

A seguito di queste integrazioni la valutazione, inizialmente focalizzata sul singolo progetto in merito agli impatti ambientali diretti delle attività che lo riguardano, allarga il suo campo d’azione fino ad includere l’analisi degli impatti dovuti ai mutamenti del quadro macroeconomico, arrivando ad introdurre nuovi elementi di decisione e responsabilizzazione degli attori politici presenti sul territorio. Non solo: l’assunzione di una responsabilità politica su fatti ambientali ed economici richiede che l'impatto rilevato sia inserito all'interno del quadro istituzionale, e quindi all'interno dei convenzionali processi decisionali, di controllo e rendicontazione; la valutazione economica degli impatti ambientali diviene quindi uno strumento operativo della “nuova” contabilità ambientale. Non più una metodologia con finalità meramente statistico-contabili ma uno strumento amministrativo, funzionale al paradigma, in continua evoluzione, di una contabilità pubblica delle risorse naturali: la cosiddetta “contabilità verde” capace di correggere il valore del PIL in modo da evidenziare il depauperamento del patrimonio naturale e le spese sostenute per riparare o mitigare tale depauperamento 77. Le scienze economiche considerano il PIL come il miglior

76 G. Querini, La tutela dell'ambiente nell'Unione Europea. cit. p. 114–117 e A. Petroni, L’analisi costi/benefici ed i suoi riflessi sul sistema politico ed amministrativo, cit.

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La contabilità ambientale in tutte le sue applicazioni si mostra come una disciplina, un metodo e uno strumento per la rilevazione, archiviazione, organizzazione, produzione e rappresentazione di

indicatore per misurare l’economia nazionale ed il benessere; per questo uno degli obbiettivi connessi alla monetarizzazione delle valutazioni d’impatto ambientale consiste, in un futuro non lontano, nell’allargare lo spettro dell’analisi ambientale per farla entrare in una strategia macroeconomica di controllo e gestione degli impatti e riuscire così a calcolare un “PIL verde”78, un indicatore che, considerando anche le esternalità delle fasi produttive, sia capace di rilevare la reale produzione di ricchezza e la sostenibilità di un’economia.

Attualmente le principali amministrazioni pubbliche79 sembrerebbero cominciare ad avvicinarsi ad un approccio proprio dell’economia ambientale poiché mirano a raggiungere un equilibrio sociale ottimale, inteso come momento di mediazione tra la tutela ambientale e le capacità produttive, facendo sempre più affidamento a

dati e informazioni ambientali di tipo fisico (parametri atti a misurare gli inquinanti immessi nell'ecosistema e la qualità delle risorse naturali) e monetario (spese e investimenti per la protezione dell'ambiente ed effetti patrimoniali indotti dalla gestione ambientale). Nonostante la continua crescita della popolarità dello strumento è difficile riuscire a mettere d'accordo teorici e utilizzatori su una definizione univoca di cosa sia la "contabilità ambientale" poiché si tratta di uno strumento nuovo ed in continua evoluzione e quindi non ancora delineato completamente. Questo è dovuto alle diverse visioni e posizioni (di economisti, tecnici, amministratori e etc.) che sono presenti nella discussione inerente alla tutela ambientale ed al ruolo che deve ricoprire l’ambiente nel contesto socio-economico. Generalmente negli ambiti teorici in cui questo strumento è stato definito si è posto l'accento sulla necessità di creare un linguaggio comune e rigoroso, al fine di produrre informazioni affidabili e comparabili nel tempo e nello spazio, attraverso gli anni e le diverse nazioni. Gli utilizzatori, d'altra parte, sono sempre stati interessati alla funzionalità immediata dello strumento, che per prima cosa deve permettere una maggiore trasparenza nella comunicazione con i propri stakeholder, una crescente affidabilità delle decisioni e dei controlli, senza per questo aumentare i costi in modo insostenibile (S. Borghini, F. Ranghieri, Esperienze di

contabilità ambientale territoriale, cit.).

78 Attualmente la ricchezza (il benessere) di un paese viene indicata attraverso il calcolo del PIL,

ovvero la somma, algebrica e positiva (priva di elisioni), di tutte le attività economiche del paese che hanno comportato una transazione di denaro; in tale indice il peso del degrado ambientale causato dalle attività umane non è conteggiato. Anzi, le spese per la difesa dell'ambiente sono, di fatto, conteggiate tra i fattori positivi; mentre in realtà sono destinate al ripristino di mezzi di produzione “deteriorati” (territorio, ambiente) e nulla aggiungono alla ricchezza di un paese. Il "PIL verde", dovrebbe correggere tale impostazione sottraendo al PIL alcune voci di spesa come quelle di potenziamento ambientale, i costi per danni ambientali subiti, nonché la rimanente perdita di patrimonio naturale (deprezzamento del capitale naturale e valore monetario dell’inquinamento residuo). Il paese è costituito, oltre che dalle persone, dalle aziende e dai cespiti o attività, anche dalle sue risorse naturali e, di conseguenza, dai suoi limitatori ambientali. Alcune correnti di pensiero sostengono che la crescita continua può essere eco-compatibile e portare all’adozione di tecnologie pulite ed efficienti se si analizza il PIL tenendo conto di questi aspetti ambientali, che costituiscono una forma di cespite condiviso dalle persone o aziende. Gli esperti di statistica notano però che il P.I.L. verde presenta numerosi problemi metodologici nel calcolo; in particolare, è molto difficile riuscire a monetizzare la perdita della biodiversità o gli effetti del cambiamento di clima causati dalle emissioni dell’anidride carbonica (U. Leone, La sicurezza fa

chiasso. Ambiente rischio qualità della vita, Napoli, Guida Editori, 2004 p. 19-20). 79

L’UE, tradizionalmente sensibile alle tematiche ambientali, è fermamente convinta a promuovere in sede internazionale l’integrazione della protezione ambientale nelle decisioni economiche, sia per evitare forme di dumping “ecologico” ma anche perché la soluzione, se si vuole assicurare uno sviluppo sostenibile, deve essere concepita in una prospettiva mondiale (Commissione Europea, Libro verde, sugli strumenti di mercato utilizzati a fini di politica

strumenti di mercato, in grado d’internalizzare i costi ambientali nei prodotti e servizi piuttosto che a forme di regolamentazione e controllo80. Grazie all’adozione sistematica di questi strumenti sarebbe possibile una programmazione dei progetti di investimento ed una verifica delle attività produttive in grado di determinare uno sviluppo sostenibile, ovvero uno sviluppo economico che integra gli obiettivi economici e sociali con quelli di tutela ambientale. I “policy makers” cercano, dunque, di conseguire gli obiettivi ambientali e gli obiettivi di crescita economica attraverso metodologie che permettano sia il libero gioco delle forze di mercato sia l’intervento correttivo statale. In questo modo sarebbe possibile calibrare pratiche compensative dei danni ecologici senza danneggiare i livelli di produzione e, sfruttando la leva del costo economico, indurre sia i consumatori che le imprese ad una buona condotta ambientale; allo stesso tempo si riuscirebbero a creare le condizioni per un rilancio della crescita economica, intervenendo direttamente con incentivi alla produzione di tecnologie “eco-compatibili”. Questi interventi mirano a cambiare la cultura della crescita economica; in una fase di difficoltà si cerca di guidare il sistema produttivo verso un’economia “verde”, un’economia che incorpori anche la qualità dello sviluppo tra i suoi parametri81.

lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2007/com2007_0140it01.pdf).

80 L'utilizzo degli strumenti di mercato, trova la sua giustificazione nella convinzione che questi

siano i più efficienti poiché, diversamente dall'approccio amministrativo o normativo, presentano il vantaggio di utilizzare i segnali del mercato per rimediare ai fallimenti del mercato. Questi strumenti, tra cui i sistemi di crediti alle emissioni, la tassazione, ma anche l’utilizzo d’incentivi finanziari o fiscali, riconoscono implicitamente le differenze esistenti tra le imprese e offrono pertanto una flessibilità che consente di ridurre i costi dei miglioramenti ambientali e tutelare i livelli produttivi. Inoltre tali processi consentono di dare valori contingenti all’ecosistema e, in sostanza, regolarne il peso sull’attività economica, rispettando così le necessità di produzione (Ibidem).

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In passato i principali economisti vedevano nell’intervento dello Stato un ostacolo al benessere conseguibile grazie al libero operare delle forze di mercato; attualmente, invece, a causa della crisi economica questa considerazione sembra essere venuta meno: l’intervento pubblico, già considerato inevitabile nella tutela ambientale in quanto essenziale ad ottenere il livello “ottimale” di inquinamento, è divenuto il principale strumento per far ripartire l’economia. Si può vedere un punto d’incontro tra i due obiettivi negli interventi statali volti sia a creare condizioni di sostenibilità ambientale sia a fungere da volano per l’economia tanto che, per descriverli, si è arrivati a parlare di “New Deal verde”. A questo proposito l’Unione Europea si è fermamente impegnata ad assicurare uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale ed allo stesso tempo a promuovere gli obiettivi in materia di crescita e di occupazione. Nel 2007 il Consiglio europeo ha stabilito l'obiettivo di ridurre del 20% le emissioni di gas ad effetto serra e l'obiettivo vincolante di portare al 20% la quota delle energie rinnovabili sul consumo energetico totale dell'UE entro il 2020. Il pacchetto persegue questi obiettivi promovendo meccanismi di mercato tesi a garantire che chi inquina paghi per il danno causato e che vengano promosse tecnologie più compatibili con l'ambiente. Il pacchetto prevede anche il ricorso agli aiuti di Stato per incentivare le imprese private a investire maggiormente nella protezione ambientale, al fine di poter introdurre una politica ambientale generale più restrittiva. In questa direzione si muove anche il governo americano che tenta di uscire dalla crisi anche grazie ad un intervento statale che favorisce le

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Le problematiche connesse alla monetarizzazione