pianificazione sostenibile
3.2 L’analisi LCA come strumento della sostenibilità forte
3.2.2 L’uso dell’analisi LCA per il conseguimento di un “benessere sostenibile”
3.2.2.2 Una programmazione democratica dello sfruttamento ambientale
all’applicazione di informazioni che consentano di misurare, da una parte, le capacità dell’ecosistema di supportare l’attività umana e, dall’altra, gli effetti che l’utilizzo delle risorse da parte dell’uomo provoca sull’ambiente. Essi sono utilizzati per valutare la performance ambientale del sistema ed in particolare ponderare gli effetti dei comportamenti della popolazione sul territorio nelle loro manifestazioni principali: la dimensione ambientale, appunto, unita a quella sociale. Le interazioni tra attività umana ed ambiente, analizzate sotto il profilo dei consumi e dello sfruttamento delle risorse e del territorio, sono diversamente rappresentabili a seconda dell’ottica nella quale si affrontano le problematiche dello sviluppo. Dal punto di vista della “sostenibilità forte” l’unica soluzione per preservare il delicato equilibrio eco-sistemico è prendere in considerazione le interazioni tra ambiente e sistema produttivo nella loro globalità, puntando a comprendere quale sia il livello produttivo che può essere supportato dall’ecosistema. In questa prospettiva è di primaria importanza un uso razionale delle risorse ambientali in modo da giungere alla soddisfazione dei bisogni con una minimizzazione costante degli impatti negativi. La sostenibilità, infatti, comporta una ricerca continua della compatibilità tra attività umane e ambiente che, attraverso il miglioramento, la pianificazione e definizione del sistema produttivo, permetta una quanto maggiore attinenza ai precetti della sostenibilità forte. Pertanto nel modello di sviluppo qui illustrato l’uso di strumenti che assicurino una quantificazione corretta degli stock di capitale naturale, necessari alle produzioni, appare fondamentale.
L’analisi LCA sopra presentata, consentendo di stimare lo sfruttamento dell’ambiente, si propone come uno strumento estremamente funzionale ad un’economia della “permanenza”, permettendole di compiere un’attenta valutazione sia su come usufruire dell’ambiente in modo meno nocivo, sia sulla reale convenienza della soddisfazione di un dato bisogno. Infatti, tale metodo, compiendo un’analisi diffusa sull’intero ciclo di vita delle produzioni e quindi anche sulla fase terminale del processo produttivo, quella del consumo e dello smaltimento della merce, registra tutte le interazioni ambientali dei processi implementati.
Occorre specificare che il LCA fornisce risultati marginali che riflettono l’incremento del danno o la diminuzione del danno rispetto ad un livello di danno corrente precedentemente rilevato e posto come punto zero della scala di danno
ambientale; possiamo trovare in questo una conferma all’aspetto sopra sottolineato che rileva nell’azione umana un ineludibile impatto sull’ambiente. Risulta opportuna un’altra considerazione, come già scritto: LCA è una metodologia che comporta un certo livello di riduzionismo ambientale; infatti, oltre alle normali incertezze di misurazione presenti in rilevamenti di questo tipo, dovute a varie cause, accidentali, sistematiche o strumentali, si deve tenere presente che il grado di complessità e interrelazione/integrazione globale raggiunto dai processi produttivi e la necessità di evitare sovrapposizioni od omissioni, rendono molto difficile il reperimento dei dati riguardanti la localizzazione e le caratteristiche degli impatti. Pertanto l’analisi fornisce risultati che rappresentano un’inevitabile semplificazione dei reali impatti e non è sempre detto che l’analisi riesca a garantire sempre un completo rilevamento del consumo di risorse o delle emissioni270.
Tuttavia le potenzialità della metodologia sono elevate. Riuscendo ad eseguire analisi di largo spettro su servizi o prodotti si ottengono utili indicazioni riguardo alla totalità degli impatti ambientali dalle azioni umane, che consentono di stimare anche i “flussi nascosti” delle produzioni271: vale a dire l’uso e spesso la distruzione delle risorse necessarie al ciclo di vita del prodotto. Questa proprietà, in fase di mitigazione, permette di evitare l'applicazione di interventi ritenuti migliorativi di aspetti specifici, ma che nel complesso, a causa dei flussi nascosti, si rivelano più nocivi del problema che intendono sanare. Ogni problematica presenta, infatti, diverse soluzioni che a loro volta possono determinare effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute umana; le valutazioni parziali ottenute tramite le metodologie che agiscono “end of pipe”, concentrandosi solo sull’analisi di singole parti dei processi e trascurandone altre, possono creare l’illusione di potere riassorbire un impatto attraverso pratiche che ad una attenta analisi risultano inutili o addirittura più dannose. Se non si ha ben definita la totalità degli impatti si rischia di sottovalutare l'effetto di sinergia presente nei processi, e tra i loro impatti272. Ciò può portare a mettere in essere soluzioni che, tenendo conto
270 Tuttavia si deve aggiungere che il grado di incertezza può essere rilevato ed attenuato attraverso
un’analisi di sensibilità (P. Neri, Life cycle assessment. cit.).
271
Ad esempio per avere 1 litro di benzina occorrono in media 18 litri d’acqua, necessari al processo di produzione. Si calcola che negli Stati Uniti i flussi nascosti rappresentano il 70% del consumo dei materiali, mentre nell’UE arrivano al 60% (P. Bevilacqua, La Terra è finita. cit., p.126 ).
272
I “valori limite” per le singole sostanze è sempre il frutto di un compromesso tra convenienza economica di produrre e impiegare determinate sostanze, e incapacità o “eccessivo” costo per
solo dei benefici ottenuti sul processo analizzato, risultano più “pulite” solamente perché riescono a distribuire i fattori di inquinamento su segmenti della filiera non controllati, ma che in realtà provocano impatti tali da annullare completamente l’intervento di mitigazione. Pertanto gli unici metodi efficaci per la riduzione degli impatti dei sistemi produttivi sono quelli che consentono di esaminarne le produzioni seguendo meticolosamente il cammino percorso dalle materie prime, a partire dalla loro estrazione, attraverso tutti i processi di trasformazione e di trasporto, fino al loro ritorno nella terra sotto forma di rifiuti, secondo il cosiddetto approccio “dalla culla alla tomba”. Tale approccio è caratteristico dell’analisi di ciclo di vita. La metodologia LCA, consentendo una misurazione degli effetti di una produzione in termini quantitativi e di nocività, si dimostra strumento indispensabile di per qualsiasi economia che miri ad essere sostenibile; infatti, mirando ad individuare e a quantificare, in termini fisici, gli impatti ambientali dei vari processi, permette di effettuare un controllo a trecentosessanta gradi dei danni ambientali e di concentrare lo sforzo tecnologico per approntare dei correttivi là dove le filiere impattano con maggiore significatività273.
Sebbene l’aspetto di verifica degli impatti sia di primaria importanza, l’incisività di questa metodologia pare consistere nella sua potenzialità in qualità di razionalizzazione e pianificazione ambientale. Una programmazione dello sfruttamento ambientale è utile per svariate ragioni: innanzitutto risponde al semplice principio che la migliore politica di tutela dell’ambiente è quella di prevenire, fin dalla fase del concepimento del progetto, tutte le possibili cause di impatto ambientale, anziché contrastarne gli effetti a realizzazione completata e dover mettere in essere misure di mitigazione. L’aspetto senz’altro più importante, nell’ottica dell’economia della “permanenza”, consiste tuttavia nel riuscire, in questo modo, ad integrare l’ambiente nelle politiche di sviluppo sociale. Arrivare a pianificare in anticipo gli impatti ambientali della produzione e i suoi benefici può permettere di valutare in fase decisionale i vantaggi e gli svantaggi legati all’implementazione di un processo e di porre in essere scelte di sviluppo, secondo una visione ecologica delle pratiche umane, volte ad accrescere il
rimuoverle. I diserbanti, l’incenerimento dei rifiuti, le emissioni delle diverse attività industriali, dalla produzione di energia derivante da nucleare e da carbone, i fitofarmaci, solo per citare alcune sostanze che spesso non vengono considerate nel loro ciclo di vita o che vengono tollerate. Sostanze che, oltre ai possibili effetti dannosi specifici, possono predisporre le persone a malattie e tumori (M. Correggia, Medici e veleni, in “Il Manifesto” 20 dicembre 2008 ).
benessere delle persone senza compromettere l’ecosistema. Gran parte della distruzione dell’ambiente ha infatti luogo senza necessità274. Attraverso l’uso dell’analisi LCA diventerebbe possibile, invece, attuare una “progettazione con la natura” che, mettendo in diretta relazione il danno ambientale con il benessere conseguito (inteso come accesso a beni e servizi), consente di gestire in maniera migliore il rapporto tra produzione e ritmi ambientali, tra qualità ambientale e qualità sociale, e quindi di meglio perseguire la compatibilità necessaria al conseguimento di un “benessere sostenibile”. Anche in questa prospettiva riemerge l’importanza di poter compiere un’analisi sull’intero ciclo di vita dei prodotti, principalmente perché consente di mettere in essere una valutazione completa della sostenibilità dei sistemi produttivi e di ottenere così una razionalizzazione dello sfruttamento ambientale che tenga conto anche del fine vita delle produzioni. Pratiche di questo tipo, poiché consentono di produrre beni in grado d’integrarsi il più possibile con i limiti ambientali, sono essenziali ai fini del raggiungimento di una società organizzata in modo tale da prolungare il più a lungo possibile il benessere conseguito275.
Pensando al ruolo cruciale dell’informazione per supportare i processi decisionali, emerge un altro aspetto importante delle pratiche di pianificazione preventiva, ottenute attraverso il metodo LCA: la loro compatibilità con gli strumenti di democrazia diretta. Grazie alla facilità di comprensione dei risultati l’analisi lascia scarsi dubbi interpretativi ed evidenzia quali rinunce ambientali e quali vantaggi sociali si nascondano dietro ogni scelta. Tali conoscenze possono essere sfruttate all’interno di processi decisionali partecipati e democratici capaci di prendere in considerazione sia gli aspetti ambientali che le ricadute sociali, in termini di diffusione del benessere, che una certa produzione comporta. Si tratta di uno strumento che consente un dibattito democratico sull’opportunità o meno di qualsiasi produzione dal micro-livello locale, al macro-livello regionale. Uno strumento versatile, quindi, indispensabile in un’ottica di autonomia a centri concentrici; grazie a questo tipo di analisi, infatti, i vari livelli possono sia verificare direttamente gli impatti delle produzioni che decidono di attuare, sia
274 M. Rovai, Metodi di valutazione dei beni e delle risorse ambientali. cit.
275 Si deve aggiungere al proposito che generalmente non si è portati a considerare il fine vita dei
prodotti come un aspetto inerente alla fase di produzione. Lo dimostra il fatto che la maggior parte dei i timidi interventi di tutela ambientale attualmente posti in essere si concentra a trovare soluzioni esclusivamente alla fase produttiva o al massimo alla fase di uso, tralasciando completamente di considerare come queste produzioni dovranno essere gestite al momento della
interagire tra di loro sulla base dei risultati ottenuti.
Tale autonomia di analisi è funzionale alla diffusione della coscienza ambientale necessaria, lo si ripete, a perseguire una “sostenibilità forte” in ogni ambito delle attività umane. La continua ricerca di compatibilità tra produzioni ed ambiente fa crescere gli aspetti ambientali da controllare e diminuire la possibilità di farlo in modo “autoritativo”, pertanto gli obiettivi ecologici per essere raggiunti devono essere condivisi e fatti propri dalla collettività. Gli strumenti di “Command & Control” risultano utili nel breve periodo, al fine di ridurre subito il problema ambientale, ma nel lungo periodo è necessario definire obiettivi e risorse coinvolgendo tutti gli attori e fornendo a tutti la possibilità di comprendere i vari impatti. Solo in questo modo concetti come “appartenenza alla comunità” e “senso civico”, acquistano anche quella valenza in senso ecologico fondamentale al conseguimento di un “benessere sostenibile”276.