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2. Attori ed interessi nel mercato dei prodotti petroliferi

2.1. Le risorse naturali in geografia economica

2.1.1. Caratteristiche del settore estrattivo

Il sistema energetico riveste un ruolo strategico in quanto sostiene la crescita e la competitività dell’economia e, da un punto di vista politico, condiziona l’autonomia di un paese.

La disponibilità e la capacità di utilizzo di energia sono parametri che determinano le possibilità di sviluppo della società e dell’economia. Fra le fonti energetiche spicca la dipendenza dell’uomo dal petrolio. Attraverso la raffinazione del petrolio greggio si ottengono combustibili industriali e domestici, come gasolio e GPL, prodotti per l’industria chimica e petrolchimica, oli lubrificanti, bitumi, solventi e carburanti per autotrazione, tanto per citarne alcuni. Il petrolio costituisce circa il 35% delle fonti di energia primaria e da esso derivano circa l’80% dei carburanti per trasporto (Bridge, 2010a, p. 524). La gamma dei carburanti per autotrazione, benzina, gasolio e GPL fa parte del più ampio mercato dei prodotti petroliferi. L’assetto della società moderna, orientata al consumismo, ha assistito, assieme al miglioramento del livello di vita e al benessere materiale, ad un accrescimento della mobilità privata giornaliera della popolazione, con la grande diffusione dell’autotrasporto privato e, conseguentemente, al consumo di carburanti (Huber, 2009).

Il punto di partenza per lo studio del prodotto carburante è la considerazione che il processo economico, attraverso cui l’uomo produce beni e servizi per soddisfare le proprie necessità, dipende ed interagisce con il sistema ecologico di piante ed organismi. L’economia ambientale è la disciplina che tratta l’impatto sull’ambiente dell’attività umana e il volume Environmental Economics: An Elementary Introduction di Turner et al. (1994) può fornire delle utili delucidazioni per studiare la geografia delle risorse. Pur trattandosi di un’opera di stampo microeconomico, sono molte le considerazioni da cui anche l’analisi geografica non può prescindere. La prima osservazione da riportare è che per ottenere la produzione di beni e servizi utili all’uomo viene richiesta l’estrazione di risorse10

10 Per chiarezza espositiva si riporta la distinzione di riserva (reserves) e risorse (resources) presente in Turner et al. (1994, pp. 222-226). Le riserve includono tutti i depositi identificati geologicamente che possono essere recuperati e che in base alla certezza geologica possono essere suddivisi in riserve provate, probabili e possibili. Le riserve provate, in particolare, sono definite come quelle contenute nei giacimenti conosciuti che con una ragionevole certezza possono essere considerate commercialmente recuperabili. Tutti gli altri depositi sono classificati come risorse, sia perché non sono ancora stati scoperti o perché il loro sfruttamento non è ancora possibile a causa di vincoli tecnologici o economici (si parla, in quest’ultimo caso, di risorse conosciute). Le risorse sono dunque continuamente soggette a rivalutazioni dall’ambiente ed il loro processo.

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Questi passaggi, che portano alla trasformazione di materia prima in prodotti finiti per il consumo, implicano la formazione di rifiuti, che vengono reintrodotti nell’ambiente. Le risorse non si presentano come elemento estratto e la loro esistenza è legata ad un processo di trasformazione; più chiaramente Harvey (1974, p. 265) afferma che le risorse “possono essere definite solo in relazione al modo di produzione che cerca di farne uso e che simultaneamente le produce attraverso lo sforzo materiale ed intellettuale dell’utilizzatore”. Bridge (2010b, p. 821) va oltre affermando che le risorse prelevate dalla natura più che essere naturali, sono il prodotto del lavoro culturale, economico e politico, dal momento che di fondo c’è una volontà politica nell’appropriarsi di risorse strategiche per la crescita economica e lo sviluppo.

Un secondo elemento fondamentale sottolineato da Turner et al. (1994) riguarda la natura delle risorse che fanno da input all’attività economica. Esse possono essere rinnovabili o esauribili. Mentre le prime si rinnovano con il ciclo biologico, se sono gestite in maniera sostenibile, le esauribili sono caratterizzate dalla presenza in natura in quantità fissa e, quindi, il loro uso in un determinato arco temporale comporta una loro minore disponibilità in periodi futuri. L’interdipendenza temporale generata dal fattore esauribilità fa nascere interrogativi soprattutto di natura economica, ossia, quale sia il tasso a cui le risorse debbano essere consumate e quale sia la quantità ottimale di risorsa da estrarre date le condizioni di mercato.

Offrire una risorsa non rinnovabile nel mercato implica procedere con il suo prelievo dalla natura. Nei suoi tratti essenziali, si può descrivere il processo che consente di trasformare una risorsa presente in natura in merce atta ad essere lavorata attraverso una sequenza, come illustrato nella Figura 2.1. Per ottenere la disponibilità effettiva della risorsa, la prima operazione da effettuare è quella dell’esplorazione (exploration), attraverso la quale vengono effettuate delle rilevazioni geologiche e geofisiche per identificare la risorsa. Segue la fase di sviluppo (development) in cui si conducono ulteriori valutazioni sui depositi elaborando i dati risultanti dagli studi condotti sui pozzi esplorativi e si prepara il sito per la fase successiva, con la costruzione di infrastrutture per il trasporto e la produzione. Con l’estrazione (extraction) si ha la rimozione, attraverso un ciclo continuo di prelievo, della riserva dal suolo.

Fonte: Turner et al., 1994, p. 230, Box 16.4.

Fig. 2.1 – Modello economico di estrazione delle risorse.

sulla base della nuova conoscenza geologica, del progresso tecnologico, delle condizioni politiche ed economiche.

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Le nuove scoperte geologiche nella fase esplorativa sono gli input nell’operazione successiva, lo sviluppo; successivamente, quelle che sono identificate come riserve diventano input nella fase di estrazione: vi è dunque una chiara interdipendenza delle diverse fasi, in quanto ogni operazione è propedeutica e necessaria per realizzare la successiva. Data l’interconnessione, modifiche nel prezzo finale del bene influiscono sulle decisioni effettuate nelle operazioni a monte della fase di estrazione. Osservate le condizioni di mercato, cioè a quanto è venduto il prodotto greggio, si effettuano delle considerazioni su come procedere con gli investimenti nella fase di esplorazione e sviluppo. La stessa interdipendenza la si rileva nel lato dei costi. Ad esempio la decisione di estrarre riserve di prodotto in una località accessibile, che non richiede dunque elevati sforzi tecnici, lascia per il futuro la decisione di procedere con l’esplorazione in siti più difficilmente raggiungibili e dunque più costosi, dato il carattere di esauribilità delle risorse.

Sempre gli autori (Ibid.) spiegano che l’operatore economico ha due forma di incertezza; la prima è legata alla mancata conoscenza dei costi e prezzi futuri, la seconda è connessa alle possibili variazioni normative a cui il settore può essere soggetto, vale a dire, ci può essere una modifica delle regole del gioco nell’arco temporale che va dall’individuazione della riserva alla vendita nel mercato. In questo contesto il soggetto che effettua l’estrazione si deve creare delle aspettative su costi e prezzi. L’obbiettivo finale è quello di massimizzare i flussi futuri attesi dall’attività e non procedere ad ottimizzazioni su archi temporali singoli. Trattandosi di una risorsa scarsa, si decide di posticipare l’estrazione se, ad esempio, ci si aspetta che il prezzo della materia prima salga in futuro o che gli avanzamenti della tecnologia consentano di diminuire i costi di estrazione. Oltre a questo, dal punto di vista finanziario, gli autori notano che l’operatore si confronta anche con il tasso di interesse. Da un lato, l’aspettativa sulla crescita nel tasso di interesse comporta l’incentivo ad estrarre più materiale ora, per investire i profitti generati dall’attività estrattiva nei mercati finanziari e guadagnare dal maggiore tasso d’interesse. Dall’altro, la stessa aspettativa positiva sul tasso d’interesse può incentivare una riduzione nello sforzo esplorativo (essendoci, come analizzato, forte interconnessioni nel sistema input-output fra una fase e l’altra) o disincentivare la crescita delle dimensioni dell’impresa, intesa come aumento della capacità produttiva, visti i maggiori costi futuri legati ai prestiti finanziari.

Oltre a queste considerazioni di natura strettamente economica, c’è da osservare che le risorse disponibili nell’ambiente sono fondamentali per la vita dell’uomo e sono fonte di arricchimento e guadagno per chi le possiede e lavora. La natura strategica delle risorse apre, sotto un piano strettamente politico, un intenso dibattito sulle modalità di accesso, proprietà e regolamentazione. La geografia economica, al pari passo dell’economia ambientale, ha mostrato anch’essa grande interesse per il settore estrattivo. In una fase iniziale la disciplina si è concentrata principalmente alla risorse naturali come input critici per l’attività industriale, con, ad esempio, lo studio di Weber sui condizionamenti dati dalla posizione geografica degli input produttivi sulla scelta di localizzazione dell’impresa verticalmente integrata (cfr. Essletzbichler, 2012, p. 29). Il dibattito attuale si è invece spostato sul rapporto tra società e natura. La questione ambientale è entrata a far parte, dagli anni ′70, nel dibattito pubblico in quanto le forze di mercato agiscono spesso in contraddizione rispetto ai principi di protezione e conservazione dell’ambiente. La geografia non si è voluta sottrarre alla riflessione dal momento che vi è maggiore consapevolezza sull’impatto dell’attività antropica sulla natura; vi è anche crescente volontà di fronteggiare l’imprevedibilità della natura stessa per tutelare economia e

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società da eventi catastrofici; si riscontra interesse anche nel valutare come il rispetto di normative ambientali creino delle nuove sfide per gli operatori economici. Bekker (2012) esamina come in geografia economica si possono rintracciare correntemente tre approcci allo studio della natura: trattasi della governance ambientale, il neoliberalismo e l’analisi attraverso le catene di prodotto. Riguardo a queste si vuole solo accennare come il primo filone sottolinei il ruolo mediatore delle istituzioni, alle varie scale geografiche, fra società e ambiente. La gestione e l’utilizzo delle risorse vengono viste come risultato delle scelte della collettività, cioè come modalità per servire gli interessi di specifici gruppi sociali. La seconda prospettiva si propone di studiare le conseguenze di cambiamenti politico-economici sulla proprietà e gestione delle risorse naturali, valutare cioè l’impatto della privatizzazione, deregolamentazione e liberalizzazione sull’estrattivo. Il terzo, come la materialità e territorialità delle risorse incida nell’estrazione di valore dall’esecuzione dell’attività economica, analizzata sotto il profilo delle relazioni e del coordinamento fra attori che partecipano al processo produttivo e di consumo.

Fra gli approcci, accomunati dal considerare le risorse come “attivamente costituite piuttosto che date” (Ivi, p. 112), soltanto il terzo, a rete, pone chiaramente fra i suoi obbiettivi la ricerca della connessione fra risorse disponibili nell’ambiente e sviluppo socio-economico dei luoghi della produzione (cfr. Bridge, 2008; Murphy e Schindler, 2009). Nel determinare lo sviluppo dei luoghi, non è solo da considerare la presenza o meno di una risorsa, ma anche i processi politici che convertono determinate condizioni geografiche da potenzialità a fattori di sviluppo economico. Bebbington (2009). nel discutere del settore estrattivo in America Latina, osserva ad esempio come l’attività economica promossa dal comparto ha determinato una reazione politica degli attori istituzionali e della società e che queste risposte hanno a loro volta promosso la formazione di specifici sentieri di sviluppo per le economie locali. Per la sua completezza, appare dunque interessante approfondire come la ricerca geografica possa beneficiare da uno studio del settore estrattivo attraverso un’analisi secondo le reti di produzione.

2.1.2. Il settore estrattivo nell’economia a rete

Nel Capitolo Primo della Tesi si è analizzato come la geografia economica studi dal punto di vista teorico le complessità organizzative e spaziali della produzione. L’insieme di concetti e definizioni proposti dalle GPN e dai suoi antecedenti teorici hanno l’obbiettivo, inter alia, di costruire le fondamenta di studi empirici per comprendere settorialmente le interconnessioni e la disomogeneità dello sviluppo dell’economia globale. Come evidenziato da Coe (2011, p. 394) questi studi si sono soffermati principalmente nel settore agricolo, manifatturiero ed in quello dei servizi. Il settore estrattivo, tranne alcune eccezioni (cfr. Smith, 2005; Bridge, 2008; Dicken, 2011; Murphy, 2012), non è stato oggetto di studio approfondito attraverso l’approccio dell’economia a rete, nonostante le materie prime e, specificatamente, i prodotti petroliferi siano essenziali per ogni altro settore economico e per la vita umana (Glassman, 2011, p. 159).

Essendo il petrolio presente in natura in quantità limitata e solo in determinati luoghi, il settore estrattivo è oggetto di un intenso conflitto che vede come attori partecipi imprese e stati (Dicken, 2011, p. 244).

La presenza dello stato nel settore estrattivo non è negato dalla letteratura di matrice economica. Anche nel volume di economia ambientale di Turner et al. (1994, p. 227) si afferma come il settore sia oggetto di politiche di intervento in quanto lo stato avverte rispetto al settore estrattivo degli obbiettivi politici. Per gli autori, esiste una intersezione fra sfera energetica e

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politica principalmente per tre motivi. In primo luogo, lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo potrebbe essere un motore per l’economia, in quanto comparto da cui ricavare entrate monetarie da utilizzare per altri investimenti economici. In secondo luogo, si osserva che lo stato come istituzione si deve fare da tramite alla necessità della società rappresentata, assicurando l’autosufficienza negli asset strategici. In terzo luogo, lo stato può prevedere l’introduzione di previsioni normative volte a proteggere interessi collettivi delle generazioni future come conservazione dell’ambiente e delle risorse. Si incontrano anche analisi propriamente quantitative in cui si valuta come il contesto istituzionale influisca sulla scelta localizzativa dell’impresa estrattiva. Ad esempio in Tole e Koop (2011) si trova un interessante modello econometrico in cui sono inserite variabili che controllano fattori non economici. Dalle loro stime risulta che la strategia dell’impresa dell’estrazione dell’oro risente di elementi quali corruzione dei paesi, efficienza delle istituzioni, leggi sulla trasparenza.

Nonostante le attente considerazioni della letteratura, tale approccio non valorizza adeguatamente lo stato come soggetto non economico che ha il potere di modellare i contenuti della rete di produzione. Un primo passo entro questa direzione lo si ha in Smith (2005). Nel lavoro si valuta perché il settore estrattivo si presta ad essere analizzato secondo le lenti delle catene globali di prodotto. Il primo punto messo in risalto dall’autore è il fatto che il successo di alcuni luoghi, o nodi, nel campo estrattivo, dipende da fattori connessi alla posizione geografica.

Rispetto al manifatturiero dove economie di agglomerazione e costi del lavoro guidano l’individuazione della sede dell’impresa, nelle prime sequenze del processo estrattivo, accessibilità e possibilità di rielaborazione della materia prima in loco condizionano la scelta localizzativa dell’impresa estrattiva. Dunque fattori prettamente geografici hanno una forte rilevanza per lo sviluppo economico delle regioni in cui sono presenti le risorse naturali. In secondo luogo, il settore è fortemente dipendente dalle innovazioni tecnologiche per l’estrazione della materia prima e dalla logistica per il trasporto verso i centri in cui la risorsa viene rielaborata e poi venduta come prodotto finale. Data la forte asimmetria fra i punti in cui la materia prima è presente come risorsa e la domanda finale, sistemi di trasporto e le varie innovazioni tecnologiche e organizzative fanno da colonna portante alla possibilità di avere un sistema di produzione esteso spazialmente. Terzo rilievo dell’autore, l’estrattivo premette di fare delle considerazioni sul ruolo dello stato nel contesto attuale che vede il neoliberalismo come

“ideologia dominante dell’attuale globalizzazione” (Ivi, p. 153). A questo proposito l’autore riporta l’esempio tratto dal libro del 2005 Globalization and the race for resources di Bunker e Ciccantell in cui si tratta della miniera di ferro Carajas in Brasile. Qui, le istituzioni formali sono importanti attori nel tracciare le linee di sviluppo, ma nel lungo periodo sembra che le pressioni internazionali e nazionali sulla sostenibilità ecologica del sito possano avere la forza di scardinare le attuali priorità delle istituzioni. Vi saranno sempre funzioni di competenza statale, come quelle concernenti la costruzione di infrastrutture, però si osserva che “al capitalismo serve lo stato, o, quanto meno, qualche entità che assuma le funzioni che gli stati hanno eseguito per lungo tempo” (Ivi, p. 154).

Il primo contributo organico sullo studio secondo una prospettiva relazionale del settore estrattivo è dato da Gavin Bridge, ricercatore dell’Università di Manchester, scuola, come già menzionato, in cui lavora il nucleo iniziale di studiosi afferenti all’approccio delle GPN. Con l’articolo del 2008 Global production networks and the extractive sector: governing resource-bases development Bridge analizza sotto una prospettiva relazionale, sensibile alla dimensione temporale e spaziale, la modalità con cui la produzione nel settore estrattivo è organizzata

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attraverso reti di imprese che travalicano i confini dello stato-nazione. L’autore ambisce ad analizzare lo sviluppo regionale portato dal settore estrattivo sotto una prospettiva diversa rispetto a quella tradizionale del vantaggio comparato. Quest’ultima si dimostra per l’autore inefficace nel spiegare il fenomeno della “maledizione delle risorse”, ossia perché molte economie ricche di risorse naturali siano state penalizzate, nei fatti, dal possesso di tali risorse.

Tradizionalmente si fissa la scala nazionale come filtro per analizzare il successo o meno delle politiche estrattive, mettendo in rilievo l’adeguatezza delle competenze dello Stato e l’efficienza delle sue politiche. Tale modus operandi, per Bridge, fa sì che venga oscurata la governance del settore estrattivo, ed in particolare l’esistenza di interessi divergenti fra attori economici, stato e collettività. Collettività intesa non soltanto come il consumatore finale, ma anche in termini di società interessata dall’attività estrattiva. Zalik (2010) approfondisce questo aspetto analizzando come le pressioni sociali determinino incertezza nello sviluppo dei piani industriali delle compagnie petrolifere. Si utilizzano come esempi le conflittualità presenti nella zona del Delta del Niger e nello stato dell’Alberta, in Canada, siti soggetti di investimenti da parte della compagnia petrolifera Shell. In Nigeria la resistenza locale, che sfocia anche in forma di violenza verso il personale straniero delle compagnie petrolifere, nasce dalla volontà di partecipare maggiormente ai profitti generati dall’industria estrattiva. In Canada la collettività si mobilita contro i danni ambientali provocati dall’estrazione petrolifera effettuata nelle sabbie bituminose dell’Alberta. In questa regione isolata sono presenti riserve non convenzionali di petrolio, per la cui estrazione occorrono tecniche speciali che richiedono il consumo di quantità elevate di energia e acqua, che determinano un impatto molto pesante per l’ecosistema.

Oltre che alla volontà di rappresentare il settore estrattivo in termini di relazioni fra attori, il secondo obbiettivo di Bridge è di includere altri elementi, cioè quelli naturali ed ambientali, nelle rappresentazioni dei sistemi di produzione (Celata, 2009, p. 137). Infatti nel settore estrattivo, con la fase di esplorazione di un sito si dà l’avvio ad un processo che consiste nel prelievo di risorse naturali dall’ambiente e la loro successiva mercificazione per essere immesse nel mercato. Con il consumo, la merce ridiventa elemento naturale, in quanto i residui vengono accumulati nell’ambiente naturale sotto forma di inquinamento. L’approccio ecologico consente di analizzare più efficacemente il sistema estrattivo come scelta sociale. In questa chiave di lettura, lo sfruttamento delle risorse non è determinato solamente da vincoli tecnici ed economici, ma anche dalla società e dalla politica, cioè sulla scelta di quanto danno ambientale sia accettabile per la società, in seguito all’estrazione della riserva e all’utilizzo del petrolio (Dicken, 2011, p. 267).