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2. Attori ed interessi nel mercato dei prodotti petroliferi

2.2. Caratteristiche della rete di produzione dei prodotti petroliferi

2.2.2. La sequenza produttiva

Alla base del processo produttivo che porta alla vendita nel mercato di prodotti petroliferi c’è la lavorazione di una risorsa naturale, il petrolio, materiale creato in natura a seguito della decomposizione di sostanze organiche in un arco temporale molto lungo; trattasi di una risorsa non rinnovabile, il cui ammontare totale diminuisce a mano a mano che si procede con l’estrazione (Dicken, 2011, p. 244).

Le riserve, oltre ad essere esauribili, hanno una precisa variabilità geografica. Non solo si concentrano in specifiche zone, ma anche la dimensione dei giacimenti è disomogenea, ci possono essere diversi gradi di difficoltà nell’estrarre il prodotto e portarlo ai luoghi della lavorazione. Inoltre, dal punto di vista qualitativo il prodotto greggio non gode ovunque delle stesse caratteristiche chimico-fisiche e le numerose varietà si caratterizzano per la densità e la quantità di zolfo presente. Bridge (2010a) ricorda un’importante distinzione: da un lato esistono oli meno viscosi e di migliore qualità, gli oli convenzionali, che possono venire estratti con processi noti a costi relativamente bassi; dall’altro ci sono riserve di petrolio non convenzionale,

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costituite da oli viscosi, meno pregiati, più difficili da estrarre e che richiedono trattamenti ulteriori prima della raffinazione. L’esauribilità nel breve periodo riguarda la prima fattispecie di petrolio; il secondo tipo, implicando costi maggiori, non è ancora competitivo nel mercato ma è destinato a sostituire i convenzionali come fonte energetica.

La disomogeneità delle risorse di petrolio convenzionale che si incontra in natura porta Bridge (2008, p. 412) ad affermare che il bene petrolio è caratterizzato, rispetto ad altri beni, da una specifica materialità (materiality), ossia la sua disponibilità condiziona la struttura della sequenza produttiva. Dicken (2011, p. 244), rispetto al concetto di materialità, preferisce sottolineare che i prodotti soggetti ad estrazione sono localmente specifici (locationally specific), ossia le scelte imprenditoriali delle compagnie petrolifere sono condizionate dalla località in cui sono presenti. L’attività di estrazione non comporta ovunque gli stessi guadagni.

Di fatto, i soggetti economici autorizzati a sfruttare i giacimenti godono di specifiche rendite minerarie che sono quella parte di guadagno lasciata all’impresa dallo Stato per compensare il rischio geologico connesso all’attività estrattiva. Essendo un importo differenziale, vale a dire ricavi di vendita al netto dei costi per l’attività di esplorazione, produzione e tassazione, il valore della rendita mineraria varia in base alla difficoltà legata allo sfruttamento effettivo delle riserve. Data la convergenza nel prezzo di vendita del greggio nel mercato internazionale, ad una maggiore facilità d’estrazione seguono per l’impresa dei costi minori e, quindi, una maggiore rendita mineraria legata al sito.

Il prodotto estratto è altamente variabile geograficamente, ma la lavorazione è finalizzata alla produzione di prodotti petroliferi omogenei fra loro, difficilmente sostituibili e da cui l’economia e la società sono fortemente dipendenti. Nonostante la grande eterogeneità nella qualità del prodotto base, il Brent rappresenta la tipologia di greggio di riferimento nei mercati di Europa, Africa e Mediterraneo, e il suo prezzo definisce il valore delle altre qualità di greggio per la stessa area (cfr. Wlazlowski et al., 2009).

Bridge (2008, p. 394) procede con la descrizione delle caratteristiche del settore petrolifero.

Si tratta di un comparto in cui c’è un tipo di governance guidata dal produttore, ossia vi sono grandi imprese coinvolte direttamente nella produzione che esercitano un forte grado di controllo sull’intero processo produttivo. Vi è dunque un significativo contrasto fra la vulnerabilità strutturale del settore, generata dall’esauribilità delle risorse, e la robustezza finanziaria delle compagnie, dettata dalla struttura del mercato che consente alle imprese di ponderare le potenzialità di assorbimento della produzione e controllare le quantità di prodotto immesso. Da qui l’importanza dello studio delle condizioni che permettono l’egemonia delle imprese globali.

Sotto un profilo industriale, è consuetudine considerare la catena di produzione costituita da una fase a monte, composta da esplorazione e estrazione/produzione, da una centrale, con la raffinazione ed il trasporto e da una a valle che include raffinazione e commercio.

Una dettagliata descrizione delle varie fasi che portano alla commercializzazione del carburante per autotrazione è offerta nell’opera del 2011 Imprese e concorrenza nel mercato globale dei carburanti per autotrazione di Riboldazzi.

L’attività produttiva delle compagnie petrolifere inizia con le operazioni di esplorazione, cioè si effettuano una serie di indagini volte a raccogliere informazioni sulla potenzialità petrolifera del bacino sedimentario. In questa fase si raccolgono dati e informazioni di carattere geologico e geofisico per studiare la configurazione degli strati geologici. Segue lo sviluppo,

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attraverso cui si ha una perforazione esplorativa del pozzo. Queste operazioni servono per valutare l’economicità, in base alle condizioni di mercato, dello sfruttamento petrolifero.

In caso di esito positivo degli studi di fattibilità, si dà avvio alla fase estrattiva, con il prelievo del prodotto dal giacimento. Essa comporta elevati investimenti che riguardano la costruzione di strutture di perforazione, di impianti per il trattamento e lo stoccaggi di fluidi, di strutture logistiche per la movimentazione del greggio e per il personale. La localizzazione del giacimento, sia esso a terra o in mare, e la profondità dello stesso incidono consistentemente sull’entità degli investimenti.

Il petrolio una volta estratto viene trasportato nelle raffinerie. I processi che si svolgono all’interno delle raffinerie hanno l’obbiettivo di trasformare il petrolio greggio in prodotti petroliferi pronti per l’utilizzo finale o in semilavorati, ossia impiegati da altre imprese per ulteriori lavorazioni. I processi di lavorazione entro le raffinerie sono molto complessi, ma è possibile distinguere una prima categoria che corrisponde alla distillazione del greggio ed un’altra fase di valorizzazione per migliorare la qualità del prodotto. All’interno della raffineria vi è dunque una forte sequenzialità: la produzione è di tipo continuo, cioè i vari processi di lavorazione si svolgono in maniera ininterrotta e costante. Gli elevati costi di produzione e le grandi dimensioni degli impianti fanno sì che si renda necessario perseguire l’obbiettivo di economie nei costi, ossia determinare il flusso produttivo che consenta minori costi unitari.

Se da un lato l’attività produttiva all’interno delle raffinerie è molta rigida e non è possibile variare la produzione nel breve periodo, dall’altro c’è grande flessibilità per le imprese petrolifere nel decidere quando immettere il prodotto nel mercato, in quanto è possibile stoccare il prodotto in attesa di venderlo alle migliori condizioni economiche. Per le compagnie petrolifere i depositi sono strumento per raggiungere l’efficienza nella produzione e mezzo per perseguire finalità competitive. Nel mercato dei carburanti è importante distinguere, nello specifico, i depositi fiscali da quelli liberi. Mentre i primi stoccano i prodotti che devono ancora assolvere agli oneri fiscali, i depositi liberi accolgono il prodotto pronto per essere commercializzato. I punti vendita sono l’anello finale della classica filiera petrolifera che permettono la messa a disposizione al pubblico del prodotto finale.

Fra tutte le fasi la più importante sotto un profilo economico risulta quella a monte. Bridge e Wood (2010) sottolineano che in questa le imprese traggono la maggior parte dei profitti. A titolo di esempio riportano che nel 2008 la Exxon in questo segmento ha generato circa l’80%

dei guadagni, mentre la Shell il 76%.

Dicken (2011) individua che per il successo dell’attività produttiva risultano essenziali due variabili: tecnologia e logistica. L’estrattivo, riguardando la gestione di una risorsa scarsa, si serve delle tecnologie per individuare con precisione la localizzazione e qualità delle risorse da estrarre. Per questo la conoscenza è elemento strategico per Bridge e Wood (2005) nel procedere con innovazioni utili a migliorare la produttività dei processi nell’upstream.

Altro elemento chiave è la logistica. A causa delle rigidità spaziali nella asimmetria fra luogo dell’estrazione e quello della domanda c’è la necessità di sincronizzare i passaggi di filiera. In primo luogo si tratta di portare il prodotto dal luogo dell’estrazione a quello della lavorazione ed in seguito al mercato finale. In secondo luogo, aumentare i volumi di prodotti per raggiungere ad esempio economie di scala nella lavorazione, implica avere la capacità di trasportare o stoccare i quantitativi. Risulta strategico per la compagnia petrolifera possedere o attivare accordi con altri soggetti per poter disporre di infrastrutture logistiche, siano esse di trasporto

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che di stoccaggio, per poter coprire il gap spaziale e temporale che separa le varie fasi di lavorazione e commercializzazione dei prodotti.