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Le soluzioni adottate all’interno dell’Unione Europea

Capitolo III – Strumenti giuridici e prospettive future per la tutela dei migranti climatic

2. Le soluzioni adottate all’interno dell’Unione Europea

Nel presente lavoro è già stato preso in considerazione il regime giuridico introdotto con la Convenzione di Ginevra riguardo alla tutela dei rifugiati232, riconosciuta solo a richiedenti asilo che soddisfino specifici presupposti, ed è già stata presa in analisi la difficoltà di applicazione in merito alla tutela dei migranti climatici. La disciplina contenuta nella Convenzione ha trovato poi specifica applicazione all’interno del diritto dell’Unione Europea grazie all’emanazione della direttiva 2004/83233

, definita

232 Sul punto si fa rimando al presente lavoro, Cap. I § 5.

233 Direttiva n. 2004/83 del Consiglio, datata 29/4/2004, che stabilisce norme sull’attribuzione, a

cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, e sul contenuto della protezione riconosciuta.

“qualifiche”, poi sostituita dalla più recente direttiva 2011/95234

. L’UE, oltre all’ipotesi riguardante lo status di rifugiato, prevede poi altri due strumenti di accoglienza e protezione dei migranti forzati: si tratta dell’istituto della protezione sussidiaria, contenuta nell’attuale direttiva 2011/95, e dell’istituto della protezione temporanea, disciplinato invece dalla direttiva 2001/55235.

Partendo dall’analisi della direttiva qualifiche, il suo obiettivo è stato principalmente quello di armonizzare il contenuto relativo all’applicazione del diritto di asilo, evitando quindi che si venissero a creare delle non uniformità nella gestione di questi istituti a seconda della nazione in cui fossero stati recepiti, e soprattutto per evitare che venisse applicata la protezione sussidiaria al posto di un riconoscimento dello status di rifugiato, sicuramente più impegnativo dal punto di vista delle tutele garantite, almeno prima dell’emanazione di questa nuova direttiva. Come descrive F. Perrini236

, l’innovazione dovuta alla direttiva qualifiche consiste sicuramente nell’aver allineato gli standard di protezione che spettano sia a coloro che possiedono i requisiti per poter essere tutelati direttamente dalla Convenzione di Ginevra, sia ai soggetti che invece non rispettano suddetti presupposti, ma rientrano invece nell’area di protezione

sussidiaria. Bisogna infatti ricordare quali siano i criteri per l’applicazione di questo

specifico standard di protezione, previsto proprio per quanti non abbiano i presupposti per poter essere riconosciuti rifugiati. La persona avente titolo a beneficiare della

protezione sussidiaria è quel «cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i

234 Direttiva n. 2011/95 del Parlamento Europeo e del Consiglio, datata 13/12/2011, riguardo

all’attribuzione di beneficiario di protezione internazionale, protezione sussidiaria e status di rifugiato.

235 Direttiva n. 2001/55 del Consiglio, datata 27/07/2001, riguardante le norme per la concessione

della protezione temporanea e per la gestione in caso di afflusso massiccio di sfollati all’interno di un determinato Stato.

236 PERRINI F., Cambiamenti climatici e migrazioni forzate – Verso una tutela internazionale dei

migranti ambientali, Ordine Internazionale e Diritti Umani, Collana Monografie, Vol.4, Editoriale

requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe

un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 15, e al quale

non si applica l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese»237. Il presupposto fondamentale consiste quindi nel rischio di subire un danno grave, per il quale si intende: a) condanna o esecuzione della pena di morte; b) tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; c) minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale238.

Il problema relativo ai nuovi contenuti della direttiva qualifiche consiste infatti proprio nel non aver citato, tra quelli che sono stati definiti come danni gravi, le catastrofi naturali. La mancanza di tale elemento si nota soprattutto visto l’interesse verso la tematica climatica che era stato evidenziato nello Studio “Climate refugees”. Legal

and policy responses to environmentally induced migration239 del 2011 del ICMPD. In

tale studio infatti era stata evidenziata proprio la possibilità di inserire gli

“environmental disasters” come eventi che potessero giustificare il riconoscimento di

237 Direttiva n. 2011/95/UE, Art. 2 lettera f). Enfasi aggiunta. 238 Direttiva n. 2011/95/UE Art. 15.

239 EU Parliament study - International Centre for migration policy, “Climate refugees”. Legal and

policy responses to environmentally induced migrationi, 2011.

Nel presente lavoro, si può leggere che «As long as environmentally displaced individuals do not qualify under the refugee category, unless they are considered to be persecuted for one of the five recognized grounds in the Convention relating to the Status of Refugees (Geneva, 1951), an analysis is required on whether this category may qualify under the subsidiary protection according to Article 2(e) Directive 2004/83/EC» e ancora «An obvious option would be to extend the concept of

subsidiary protection and include environmental disasters as one of the protected grounds, notably

by amending paragraph (c) to include, besides the armed conflict also the environmental disasters. The status awarded may initially be more temporary and made dependent on the further evolution of the situation in the country of origin». Enfasi aggiunta.

protezione sussidiaria, vista la possibilità di equiparare gli effetti da questi prodotti ad altre ipotesi di danni gravi così come fino ad ora erano state intesi nell’ordinamento comunitario. Il suggerimento in questione è stato però del tutto disatteso nella seguente “direttiva qualifiche” emanata a dicembre 2011240

,e la categoria a cui si sta facendo riferimento non viene per nulla presa in considerazione da parte dell’UE, che non sfrutta quindi la possibilità di utilizzare uno strumento che si sarebbe rivelato ottimale in un’ottica di ampliamento dell’istituto. In questo modo non solo l’UE avrebbe provveduto alla tutela di soggetti che si vedono privi di un regime giuridico di riferimento in tutto il sistema di diritto internazionale, ma allo stesso tempo avrebbe portato verso una più efficiente attuazione dei propositi previsti nell’art.191 TFUE e a un concreto passo in avanti nella realizzazione del principio di solidarietà241.

L’ultimo istituto che sicuramente merita una più approfondita analisi in tale ambito è sicuramente quello della protezione temporanea, che riguarda invece i casi di afflusso massiccio di sfollati. Con tale istituto si intende «una procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da paesi terzi che non possono rientrare nel loro paese d'origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora vi sia anche il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento, per gli interessi delle persone di cui

240 PERRINI F., op. cit. p. 104.

241 L’art. 191 TFUE (ex articolo 174 del TCE), a tal proposito, dispone che la politica dell’Unione

in materia ambientale debba contribuire a perseguire gli obiettivi di salvaguardia e tutela dell’ambiente nonché di protezione della salute umana. Proprio per la realizzazione di tale scopo vengono richiamati i principi di precauzione, di azione preventiva e il principio secondo il quale «chi inquina paga». L’articolo inoltre presuppone, per la realizzazione degli obiettivi in esso elencati, la solerte ed effettiva collaborazione tra gli Stati dell’Unione al fine del raggiungimento di uno sviluppo socioeconomico equilibrato nelle singole regioni.

Sul principio di solidarietà nell’Unione Europea previsto all’interno dell’art. 80 TFUE, si veda BIBIER R., MAIANI F., Sans solidarité point d’Union européenne - Regards croisés sur les crises

de l’Union économique et monétaire et du Système européen commun d’asile, in Revue trimestrielle de droit européen, 2012, cit. p. 326.

trattasi e degli altri richiedenti protezione»242. La definizione dei soggetti meritevoli di tutela è data sempre dalla direttiva 2001/55, la quale descrive gli sfollati come «i cittadini di paesi terzi o apolidi che hanno dovuto abbandonare il loro paese o regione d'origine o che sono stati evacuati, in particolare in risposta all'appello di organizzazioni internazionali, ed il cui rimpatrio in condizioni sicure e stabili risulta impossibile a causa della situazione nel paese stesso, anche rientranti nell'ambito d'applicazione dell'articolo 1A della convenzione di Ginevra o di altre normative nazionali o internazionali che conferiscono una protezione internazionale»243. Le ipotesi particolari esplicitamente descritte che, tra le altre, giustificano tale tutela, riguardano le persone fuggite da zone di conflitto armato o di violenza endemica e le persone che siano soggette a rischio grave di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani o siano state vittime di siffatte violazioni.

Come indicato da M. Di Filippo nella sua analisi degli strumenti di tutela previsti dall’UE, proprio la protezione temporanea rappresenterebbe lo strumento di extrema

ratio in caso di situazioni eccezionali che spingono le persone a fuggire al fine di

tutelare la propria incolumità: l’autore, tra questi casi, prevede chiaramente l’ipotesi di catastrofi naturali244. Tuttavia, in contrasto con quanto suggerito da questa posizione

dottrinale apparirebbero invece le precise scelte legislative effettuate da parte dell’Unione Europea. Infatti, come viene descritto da altra parte della dottrina245, al

242 Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione

della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi. Art. 2 lettera a).

243 Direttiva 2001/55/CE, art. 2 lettera c).

244 DI FILIPPO M., La circolazione dello straniero nel diritto dell’Unione Europea: una geometria

variabile dei diritti e delle garanzie, in Immigrazione, Diritto e Diritti: profili internazionalistici ed europei, CALAMIA A.M., DI FILIPPO M., GESTRI M., Cedam, 2012, cit. p. 265.

245 ZANIBONI E., Ancora in tema di protezione per le persone sfollate a seguito di disastro, in Il

blog della Società Italiana di Diritto Internazionale e Diritto dell’Unione Europea, vol.2, 2015, cit.p. 340.

momento dell’elaborazione dell’atto, il Comitato economico e sociale, ai sensi dell’attuale art. 304 del TFUE, aveva esplicitamente ritenuto congruo inserire i soggetti costretti a migrare a causa di disastri naturali tra le categorie che avrebbero dovuto avvalersi dell’applicazione della protezione temporanea246

. La Commissione tuttavia non ha ritenuto che fosse necessario seguire tale indicazione nella stesura definitiva della direttiva 2001/55. Per questo si ritiene che un così chiaro rifiuto da parte dell’UE rappresenti esattamente la mancata volontà di ricomprendere i migranti climatici tra le categorie meritevoli di tutela. E’ però necessario notare allo stesso tempo che la stessa applicazione dell’istituto negli ordinamenti interni dei singoli Stati dell’UE ha portato, addirittura, ad un ampliamento rispetto alle ipotesi previste dalla direttiva del 2001. A tal proposito, è possibile prendere in considerazione proprio l’ordinamento italiano: all’interno dell’art. 20 del D. lgs. n.286 del 1998, definito “Testo Unico sull’immigrazione”, «sono stabilite, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di cui all'articolo 45, le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni del presente testo unico, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare

gravità in Paesi non appartenenti all'Unione Europea»247.

Infine, è necessario fare riferimento all’ulteriore strumento della protezione

umanitaria, del tutto scissa dai casi già citati di protezione internazionale, e introdotta

in Italia con la legge n.40/98 (cd. Turco-Napolitano), trasfusa poi sempre nel d.lgs.

246 Parere n. 2001/C 155/06, in G.U.C.E. C 155/21 del 29 maggio 2001, par. 2.3: «Although the

Committee notes and understands that the proposal only applies to people fleeing from political situations, it thinks there might also be a case for a directive providing temporary reception and protection mechanisms for persons displaced by natural disasters». Enfasi aggiunta.

247Art. 20 - Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali, D. Lgs 25 luglio 1998, n. 286,

Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell' immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

286/98248. L’articolo di riferimento era il 5 comma 6249, e il diritto di soggiorno del soggetto beneficiario nasceva nel caso dell’accertamento di uno dei tre distinti presupposti individuati nel comma: si trattava infatti di ipotesi di seri motivi

umanitari250 derivanti da obblighi costituzionali o obblighi internazionali. Il permesso,

in questo caso, doveva essere rilasciato dal Questore previa richiesta dello straniero interessato ad ottenerlo, oppure nei casi in cui fosse già stata respinta la richiesta di protezione internazionale – che si trattasse di riconoscimento di status di rifugiato o di protezione sussidiaria – a causa della mancanza dei presupposti per la sua applicazione. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari poteva essere rilasciato anche in caso di revoca o cessazione di uno status di protezione internazionale, in caso di impossibilità di espulsione del soggetto in virtù del divieto previsto dall’Art. 19 del TU251, o

248 Riassumendo schematicamente gli istituti presi in considerazione nel presente lavoro e presenti

all’interno dell’ordinamento italiano, abbiamo: 1) Protezione internazionale (Direttiva 2004/83/CE). Composta dall’ipotesi del riconoscimento di status di rifugiato (art. 2, comma 1, lett. e) d.lgs 251/2007), o dall’ipotesi residuale di riconoscimento di protezione sussidiaria (art. 2, comma 1, lett. g) d.lgs 251/2007). 2) Protezione temporanea (Direttiva 2001/55/CE). La direttiva è stata recepita con D.Lgs 85/2003, in particolare art.3. L’istituto è presente all’art. 20 del D.Lgs 286/1998. 3) Protezione umanitaria, (Art. 5 c.6 D.Lgs 286/1998 e Art.32 c.3 D. Lgs 25/2008, rispettivamente per seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano, o per ipotesi di rifiuto di protezione internazionale laddove sussistano tuttavia gravi motivi di carattere umanitario). Disciplina modificata, come descritto nel testo, dall’entrata in vigore del D.L 113/2018. Per altri riferimenti agli istituti in questione di volta in volta analizzati sulla base della struttura del presente lavoro, vedi supra, Cap. I § 5. N.d.r.

249 Art. 5 c. 6 del D. Lgs 286/1998- Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere

altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è rilasciato dal questore secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione.

250 Art 32 c. 3 del D. Lgs 25/2008, il quale dispone che nei casi in cui non venga accolta la domanda

di protezione internazionale, ma laddove si ritiene che sussistano gravi motivi umanitari, la Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per l'eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5, comma 6 del d. lgs 25 286/1998.

251 Art. 19 del D. Lgs 286/1998, sui divieti di espulsione e respingimento. Questi infatti non possono

essere disposti nei casi in cui il respingimento avvenga verso una Stato nel quale “..lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”. L’articolo inoltre, al secondo comma, prevede ulteriori specificazioni dell’impossibilità di espulsione, in particolare per categorie di soggetti particolarmente vulnerabili (minori di anni 18, se non a seguito di genitori o affidatari, donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio).

nell’ipotesi in cui il soggetto presentasse istanza per via di documentate situazioni personali che non consentivano l’allontanamento dal territorio nazionale252. La Commissione nazionale che si era espressa sui requisiti di applicazione aveva inoltre inserito, tra i casi elencati che possono rappresentare ipotesi di seri motivi umanitari, anche l’ipotesi in cui si fossero verificate “gravi calamità naturali o altri gravi fattori locali ostativi ad un rimpatrio in dignità e sicurezza”.

La norma in questione aveva natura derogatoria, proprio perché poteva essere applicata in deroga ai presupposti di base per l’applicazione della più generica protezione sussidiaria, in virtù dell’impossibilità di ignorare i gravi motivi umanitari che, appunto, ne rappresentavano il presupposto. Si tratta di una norma dalla natura radicalmente diversa rispetto a quelle che, invece, fanno riferimento a ipotesi di protezione

temporanea253, come l’Art. 20 dello stesso TU. In quei casi, infatti, si ha a che fare con

l’eccezionalità della situazione che è necessario fronteggiare, che determina l’applicazione dello specifico istituto in via, appunto, temporanea254.

La protezione umanitaria è stata recentemente modificata dal decreto-legge n.113, entrato in vigore il 4 ottobre 2018. Il decreto, convertito nella Legge n. 132 del 1 dicembre 2018, ha abrogato l’istituto generico della protezione umanitaria così come analizzato fino a questo momento, introducendo al suo posto delle specifiche fattispecie di permesso di soggiorno che il Questore potrà rilasciare o autonomamente o dietro richiesta della Commissione territoriale asilo: questi casi si vanno ad aggiungere alle

252 PERRINI F., op. cit. p. 169. Posizioni espresse nella Circolare 00003716 del 30 Luglio 2015,

“Ottimizzazione delle procedure relative all’esame delle domande di protezione internazionale. Ipotesi in cui ricorrono i requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari”, Ministero dell’Interno – Commissione Nazionale per il diritto di asilo.

253Vedi supra, Cap I § 5, Cap. III § 2.

254 Su ulteriori specificazioni sulla distinzione tra i due istituti e per approfondimenti

sull’applicazione della protezione umanitaria in Italia, si legga ZORZELLA N., La protezione

umanitaria nel sistema giuridico italiano, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 1, 2028, cit. p.

ipotesi specifiche già presenti nel TU del 1998255. Tra le nuove ipotesi si colloca ora il nuovo art. 20 bis del Testo Unico sull’Immigrazione, definito permesso per calamità, che può essere concesso per una durata massima di sei mesi, e può essere rinnovato solo una volta per un ulteriore periodo massimo di sei mesi. Il presupposto di applicazione consiste nell’ipotesi in cui «il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza». Se, da un lato, questa nuova ipotesi prevede esplicitamente una tutela per casi legati al verificarsi di disastri, bisogna ricordare che l’istituto ha allo stesso tempo una portata fortemente ridimensionata rispetto a quella, meno specifica ma sicuramente più incisiva, che poteva essere riconosciuta in base al vecchio assetto256. Viste le notevoli modifiche

apportate alla disciplina della protezione umanitaria rispetto a quella in vigore fino al 2018, sarà poi necessario attendere per verificare quale sarà la portata interpretativa che verrà data al concetto di “calamità”, soprattutto a confronto con le ipotesi interpretative che caratterizzavano la disciplina della protezione umanitaria precedentemente analizzata e rimasta in vigore fino alle ultime modifiche legislative.

Anche in riferimento al vecchio assetto, tuttavia, rimane comunque evidente il limite principale dell’istituto della protezione umanitaria ex art.5 c. 6, ovvero quello della sua applicazione, durante il tempo in cui è stato in vigore, a soli eventi catastrofici a rapida insorgenza: questo portava a lasciare privi della copertura di questo importante

255 Per un approfondimento sulle modifiche subite dell’istituto della protezione umanitaria dopo il

dl 113/2018, consultare l’articolo PADULA C., Quale sorte per il permesso di soggiorno umanitario

dopo il dl 113/2018?, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, 2018. Consultabile

anche nella Rubrica online “Diritti senza confini”, collaborazione tra riviste Questione Giustizia e

Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, Novembre 2018.

256 Il permesso per calamità infatti consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere

strumento giuridico gli altri eventuali casi relativi a slow-onset hazard (eventi climatici a lungo decorso). Si tratta di ipotesi particolarmente rischiose e complesse sulle quali il presente lavoro sta concentrando la sua principale attenzione257, trattandosi di casi in cui spesso gli eventi climatici risultano essere causa di ingenti danni apportati al sistema di produzione alimentare (settore agricolo, settore ittico, pastorizia e disponibilità di risorse d’acqua potabile e sicura258

), a sua volta strettamente connesso alla tutela dei diritti umani fondamentali e alle prospettive di sviluppo sostenibile.