3.3 Lo sviluppo lessicale espressivo
3.3.1 Lessico e ritardo linguistico
L’ampiezza del vocabolario espressivo, e dunque la valutazione del quantita- tivo di parole prodotte progressivamente in aumento dei bambini con ritardo linguistico `e l’indice predittivo di maggiore evidenza. Per molti bambini, infatti, la fase dell’esplosione del vocabolario, che avviene tipicamente al
raggiungimento delle 50 parole, richiede tempi pi`u lunghi poich´e sono poche le parole acquisite ogni mese: evidenza che si traduce in uno spostamen- to temporale della fase d’incremento tra i 24 ed i 30 mesi. Nel dettaglio, Fasolo and D’Odorico (2002), verificando che il primo incremento avviene al raggiungimento delle 20 parole, evidenziano uno scarto temporale di 4 mesi tra soggetti LT e soggetti a sviluppo tipico: se i soggetti con sviluppo tipico iniziano ad ampliare velocemente il vocabolario a 22 mesi, i soggetti LT sembrano pronti ad intraprendere lo stesso percorso a 26 mesi.
Gi`a nello studio di Rescorla (1989) si evidenziava come il ritardo lin- guistico fosse facilmente identificabile grazie a numerosi strumenti tra cui il Language Development Survey da lei stessa proposto gi`a a 24 mesi in soggetti con una produzione lessicale minore di 50 parole e caratterizzata dall’assenza di produzioni combinatorie di 2 o 3 parole. Nel successivo la- voro di Rescorla et al. (2000a), viene esemplificato il criterio secondo cui un valore di incremento inferiore alle 35/40 parole mensili rappresenta un indice di crescita lenta. Tali risultati erano stati gi`a evidenziati in un precedente lavoro di Goldfield and Reznick (1990), in cui i soggetti LT presentavano un livello medio di espansione pari a 40 parole nuove a bimestre. Nel dettaglio, gli autori hanno analizzato longitudinalmente 28 soggetti LT partendo dai 24 fino ai 36 mesi. Sulla base del raggiungimento delle prime 100 parole entro i 30 mesi, il campione totale `e stato suddiviso in 2 sottogruppi: uno composto da soggetti con un incremento maggiore di 40 parole mensili e l’altro con un incremento inferiore a tale media. Dalla valutazione effettuata a 28 mesi, il primo gruppo produceva una media di 310 parole, con un incremento di 70/83 parole a bimestre, mentre il secondo gruppo presentava la medesima ampiezza del vocabolario tra 32/33 mesi con una media di incremento pari a 58 parole a bimestre. I risultati finali, ovvero a 36 mesi, evidenziavano in primo luogo un discostamento di circa 6 mesi del primo gruppo rispetto ai dati normativi di controllo ed un discostamento di circa 12 mesi nel secondo gruppo con una correlazione significativa tra la dimensione del vocabolario e l’et`a specifica. In altre parole, l’ampiezza del vocabolario a 24 mesi risultava predittiva della produzione espressiva a 30, cos`ı come quella a 26 prediceva la performance a 32 e l’ampiezza a 28 quella tra i 34 ed i 36 mesi, con uno scarto comune di 4 mesi.
Anche i dati di D’Odorico et al. (2001), tratti da un campione di soggetti LT di et`a minore, evidenziavano la stessa differenziazione nella crescita del vocabolario espressivo gi`a a 18 mesi, con una media di incremento pari a 11/12 parole mensili. Ci`o nonostante, l’ampiezza del vocabolario non do- vrebbe essere l’unico indice predittivo. Il successivo studio di D’Odorico and Zampini (2007) individua, infatti, una relazione interessante tra le abilit`a di categorizzazione a 18 mesi e lo sviluppo espressivo a 24 di soggetti LT: sog- getti che a 18 mesi presentavano capacit`a di categorizzazione spontanea ed esaustiva, a 24 mesi esibivano un vocabolario espressivo pi`u ampio relativa- mente alla classe nominale, rispetto ai soggetti che non avevano dimostrato
tale abilit`a.
A tal proposito `e interessante aprire una breve parentesi sulle capacit`a di categorizzazione semantica dei soggetti con ritardo linguistico. Nel recente studio di Nematzadeh et al. (2012) sull’interazione tra vocabolario espres- sivo e formazione della categorizzazione semantica, `e stato mostrato che i soggetti LT presenterebbero un’organizzazione semantica diversa rispetto ai soggetti con sviluppo tipico. Dall’utilizzo di un modello computazionale10 di acquisizione lessicale che include meccanismi di attenzione e abilit`a di ca- tegorizzazione, `e emerso che il vocabolario dei soggetti LT presenta carenze sia appropriata in termini di generalizzazione sia in termini di connettivit`a semantica, tanto che i cluster formati dai soggetti LT mancano sia di consi- stenza che di coerenza rispetto a quelli dei soggetti con sviluppo tipico del linguaggio. Inoltre, partendo dal presupposto che i cluster semantici una volta acquisiti contribuiscono nei soggetti con sviluppo tipico all’acquisizio- ne successiva di parole, il ritardo mostrato dal gruppo LT si tradurrebbe in una difficolt`a nell’apprendimento di parole nuove, data la mancata abi- lit`a nel creare questi stessi cluster semantici. Nello studio di Nematzadeh et al. (2012) non `e stata effettuata una specifica distinzione del gruppo LT con compromissione dell’eventuale controparte recettiva che, a mio avviso, potrebbe spiegare l’effettivo divario nella creazione ed astrazione di cluster semantici alla base del progressivo ampliamento del vocabolario espressi- vo; inoltre, il modello computazionale presentato separa l’acquisizione delle categorie semantiche dall’acquisizione delle parole ponendole come indipen- denti anche se interagenti. Un modello unitario delle due variabili prese in considerazione potrebbe fornire, come sottolineano gli stessi autori, infor- mazioni pi`u dettagliate sulle specifiche correlazioni tra propriet`a semantiche e categorie astratte (quali forma e consistenza dell’oggetto) come emergono da un input e come queste caratteristiche influenzano insieme la successiva acquisizione e produzione di parole.
Come per la valutazione dell’incremento del vocabolario in soggetti con sviluppo tipico, anche per i soggetti LT `e stata fornita una dettagliata analisi sulla composizione del vocabolario espressivo, sebbene in misura decisamen- te pi`u scarsa, al fine di capire la dimensione del ritardo in relazione alle varie classi lessicali. Il lavoro di Bonifacio and Stefani (2010), riferendosi ai dati di Caselli et al. (2007), evidenzia che il vocabolario espressivo compreso tra le 51 e le 100 parole `e composto dalla classe nominale per una media del 44%, dalla classe verbale per il 14%, dai funtori per il 5% e dalle parole sociali per
10Tale modello fa riferimento ad un apprendimento cross-situazionale che forma progres-
sivamente associazioni probabilistiche tra le parole e le loro propriet`a semantiche (Fazly et al., 2010). In questo caso specifico, l’input dato al bambino `e stato simulato da una se- quenza di enunciati (un set di parole), ognuna appaiata con una rappresentazione scenica (un set di caratteristiche semantiche rappresentanti ci`o che che viene percepito all’ascolto): ad esempio, Utterance: [she, drinks, milk]; Scene: [ANIMATE, PERSONE, FEMALE, CONSUME, DRINK, SUBSTANCE, FOOD, DAIRY-PRODUCT].
il 37%. Nel periodo successivo di maggiore ampliamento del vocabolario, e quindi tra le 401 e le 500 parole, le percentuali restano abbastanza stabili per le prime tre categorie e si evidenzia un uso ridotto delle parole sociali, pari infatti a circa il 12%.
Le valutazioni dei soggetti LT relativamente alle classi di composizione del vocabolario si riferiscono tanto all’et`a quanto all’ampiezza del vocabola- rio. In altre parole, per quanto riguarda la composizione del vocabolario in relazione all’et`a nell’analisi longitudinale condotte da Weismer et al. (1994), lo sviluppo cognitivo e linguistico di 4 soggetti successivamente identificati come LT espressivi (13 mesi) `e stato comparato a quello di 19 soggetti con sviluppo tipico (25 mesi) dal periodo pre-linguistico a quello polirematico, con cadenza trimestrale e per un periodo di 21 mesi. I risultati evidenziano una bassa percentuale di parole appartenenti alla classe nominale nei sogget- ti LT rispetto al controllo gi`a a partire dai 22 mesi. In relazione all’ampiezza del vocabolario, lo studio di Bonifacio e Zacconi (2002), presente nel testo Bonifacio and Stefani (2010), realizzato con un campione di bambini italiani dall’et`a media di 30 mesi, emerge una scarsa produttivit`a tanto nella classe nominale che in quella verbale con valori comparabili con quelli di un gruppo di controllo di 13 mesi di et`a. Tale corrispondenza non si riscontra per le parole sociali e la classe avverbiale, che risultano infatti pi`u produttivi .
Tale sviluppo linguistico atipico pi`u che ritardato, in quanto, come di- mostrato dallo studio sui soggetti LT persistenti e futuri DSL di Chilosi et al. (1998), la presenza di parole funzione e predicati sarebbero in misura maggiore rispetto alla classe nominale. Gli stessi risultati sono stati ottenuti ed ampliati dalla concomitante ricerca di Visini et al. (1998), in cui tra le 21 e le 50 parole prodotte, la classe verbale e quella dei funtori presentavano valori pi`u alti. E’ necessario per`o evidenziare un aspetto cruciale per spie- gare tale discrepanza: la notevole differenza di et`a tra soggetti di controllo, con un’et`a media di 17 mesi, e il gruppo di soggetti LT, con et`a media di 32 mesi, potrebbe infatti influire in maniera particolarmente decisiva sulla composizione del vocabolario, in quanto i soggetti LT presentano una mag- giore esposizione al linguaggio e abilit`a pragmatiche, cognitive pi`u mature o migliori abilit`a di categorizzazione derivanti dall’esperienza.
I risultati evidenziati potrebbero sembrare in disaccordo con la ricerca presentata precedentemente (Nematzadeh et al., 2012) e relativa alla proba- bile mancata categorizzazione in soggetti LT. I due macrorisultati riportano una disparit`a di base relativa all’et`a di valutazione, che non viene specificata nel lavoro di Nematzadeh et al. (2012), e alla eventuale compromissione della controparte recettiva, che spiegherebbe molto pi`u concretamente il divario. Inoltre, altro punto di disaccordo `e rappresentato dalla somministrazione dei test, un modello computazionale di apprendimento nel primo caso e una valutazione a posteriori dell’ampiezza del vocabolario negli studi di Chilosi et al. (1998) e Visini et al. (1998).
l’aspetto di maggiore rilievo relativamente al divario nella composizione del vocabolario espressivo non pu`o prescindere da una dettagliata separazione tra soggetti con compromissione recettiva e dall’et`a di valutazione e, quindi, dalla tipologia di esposizione. Resterei dunque ancorata ad uno sviluppo temporalmente ritardato dei soggetti LT pi`u che atipico. Questa posizione `e avallata dalla relazione intrinseca tra l’ampiezza del vocabolario ed il sistema fonologico.
La relazione tra sistema fonologico e lessicale appare evidente dal mo- mento in cui i soggetti, tanto a sviluppo tipico quanto a sviluppo ritarda- to del linguaggio, iniziano a produrre parole nuove che vanno ovviamente calibrate sul quantitativo di inventario fonetico a loro disposizione (Locke (1979), Bortolini (1993)). A rigore, i bambini iniziano a produrre parole caratterizzate da foni e strutture sillabiche che sono in grado di produrre accuratamente, e tralasciano parole che, sebbene proposte con una certa frequenza, risultano di difficile realizzazione. Con il raggiungimento di un vocabolario espressivo pari alle 100 parole, l’influenza esercitata dai pat- tern di selezione lessicale diminuisce e le produzioni presentano una pi`u ampia gamma di fonemi target e di strutture sillabiche che evidenziano una relazione diversa tra sistema fonologico e sistema lessicale.
All’et`a di 24 mesi, secondo Stoel-Gammon (1991), ci sarebbe una forte correlazione tra la dimensione del vocabolario espressivo e la dimensione del- l’inventario consonantico in posizione iniziale e finale di parola. Inoltre, dal confronto tra il sistema fonologico di bambini con sviluppo tipico precoce a 18 mesi (vocabolario di 400-600 parole) con soggetti LT di pari et`a cronolo- gica (vocabolario di 40-50 parole) emerge un divario consistente a 20 mesi e caratterizzato dall’utilizzo stabile di occlusive, nasale e glide contestual- mente ad affricate, fricative e liquide nel gruppo di controllo praticamente assenti nel gruppo con ritardo. Lo stesso riscontro `e stato evidenziato da successivi studi di Thal et al. (1995) sul numero di consonanti in posizione finale di parole e di Carson et al. (2003) su tutte le misure fonetiche. Nel det- taglio dallo studio di Carson et al. (2003), relativo al linguaggio spontaneo di 28 soggetti di 24 mesi raccolto durante una sessione di gioco con la figura genitoriale, emergono profili fonetici diversi tra soggetti di sviluppo tipico e soggetti con ritardo linguistico. Dal confronto tra i punteggi al test LDS e le misure di sviluppo fonetico `e evidente che tanto i soggetti con punteggi al limite dei dati normativi quanto i soggetti LT presentano uno sviluppo fonologico deviante dalla norma e pertanto una produzione per lo pi`u non intelligibile, in quanto fonologicamente meno avanzata.
Da quanto emerge dagli studi presentati fino ad ora emerge una chia- ra relazione tra lo sviluppo lessicale e lo sviluppo fonologico: pertanto, una valutazione completa dell’identificazione del ritardo non pu`o prescin- dere dal livello sia qualitativo che quantitativo dell’inventario consonantico. Tutto questo rimanda alle capacit`a fonologiche gi`a consistenti nel babbling canonico.