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LETTERA Vili

Nel documento LETTERE ROMA E NAPOLI. Db I.VOM (pagine 51-86)

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adaccrescere Jemie pene, e a ritoccare lesegrete piaghedelcuore.

LETTERA

Vili.

San-Pietro.

La

sera delVenerdì Santo io accorsi collafolla de’ curiosi aSan-Pietro.

L’am-plissima piazza circolare, adorna d1

un

portico sostenuto da quattrocento colonne, edecoralo da dugento statue

, nel cui

mezzo sorgeilfamoso Obelisco Vaticano , eraingombra d1una moltitudine innume-revole. Entrai a stento nellaBasilica

, e

misi offrìallosguardo, dal limitare della porta, l’uno de’ piùsingolari spettacoli che1’arte abbiasaputo offrire all’

ammL

razione degliuomini. Presso1’aitar mag*

giore

, cioè quasi nel centrodellacroce latiua di cuiSan-Pietro componsi, una croce gigantesca, che pareadifuoco,tanti erano ilumi che la coprivano, spandeva intorno unabbagliantissimo chiarore,che

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p—

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<7 penetrandonelle arcate enellevolte delle numerosecappelle, produeeva un effetto

Sommamente

pittorico, pel contrasto di quell"unicaluce

, e delletenebre che re-gnavano doveellanon poteva aggiu-gnere. Icolossideidodici Apostoli appog-giati ai treimmensi pilastrichesostengort la volta

, protendevano un’ombra stermi-natasulmarmoreopavimento;e losguardo si perdevanel vuoto dellacupola, che1 Uguale al Panteon in ampiezza, apriva lassù un’immensa e neracavità* I viva-cissimicolori dei grandi mosaici, i quali tengono luogodi quadrisuglialtari, sem-bravano smortiperladistanza;elestatue de1pontefici, diche s*adornano i loro mausolei nellelaterali navate distribuiti

,

biancheggiavano appena, erompevansole letenebre doveilchiarore della croce infuocatanon penetrava. Infiniti stranieri d’ognietà, d’ognisesso e d1ogni reli-gione s’affollavanonel tempio, dilettan-dosidiquel mirabile .spettacolo, c poco ponendo nientealla riverenzadoyuta alla

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rasa dell1Eterno.

Róma

fu rinomata mai sempre per la

pompa

dellesue cerimonie;

ma

io osoasserire che in taluna d1esse siè sacrificatoallosfarzo esteriore ilreale decoroelavera dignità dellaliturgia.

Ma

senel Venerdì Santo, nel giorno consecratoappunto allamemoria dei pati-menti d’un Dio Redentore,laprima chiesa di

Roma

offrea1curiosi unospettacolodi dissipazione, regnaperò d1ordinario

nel-l

1augusta basilica un silenzio dignitoso.

Egli èallora che ai sentimenti di

ammi-razionesimescolano quelli che accompa-gnanounreligioso raccoglimento; ed è più energica ed umile la prece che tra lesplendide e tacite pareti diSan-Pietro s1erge all1Eterno.

I

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LETTERA

IX.

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Albaho.

II giocondo autunnomi chiamò fuordi

Roma

suicolliridenti di Mariuo: ospital-menteaccoltoin casa d’amici,que’ pae-settie que’ dintorni, di cui ipiù belli nlai noncreò la Natura, furono da

me

lietamente percorsie visitati» Giorni se-reni,checollasolaadolescenza sivivono

,

e sfuggono conleipersempre! Di voisi

componganole miepiùcarereminiscenze, di voichefostepuri egiocondicome una bellaauroradi primavera.

Pocolunge daMarino è il laghetto di Albano, circondato d’ alture verdeggianti e deliziose.Forsetisovverràd*aver Ietto nella Storia

Romana

che l

1acquediquesto laghettocrebbero a dismisura,e minaccia-rono d1innondarela valle: l

1armi della Repubblica cingeano allora da varii anni Veio d’assedio

;e l

1

oracolo diDelfoavea vaticinato,chelacittà sarebbe

iuespugua-Lctt.il.N. 5

5o

bile finchénon si fosse aperto ilvarco

all1acquegià già traboccanti. L’esercito romano a quell’annunzio depose l’armi invitte; ed impugnati gl’istromenti del la-voro, incominciòefinìquell’emissario che fora ilcolle, edè tuttodì

monumento

elo-quentedella costanzadiun popolo che, perdomare inemici,sapea vincerla Na-tura. L’ emissario d’Albano rovesciò le mura di Veio; la fede nell’oracolo rese invittigli assediatoli, spaventò gli asse-diati: ilvaticinio si compiè;e qual vati-ciniononsariasi compito conquell’anime intrepide e conque’ bracci valorosi?

La

superstizione,madrefeconda ditantiguai, fucausaprima dellagrandezzadi

Roma

i santificòla sua culla; consacrò il Codice di

Numa

; collavoce degli oracolicalmò le civili discordie; colle profeziesibilline incoraggi glieserciti,ed infondendoin essi quell’ eroico ardimento che è padredella vittoria, dischiuse lorolavia all’impero delmondo. Ancheoggi ella regna sul-1’universo;

ma

nonallasuperstizione, alla

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più nobilsorella, lavera Religione, ne dee lo scettropacificoed incontaminato:

allareligione,laquale, se non invita i guerrieri allabattaglia, invita gli uomini airamore; se non annunzia sanguinose conquiste,annunzia pace edeternafelicità.

Albano ècittà adornadi molteville: t

appenafuordelle suemuras’alzaun mo-numentorovinoso, la cui forma mal si

potrebbedescrivere. Sovra un basamento irregolare sorgono delle torricciuolemezzo cadute: è denominatoe credutoil sepol-cro degliOraziie deiCurinzii; aggiugne lapopolartradizione,chevenisse sepolta anchela spoglia di lei che dal fraterno fèrro trafitta

, pagò caro illamento con chedoleasi dellamorte dello sposo. Quel fatto memorabile oh come bene dipinge levirtùdi que’tempi!

Le

donnefurono semprepietose;è da barbaro ilvoler re-spingereilpianto nelle loropalpebre;

ma

Orazioera vincitore,era giubilanted1aver liberata dall’imminente pericololapatria, a luibenpiùcaradellavita e della

so-52

rella:quelle lagrimeparvergliinique, per-chè versatenel

momento

in cui

Roma

era salva; enel puntoincui ciecod’ ira brandiil ferrofatale dimenticò d’esser fratello, non si sentì che Romano.

Ma

gli pendea sulcapo coronato d’ allorola

, severagiustiziadelle patrie leggi. Il sal-vatordi

Roma

sarebbe ignominiosamente perito,seilvecchio e venerandosuopadre non avesse implorata, a conforto della sua canizie,lavita delfiglio,unico super-*

stitedi prolebella poc’anzienumerosa.

Così inque’tempi ilvalore

, lagiustizia ,

ilpatriolismo e la pietà si coltivavano:

tempi

men

de’ nostri inciviliti

,

ma

più

de’nostri dieroicie santiesemplifecondi.

LETTERA

X,

La

Cappelladi Nemi,

Procedendo nell’ameno passeggio, di che nell’ultima mia ti ragionava, giun-gevia Nemi,che dàil

nome

adun altro

li

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53 laghetto, ancor più pittoresco Hi quello di Albano. Foltissimi boschilo circondano; unacappella, in grande venerazione nel paese, gli sta sullerive, e ad essa per-viensi per ombroso e solitario sentiero.

Mentre io orando mi vi tratteneva, entrò frettolosaunagiovane contadina,laquale s

'

inginocchiò al mio fianco. Turbata e pallida inviso, bella come V Auroradi Guido,iola vidiun

momento

dopo pian-gere e pregare nel tempo stessos i suoi occhi nerissimi, dacuisgorgavanoin larga copia lelacrime, e le mani insieme con-giunte, ferventemente si alzavano verso T immaginedellaVergine

; altroellanon vedevain quel punto cheil sacro dipinto, a cuitutti isuoiafTettiintensamente erano rivolti. Ilmio Mentore ed io

, commossi a quellavista,ci ritirammo dolcementein dispartepernon turbare la fervente ora-zione;la giovinetta,poiché l

1ebbe finita, surse,asciugandosigliocchi:edaccortasi in quel momentodi noi,conobbe eh’ella ci avea sorpresiedinteneriti; nell

1

atto in 5 *

54

cuici passò pressoper uscire dalla cap-: * pella, noila richiedemmo della cagione del suo pianto: « Signori, ella rispose con infantile semplicità, mio padre è gravemente infermo;io

men

fuggiidicasa per invocare dallaMadonna la sua guari-»

gione ». Spuntavaun sorriso sulsuo bel volto;pareva eh’ellagiàpresentisse esau-ditalacandidaprecej partì frettolosa. Al-cuni giornidopola rivedemmo alla cap-pella,dovelasperanza d’ incontrarla nuo-vamente ciavea condotti. Ella cisi fece incontro giubilante e festosa, sciamando:

uMio padreè fuori di pericolo; la sua convalescenza incominciò da quel giornoin cuipregailaMadonna:ella m’ha fattala grazia »; e in così diresi buttò in gi-nocchiodinanzilavenerata immagine, e

il pianto dellariconoscenzale bagnavaglj occhi.

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55

LETTERA

XI.

Orsino.

Il boscodella Riccia, che è lungeda Marino duemiglia,perlabellezza ed an-nosità dellesue piante è assai celebrato:

sicché i pittori di paesivcngonvi da

Roma

percopiare labellaNatura.Oltreilbosco trovasi Genzano, ovele forze spesenel passeggio sono ristorate da squisitissimo vino.Nel ritroccdcre.sipiglia altravia pas-sandoperGrottaferrata, abbazia che si presenta sotto aspettodi fortezza, e le cuitorri merlate servirono d’ asilo adun barone rinomato perla sua fierezza, di cuiqui mipiace dinarrarti il tragico e ineritalo fine.

Nepomoceno Orsino fu ne’ bassitempi pnatroce tiranno. S’invaghìd’Elisanobil fanciulla,fidanzata adungiovane valoroso flclla famigliade’Massimi: larapìd’ im-provviso, e trascinatala a forza nel suo pastello

, per piegarla a1 suoi voleri, la

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rinchiusein unacarcere spaventosa. Deli-beratodi venirnecon lei all’estreme vio-lenzeentrò un giorno nella prigione di lei

, e cavatoun pugnalele lasciòin ar-bitriodi cedere,o di morire.

Inorridiva Elisa; ebenchécompresa da involontarioribrezzoall’aspetto dellamorte vicina einevitabile

,nondubitòunistante dirispondere con paroled’ ira e d1 impre-cazione alsuo oppressore, clic ciecoper losdegnogiàponea

mano

al ferro, già verso leisi lanciava

, quando la sua fan-tasia agitatadalrimorso pinsegli nell’aer cieco una tremendavisione: gli si rizza-ronoi capeglisulcapo,etendendo

ambe

le bracciaverso1’aereo fantasma: « Pa-dre, sciamò, non cesseraitumai d1 in-seguirmi con quel tuovolto minaccioso e scarno{ Giàloconfessai piangendo a’piè deglialtarieh1io nelletenebrenotturneti tolsi, snaturato, quella vita che data m’avevi;

ma

tiplachinole funebri ceri-monie con che cerco d’espiare il delitto; ti plachino imiei terrori e ilmio

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57

«lì *

mento!» Cosìdelirava Ffèpomoceno: si ricovrò fuggendo nella cappella del ca-stello, e osava porgere preci d’ espia-zione all’Eterno; quando

Un

servo accorse, edannunziò che Massimi erastatopreso mentres’aggirava travestito inque’ con-torni.Gioì Orsino a quell’avviso; e al prigioniero,checarico di catene gli fu trattoinnanzi: «

Un

solmezzoio t’offro, disse,di salvamento. Vien meconel car-cerediElisa,fa eh’ellasipieghi a’ miei voleri,evivrete entrambi». Accetta Mas-simiI’offerta, e gli si aprono le ferree porte dellaprigione.

La

donzella al ve-derlosbigottì: u Elisa, disseilgiovine

,

ioti son nunzioditremendanovella. Or-sinoate mi conduce perch’io ticonsigli a cedere all’amor suo: lo lusingai

;ti

vedo,hovissutoabbastanza; e con questo nostro ultimo tenerissimo amplesso, giu-riamo dimorire àbborrendo l’iniquo no-stro tiranno ».Nepomoceno,fuordisèper lo stupore,giàimbrandivalostiloministro dellesue vendette;

ma

latranquilla e natia

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ferocia rientròtostonel suo animo: ripo-gelo dicendo: « Iosareitecobenclemente, o ribaldo,se t

1uccidessi.

Tu

vivrai lun-gamente,

ma

per invocare ad ogniistante lamorte ».

AH

1udirela cattura di Massimi, i pa-renti egii amici numerosidi luifremetter d’irae didolore; e deliberaronodi tru-cidareOrsino,e liberare cosìilprigioniero se ancor viveva,vendicarlos

1

era già pe-rito. Correa l

1

anniversario delgiorno in cuiera morto il padredi Nepomoceno, edeisolea assistere in quella occasione ad un solenneuffizio funebre nella Cap-pella diGrottaferrata posta fuor del ca-stello.Pensaronoi congiurati diassaltarlo sullimitare del tempio. Orsino, che nel proprio coraggio fidando era lungo dal sospettarl

1imboscata, e chelamenteave a turbata ancora dalrimorsodel parricidio, circondatoimprovvisamenteda’suoinemici

,

tradito da’ suoistessi satelliti,tentòun1 inu-filedifesa, cadde,e spirò,

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LETTERA

XII.

$9

Tivoli.

Tivoli s1alza in cima di una ridente collinatutta vestita d’olivi, bagnata dal Teverone, adorna di grandiose rovine:

T

artee la Natura concorreròad abbel-lirlo; ele grandi memorieeh’esso desta aggiungono all’incanto della sua posizione

un

incantoancor più possente. Orazio

,

tu che fosti1’amico della mia adolescen-za,ilcompagno de’mieisolitariipasseggi

,

10visitai latuavilla, midissetai allatua fonte di Blandusia, più candida e traspa-rente delvetro!

A

tela mia mentesi

ri-conduceva inque’ luoghi cantatidallatua Musa;eparevamivederti,mollemente sdraia-to inriva alruscellosusurrante, dove Talto pino eil bianco pioppo amanodi maritare leloro ombreospitali, richiedere 11 servo,che lerose e lamirra t’arrechi eil Falerno, con cuicantandoLalageche dolceparla e dolceride, dimenticare che

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presto o tardiescir deve dall1urna il vi-gliato cheti addurràsullabarcadell1 ine-sorato Caronte.

Properzio da queste colline inviava a

» Cinzia quella calda elegia incui la scon-giurava di venirlo a raggiugnere. «

Oh

come,scriveale, icampi eiboschiche

inicircondano già sirallegrano e ridono!

Incominciano gli amori delcielo e della teira: e pur Paquilone non ancora del tuttocessò di soffiare, e semichiuso il

gelsomino, caro a Flora, dubitase già spuntò primavera;

ma

vieni, o Cinzia,ei fiorirà.Forse traile lunge da Tivoli la vacillante salute? laricupererai tra le brac-ciadeltuo amante.

Ma,

orpossente illu-sione dell’amore! nulla

m

1è più presente diCinzia lontana: iolavedo,iolasento;

,quello èil suosorriso

, quella la sua voce: ohquanto èbella!Driade,lamiro scorrere questi boschi; Naiade, tuffarsi in questeacque; Ninfa epastorella, se-*

dersitraquesti armenti».

Egliè a Tivoli che Zeuobialaregina

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6t di Paimira, eLesbia 1’amica di Tibullo, si consolavano 1’una d’aver perduto lo scettro, l’altrad’averismarritoilsuo pas-sero amato; e i versideltenero poetache la confortavano ad asciugarele lacrime, suonaronoperlaprimavolta tra quest’aure ispiratrici. Ovidio cantavai suoi amori su questealture dilettose; Virgilio,deposta

1’umilzampogna, vi davafiato all’epica tromba; e Mecenate,raccogliendoli tutti intorno asè nella suavillasuperba,i cui grandiosi avanzi torreggiano ancora sulla cima del colle,vi godea dellapiù nobile soddisfazione dicui all’

uomo

opulento e potente sia largalafortuna:quella di pro-teggere de1vati illustri che in ricambio de’suoibenefìciilohanno reso immortale.

Oh

comedolceglidovea scendere alcuore quel canto di Fiacco incuidella propria felicità compiacendosi: «

A

luiladelibo

,

sciamava, chem’è quasi Dio; ese qual-che cosaio potessi desideraredi piu on-d’esser beato,a luimivolgerci, e la ri-chiesta sarebbeesaudita r>.

Leti.ff.N. 6

\

6*2

Ma

se a

* 1

térììpi d^Augusto, Tivolieraìa sededellaPoesia e il convegnode’begli Spiriti,pochi anniprima leamene solitu-dini de’suoi dintorni aveano ispirato a CiceronelesueTusculane.Pensosoegrave

eipasseggiava dettandole sottole quefcie annosissime dellasuavillas tentavaallora, richiamando alpensiero de’suoi concitta-dini lesevere dottrinedi Zenone,di rin-vigorireleloro mentigiàpronea servitù.

quegli accenti si perdettero dell’aure:

Bruto e Cassio gli.accolsero,eli serra-rono nelprofondodelcuore; e certamente leloro Case,daquella dell1illustreOratore non molto discoste, avranno suonato di parole presaghe a Cesaredimorte,a

Roma

di libertà.

\

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LETTERA

XIII.

L’ Ariosto.

Passare dainomi diVirgilio, di Orazio e diTibullo convienmi ora ad altro

nome non meno

grande, di cui Tivoli s’onora e Italia tutta vaaltera: al

nome

diLodo**

vico Ariosto, quegliintorno «allaculla di cui,scrive Delille, sovracarridi zaffiro e di smeraldotutti glispiriti leggieri,sud-»

ditibrillantidelleFate,aventi in

mano

per trofei penne, cerchi, anelli e magiche verghe, accorseroin folla, festeggiarono Ja suanascita,trastullarono la sua infan-ziaconracconti d’amori e di battaglie,e posergli in

mano

unprisma atraverso di cui sottomille colori e mille aspetti ci

contemplòFuni verso»,LodoviconellaVilla Estense componeva ilFurioso; ed erano forseicolli vicini,e lecascatedelfiume, e la prospettiva lontana di

Roma

, e il

grandiosoorizzonte

, eilclima incantato ,

che suggerirongliquellesplendide

descri-64

zioni chelo hannoreso ilpiù eloquente de’ poeti. Il pensiero di que1 grandi che ne’luoghi medesimi lo avean preceduto avrà infiammatala sua animadigenerosa emulazione.«

M

1avvicineròad Orazio nella satira,egliavràdetto tra sè;vinceròPlauto nella Commedia; sarò nel tempo stesso rOvidio edilVirgilio Italiano: pari al-P unoper Fimmaginazione riccae fecon-da, non minore dell1altroperla squisi-tezza deldireelanobiltà dei concetti;il

mio poema sarà ladelizia d1ogni età ,

d1ogni sesso, d1ogni condizion di perso-ne;sapràprovocareun risoinestinguibile

,

un

momento

dopoche avràfattosgorgare*

imalargavenadi pianto

; le passioni le più opposte,tratteggiatedalmio pennello

,

piglieranno una forza sconosciuta ancora

alleMuse italiane. Ogni cuore sarà

com-mosso dallelagrime d1Olimpia, dal la-mento diMedoro,dallamortedi Brandi-marie;ogni anima saràatterrita dall1 im-magine diRodomonteche appiccailfuoco a Parigi, e d1Orlando chesvellele

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65 eie; gl’incanti d’AIcina, simbolo degl’ in-canti egualmente possenti delle sfrenate passioni;Rinaldo chesirifiuta diaccostare allabbroilnappo che poteafargliperdere una cara illusione; il vento che disperde sul limitaredel tempio dell’Immortalità i

nomi

degli uomini scrittisu lievi carte:

queste trasparenti allegorie non saranno perdute perchinei carmi cerca,oltre al diletto,argomento difilosoficipensamenti.

Dopo

l’orror d1una battaglia mi riposerò in una tacita selva, e mi vi accorrà

un

eremita/nella sua cella solitaria; sfiderò conRinaldo1’onde mugghianti del mare in tempesta;saliròcon Astolfol’Ippogrifo, e contempleròdall’alto laterra impiccolita al mio sguardo: oseròtutto

, e sarò im-mortale! »

6 *

C6

LETTERA

XIV.

t

Le

Cascate del Teverone.

Sonfamose le cascate del Teverone a Tivoli, c il descriver! eie degnamente è ardua impresa:vorrebbervi o il pennello diClaudio,o lavena poetica di Lodovi-co, perchè inesse èveramente congiunto aigraziosoilsublime,alpoetico il pitto-resco.Ilfiume,inpria placidoe tranquil-lamente scorrente

, infuriaad untratto , ribolle, s’imbianca, esi precipita. Sorge nelpianounmaestoso olivo,dirimpettola grancascata; vienimeco a sederti sotto le sue ombre: di noi tutta

abbraccere-mo

la scena imponente.Vediqual

nembo

d’acque in minutissime parti disciolto!

Ammira

la provvida Natura, che oppo-nendo allalorocadutal’ostacolo dell’aria

,

lecostringea separarsi in atomi tenuissi-mi. Guai secon tutta 1’energia delsuo peso ellapiombassedi lassù! Tivolipiù non sarebbe che una voraginespaventosa.

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Tu

scorgil’onde urtar sull’altouno

sco-glio, e precipitarsi poi divise nelbasso:

ve’

come

la piccola isoletlapendente sul-l

1abisso è verdeggiante, e come quell’ u-livo le s’alza in mezzo orgoglioso, e spande intornoi suoi rami, die mai la scurenontoccò.Ilvento viportòilseme:

1abisso è verdeggiante, e come quell’ u-livo le s’alza in mezzo orgoglioso, e spande intornoi suoi rami, die mai la scurenontoccò.Ilvento viportòilseme:

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