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adaccrescere Jemie pene, e a ritoccare lesegrete piaghedelcuore.
LETTERA
Vili.San-Pietro.
La
sera delVenerdì Santo io accorsi collafolla de’ curiosi aSan-Pietro.L’am-plissima piazza circolare, adorna d1
un
portico sostenuto da quattrocento colonne, edecoralo da dugento statue
, nel cui
mezzo sorgeilfamoso Obelisco Vaticano , eraingombra d1una moltitudine innume-revole. Entrai a stento nellaBasilica
, e
misi offrìallosguardo, dal limitare della porta, l’uno de’ piùsingolari spettacoli che1’arte abbiasaputo offrire all’
ammL
razione degliuomini. Presso1’aitar mag*
giore
, cioè quasi nel centrodellacroce latiua di cuiSan-Pietro componsi, una croce gigantesca, che pareadifuoco,tanti erano ilumi che la coprivano, spandeva intorno unabbagliantissimo chiarore,che
’JI
p—
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<7 penetrandonelle arcate enellevolte delle numerosecappelle, produeeva un effetto
Sommamente
pittorico, pel contrasto di quell"unicaluce, e delletenebre che re-gnavano là doveellanon poteva aggiu-gnere. Icolossideidodici Apostoli appog-giati ai treimmensi pilastrichesostengort la volta
, protendevano un’ombra stermi-natasulmarmoreopavimento;e losguardo si perdevanel vuoto dellacupola, che1 Uguale al Panteon in ampiezza, apriva lassù un’immensa e neracavità* I viva-cissimicolori dei grandi mosaici, i quali tengono luogodi quadrisuglialtari, sem-bravano smortiperladistanza;elestatue de1pontefici, diche s*adornano i loro mausolei nellelaterali navate distribuiti
,
biancheggiavano appena, erompevansole letenebrelà doveilchiarore della croce infuocatanon penetrava. Infiniti stranieri d’ognietà, d’ognisesso e d1ogni reli-gione s’affollavanonel tempio, dilettan-dosidiquel mirabile .spettacolo, c poco ponendo nientealla riverenzadoyuta alla
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rasa dell1Eterno.
Róma
fu rinomata mai sempre per lapompa
dellesue cerimonie;ma
io osoasserire che in taluna d1esse siè sacrificatoallosfarzo esteriore ilreale decoroelavera dignità dellaliturgia.Ma
senel Venerdì Santo, nel giorno consecratoappunto allamemoria dei pati-menti d’un Dio Redentore,laprima chiesa diRoma
offrea1curiosi unospettacolodi dissipazione, regnaperò d1ordinarionel-l
1augusta basilica un silenzio dignitoso.
Egli èallora che ai sentimenti di
ammi-razionesimescolano quelli che accompa-gnanounreligioso raccoglimento; ed è più energica ed umile la prece che tra lesplendide e tacite pareti diSan-Pietro s1erge all1Eterno.I
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LETTERA
IX.49
Albaho.
II giocondo autunnomi chiamò fuordi
Roma
suicolliridenti di Mariuo: ospital-menteaccoltoin casa d’amici,que’ pae-settie que’ dintorni, di cui ipiù belli nlai noncreò la Natura, furono dame
lietamente percorsie visitati» Giorni se-reni,checollasolaadolescenza sivivono,
e sfuggono conleipersempre! Di voisi
componganole miepiùcarereminiscenze, di voichefostepuri egiocondicome una bellaauroradi primavera.
Pocolunge daMarino è il laghetto di Albano, circondato d’ alture verdeggianti e deliziose.Forsetisovverràd*aver Ietto nella Storia
Romana
che l1acquediquesto laghettocrebbero a dismisura,e minaccia-rono d1innondarela valle: l
1armi della Repubblica cingeano allora da varii anni Veio d’assedio
;e l
1
oracolo diDelfoavea vaticinato,chelacittà sarebbe
iuespugua-Lctt.il.N. 5
5o
bile finchénon si fosse aperto ilvarco
all1acquegià già traboccanti. L’esercito romano a quell’annunzio depose l’armi invitte; ed impugnati gl’istromenti del la-voro, incominciòefinìquell’emissario che fora ilcolle, edè tuttodì
monumento
elo-quentedella costanzadiun popolo che, perdomare inemici,sapea vincerla Na-tura. L’ emissario d’Albano rovesciò le mura di Veio; la fede nell’oracolo rese invittigli assediatoli, spaventò gli asse-diati: ilvaticinio si compiè;e qual vati-ciniononsariasi compito conquell’anime intrepide e conque’ bracci valorosi?La
superstizione,madrefeconda ditantiguai, fucausaprima dellagrandezzadi
Roma
i santificòla sua culla; consacrò il Codice diNuma
; collavoce degli oracolicalmò le civili discordie; colle profeziesibilline incoraggi glieserciti,ed infondendoin essi quell’ eroico ardimento che è padredella vittoria, dischiuse lorolavia all’impero delmondo. Ancheoggi ella regna sul-1’universo;ma
nonallasuperstizione, allaDigìtizedbyGoogl
più nobilsorella, lavera Religione, ne dee lo scettropacificoed incontaminato:
allareligione,laquale, se non invita i guerrieri allabattaglia, invita gli uomini airamore; se non annunzia sanguinose conquiste,annunzia pace edeternafelicità.
Albano ècittà adornadi molteville: t
appenafuordelle suemuras’alzaun mo-numentorovinoso, la cui forma mal si
potrebbedescrivere. Sovra un basamento irregolare sorgono delle torricciuolemezzo cadute: è denominatoe credutoil sepol-cro degliOraziie deiCurinzii; aggiugne lapopolartradizione,chelàvenisse sepolta anchela spoglia di lei che dal fraterno fèrro trafitta
, pagò caro illamento con chedoleasi dellamorte dello sposo. Quel fatto memorabile oh come bene dipinge levirtùdi que’tempi!
Le
donnefurono semprepietose;è da barbaro ilvoler re-spingereilpianto nelle loropalpebre;ma
Orazioera vincitore,era giubilanted1aver liberata dall’imminente pericololapatria, a luibenpiùcaradellavita e della
so-52
rella:quelle lagrimeparvergliinique, per-chè versatenel
momento
in cuiRoma
era salva; enel puntoincui ciecod’ ira brandiil ferrofatale dimenticò d’esser fratello, non si sentì che Romano.
Ma
gli pendea sulcapo coronato d’ allorola
, severagiustiziadelle patrie leggi. Il sal-vatordi
Roma
sarebbe ignominiosamente perito,seilvecchio e venerandosuopadre non avesse implorata, a conforto della sua canizie,lavita delfiglio,unico super-*stitedi prolesìbella poc’anzienumerosa.
Così inque’tempi ilvalore
, lagiustizia ,
ilpatriolismo e la pietà si coltivavano:
tempi
men
de’ nostri inciviliti,
ma
piùde’nostri dieroicie santiesemplifecondi.
LETTERA
X,La
Cappelladi Nemi,Procedendo nell’ameno passeggio, di che nell’ultima mia ti ragionava, giun-gevia Nemi,che dàil
nome
adun altroli
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53 laghetto, ancor più pittoresco Hi quello di Albano. Foltissimi boschilo circondano; unacappella, in grande venerazione nel paese, gli sta sullerive, e ad essa per-viensi per ombroso e solitario sentiero.
Mentre io orando mi vi tratteneva, entrò frettolosaunagiovane contadina,laquale s
'
inginocchiò al mio fianco. Turbata e pallida inviso, bella come V Auroradi Guido,iola vidiun
momento
dopo pian-gere e pregare nel tempo stessos i suoi occhi nerissimi, dacuisgorgavanoin larga copia lelacrime, e le mani insieme con-giunte, ferventemente si alzavano verso T immaginedellaVergine; altroellanon vedevain quel punto cheil sacro dipinto, a cuitutti isuoiafTettiintensamente erano rivolti. Ilmio Mentore ed io
, commossi a quellavista,ci ritirammo dolcementein dispartepernon turbare la fervente ora-zione;la giovinetta,poiché l
1ebbe finita, surse,asciugandosigliocchi:edaccortasi in quel momentodi noi,conobbe eh’ella ci avea sorpresiedinteneriti; nell
1
atto in 5 *
54
cuici passò pressoper uscire dalla cap-: * pella, noila richiedemmo della cagione del suo pianto: « Signori, ella rispose con infantile semplicità, mio padre è gravemente infermo;io
men
fuggiidicasa per invocare dallaMadonna la sua guari-»gione ». Spuntavaun sorriso sulsuo bel volto;pareva eh’ellagiàpresentisse esau-ditalacandidaprecej partì frettolosa. Al-cuni giornidopola rivedemmo alla cap-pella,dovelasperanza d’ incontrarla nuo-vamente ciavea condotti. Ella cisi fece incontro giubilante e festosa, sciamando:
uMio padreè fuori di pericolo; la sua convalescenza incominciò da quel giornoin cuipregailaMadonna:ella m’ha fattala grazia »; e in così diresi buttò in gi-nocchiodinanzilavenerata immagine, e
il pianto dellariconoscenzale bagnavaglj occhi.
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LETTERA
XI.Orsino.
Il boscodella Riccia, che è lungeda Marino duemiglia,perlabellezza ed an-nosità dellesue piante è assai celebrato:
sicché i pittori di paesivcngonvi da
Roma
percopiare labellaNatura.Oltreilbosco trovasi Genzano, ovele forze spesenel passeggio sono ristorate da squisitissimo vino.Nel ritroccdcre.sipiglia altravia pas-sandoperGrottaferrata, abbazia che si presenta sotto aspettodi fortezza, e le cuitorri merlate servirono d’ asilo adun barone rinomato perla sua fierezza, di cuiqui mipiace dinarrarti il tragico e ineritalo fine.Nepomoceno Orsino fu ne’ bassitempi pnatroce tiranno. S’invaghìd’Elisanobil fanciulla,fidanzata adungiovane valoroso flclla famigliade’Massimi: larapìd’ im-provviso, e trascinatala a forza nel suo pastello
, per piegarla a1 suoi voleri, la
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rinchiusein unacarcere spaventosa. Deli-beratodi venirnecon lei all’estreme vio-lenzeentrò un giorno nella prigione di lei
, e cavatoun pugnalele lasciòin ar-bitriodi cedere,o di morire.
Inorridiva Elisa; ebenchécompresa da involontarioribrezzoall’aspetto dellamorte vicina einevitabile
,nondubitòunistante dirispondere con paroled’ ira e d1 impre-cazione alsuo oppressore, clic ciecoper losdegnogiàponea
mano
al ferro, già verso leisi lanciava, quando la sua fan-tasia agitatadalrimorso pinsegli nell’aer cieco una tremendavisione: gli si rizza-ronoi capeglisulcapo,etendendo
ambe
le bracciaverso1’aereo fantasma: « Pa-dre, sciamò, non cesseraitumai d1 in-seguirmi con quel tuovolto minaccioso e scarno{ Giàloconfessai piangendo a’piè deglialtarieh1io nelletenebrenotturneti tolsi, snaturato, quella vita che data m’avevi;
ma
tiplachinole funebri ceri-monie con che cerco d’espiare il delitto; ti plachino imiei terrori e ilmiopenti-DigitizedbyGoogle
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«lì *
mento!» Cosìdelirava Ffèpomoceno: si ricovrò fuggendo nella cappella del ca-stello, e làosava porgere preci d’ espia-zione all’Eterno; quando
Un
servo accorse, edannunziò che Massimi erastatopreso mentres’aggirava travestito inque’ con-torni.•Gioì Orsino a quell’avviso; e al prigioniero,checarico di catene gli fu trattoinnanzi: «Un
solmezzoio t’offro, disse,di salvamento. Vien meconel car-cerediElisa,fa eh’ellasipieghi a’ miei voleri,evivrete entrambi». Accetta Mas-simiI’offerta, e gli si aprono le ferree porte dellaprigione.La
donzella al ve-derlosbigottì: u Elisa, disseilgiovine,
ioti son nunzioditremendanovella. Or-sinoate mi conduce perch’io ticonsigli a cedere all’amor suo: lo lusingai
;ti
vedo,hovissutoabbastanza; e con questo nostro ultimo tenerissimo amplesso, giu-riamo dimorire àbborrendo l’iniquo no-stro tiranno ».Nepomoceno,fuordisèper lo stupore,giàimbrandivalostiloministro dellesue vendette;
ma
latranquilla e natia58
ferocia rientròtostonel suo animo: ripo-gelo dicendo: « Iosareitecobenclemente, o ribaldo,se t
1uccidessi.
Tu
vivrai lun-gamente,ma
per invocare ad ogniistante lamorte ».AH
1udirela cattura di Massimi, i pa-renti egii amici numerosidi luifremetter d’irae didolore; e deliberaronodi tru-cidareOrsino,e liberare cosìilprigioniero se ancor viveva,vendicarlos1
era già pe-rito. Correa l
1
anniversario delgiorno in cuiera morto il padredi Nepomoceno, edeisolea assistere in quella occasione ad un solenneuffizio funebre nella Cap-pella diGrottaferrata posta fuor del ca-stello.Pensaronoi congiurati diassaltarlo sullimitare del tempio. Orsino, che nel proprio coraggio fidando era lungo dal sospettarl
1imboscata, e chelamenteave a turbata ancora dalrimorsodel parricidio, circondatoimprovvisamenteda’suoinemici
,
tradito da’ suoistessi satelliti,tentòun1 inu-filedifesa, cadde,e spirò,
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LETTERA
XII.$9
Tivoli.
Tivoli s1alza in cima di una ridente collinatutta vestita d’olivi, bagnata dal Teverone, adorna di grandiose rovine:
T
artee la Natura concorreròad abbel-lirlo; ele grandi memorieeh’esso desta aggiungono all’incanto della sua posizioneun
incantoancor più possente. Orazio,
tu che fosti1’amico della mia adolescen-za,ilcompagno de’mieisolitariipasseggi
,
10visitai latuavilla, midissetai allatua fonte di Blandusia, più candida e traspa-rente delvetro!
A
tela mia mentesiri-conduceva inque’ luoghi cantatidallatua Musa;eparevamivederti,mollemente sdraia-to inriva alruscellosusurrante,là dove Talto pino eil bianco pioppo amanodi maritare leloro ombreospitali, richiedere 11 servo,che lerose e lamirra t’arrechi eil Falerno, con cuicantandoLalageche dolceparla e dolceride, dimenticare che
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presto o tardiescir deve dall1urna il vi-gliato cheti addurràsullabarcadell1 ine-sorato Caronte.
Properzio da queste colline inviava a
» Cinzia quella calda elegia incui la scon-giurava di venirlo a raggiugnere. «
Oh
come,scriveale, icampi eiboschiche
inicircondano già sirallegrano e ridono!
Incominciano gli amori delcielo e della teira: e pur Paquilone non ancora del tuttocessò di soffiare, e semichiuso il
gelsomino, sìcaro a Flora, dubitase già spuntò primavera;
ma
vieni, o Cinzia,ei fiorirà.Forse traile lunge da Tivoli la vacillante salute? laricupererai tra le brac-ciadeltuo amante.Ma,
orpossente illu-sione dell’amore! nullam
1è più presente diCinzia lontana: iolavedo,iolasento;sì
,quello èil suosorriso
, quella la sua voce: ohquanto èbella!Driade,lamiro scorrere questi boschi; Naiade, tuffarsi in questeacque; Ninfa epastorella, se-*
dersitraquesti armenti».
Egliè a Tivoli che Zeuobialaregina
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6t di Paimira, eLesbia 1’amica di Tibullo, si consolavano 1’una d’aver perduto lo scettro, l’altrad’averismarritoilsuo pas-sero amato; e i versideltenero poetache la confortavano ad asciugarele lacrime, suonaronoperlaprimavolta tra quest’aure ispiratrici. Ovidio cantavai suoi amori su questealture dilettose; Virgilio,deposta
1’umilzampogna, vi davafiato all’epica tromba; e Mecenate,raccogliendoli tutti intorno asè nella suavillasuperba,i cui grandiosi avanzi torreggiano ancora sulla cima del colle,vi godea dellapiù nobile soddisfazione dicui all’
uomo
opulento e potente sia largalafortuna:quella di pro-teggere de1vati illustri che in ricambio de’suoibenefìciilohanno reso immortale.Oh
comedolceglidovea scendere alcuore quel canto di Fiacco incuidella propria felicità compiacendosi: «A
luiladelibo,
sciamava, chem’è quasi Dio; ese qual-che cosaio potessi desideraredi piu on-d’esser beato,a luimivolgerci, e la ri-chiesta sarebbeesaudita r>.
Leti.ff.N. 6
\
6*2
Ma
se a* 1
térììpi d^Augusto, Tivolieraìa sededellaPoesia e il convegnode’begli Spiriti,pochi anniprima leamene solitu-dini de’suoi dintorni aveano ispirato a CiceronelesueTusculane.Pensosoegrave
eipasseggiava dettandole sottole quefcie annosissime dellasuavillas tentavaallora, richiamando alpensiero de’suoi concitta-dini lesevere dottrinedi Zenone,di rin-vigorireleloro mentigiàpronea servitù.
Nè
quegli accenti si perdettero dell’aure:Bruto e Cassio gli.accolsero,eli serra-rono nelprofondodelcuore; e certamente leloro Case,daquella dell1illustreOratore non molto discoste, avranno suonato di parole presaghe a Cesaredimorte,a
Roma
di libertà.
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LETTERA
XIII.L’ Ariosto.
Passare dainomi diVirgilio, di Orazio e diTibullo convienmi ora ad altro
nome non meno
grande, di cui Tivoli s’onora e Italia tutta vaaltera: alnome
diLodo**vico Ariosto, quegliintorno «allaculla di cui,scrive Delille, sovracarridi zaffiro e di smeraldotutti glispiriti leggieri,sud-»
ditibrillantidelleFate,aventi in
mano
per trofei penne, cerchi, anelli e magiche verghe, accorseroin folla, festeggiarono Ja suanascita,trastullarono la sua infan-ziaconracconti d’amori e di battaglie,e posergli inmano
unprisma atraverso di cui sottomille colori e mille aspetti cicontemplòFuni verso»,LodoviconellaVilla Estense componeva ilFurioso; ed erano forseicolli vicini,e lecascatedelfiume, e la prospettiva lontana di
Roma
, e ilgrandiosoorizzonte
, eilclima incantato ,
che suggerirongliquellesplendide
descri-64
zioni chelo hannoreso ilpiù eloquente de’ poeti. Il pensiero di que1 grandi che ne’luoghi medesimi lo avean preceduto avrà infiammatala sua animadigenerosa emulazione.«
M
1avvicineròad Orazio nella satira,egliavràdetto tra sè;vinceròPlauto nella Commedia; sarò nel tempo stesso rOvidio edilVirgilio Italiano: pari al-P unoper Fimmaginazione riccae fecon-da, non minore dell1altroperla squisi-tezza deldireelanobiltà dei concetti;ilmio poema sarà ladelizia d1ogni età ,
d1ogni sesso, d1ogni condizion di perso-ne;sapràprovocareun risoinestinguibile
,
un
momento
dopoche avràfattosgorgare*imalargavenadi pianto
; le passioni le più opposte,tratteggiatedalmio pennello
,
piglieranno una forza sconosciuta ancora
alleMuse italiane. Ogni cuore sarà
com-mosso dallelagrime d1Olimpia, dal la-mento diMedoro,dallamortedi Brandi-marie;ogni anima saràatterrita dall1 im-magine diRodomonteche appiccailfuoco a Parigi, e d1Orlando chesvellelequer-DigitizedbyGoogle
65 eie; gl’incanti d’AIcina, simbolo degl’ in-canti egualmente possenti delle sfrenate passioni;Rinaldo chesirifiuta diaccostare allabbroilnappo che poteafargliperdere una cara illusione; il vento che disperde sul limitaredel tempio dell’Immortalità i
nomi
degli uomini scrittisu lievi carte:queste trasparenti allegorie non saranno perdute perchinei carmi cerca,oltre al diletto,argomento difilosoficipensamenti.
Dopo
l’orror d1una battaglia mi riposerò in una tacita selva, e mi vi accorràun
eremita/nella sua cella solitaria; sfiderò conRinaldo1’onde mugghianti del mare in tempesta;saliròcon Astolfol’Ippogrifo, e contempleròdall’alto laterra impiccolita al mio sguardo: oseròtutto, e sarò im-mortale! »
6 *
C6
LETTERA
XIV.t
Le
Cascate del Teverone.Sonfamose le cascate del Teverone a Tivoli, c il descriver! eie degnamente è ardua impresa:vorrebbervi o il pennello diClaudio,o lavena poetica di Lodovi-co, perchè inesse èveramente congiunto aigraziosoilsublime,alpoetico il pitto-resco.Ilfiume,inpria placidoe tranquil-lamente scorrente
, infuriaad untratto , ribolle, s’imbianca, esi precipita. Sorge nelpianounmaestoso olivo,dirimpettola grancascata; vienimeco a sederti sotto le sue ombre: di lànoi tutta
abbraccere-mo
la scena imponente.Vediqualnembo
d’acque in minutissime parti disciolto!
Ammira
la provvida Natura, che oppo-nendo allalorocadutal’ostacolo dell’aria,
lecostringea separarsi in atomi tenuissi-mi. Guai secon tutta 1’energia delsuo peso ellapiombassedi lassù! Tivolipiù non sarebbe che una voraginespaventosa.
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Tu
scorgil’onde urtar sull’altounosco-glio, e precipitarsi poi divise nelbasso:
ve’
come
la piccola isoletlapendente sul-l1abisso è verdeggiante, e come quell’ u-livo le s’alza in mezzo orgoglioso, e spande intornoi suoi rami, die mai la scurenontoccò.Ilvento viportòilseme:
1abisso è verdeggiante, e come quell’ u-livo le s’alza in mezzo orgoglioso, e spande intornoi suoi rami, die mai la scurenontoccò.Ilvento viportòilseme: