%
NArou.
Collocatasuiregolare pendiodiuncolle chesemicircolarmente si specchia nelMe»
diterraneo; favorita,perla suasituazione centrale,"eper1’ampiezzade)suo porto,
82
fi'un commercio florido ed estesissimo• lietadelpiùbelclimadelmondo;illustrata dallastoriaedall’ artiditutto ciòche parla all immaginazione, e risveglia gli alletti
,
Napoli,posando sovraunterreno gravido d1ignee sostanze, epoco lungedal Vesu-vio, paga caro i doni della Natura.
È
dessa soggiorno conveniente per coloro che,come ilVenosino, pensanoallegioia del di presente, e rifuggonoall1idea del-rindomani; terrameravigliosa, incui si mescolanoglielementidi distruzione agli clementi di vita e di prosperità; sorge ubertosalamesse, ricca d’uvela vigua, carico difrutti1’ulivo, làdove ilsuolo fumapel bollente zolfochein sèracchiude; nelle feste autunnali, in cui rivivono le Cereali antiche, ilpiè dei danzatori per-cuote un suolo che rimbomba per im-mense cavità; e una città tra il mare collocata, chene’ suoi furori parvolerla inghiottire,eil Vulcano, che
men
romo-roso e più tremendo minacciadiseppel-lirla'sotto le sue lave bollenti, accoglie
DigitizadbyGoogle
sS
\
Mezzo milioned’ abitatori, i piùallegrie spensierati uominid’Europa.
La
terra molle, lietae dilettosa Similiasègli abitatorproduce*La natura incostóro
, producehdoli si-milialpatrio suolo, nonsi dimenticò di porretalvoltanelle loro anime lascintilla Vulcanicatolta alle voragini del Vesuvio4
edenergica operatrice di maravigllosi ef-fetti.
Ne
fannofede i nomi di Tasso,di Sartazzaro4 di Filangeri, di Vico e di
Genovesi.
Qual quadro inimitabile e indescrivi-bile nongipresenta dall’altodel castello Sant’Elmo! Iopotreibeneindicartigli og-getti chevididilassù, e lesensazioni di-verse che provai;
ma
comedipingerti quel-faeregiocondo e trasparente, clicèilpiù belf ornamentodiquel climafortunato? è desso che versando su tuttelecoseuna luce pura e azzurrina nc rammorbidisce
i profili,edàaltutto insieme una certa armonia che senzatogliere, o confondere Jte varie forme deglioggetti,non istanca
n
10sguardo,edisegnanellamente imascena unica e chiara,benché assai molteplicee vasta. Saprei io descrivertila varietà pro-digiosa di tinte di cui è abbellito qucl-TOrizzonte;
1*azzurro delmareche si
ma-ritacoll’azzurroceleste} l’isolettalontana che siconfondecollanube; lanera lava che copreilfianco delmonte,eche con-fina col verde vivacedei campi e delle vigne;i laghetticoronati di foreste;i vil-laggie lecasechesi specchiannell1onde;
11fumo or denso orlieve delVulcano; le veleche solcano maestoseil mare, e la sottoposta città alteradi cupole dorate e risplendenti,e squallida neltempo istesso perinfiniti abituri{ Questa immensità di cose,latuamentepoeticasaprà concepirla;
ma
lamiaeloquenza nonbasterebbe a de-gnamente dipingertela* Contenterommi a-dunque di riferirtii variipensieri che la vistada Sant1Elmogodutainme
destava.*E
primamente allo scorgere quellemura
altissimee minacciose trucuimi trovava, lequaliperò non valseroad impedireelio'
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85 queibel paese passassedi dominazionein dominazione, diconquistatore in conqui-statore,mi sovvennedi quella sentenza
,
cheil Soleè aNapoli ilsupremo legisla-tore. Il Sole fecondandoleterrevi scema
i bisogni della vita, invita gli uomini all’ozio; rendendo l
1
aere molle e caldo effeminaicorpi* e nonpermette che il figlio di unprodeStraniero nato evissuto sottoil suo raggio sia prodealpari del padre;erenderà imbelleinbreve qualun-que piùferoce nazione si precipitasse dal Nordad occuparquelleterre$ ilSole per ultimo potrà'rendere fervidee ardite le nientinapoletane,
ma
lefaràricadereben prestonella mollezzadi prima: e quimi sovvenivadi Masaniello edi quel sangui-noso episodio nella storiadel Regno,per cuisi videunpescatorecollasolae natu-rale facondia produrre, soprala moltitu-dine de’ suoi concittadini, quell1
effetto maraviglioso che non operavanosuiGreci leorazioni diDemostene; impadronirsidel supremopotere; farrisplendere inun
re-Lctt.R. N. 8
86
gno di poclii momenti alcuiie luminose virtù;e periredaforte,abbandonato,
ma
compianto da quella turba incostante che lo avtiasollevato a tanta altezza pel' pre-cipitarlo poi nell’abisso. Quando il mio sguardo scorrea1*immensomare, esifei>>
inavasull*isola lontanache sorge dicontro Napolii è quella Capri,io pensava, dove Tiberio, giàcanuto,nascose le orrende Suelibidini. Quegl*infami scogli ricorde-*
ranno eternamente le abboitùnevoli orgie con cheegli contaminavalavirtù, 1’in-*
nocenzaela natura. Tacito,ponendoci di-nanzi aglioCchinudo quel mostro,ha ven-dicatoTumanità.
La
Storia (i),che non(i)
Que
dis-jc? cesnoms
vilsque Più-stoiredeployeNous
attachentsouvent: nousvoyonsuvee joieQue
lecrimenepeut,ménte aprèsleremordf S’absoudreetsecacherdanslanuit deUtmorti
Ilexlsteun vengeur dontlamainincxorabté
De
satombeébranlée arrachclecoupablefDigitizedbyGoogle
«7 presenta, d'ordinario,che poche virtùed infinitecolpe,sarebbe uno studio a cui
F
animo ripugnerebbe, se anche i vilinomieh’ellaricordanonavessero unase*
greta attrattiva: imperciocché noi
veggia-mo
con gioia, che il delitto non può,neanche dopo il rimorso
,ascondersi tra le ombre dellamorte; che esiste un ven-dicatore,lacui
mano
implacabilestrappaPtletraine,honteup desatriste ciarle*,
Devant le tribunaldu lecteurirrite.
No
trevoixluireproche et savie etses crimes;Nous
aimonssur sa cendre àvergerses victimesj
Nous
pardpnonsaux
Dieux,puisqueleui‘ètfuitè
Créa pourlesperversprie immortalile
,
Li de cechdtiment lerrible,inévitable Lui morire ensessuccès l'immage
épou-vaptable,
Quitormentoni ses nuits
, empoisonnant sesjours
Camme
unJersuspendulc piénace toujours,hEQQUVt
»88
il colpevoleallasua tómba,evergognoso
di suafunesta celebritàlo trascinadavanti altribunaledel lettoreirritato:egli,lasua vitae lesueiniquitàglirinfaccia; sigode di vendicare le sue vittime sulle sue ce-r neri, e non rimprovera a Dio d’aver creatoiperversi,poiché creòdel pariper essil’immortalità. Ellaè questa T immar gine terribile che perseguita e spaventai tiranni,anche inmezzo all1ebbrezze del supremopotere: simile allaspada di Da-mocleilpensierodell’immortalitàavvelena
iloro giorni,e turbala quietedello loro notti.
Quand
1ioconsiderava Je villee iborghi apiè delVolcanoposarsi sull1onde della lava indurita, io meravigliava della spen-sieratezza di chiosavaabitarequelledimore,«
A
cheergitu quel marmoreoedificio, diceva Orazioad unRomano
, se già tipremelamorte,eti sischiudelatomba? Ditutte letue delizie, di tutte lepiante ondelatua villa è orgogliosa,il solo ci-pressotiseguiteràallatuaestremadimora;;.
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«9
Ma
lasorpresa chem’occupava alpensare chel1abitante di Porticie di Resina vivea
V
in sitiove ad ogni momento la sua vita ora in forse,derivavapiuttostodalla no-vità dellospettacolo che dallacertezza, o prossimitàdeipericolo:e veramente qual è l’uomo chenons’espone centovolte nella vitaarischiomaggiore e più evidenteìII navigatoreche varca1’Oceano,fende un {luttopiùformidabilede’ torrentidi lava, cherispettandole alture, lenteedinfocate s’avanzano ad innondarele valli;il guerrie-ro,cheascolta volonterosoil segnaledella battaglia,hadeiVolcani afronte benpiù temibili delVesuvio,eppure glisfida in-trepido:l’idea d’unpericolo che frequen-tementeaffrontò cessa di spaventarlo; la
morte haperlui una diquelle fisonomie che ributtano a prima giunta,
ma
colle qualiapocoapocosiva dimesticandosi.S’alzava dalla cittàun suono confuso, che componeasidelle grida de’marinainel porto,degli strilli de’ venditorinelle piaz-ze, del cigolio delle ruotenelle vie,delle
8 *
9o.
piarle in unasola parola di cinquecento-»
milauomini chetutti ad un tempodiscor-»
rono e schiamazzano.
Oh
comein’era più caroil silenzio $iRoma
!Forseungiorno verrà che in Napoli dominerà un eguale silenzio:tengagliIddiosemprelunge quello diPompei ed’Ercolano!Io m’avvedo,o Erminia, cheinquesta lunga lettera
,pretendendo indicartileri-»
flessionichemipassarono perlamente nel castello Sant’Elmo, quand’io mivi tro-»
vava sono già scorsivarii anni, altro non m’avvenneche d’esporti quelle che ora scrivendoti ho fatte al ricordarmi quel luogo e quella scenaimponente.
Tu
per*»donami questoanacronismo, eh’ioti con-»
fessai candidamente, noti amando ingan-narti
nemmeno
nelle piccole cose. Viv?lieta,e ricordatidi me.
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LETTERA
XY1II.ISepolcri diNapoli.
Appena
io fui giunto in Napoli,chela curiositàmi spinse apercorrernele popo-lose contrade, e avisitarnelemagnifiche chiese. Di recente avealettola Storiadi quel paese, e dappertutto ioritrovai dei monumenti, o de’ luoghi chemi ricorda-vano de’fatti memorabili.Ma
fra gli av-venimentidelRegno, lamortedi Corre-dino, unicoinfelice rampollodell’illustreCasadiSvevia, m’avea vivamentecolpitoi
pnde tipuoiben figurares’iorichiedessi impaziente ilmio Mentoredi condurmia quella piazzaove era statotronco l’ inno-pente suo capo.
Quand
1io mi vi trovai aveagià dipinto nellafantasiaquellugubre apparato.IlreCarlonon s’eravergognalo(li assistere eglistessoallaesecuzionedella sentenza: una schiera di prodi Francesi pireondavail giovine prigioniero, e
ino-I
9*
Strava co’ mesti sguardi di compiangere
la sua sorte, e di dolersi che non alle guerriere imprese,
ma
asì triste ufficio avessela ilsuo signore destinata inquel giorno;non lunge dalRe, un gruppodi Yiobilicavalieridella suacortestavasi im-mobile edinprofondosilenzio.Ma
quandoilgiudice nell’atto diconsegnarCorradiuo alcarnefice lochiamò ad altavoce tradi-toree fellone,un romore d’imprecazione
s*alzò d’ogni lato,
^
Rupertofiglio del conte diFiandra, e genero delRe
,bai-*zandodalsuo seggio, s’avvicinòal giu-dice iniquo, elo percossedistocco mor-talmente,sciamando: «
Tu
menti, o ri-baldo:tu che chiamitraditoreereoquesto giovili signore valoroso e gentile ».Un
plauso universale accompagnò quell’ atto ardita;nèCarlo osòrisentirsene
, poiché troppo conoscevairritatoilpopolo, e bar-baralasentenza. Cessato ilplauso,s’alzò Corradino imperterrito,sicavòunguanto, e gettandolo da sèlontano,inmezzoalla lòlla: « Portatelo (disse) almio
vendica-DigìtizedbyGoogle
93
t
tore, al
Re
d’Arragona».II guanto che doveapartorire allaCasa d’Angiò tanti guai, fu raccolto; e latestadel giovine principe cadde unmomento
doposu quel suolo ove i suoiavi aveano per tanti secoliregnato.Nellachiesa diSan-Gennarola sontuosa CattedralediNapoli,il
nome
diAndreaII,
sculto sovra un
monumento
sepolcrale ,richiamò asè tutta lamiaattenzione. De-stinatosposo sin dall1infanzia aGiovannaI, lagiovinettareginadiNapoli, il di che precedettelesuenozzeper» inAversa, bal-zato per ordine dileidallefinestredelsuo palazzo; e quellanotte medesima inche doveasalireiltalamo reale,fu calato nella tomba. Giovannatrovòin Maria Stuarda unaimitatrice. Perchè mai il
nome
del-»l1unacirichiama a dolce compassionedi sue sventure, equello dell’altra cifa spa-ventoed orrore? Maria cedette ad una violenta passione, esi lasciòtiranneggiare da un
uomo
ambizioso e perverso, chela trascinò,suo malgrado,al delitto; lasua94
vitanon fuche unasuccessionedirimorsi e disventure; e le lagrime, dalei ver-sateinunaprigionia diventanni,aveano giàcancellata lasua colpa senza che si spargesseil suo sangue. Giovannanon si pentì mai deldelitto eh*ella stessa
, fra
1’orgiedellasua Corte,avea concepito e voluto;visse e regnò lungamente; niuna virtù fu inleiche ricomprassela colpa della sua primagiovinezza. Il tradito
An-drea trovòin suofratelloLuigi re d’Un-gheriaun vendicatoreinfaticabilei questi accorse dapprima inItaliacon iniesercito poderoso, nel cuimez^o sventolava un nero stendardo,segno minacciosodi lutto e d’ ira; nèmai posò per quarant’ anni,
coll’insidie o coll’armi,lìnchèlatestadi Giovanna, in espiazione dell’antico tra-»
dimcnto,non cadde sottolascure.
Giacché cominciai,proseguiròilmio ra-gionamento sui sepolcri e sulle storiche tragedie. In San-Giovanni è latomba di Caraccioli,ilfavorito di GiovannaII.
Fu
somigliante ilsuo destino aquello del cc*
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9$
iebre Conted'
E
ssex:l‘unoe l’altro pia*eque, giovane ancora,adunaregina avan-zata in età; cercò di risarcirsicoll’ambi*
zionedel fastidiodi un simil nodo.» si fidòtroppo allapassione che aveVa ispi-rata; credendo di non maltrattare che
1’amante, insultògravementela Regina:
e pagò ilfallocolla testa. Giovannapoi
,
come
Elisabetta, moriinbrevetravagliata dal rimorso e dallapascióne,che, lunge dallo spegnersi perla mortedell’oggetto amato,s’era più chemàiaccesaviolenta belsuo cuore; In San-Giovaimi,tra que-ste reminiscetize, in’aVeàsorpresalanotte!Sovvienimiancoradi questa circostanza,
perla sensazione dolcissima che provai udendo alzarsi improvvisamente un con-tento di voci armoniose che parea com-piangerela sorte delgiovane Caraccioli
4 b cui tuttele mieideeinquel
momento
tranrivolte* Quelcantopatetico.altronon tra cheilNotturno,chele Religiose abi-tatrici delvicino monasteroaveaao intuo-bato dallaloro tribuna chiusa di grate.Lachiesaei*a deserta;semispente le latti-»
|>ade; pareami che a quellapsalmodia, tanto eli’era mestae commovente, affi-dato avesseroquellemonachel’espressione delloro dolore;edio oserei asserire che taluna d’ esse1’accompagnava colpiantoi
perocchétusaicome la musicainviti gli infelici allelacrime, e tocchi dolcemente
iloro affanni segreti.
Escito dìlàmivolsi alreale passeggio di Cliiaia. Splendidissimo peristatue
, e
soprattutto pel celebre gruppo greco di Dirce trascinata daltoro; adorno diviali amplie regolari, collocato sulle sponde del mare, e rischiaratoda lampade nu-merose,credei ditrovarmiinun sito in-cantato. La baiasemicircolare(edio mi trovavo appunto sulcorno estremo a di-ritta); la cittàSulpendio;ivascelli ancorati nel porto; idue castelliche servono di guardia,e sporgonoleloro torrinelmarei
sulla punta d1una penisola
; Sant’
Elmo
torreggiante inalto: tutto era scintillante perinfinitilumi. Il faro spandeva intorno
\
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97 Utìa luce brillantee vivacissima; la luna sorgea dietroilVesuvio, eriflettevai suoi ragginel mare lievementeincrespato; spi-rava un’ariatepidae fragrantissima. Ve-dendociestaticia contemplare quella bella notte, unbarcaiuolo s’accostò offrendosi di condurci a diporto. Balzai nel bat-tello,eci dilungammodallasponda. Al-quanto addentronel mare, vidi sorgere un edifizio rovinoso4che*,debolmente ri-schiarato dalla luna, si presentava con aspetto sinistro:cidisseilbarcaiuoloesser quello il palazzodella regina Giovannai che non fumaiterminato, e che 1’onde occuparono, elentamente abbattono.
— E come
chiamitu quelle rovine che stannolì sullido?(io glidissidopo untratto di silenziosa navigazione). Quella (rispose
) è latomba di Virgilio.
—
*Di Virgilio!(sciamai compresod’ammirazione, equasi noncredendo alle parole del Lazzarone* che meravigliato anch’egli dellamia sor-presa, avevarallentato il movimento dei remi, e attonito miguardava).
—
AmicoLeti.li.N. 9
08
(iocontinuai), affrettali,eponcta ferra
—
Egli obbedì; spiccai un salto sul lido, cd entrato ilrecinto che racchiude quegli avanzipreziosi,mi trovai nella tomba.
Là
unsensoindefinibiledivoluttuosa dolcezza s1
impadronìdi tuttele miefacoltà. Quelle rovine decoratediquel
nome
immortale; Tal-lorochediceasisurtospontaneoa rallegrarle disue fronde odorose;latranquillitàdella notte cheinvitava alle simpatiche medita-zioni;la luna,il mare,Napoli,il Vesu-vio: trova,Erminia, se ilpuoi, unsilo piùpittoresco,edunmomento
piùpoe-tico. Se ilmio cuore s’era stretto per
E
affannodinanziTavello del Tasso, qui sidilatavaperuna soddisfazione non mai prima sentita;equando io dilàmi tolsi, provai quel dolore chesi sentenel lasciare unamico.Le
ceneridi Virgilio posanoin que’ luoghi incuilasuaMusa
trovò le migliori ispirazioni: egliricopiavaalvivoil belclima partenopeo quando nell1 Eglo-ghe e nelleGeorgiche cantavale delizie della vita campestre ei piaceri dell1
agri-DigitizedbyGoogli
99 coltura; enell*Eneide,allorché dipinsegli Elisi, copiò nlcuno parti del quadro che gli stavadinanzi, ele popolò di filosofi e d’ eroi.
Eratramontata laluna quando noi
ri-tornammoal porto; il firmamento scin-tillava purissimo:una calma profonda re-gnavanella cittàpoc’anzisi romorosa.Mi ricondussi allamiastanza coll’ immagina-zione pienadi Corradino, di Giovanna, di Caraccioli,e sovratuttidi Virgilio.