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LETTERA XVII,

Nel documento LETTERE ROMA E NAPOLI. Db I.VOM (pagine 86-104)

%

NArou.

Collocatasuiregolare pendiodiuncolle chesemicircolarmente si specchia nelMe»

diterraneo; favorita,perla suasituazione centrale,"eper1’ampiezzade)suo porto,

82

fi'un commercio florido ed estesissimo lietadelpiùbelclimadelmondo;illustrata dallastoriaedall’ artiditutto ciòche parla all immaginazione, e risveglia gli alletti

,

Napoli,posando sovraunterreno gravido d1ignee sostanze, epoco lungedal Vesu-vio, paga caro i doni della Natura.

È

dessa soggiorno conveniente per coloro che,come ilVenosino, pensanoallegioia del di presente, e rifuggonoall1idea del-rindomani; terrameravigliosa, incui si mescolanoglielementidi distruzione agli clementi di vita e di prosperità; sorge ubertosalamesse, ricca d’uvela vigua, carico difrutti1’ulivo, dove ilsuolo fumapel bollente zolfochein sèracchiude; nelle feste autunnali, in cui rivivono le Cereali antiche, ilpiè dei danzatori per-cuote un suolo che rimbomba per im-mense cavità; e una città tra il mare collocata, chene’ suoi furori parvolerla inghiottire,eil Vulcano, che

men

romo-roso e più tremendo minacciadi

seppel-lirla'sotto le sue lave bollenti, accoglie

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sS

\

Mezzo milioned’ abitatori, i piùallegrie spensierati uominid’Europa.

La

terra molle, lietae dilettosa Similiasègli abitatorproduce*

La natura incostóro

, producehdoli si-milialpatrio suolo, nonsi dimenticò di porretalvoltanelle loro anime lascintilla Vulcanicatolta alle voragini del Vesuvio4

edenergica operatrice di maravigllosi ef-fetti.

Ne

fannofede i nomi di Tasso,di Sartazzaro4 di Filangeri

, di Vico e di

Genovesi.

Qual quadro inimitabile e indescrivi-bile nongipresenta dall’altodel castello Sant’Elmo! Iopotreibeneindicartigli og-getti chevididilassù, e lesensazioni di-verse che provai;

ma

comedipingerti quel-faeregiocondo e trasparente, clicèil

più belf ornamentodiquel climafortunato? è desso che versando su tuttelecoseuna luce pura e azzurrina nc rammorbidisce

i profili,edàaltutto insieme una certa armonia che senzatogliere, o confondere Jte varie forme deglioggetti,non istanca

n

10sguardo,edisegnanellamente imascena unica e chiara,benché assai molteplicee vasta. Saprei io descrivertila varietà pro-digiosa di tinte di cui è abbellito qucl-TOrizzonte;

1*azzurro delmareche si

ma-ritacoll’azzurroceleste} l’isolettalontana che siconfondecollanube; lanera lava che copreilfianco delmonte,eche con-fina col verde vivacedei campi e delle vigne;i laghetticoronati di foreste;i vil-laggie lecasechesi specchiannell1onde;

11fumo or denso orlieve delVulcano; le veleche solcano maestoseil mare, e la sottoposta città alteradi cupole dorate e risplendenti,e squallida neltempo istesso perinfiniti abituri{ Questa immensità di cose,latuamentepoeticasaprà concepirla;

ma

lamiaeloquenza nonbasterebbe a de-gnamente dipingertela* Contenterommi a-dunque di riferirtii variipensieri che la vistada Sant1Elmogodutain

me

destava.*

E

primamente allo scorgere quelle

mura

altissimee minacciose trucuimi trovava, lequaliperò non valseroad impedireelio'

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85 queibel paese passassedi dominazionein dominazione, diconquistatore in conqui-statore,mi sovvennedi quella sentenza

,

cheil Soleè aNapoli ilsupremo legisla-tore. Il Sole fecondandoleterrevi scema

i bisogni della vita, invita gli uomini all’ozio; rendendo l

1

aere molle e caldo effeminaicorpi* e nonpermette che il figlio di unprodeStraniero nato evissuto sottoil suo raggio sia prodealpari del padre;erenderà imbelleinbreve qualun-que piùferoce nazione si precipitasse dal Nordad occuparquelleterre$ ilSole per ultimo potrà'rendere fervidee ardite le nientinapoletane,

ma

lefaràricadereben prestonella mollezzadi prima: e quimi sovvenivadi Masaniello edi quel sangui-noso episodio nella storiadel Regno,per cuisi videunpescatorecollasolae natu-rale facondia produrre, soprala moltitu-dine de’ suoi concittadini, quell

1

effetto maraviglioso che non operavanosuiGreci leorazioni diDemostene; impadronirsidel supremopotere; farrisplendere inun

re-Lctt.R. N. 8

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gno di poclii momenti alcuiie luminose virtù;e periredaforte,abbandonato,

ma

compianto da quella turba incostante che lo avtiasollevato a tanta altezza pel' pre-cipitarlo poi nell’abisso. Quando il mio sguardo scorrea1*immensomare, esifei>>

inavasull*isola lontanache sorge dicontro Napolii è quella Capri,io pensava, dove Tiberio, giàcanuto,nascose le orrende Suelibidini. Quegl*infami scogli ricorde-*

ranno eternamente le abboitùnevoli orgie con cheegli contaminavalavirtù, 1’in-*

nocenzaela natura. Tacito,ponendoci di-nanzi aglioCchinudo quel mostro,ha ven-dicatoTumanità.

La

Storia (i),che non

(i)

Que

dis-jc? ces

noms

vilsque Più-stoiredeploye

Nous

attachentsouvent: nousvoyonsuvee joie

Que

lecrimenepeut,ménte aprèsleremordf S’absoudreetsecacherdanslanuit deUt

morti

Ilexlsteun vengeur dontlamainincxorabté

De

satombeébranlée arrachclecoupablef

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«7 presenta, d'ordinario,che poche virtùed infinitecolpe,sarebbe uno studio a cui

F

animo ripugnerebbe, se anche i vili

nomieh’ellaricordanonavessero unase*

greta attrattiva: imperciocché noi

veggia-mo

con gioia, che il delitto non può,

neanche dopo il rimorso

,ascondersi tra le ombre dellamorte; che esiste un ven-dicatore,lacui

mano

implacabilestrappa

Ptletraine,honteup desatriste ciarle*,

Devant le tribunaldu lecteurirrite.

No

trevoixluireproche et savie etses crimes;

Nous

aimonssur sa cendre àvergerses victimes

j

Nous

pardpnons

aux

Dieux,puisqueleui‘

ètfuitè

Créa pourlesperversprie immortalile

,

Li de cechdtiment lerrible,inévitable Lui morire ensessuccès l'immage

épou-vaptable,

Quitormentoni ses nuits

, empoisonnant sesjours

Camme

unJersuspendulc piénace toujours,

hEQQUVt

»

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il colpevoleallasua tómba,evergognoso

di suafunesta celebritàlo trascinadavanti altribunaledel lettoreirritato:egli,lasua vitae lesueiniquitàglirinfaccia; sigode di vendicare le sue vittime sulle sue ce-r neri, e non rimprovera a Dio d’aver creatoiperversi,poiché creòdel pariper essil’immortalità. Ellaè questa T immar gine terribile che perseguita e spaventai tiranni,anche inmezzo all1ebbrezze del supremopotere: simile allaspada di Da-mocleilpensierodell’immortalitàavvelena

iloro giorni,e turbala quietedello loro notti.

Quand

1ioconsiderava Je villee iborghi apiè delVolcanoposarsi sull1onde della lava indurita, io meravigliava della spen-sieratezza di chiosavaabitarequelledimore,

«

A

cheergitu quel marmoreoedificio, diceva Orazioad un

Romano

, se già ti

premelamorte,eti sischiudelatomba? Ditutte letue delizie, di tutte lepiante ondelatua villa è orgogliosa,il solo ci-pressotiseguiteràallatuaestremadimora;;.

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«9

Ma

lasorpresa chem’occupava alpensare chel

1abitante di Porticie di Resina vivea

V

in sitiove ad ogni momento la sua vita ora in forse,derivavapiuttostodalla no-vità dellospettacolo che dallacertezza, o prossimitàdeipericolo:e veramente qual è l’uomo chenons’espone centovolte nella vitaarischiomaggiore e più evidenteìII navigatoreche varca1’Oceano,fende un {luttopiùformidabilede’ torrentidi lava, cherispettandole alture, lenteedinfocate s’avanzano ad innondarele valli;il guerrie-ro,cheascolta volonterosoil segnaledella battaglia,hadeiVolcani afronte benpiù temibili delVesuvio,eppure glisfida in-trepido:l’idea d’unpericolo che frequen-tementeaffrontò cessa di spaventarlo; la

morte haperlui una diquelle fisonomie che ributtano a prima giunta,

ma

colle qualiapocoapocosiva dimesticandosi.

S’alzava dalla cittàun suono confuso, che componeasidelle grida de’marinainel porto,degli strilli de’ venditorinelle piaz-ze, del cigolio delle ruotenelle vie,delle

8 *

9o.

piarle in unasola parola di cinquecento-»

milauomini chetutti ad un tempodiscor-»

rono e schiamazzano.

Oh

comein’era più caroil silenzio $i

Roma

!Forseungiorno verrà che in Napoli dominerà un eguale silenzio:tengagliIddiosemprelunge quello diPompei ed’Ercolano!

Io m’avvedo,o Erminia, cheinquesta lunga lettera

,pretendendo indicartileri-»

flessionichemipassarono perlamente nel castello Sant’Elmo, quand’io mivi tro-»

vava sono già scorsivarii anni, altro non m’avvenneche d’esporti quelle che ora scrivendoti ho fatte al ricordarmi quel luogo e quella scenaimponente.

Tu

per*»

donami questoanacronismo, eh’ioti con-»

fessai candidamente, noti amando ingan-narti

nemmeno

nelle piccole cose. Viv?

lieta,e ricordatidi me.

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LETTERA

XY1II.

ISepolcri diNapoli.

Appena

io fui giunto in Napoli,chela curiositàmi spinse apercorrernele popo-lose contrade, e avisitarnelemagnifiche chiese. Di recente avealettola Storiadi quel paese, e dappertutto ioritrovai dei monumenti, o de’ luoghi chemi ricorda-vano de’fatti memorabili.

Ma

fra gli av-venimentidelRegno, lamortedi Corre-dino, unicoinfelice rampollodell’illustre

CasadiSvevia, m’avea vivamentecolpitoi

pnde tipuoiben figurares’iorichiedessi impaziente ilmio Mentoredi condurmia quella piazzaove era statotronco l’ inno-pente suo capo.

Quand

1io mi vi trovai aveagià dipinto nellafantasiaquellugubre apparato.IlreCarlonon s’eravergognalo

(li assistere eglistessoallaesecuzionedella sentenza: una schiera di prodi Francesi pireondavail giovine prigioniero, e

ino-I

9*

Strava co’ mesti sguardi di compiangere

la sua sorte, e di dolersi che non alle guerriere imprese,

ma

a triste ufficio avessela ilsuo signore destinata inquel giorno;non lunge dalRe, un gruppodi Yiobilicavalieridella suacortestavasi im-mobile edinprofondosilenzio.

Ma

quando

ilgiudice nell’atto diconsegnarCorradiuo alcarnefice lochiamò ad altavoce tradi-toree fellone,un romore d’imprecazione

s*alzò d’ogni lato,

^

Rupertofiglio del conte diFiandra, e genero del

Re

,bai-*

zandodalsuo seggio, s’avvicinòal giu-dice iniquo, elo percossedistocco mor-talmente,sciamando: «

Tu

menti, o ri-baldo:tu che chiamitraditoreereoquesto giovili signore valoroso e gentile ».

Un

plauso universale accompagnò quell’ atto ardita;nèCarlo osòrisentirsene

, poiché troppo conoscevairritatoilpopolo, e bar-baralasentenza. Cessato ilplauso,s’alzò Corradino imperterrito,sicavòunguanto, e gettandolo da sèlontano,inmezzoalla lòlla: « Portatelo (disse) almio

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t

tore, al

Re

d’Arragona».II guanto che doveapartorire allaCasa d’Angiò tanti guai, fu raccolto; e latestadel giovine principe cadde un

momento

doposu quel suolo ove i suoiavi aveano per tanti secoliregnato.

Nellachiesa diSan-Gennarola sontuosa CattedralediNapoli,il

nome

diAndreaII

,

sculto sovra un

monumento

sepolcrale ,

richiamò asè tutta lamiaattenzione. De-stinatosposo sin dall1infanzia aGiovannaI, lagiovinettareginadiNapoli, il di che precedettelesuenozzeper» inAversa, bal-zato per ordine dileidallefinestredelsuo palazzo; e quellanotte medesima inche doveasalireiltalamo reale,fu calato nella tomba. Giovannatrovòin Maria Stuarda unaimitatrice. Perchè mai il

nome

del-»

l1unacirichiama a dolce compassionedi sue sventure, equello dell’altra cifa spa-ventoed orrore? Maria cedette ad una violenta passione, esi lasciòtiranneggiare da un

uomo

ambizioso e perverso, chela trascinò,suo malgrado,al delitto; lasua

94

vitanon fuche unasuccessionedirimorsi e disventure; e le lagrime, dalei ver-sateinunaprigionia diventanni,aveano giàcancellata lasua colpa senza che si spargesseil suo sangue. Giovannanon si pentì mai deldelitto eh*ella stessa

, fra

1’orgiedellasua Corte,avea concepito e voluto;visse e regnò lungamente; niuna virtù fu inleiche ricomprassela colpa della sua primagiovinezza. Il tradito

An-drea trovòin suofratelloLuigi re d’Un-gheriaun vendicatoreinfaticabilei questi accorse dapprima inItaliacon iniesercito poderoso, nel cuimez^o sventolava un nero stendardo,segno minacciosodi lutto e d’ ira; nèmai posò per quarant’ anni

,

coll’insidie o coll’armi,lìnchèlatestadi Giovanna, in espiazione dell’antico tra

dimcnto,non cadde sottolascure.

Giacché cominciai,proseguiròilmio ra-gionamento sui sepolcri e sulle storiche tragedie. In San-Giovanni è latomba di Caraccioli,ilfavorito di GiovannaII.

Fu

somigliante ilsuo destino aquello del cc*

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9$

iebre Conted'

E

ssex:l‘unoe l’altro pia*

eque, giovane ancora,adunaregina avan-zata in età; cercò di risarcirsicoll’ambi*

zionedel fastidiodi un simil nodo.» si fidòtroppo allapassione che aveVa ispi-rata; credendo di non maltrattare che

1’amante, insultògravementela Regina:

e pagò ilfallocolla testa. Giovannapoi

,

come

Elisabetta, moriinbrevetravagliata dal rimorso e dallapascióne,che, lunge dallo spegnersi perla mortedell’oggetto amato,s’era più chemàiaccesaviolenta belsuo cuore; In San-Giovaimi,tra que-ste reminiscetize, in’aVeàsorpresalanotte!

Sovvienimiancoradi questa circostanza,

perla sensazione dolcissima che provai udendo alzarsi improvvisamente un con-tento di voci armoniose che parea com-piangerela sorte delgiovane Caraccioli

4 b cui tuttele mieideeinquel

momento

tranrivolte* Quelcantopatetico.altronon tra cheilNotturno,chele Religiose abi-tatrici delvicino monasteroaveaao intuo-bato dallaloro tribuna chiusa di grate.

Lachiesaei*a deserta;semispente le latti-»

|>ade; pareami che a quellapsalmodia, tanto eli’era mestae commovente, affi-dato avesseroquellemonachel’espressione delloro dolore;edio oserei asserire che taluna d’ esse1’accompagnava colpiantoi

perocchétusaicome la musicainviti gli infelici allelacrime, e tocchi dolcemente

iloro affanni segreti.

Escito mivolsi alreale passeggio di Cliiaia. Splendidissimo peristatue

, e

soprattutto pel celebre gruppo greco di Dirce trascinata daltoro; adorno diviali amplie regolari, collocato sulle sponde del mare, e rischiaratoda lampade nu-merose,credei ditrovarmiinun sito in-cantato. La baiasemicircolare(edio mi trovavo appunto sulcorno estremo a di-ritta); la cittàSulpendio;ivascelli ancorati nel porto; idue castelliche servono di guardia,e sporgonoleloro torrinelmarei

sulla punta d1una penisola

; Sant’

Elmo

torreggiante inalto: tutto era scintillante perinfinitilumi. Il faro spandeva intorno

\

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97 Utìa luce brillantee vivacissima; la luna sorgea dietroilVesuvio, eriflettevai suoi ragginel mare lievementeincrespato; spi-rava un’ariatepidae fragrantissima. Ve-dendociestaticia contemplare quella bella notte, unbarcaiuolo s’accostò offrendosi di condurci a diporto. Balzai nel bat-tello,eci dilungammodallasponda. Al-quanto addentronel mare, vidi sorgere un edifizio rovinoso4che*,debolmente ri-schiarato dalla luna, si presentava con aspetto sinistro:cidisseilbarcaiuoloesser quello il palazzodella regina Giovannai che non fumaiterminato, e che 1’onde occuparono, elentamente abbattono.

— E come

chiamitu quelle rovine che stanno

sullido?(io glidissidopo untratto di silenziosa navigazione). Quella (rispose

) è latomba di Virgilio.

*Di Virgilio!

(sciamai compresod’ammirazione, equasi noncredendo alle parole del Lazzarone* che meravigliato anch’egli dellamia sor-presa, avevarallentato il movimento dei remi, e attonito miguardava).

Amico

Leti.li.N. 9

08

(iocontinuai), affrettali,eponcta ferra

Egli obbedì; spiccai un salto sul lido, cd entrato ilrecinto che racchiude quegli avanzipreziosi,mi trovai nella tomba.

unsensoindefinibiledivoluttuosa dolcezza s

1

impadronìdi tuttele miefacoltà. Quelle rovine decoratediquel

nome

immortale; Tal-lorochediceasisurtospontaneoa rallegrarle disue fronde odorose;latranquillitàdella notte cheinvitava alle simpatiche medita-zioni;la luna,il mare,Napoli,il Vesu-vio: trova,Erminia, se ilpuoi, unsilo piùpittoresco,edun

momento

più

poe-tico. Se ilmio cuore s’era stretto per

E

affannodinanziTavello del Tasso, qui sidilatavaperuna soddisfazione non mai prima sentita;equando io dimi tolsi, provai quel dolore chesi sentenel lasciare unamico.

Le

ceneridi Virgilio posanoin que’ luoghi incuilasua

Musa

trovò le migliori ispirazioni: egliricopiavaalvivo

il belclima partenopeo quando nell1 Eglo-ghe e nelleGeorgiche cantavale delizie della vita campestre ei piaceri dell1

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99 coltura; enell*Eneide,allorché dipinsegli Elisi, copiò nlcuno parti del quadro che gli stavadinanzi, ele popolò di filosofi e d’ eroi.

Eratramontata laluna quando noi

ri-tornammoal porto; il firmamento scin-tillava purissimo:una calma profonda re-gnavanella cittàpoc’anzisi romorosa.Mi ricondussi allamiastanza coll’ immagina-zione pienadi Corradino, di Giovanna, di Caraccioli,e sovratuttidi Virgilio.

Nel documento LETTERE ROMA E NAPOLI. Db I.VOM (pagine 86-104)